Dopo la partita di volley Italia - Giappone (Olimpiadi Parigi 2024)
da Chepalle blog - di Mario Salvini
In mezzo a uno tsunami cosí ti vien voglia di lasciarti andare. Se qualsiasi cosa provi a fare, quelli di là trovan sempre la maniera di frapporre una mano, un piede, un’anca, una coscia, un gomito tra il pavimento e la tua schiacciata, a un certo punto ti fai portar via.
O ti arrendi, o ti perdi, ubriacato da tutti quei prodigi. Quanti accidenti di giapponesi c’erano in quegli 81 metri quadri? E quanti cavolo di Yamamoto?
Ti sembrava di vederci doppio, quadruplo. E in più eri impallinato dalle loro battute. Che quei demoni tiravano a mille e non sbagliavano mai.
Qualsiasi squadra al mondo sarebbe stata trascinata via. Non i nostri. Nel post precedente ho messo Simo Giannelli, con gli occhi lucidi, in battuta sui loro match ball del terzo set. Un attimo prima di morire
Quel suo ace resterà per sempre nella storia della pallavolo italiana. Speriamo in quella dello sport italiano, se capite cosa intendo
Poi c’è molto altro.
Che il Giappone avrebbe potuto essere questo il mio amico e collega Davide Romani lo diceva da mesi. Smentito dal girone, e poi puntualmente ottimo profeta nel momento per noi peggiore
Fefè De Giorgi lo sapeva più di tutti. E lo sapeva ogni lettore che stamattina avesse letto la Gazzetta. Dove, riportando le parole del ct, Elisabetta Esposito ha scritto: “Il Giappone ha un libero straordinario che fa delle cose fuori dal normale. Noi dobbiamo essere bravi ad avere pazienza, che non significa aspettare, significa accettare la situazione”
Ecco, i nostri sono stati stupefacenti, per come hanno accettato la bravura dei loro avversari. Per come sono andati oltre gli errori commessi. Per come non si sono incolpati l’un l’altro.
Se ho avuto fiducia fino in fondo è stato per due palloni nella fase finale di secondo set, quando ancora mi stavo illudendo di poter andare sull’1-1. Due alzate NON precise di Giannelli, tutte e due per Lavia
“Lo schiacciatore non commenta le alzate, le risolve”, diceva - e dice - Julio Velasco
Lavia le aveva risolte, e lì per lì sembrava che non fosse servito a nulla. E invece è anche per quello che siamo rimasti vivi.
È la pallavolo, è la vita, direbbe Al Pacino se ogni maledetta domenica avesse fatto l’allenatore di pallavolo invece che di football
È l’insegnamento di questa che è stata una delle partite di pallavolo più belle di sempre
In cui una squadra italiana è stata capace di non farsi spazzar via, come sarebbe successo a qualsiasi altra squadra. E come a regola avrebbe dovuto capitare a un gruppo di ragazzi giovanissimi
Che invece sono stati duri come il granito.
E lo sono stati perché in panchina hanno un gigante
Che non solo aveva già visto questa partita, come avete letto sulla Gazzetta
Ma perché è un riferimento
Perché è un adulto. Non c’entra l’età.
Per come interpreta il suo ruolo con autorevolezza senza autoritarismi. Con competenza. Con sicurezza trasmettendo sicurezza. Che è poi esattamente quello per cui dopo il Mondiale vinto lo aveva ringraziato il presidente, Sergio Mattarella. Che magari di pallavolo non ci capisce molto, ma di uomini e di vIta sí.
Tutti, in qualsiasi ambito, avremmo bisogno di girarci verso la panchina e di trovarci un Ferdinando De Giorgi
Non è un’altra ragione di cui andare fieri, oltre alla vittoria.
È LA ragione per cui la vittoria l’abbiamo trovata, in quel modo disperato, esaltante, inimmaginabile.