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Inseguito dai tedeschi riuscii a nascondermi rannichiandomi dietro una roccia

Buggio, Frazione del comune di Pigna (IM)
Pagasempre [n.d.r.: Arnolfo Ravetti, in seguito capo di Stato Maggiore della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”], che doveva far parte del gruppo di Fragola-Doria [n.d.r.: Armando Izzo, comandante, poco tempo dopo i fatti qui narrati, della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni”], era riuscito a scappare dal campanile [n.d.r.: della Chiesa Parrocchiale di Pigna] e a raggiungere il gruppo di retroguardia [n.d.r.: l’autore non mette date, ma qui dovrebbe trattarsi del 10 ottobre 1944, quando la Repubblica Partigiana di Pigna era ormai caduta e la maggior parte dei patrioti combattenti imperiesi, non solo quelli attestati in Alta Val Nervia, ma anche coloro del resto della provincia, si erano ormai avviati, per sfuggire ai rastrellamenti nazifascisti, verso Fontane in Piemonte, in quella che è rimasta nella storia come un’epica ritirata strategica]. È lui, il testimone oculare dei fatti che sto per narrare.
«Stavo per raggiungere il gruppo di Fragola-Doria, dopo aver visto dall’alto del campanile i vari gruppi dirigersi verso Langan. Erano riusciti a sganciarsi bene ed il ripiegamento avveniva con ordine, anche merito mio che sparavo dal campanile e del gruppo di Fragola-Doria che compiva eccellentemente il compito di retroguardia».
«Hai visto il gruppo di Carabalona? [n.d.r.: Stefano “Leo” Carabalona, già comandante di Distaccamenti, era di lì a diventare capo della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato a Nizza]».
«L’ho visto dirigersi verso il cimitero e scomparve alla mia vista».
«Continua nella tua narrazione».
«Inseguito dai tedeschi riuscii a nascondermi rannichiandomi dietro una roccia e vidi Fragola-Doria, che ad una curva sul ciglio di un dirupo si era fermato, aveva fatto un passo indietro per caricare il mitra e mettersi in migliore posizione di tiro, ma aveva messo un piede in fallo, mentre una raffica mi parve l’avesse colpito, e precipitò nel burrone sottostante. Eravamo presso la Madonna di Passoscio. Quando lo andai a prelevare, alcuni giorni dopo, mi disse che era stato ferito e nel rotolare, ridotto all’inazione, non sapeva orientarsi anche perchè aveva rotto gli occhiali. Due ausiliari tedeschi, probabilmente polacchi o cecoslovacchi, lo avevano raggiunto in fondo alla scarpata e lo avevano piantonato in attesa di ordini dal loro comandante, sulla sua sorte. Era stordito, dolorante, esausto, quasi semincosciente e gli pareva di udire i nazisti che gli chiedevano di portarli con lui perchè volevano farsi partigiani. Ma il loro comportamento dichiarò le loro intenzioni. Lo abbandonarono lasciandogli la pistola e la borsa con le carte topografiche».
Intanto Pagasempre, rimasto solo, all’alba, dopo aver passato la notte al riparo degli alberi, si avviava verso Buggio. Sentiva sopra, verso il Torraggio, le mitragliatrici, che lui pensava fossero di Moscone [n.d.r.: Basilio Mosconi, comandante di un Distaccamento, poi comandante del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” della V^ Brigata], attestate all’incrocio della strada militare del Torraggio, verso Pietravecchia, che respingevano i tedeschi.
Giunto a Spegli fu accolto da alcuni carbonari, dove incontrò il maggiore Zoroddu, con la moglie e le due bambine.
Era stato un pastore, un suo conoscente che lo aveva guidato là, ritenendo la posizione sufficientemente sicura. Fu quello stesso pastore che nei giorni successivi li avvertiva delle posizioni dei tedeschi, e di aver visto i partigiani camminare con passo normale e ben affardellati verso Langan, da diverse strade.
Rimanevano però nei dintorni di Pigna e di Castelvittorio molti uomini sbandati ed il rastrellamento nazista insisteva. Bisognava abbandonare la zona.
Zoroddu e Pagasempre decisero di raggiungere alcune campagne di Castelvittorio, dove il maggiore contava degli amici. Con prudenza il gruppo viaggiava di buon mattino e la sera, per non essere visti. Raggiunsero Gordale.
Qui li raggiunse il partigiano Ammiraglio (Rebaudo Stefano) ad annunciare che Fragola-Doria era stato raccolto da un pastore, in cattive condizioni di salute. Rivolgendosi in particolare a Pagasempre. lo pregava di organizzare un suo recupero. Fu un abitante di Castelvittorio, il paese degli uomini generosi, che si prestò, col suo mulo ad andare a prendere Fragola-Doria. Lo trovarono in vere condizioni pietose. Ciò che più lo affliggeva era il non aver più gli occhiali. Aveva una larga ferita alla coscia destra ed era in suppurazione.
