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Aborto? Questione di privacy e capitalismo


La questione dell'aborto può essere risolta solo con libero mercato, tutela della proprietà e della privacy. Ogni alternativa porta alla violenza e alla negazione della libertà delle persone.

Una recente decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato una storica sentenza (Roe v Wade) del 1973, lasciando la possibilità ai singoli Stati di regolare la questione dell’aborto. Ogni stato potrà decidere cosa fare, in base alla legge nazionale.

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Oggi non voglio parlarvi della sentenza, ma cercherò di spiegarvi il motivo per cui penso che l’unico vero modo di risolvere la questione dell’aborto1 sia attraverso privacy, proprietà e libero mercato - a prescindere dalle opinioni personali.

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La proprietà del corpo


Iniziamo parlando di proprietà.

La proprietà è un diritto naturale che nasce insieme all’essere umano. L’uomo primitivo non sapeva nulla del mondo, ma sapeva distinguere se stesso dall’ambiente circostante e aveva consapevolezza di sé, della propria mente e del corpo - controllato dalla mente.

È da questa consapevolezza che deriva il concetto di proprietà.

Ogni essere umano possiede la sua mente e quindi il suo corpo, un fatto naturale e universale che oggi chiamiamo proprietà. I “woke” oggi dicono: my body my choice, ma come sapete io preferisco citare Locke:

Every ·individual· man has a property in his own
person
[= ‘owns himself’]; this is something that nobody else has any right to.


Il diritto di aborto non è quindi un diritto positivo (che non sono diriti ma privilegi politici), ma una conseguenza del diritto di proprietà sul corpo.

Il concetto di proprietà è importante, perché lega tutti i successivi temi, come quello del capitalismo e del libero mercato.

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Capitalismo e libero mercato


Il capitalismo è quel sistema economico e sociale in cui le persone (e non lo Stato) possiedono i mezzi di produzione. È cioè quel sistema in cui sono le persone a decidere cosa produrre, come produrre, per chi produrre.

Il vero capitalismo esiste solo in un contesto di libero mercato, in cui ogni decisione è esclusivamente frutto del pensiero e della libera volontà delle persone - che possono scegliere se cooperare o meno tra loro.

Un sistema capitalistico di libero mercato non può prescindere dalla protezione assoluta della proprietà privata. È con la negoziazione privata e lo scambio di titoli di proprietà che le persone sono in grado di allocare tra loro le risorse.

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Per sintetizzare, possiamo allora dire che il capitalismo è il modo in cui le persone possono produrre e allocare diritti di proprietà in modo decentralizzato (cioè senza pianificazione centrale) attraverso l’incontro delle loro volontà.

Perfino in un libero mercato però non mancano i conflitti, soprattutto per un tema come l’aborto, che da secoli si porta dietro idee totalmente inconciliabili tra loro.

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Protezione dalla violenza


La privacy è l’unico modo in cui possiamo proteggere le persone dalla violenza, facendo sì che possano formare liberamente la loro volontà e incontrare quella altrui, per scambiare titoli di proprietà e ottenere così un mutuo beneficio.

Privacy non è segretezza. Lo dico spesso, vale la pena ripeterlo.

Privacy, nell’Era dell’Informazione, è la capacità di controllare le informazioni che ci riguardano e scegliere a chi rivelarle. La privacy è un diritto analogo alla proprietà del corpo: è il filtro attraverso il quale separiamo e definiamo i confini della nostra sfera privata rispetto al resto del mondo. È il diritto che ci permette di formare la nostra volontà al riparo da ingerenze arbitrarie di terzi.

Perché l’aborto è una questione di proprietà, capitalismo e privacy


In un mondo ideale non ci sarebbe alcun bisogno di parlare di aborto. Il medico sarebbe l’unico possessore dei mezzi di produzione del bene “prestazione medica”. La paziente e il medico sarebbero gli unici a poter decidere i termini della prestazione, attraverso la negoziazione privata e lo scambio di titoli di proprietà (lavoro in cambio di denaro). Le pazienti sarebbero in grado di formare la loro volontà senza alcuna ingerenza arbitraria, violenza o giudizio altrui.

