La morte mai
Abbiamo scritto il racconto “la morte mai”, su richiesta di alcuni attivisti HIV che volevano farlo includere in un libro.
Il volume è stato successivamente pubblicato, ma senza di noi. Pazienza.
La storia viene raccontata in prima persona dal virus HIV.
La morte mai
Papà non si muoveva né parlava più, i nostri parenti erano già morti da tempo e io ero ormai rassegnato ad attendere il mio destino perché nessuno mi avrebbe protetto, per gran parte del mondo la nostra comunità è semplicemente invisibile e pericolosa.
Ho anche pensato nella disperazione di aiutarlo dolcemente ad andarsene, ma così oltre a restare solo, avrei tradito le sue aspettative: “la morte mai”, era sempre stato il suo motto; ma intanto a soffrire ero io, convinto che lui non fosse più cosciente.
“Figliolo ascoltami”, ho sentito all’improvviso la sua voce affaticata. O forse era suggestione? Da quanto tempo non parlavamo più!
“L’ho ucciso io.”
Era lucido, senza dubbio, e in quel calvario finalmente vedevo una lieve speranza di ripresa: “Cosa dici! Cos’è successo!”
“Freddie Mercury”, mi ha rivelato sforzandosi sempre di più a parlare. “È morto per colpa mia! Non fare come me! Tu devi amare!”
L’amore: un privilegio a cui credevo di non aver diritto perché spettava agli uomini veri, e io ero cosciente di non esserlo; ho guardato papà e lui si è spinto verso di me, con una forza che pensavo ormai avesse perduto.
“Io non ne sono stato capace e ho ucciso tante persone per impedire loro di amare. Ad altre l’ho reso difficile. Ma tu puoi, tesoro. Ama il tuo uomo e insegnagli l’amore. La morte mai.”
Quelle sono state le sue ultime parole e in pochi secondi il suo corpo ha smesso definitivamente di muoversi lasciandomi completamente solo, nel mio dolore; lo sapevo ormai, questione di pochi attimi e il destino si sarebbe compiuto anche per me.
“Maledetto! Non ti lascerò rovinarmi la vita!” Una voce tutt’altro che amichevole mi ha fatto tornare in me e io sono rimasto immobile, in attesa: “ama il tuo uomo, la morte mai”, le parole di papà continuavano a bloccare ogni mia reazione. Come si può amare uno che mi insulta appena mi vede?
Ignoravo chi fosse la creatura ostile e cosa ne sarebbe stato di me, sapevo solo che sarei anche morto pur di non deludere mio padre.
Solo guardandomi intorno ho scoperto di avere davanti un uomo giovane e robusto, che nel tempo mi avrebbe dato parecchio filo da torcere ma ho compreso la sua natura appena l’ho visto piangere: “hai poco da fare il duro e insultarmi”, ho tirato fuori il mio coraggio e l’ho affrontato; “lo vedi che stiamo male tutti e due?”
“Niente droga! Niente rapporti promiscui! Io ero monogamo e tu sei arrivato lo stesso! Maledetto HIV!”
“Non mi importa chi sei, io sono entrato perché ho trovato la porta aperta. Sono completamente solo, ho bisogno di…”
“Compagnia?” Incredibile, aveva finito la mia frase! Parlavamo la stessa lingua ma lui non pareva convinto: “dannati farmaci, cosa succede, sto parlando col virus?”
L’ho lasciato inveire contro i medicinali e parlare dei complotti più assurdi, ma alla fine non ne ho potuto più: “senti umano, non sono allucinazioni. Preferisci un virus che ti parla o uno che ti manda in AIDS?”
“Sarei rimasto negativo volentieri, ma i Poteri Forti hanno distribuito la profilassi in ritardo!”
Sempre in mezzo i Potery Forty, come li chiamava papà. Quelli che vietano a noi virus di amare e agli umani di conoscerci fino in fondo.; “Senti HIV, dobbiamo convivere ma non ti illudere di toccare mio marito, chiaro?”
“E chi lo vuole”, pensavo; “brutto come te lo sei scelto!” Ma ho voluto essere diplomatico: “come potrei, sono bloccato! Non rilevabile! O ti parlo o trasmetto!”
Per raccontargli di me e la verità su Freddie avrei avuto tempo, ma in quel momento mi bastava solo convivere in pace e sentirlo dire, rivolgendosi agli altri umani: “vivo con HIV e sono felicemente sposato”.