Andromeda come non l’avete mai vista
Dieci anni di lavoro, mille orbite attorno alla Terra e oltre seicento singoli scatti, 200 milioni di stelle impresse in circa 2.5 miliardi di pixel. Questa è, a numeri, la descrizione dell’immagine che vedete qui sotto. Si tratta della galassia di Andromeda, la galassia più vicina alla nostra, a soli 2.5 milioni di anni luce. Una distanza che, per altro, si sta riducendo perché la Via Lattea – la nostra galassia – e Andromeda saranno destinate a fondersi fra circa 10 miliardi di anni, in un’unica gigante già battezzata Milkomeda.
Il più grande fotomosaico di sempre l’ha realizzato Hubble. Il soggetto è la galassia di Andromeda, vicina di casa della Via Lattea distante appena 2.5 milioni di anni luce. L’immagine si compone di circa 600 scatti per un totale di 2.5 miliardi di pixel. Crediti: Nasa, Esa, B. Williams (University of Washington)
Autore di questi scatti è il telescopio spaziale Hubble di proprietà congiunta fra Nasa ed Esa, e la vista globale della galassia è l’unione di due programmi osservativi complementari. Il primo, il Panchromatic Hubble Andromeda Treasury (Phat), è cominciato circa un decennio fa. Le immagini sono state ottenute alle lunghezze d’onda del quasi-ultravioletto, del visibile e del quasi-infrarosso utilizzando la Advanced Camera for Surveys e la Wide Field Camera a bordo di Hubble per fotografare la metà settentrionale di Andromeda. A questo programma è seguito il Panchromatic Hubble Andromeda Southern Treasury (Phast), che ha aggiunto immagini di circa 100 milioni di stelle nella metà meridionale di Andromeda. Questa regione è strutturalmente unica e più sensibile alla storia delle fusioni della galassia rispetto al disco settentrionale mappato dall’indagine Phat. Combinati insieme, i due programmi coprono complessivamente l’intero disco di Andromeda, che nell’immagine si vede quasi di traverso (è inclinato di 77 gradi rispetto al punto di vista che possiamo avere dalla Terra). La galassia è così grande che il mosaico è stato assemblato da circa 600 campi visivi separati.
«In realtà ci sono voluti pochi anni per la prima parte, quella di Phat, che ha beneficiato di uno speciale programma “multiciclo” lanciato da Hubble dieci anni fa», spiega a Media Inaf Leo Girardi, ricercatore all’Inaf di Padova coinvolto nei due progetti. «Phat era un progetto pesante, e non si poteva fare in un unico ciclo osservativo (che dura un anno) dei programmi Hubble. I nuovi tasselli venivano aggiunti appena il software di puntamento del telescopio trovava un momento conveniente, minimizzando i movimenti del telescopio, e con l’unico vincolo di ripetere un certo puntamento dopo sei mesi in modo da poter coprire gli stessi tasselli con tutti i filtri previsti dal programma osservativo. Poi ci siamo occupati per alcuni anni nell’analisi dei dati di Phat, e in questo periodo è stata concepita la sua estensione Phast. Phast è stato un programma più veloce, eseguito con meno filtri e in un unico ciclo di osservazioni».
Leo Girardi, ricercatore all’Inaf di Padova coinvolto nei progetti Phat e Phast che hanno consentito di realizzare il mosaico di Andromeda
Una precisazione. Per quanto imponente e impressionante sia questo mosaico, il numero di stelle che cattura è ancora lontano dall’effettiva popolazione della galassia, la cui popolazione totale si stima che ammonti a circa mille miliardi di stelle. La ragione per cui queste non si vedono è che le stelle mancanti sono troppo poco massicce, e quindi troppo poco luminose, per poter essere viste dal telescopio. In gergo si dice che si trovano sotto al suo limite di sensibilità.
Non solo tante belle immagini, comunque: i dati raccolti forniscono informazioni sull’età delle stelle, sull’abbondanza di elementi pesanti e sulle masse stellari all’interno della galassia. Misure dettagliate che serviranno a vincolare i modelli che ricostruiscono la storia della fusione e dell’evoluzione del disco di Andromeda.
Vedere così bene Andromeda è utile anche perché la nostra vicina – visibile anche a occhio nudo in una notte buia e serena – ha sempre fatto da specchio e da riferimento per capire di più su come sia fatta la nostra, di galassia, rispetto alla quale abbiamo un punto di vista limitato essendoci “dentro”. Nel corso del tempo però, si è capito che sebbene Andromeda e la Via Lattea abbiano un’età simile e una forma simile, la loro storia evolutiva potrebbe essere molto diversa. Secondo i ricercatori, Andromeda sembra essere più popolata di stelle giovani e di caratteristiche insolite, come flussi coerenti di stelle. Ciò implica che ha una storia di formazione stellare e di interazioni più recente rispetto alla Via Lattea.
«Dal punto di vista scientifico questi progetti sono davvero importanti perché Andromeda è praticamente l’unica galassia a spirale per cui si potevano fare osservazioni dettagliate, stella a stella, al punto di poter misurare parametri fondamentali quali la storia di formazione stellare, le distribuzioni spaziali di polvere e stelle, la distribuzione di massa delle stelle, eccetera», continua Girardi. «Oltre ad Andromeda abbiamo soltanto la Via Lattea, che osserviamo dall’interno, e che nessuno può assicurare sia simile ad Andromeda. Infatti, uno dei risultati di Phat è stata la conferma di importanti differenze tra le due galassie, le cui origini non sono state ancora del tutto chiarite. Poi, si sospettava ci fossero asimmetrie tra parti opposte del disco di Andromeda, adesso confermate con i dati Phast. La continuazione ovvia di questo lavoro sarà quella di complementare le survey a disposizione oggi con immagini ad alta risoluzione nell’infrarosso, con il Nancy Grace Roman Telescope che è in fase di preparazione dalla Nasa. Ovviamente, ci stiamo preparando anche noi al lancio di Roman».