Ma non siamo in un mondo ideale.

L’interruzione volontaria di gravidanza non fa parte di un mercato libero. Ci sono specifiche regole che definiscono i limiti dell’azione umana e interferiscono nella libera formazione della volontà degli attori di mercato (medici e pazienti).

Come ogni altro ambito umano, la legge non è altro che lo strumento attraverso cui il burocrate crea un mercato artificiale a sua immagine e somiglianza, secondo i suoi principi morali e le sue ideologie. Alcune volte questo mercato sarà espressione dei principi e idee della maggioranza della popolazione, altre volte sarà invece frutto di compromessi.

In un mercato artificiale non c’è rispetto della proprietà: il medico non è libero di offrire il suo lavoro alle sue condizioni e la paziente non è libera di decidere sul suo corpo, che in realtà diventa di proprietà del legislatore. Allo stesso modo, non c’è neanche libera formazione della volontà e piena autodeterminazione: l’estensione del pensiero umano in un mercato regolamentato è sempre pari ai limiti del pensiero del burocrate.

In un mercato artificiale non può esserci neanche privacy.

L’aborto diventa una questione pubblica, poiché colui che crea e mantiene il mercato, lo Stato, deve assicurare che tutti rispettino le regole. La paziente che vuole interrompere la gravidanza infatti non ha alcuna scelta - sarà costretta a rivelare informazioni molto sensibili all’intero sistema sanitario. Nel caso in cui quelle informazioni possano rivelare una violazione delle regole, sia la paziente che il medico saranno duramente puniti.

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Non essere ipocrita


Un mercato regolamentato è l’antitesi del libero mercato, che per definizione esiste solo al di fuori dalla legge. L’unico risultato della pianificazione centrale è la violenza di un gruppo politico sull’altro.

In alcuni casi sarà la violenza dei pro-life contro la libertà della donna sul proprio corpo. In altri sarà la violenza di chi è favorevole all’aborto contro i medici, che saranno costretti a scegliere tra sacrificare i propri principi morali o essere esclusi dal mercato.

Eliminare la pianificazione centrale è l’unico modo per garantire il realizzarsi della piena libertà delle persone. È l’unico modo per far coesistere pacificamente persone che la pensano e la penseranno sempre in modo opposto, senza che gruppi di potere si facciano violenza l’un l’altro.

Se vuoi libertà di abortire, allora devi accettare che l’unico modo per risolvere il problema alla radice è attraverso il libero mercato, la proprietà privata e la privacy - non la legge, mai la legge.

Devi anche accettare che altri possano esprimere liberamente le loro opinioni e volontà, e devi anche accettare che nessuno potrà mai essere obbligato a soddisfare una tua pretesa, perché sarebbe una violenza. La stessa violenza di molti di coloro che chiedono di licenziare medici che si rifiutano, per principio, di praticare interruzioni di gravidanza.

La via di mezzo, il compromesso, la “legalizzazione” - non sono altro che strade tortuose che portano allo stesso risultato: la pianificazione e la negazione dei diritti naturali, della libertà di autodeterminazione, della privacy. Non esiste una terza strada: pianificazione totale o libero mercato.

Se scegli la pianificazione, se scegli di fare violenza su un certo gruppo politico, se scegli di negare l’esistenza di un libero mercato, allora devi anche accettare che sia tu a subirne le conseguenze - come oggi potrebbe accadere in molti Stati americani. Non essere ipocrita.

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Come dico spesso, sono agnostico sul tema dell’aborto, che è fonte di grandi dibattiti anche tra libertari. Penso che, pro o contro, non sia una scelta che ci riguarda. Di certo non può riguardare lo Stato. Nel mio mondo ideale di aborto non si parla, perché è una questione privata tra medico e paziente - fuori da ogni ingerenza di terzi.