poliverso.org

L' economia dell'attenzione

Viviamo in un’epoca in cui l’oro non luccica, il petrolio non si estrae e i diamanti non brillano: oggi la risorsa più preziosa è la nostra attenzione. Eh già, il bene più scarso del ventunesimo secolo non è una materia prima, ma la capacità di rimanere concentrati su qualcosa senza essere interrotti da notifiche, banner lampeggianti o l’ennesimo video di gattini su TikTok. Il concetto nasce da un’osservazione semplice: l’informazione è infinita, ma l’attenzione umana è limitata. Le piattaforme digitali, i media e le aziende competono tra loro per catturare e trattenere quei preziosi secondi in cui guardiamo uno schermo, leggiamo un titolo o ascoltiamo un contenuto. È come se la nostra mente fosse un’arena di gladiatori: da una parte Netflix, dall’altra Instagram, poi YouTube, Spotify e il notiziario online. Tutti combattono per strapparci anche solo cinque minuti del nostro tempo. Non è un mistero che i giganti del web non vendano soltanto prodotti o servizi: vendono il nostro tempo di attenzione a chi paga per raggiungerci, cioè gli inserzionisti. Più tempo passiamo incollati a una piattaforma, più pubblicità vediamo, più dati regaliamo. Il meccanismo è semplice e spietato. Non a caso i feed dei social non finiscono mai (hai mai provato a raggiungere “la fine di Facebook”? Buona fortuna). È progettato così: scorrere è più facile che fermarsi. Le piattaforme hanno studiato bene la psicologia. Ogni like, notifica o messaggio privato funziona come una piccola scarica di dopamina. Un mini premio che ci spinge a tornare ancora e poi ancora. In pratica, siamo diventati giocatori compulsivi di una slot machine digitale, solo che invece di monetine, buttiamo dentro minuti (e spesso ore) della nostra giornata. Non per forza. L’ironia è che in questo “mercato” noi siamo allo stesso tempo merce e consumatori.
Da un lato veniamo corteggiati, monitorati e spinti a guardare “ancora un episodio”. Dall’altro, possiamo diventare consapevoli di questi meccanismi e imparare a usare gli strumenti digitali a nostro favore. Un esempio? Decidere di spegnere le notifiche, stabilire dei tempi senza schermo o persino pagare servizi premium per liberarci dalla pubblicità. Non è una rivoluzione, ma è un modo per dire: ok, i miei occhi e il mio tempo hanno un valore, e lo gestisco io. La domanda, in fondo, è semplice: a chi vogliamo dare la nostra attenzione? Perché ogni minuto passato su un contenuto è un minuto tolto ad altro: leggere un libro, parlare con un amico, cucinare, o – perché no – non fare assolutamente niente. Che, in un mondo così saturo di stimoli, è quasi un atto di ribellione.