Riprende Fragola-Doria:
«Le ragazze che mi assistevano, mi portarono dei libri, da leggere, di Nino Salvaneschi. La notizia che io fossi lì si sparse. Devo ancora narrare un episodio che denotava il mio stato febbrile. Le ragazze mi portavano delle fette di pane biscottato all’olio e me le mandava la madre di Ammiraglio, un nostro partigiano. Nel mio rifugio vi erano dei grossi topi ed una notte ebbi l’impressione che mi volessero aggredire. Per allontanarli presi un pane e lo scaraventai contro di loro. Ho visto che i topi si erano precipitati su quel pane. Allora ho capito che i topi sentivano l’odore del pane condito impastato con l’olio. In quella grotta sentivo dei dolori acuti in tutto il corpo. Pagasempre seppe del mio rifugio e venne con dei muli e mi portò dove lui si trovava, in Gordale, dove fui visitato e curato dal dottore Prof. Moro, che mi disse: “Tu fisicamente ora sei guarito, ma sei ridotto a sole ossa. Devi curarti”. Mi curarono Pagasempre ed il maggiore Zoroddu ed altri partigiani che non avevano seguito gli altri in Piemonte».
A conferma di questo continua Pagasempre.
«Fu il Prof. Moro di Castelvittorio che si prestò a medicare e a curare Fragola-Doria. Egli, da una narrazione del tempo, era stato, dopo l’abbandono dei due ausiliari tedeschi, per qualche giorno immobile. Solo la notte si trascinava attorno in cerca di castagne per cibarsi. Gli occorse un mese per guarire».
Rio Gordale
In Gordale si radunarono molti sbandati e formarono il distaccamento del tenente Lilli [Fulvio Vicàri, medaglia d’argento alla memoria], ma non avevano mezzi di sussistenza, né collegamenti con il grosso delle forze avviate verso il Piemonte.
I tedeschi avevano occupato tutta la zona e bisognava stare in guardia.
Il maggiore Zoroddu incarica Pagasempre di recarsi a Poggio di Sanremo con un biglietto di presentazione per i signori Nino Ghersi e Corrado Mancini, facenti parte del C.L.N. onde avere mezzi di sussistenza. Altro scopo della missione
era di procurare gli occhiali a Fragola-Doria.
Il viaggio fu lungo e non privo di avventure, degno di un racconto a parte. Ecco il suo racconto:
« Giunto a Poggio e fattomi riconoscere, mi portarono in una casa di campagna sopra il campo sportivo di Sanremo. Stetti tre giorni. Mi consegnarono gli occhiali per Fragola-Doria ed una forte somma di danaro da consegnare a Zoroddu. Giunto a Gordale, con quello che avevo portato, l’esistenza divenne più umana. Comperammo un vitello per sfamare il distaccamento e farina e pane. Curammo Fragola-Doria che con una alimentazione buona si rimise in forze. I tedeschi si erano accorti dell’esistenza del gruppo di Gordale. Lo aveva comunicato un tale di Castevittorio, che aveva osservato un ufficiale tedesco che teneva puntato un cannocchiale sul luogo. I tedeschi a Pigna e a Castelvittorio erano molti, ma anche i partigiani di Castevittorio erano rimasti sul luogo ed avevano rafforzato il distaccamento, tenendosi sbandati ma ben collegati. I tedeschi, per la sempre misteriosa voce di informatori prezzolati, sapevano che a Gordale viveva Zoroddu, che essi credevano il capo dei partigiani della zona ed erano anche a conoscenza che Fragola-Doria era ferito. Inoltre sapevano che il dott. prof. Moro curava i feriti partigiani e lo ricercavano. Partì da Castelvittorio una spedizione tedesca. I partigiani di Gordale fecero in tempo a rintanarsi. Lilli non aveva voluto seguirli e fu scoperto una mattina con la sua donna. Si salvò per aver lanciato alcune bombe a mano e fuggì con alcuni dei suoi uomini.
Per ritorsione i tedeschi catturarono tredici persone trovate nei campi a lavorare. Vi erano tra essi donne e bambini. Il parroco del luogo, Don Aldo Caprile, si offerse vittima per loro, ma i tedeschi fucilarono [3 dicembre 1944] i tredici, senza pietà, su un costone sopra il paese».
don Ermando Micheletto, La V ^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di “Domino nero” – Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975, pp. 199-202

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