Giove era grande il doppio, miliardi di anni fa
Giove è spesso definito l’“architetto” del Sistema solare. Il perché di questo appellativo è il fondamentale ruolo che la sua formazione ed evoluzione hanno svolto nel plasmare la geometria su larga scala del nostro quartiere cosmico. Il paradigma attuale, ormai largamente accettato dalla comunità scientifica, è infatti che la moltitudine di corpi celesti che albergano nel Sistema solare si sia evoluta sotto l’influenza di due soli oggetti celesti: il Sole e, appunto, Giove. Di conseguenza, comprendere l’origine e la struttura del pianeta è considerato un passo cruciale per ricostruire l’evoluzione del Sistema solare primordiale. Per approfondire queste origini, Konstantin Batygin del California Institute of Technology e Fred Adams dell’Università del Michigan hanno analizzato la dinamica di due delle sue lune, Amaltea e Tebe, le cui orbite sono ritenute primordiali, deducendo il raggio e lo stato interno di Giove al momento della cosiddetta dissipazione della nebulosa proto-solare.
Crediti: Kevin M. Gill/Cc-By/Nasa/Jpl-Caltech/Swri/Msss)
Oltre ai ben noti satelliti galileiani, Giove è circondato da un sistema piccole lune: Tebe, Amaltea, Adrastea e Metis, disposte in ordine di distanza decrescente dal pianeta. Tra le quattro, Amaltea e Tebe sono le uniche a possedere orbite inclinate rispetto al piano equatoriale del pianeta. Queste caratteristiche, secondo gli scienziati, indicano orbite primordiali, orbite cioè che non sono state modificate nel corso dell’evoluzione del pianeta, e per questo utili per indagare sul passato del pianeta. Partendo da queste discrepanze orbitali, i ricercatori hanno calcolato le dimensioni originali di Giove, così come l’intensità del suo antico campo magnetico.
«Il nostro obiettivo è capire da dove veniamo. Individuare le fasi iniziali della formazione dei pianeti è essenziale per risolvere questo enigma», sottolinea Batygin. «Questo ci avvicina a comprendere come non solo Giove, ma l’intero Sistema solare abbia preso forma».
Nello studio, il team si è concentrato sulla dinamica orbitale delle lune e sulla conservazione del momento angolare del pianeta. Un aspetto chiave della ricerca è stato collegare le analisi a un’epoca ben definita dell’evoluzione del Sistema solare. Per farlo, i ricercatori hanno utilizzato i dati di magnetizzazione dell’angrite, la materia differenziata più antica del Sistema solare che si conosca.
Illustrazione artistica che mostra Giove con le linee di campo magnetico che fuoriescono dai suoi poli. Crediti: K. Batygin/Caltech
L’analisi ha prodotto un’istantanea di com’era Giove circa 4,5 miliardi di anni fa, all’epoca della cosiddetta dissipazione della nebulosa proto-solare, una fase di transizione nell’evoluzione del Sistema solare in cui la nebulosa solare – la nube di gas e polvere da cui sono nati i pianeti – si è dissolta e l’architettura del nostro quartiere cosmico consolidata.
I risultati delle indagini, pubblicati su Nature Astronomy, indicano che Giove fosse da due a due volte e mezzo più grande, con un volume stimato equivalente a quello di oltre duemila Terre. I calcoli dei ricercatori suggeriscono inoltre che il pianeta avesse un campo magnetico di circa 21 milliTesla, un valore 50 volte superiore a quello attuale (pari all’equatore a 0.42 millitesla), e che accrescesse materia da un disco proprio – il disco circumgioviano – a un ritmo di 1,2-2.4 masse gioviane ogni milione di anni, fino alla distruzione della nebulosa solare.
Questo studio apre una finestra sul passato di Giove, rivelandone un volto primordiale molto diverso da quello attuale. Al tempo stesso, però, aggiunge tasselli fondamentali ai modelli attuali di formazione planetaria. Le attuali caratteristiche fisiche di Giove sono in linea con le previsioni del modello di accrescimento del nucleo (noto anche come modello di instabilità del nucleo) della formazione dei pianeti giganti, spiegano i ricercatori. Secondo questo modello, la formazione dei giganti gassosi segue una serie di fasi distinte. Inizialmente, si forma un nucleo roccioso ad alta metallicità, seguito da un periodo di lenta crescita caratterizzato dalla formazione un’atmosfera di idrogeno ed elio. Questo processo continua finché la massa dell’involucro gassoso non raggiunge quella del nucleo. Una volta superata questa soglia, segue un periodo transitorio di rapido accrescimento di gas, che facilita l’accumulo della maggior parte della massa del pianeta. Infine, il pianeta si separa dalla nebulosa circostante, intraprendendo un percorso di evoluzione termica a lungo termine. Per quanto riguarda Giove, osservano i ricercatori, i nostri risultati sono pienamente coerenti con questo modello.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Determination of Jupiter’s primordial physical state” di Konstantin Batygin e Fred C. Adams