Ci sono azioni umanitarie ed azioni politiche.
Le azioni umanitarie, come la raccolta di denaro e di beni di prima necessità durante catastrofi e calamità di qualsiasi genere, sono utili ovviamente ma non hanno finalità politiche. Non generano cioè il cambiamento. Prendono atto di uno status quo, e cercano di metterci una pezza.
L'azione politica mira invece alla trasformazione dello status quo, attraverso la denuncia, il dibattito, l'intervento.
La questione palestinese non è una questione umanitaria ma politica. È divenuta umanitaria solo per il clamoroso fallimento della politica, che ha abdicato alla sua funzione primaria, quella che Platone identificava come il perseguimento della virtù, del bene comune.
La Global Sumud Flottilla ha un duplice scopo, e quello politico è preponderante rispetto a quello umanitario. Tutte le barche messe assieme non riuscirebbero a contenere abbastanza cibo neanche per un decimo dei palestinesi di Gaza. L'azione umanitaria è dunque simbolica.
Fare pressione sui governi è l'obiettivo primario. Mostrare fino a che punto possa spingersi la connivenza verso i crimini israeliani in Palestina. Mettere a nudo l'impotenza degli stati nel proteggere persino l'incolumità dei propri cittadini e renderlo paradigma di inadempienza, di inefficacia, di pavidità. Questo scopo politico è tanto più importante oggi, nel momento in cui Gaza rappresenta il centro del mondo e la visibilità della causa palestinese è ai massimi storici.
È proprio adesso che l'azione politica diventa necessaria.
E difatti, se un successo la Flottilla ha già ottenuto, indipendentemente dagli esiti finali della spedizione - che già conosciamo, ed incrociamo le dita affinché non si ripeta l'eccidio del 2010, quando un commando israeliano penetrò sulla barca degli attivisti turchi e ne giustiziò dieci, con colpi al petto da distanza ravvicinata - è eminentemente politico. Ha fatto convergere lo sguardo del mondo sul Mediterraneo orientale, anche quella parte di pianeta che era sinora rimasta silente di fronte al genocidio; ha contribuito ad allargare e globalizzare il discorso su Gaza, collegandolo alle gravi violazioni del diritto di cui tutti oggi sono spettatori impotenti; è fonte di grande imbarazzo e di grande preoccupazione per i governi occidentali e lo sarà ancora più mano a mano che le barche si avvicineranno alle coste di Gaza, entrando nell'occhio del ciclone - dei pirati internazionali, cioè .
Potrebbe anche finire qui. Per qualcuno effettivamente finisce qui, e ad essi va il mio personale ringraziamento per la partecipazione ad un'impresa che pochi avrebbero affrontato - tantomeno i cialtroni che dal divano di casa ridacchiano per cose troppo al di fuori della loro portata.
Agli altri, quelli che proseguono con grande coraggio verso le coste di una terra martoriata, attesi come pane dai prigionieri del più grande lager mai esistito nella storia, il mio augurio e la speranza che davvero possano "break the siege" e contribuire alla costruzione della gloriosa epica del popolo che non vuole morire.
Agli amici che, come me, ritengono che la Palestina sarà liberata solo dal sacrificio dei resistenti dico: la Flottilla, le manifestazioni, i novelli risvegliati, i Festival cinematografici, la grande solidarietà che si sprigiona da ogni angolo della terra, anche il più improbabile, aggiungono e non tolgono.
Non hanno la pretesa di liberare ma di accendere riflettori.
C'è un tempo per ogni cosa. C'è valore in ogni cosa. Ed il cielo sa di quanta luce abbiamo bisogno
"L'evento più minuscolo può ritagliare un buco nella grigia cortina della reazione che ha segnato l'orizzonte delle possibilità sotto il realismo capitalista. Da una situazione in cui nulla può accadere, tutto di colpo torna possibile".
#FromTheRiverToTheSea
Rossella Ahmad ❤️