A Emanuele Ragnedda. Suggerimenti per una enologia carceraria
Dopo un delitto efferato internet viene regolarmente sommersa di proponimenti forcaioli.
Una persona seria invece cerca sempre di mantenersi costruttiva. Al di là del biasimo è normale che essa assuma lo stesso atteggiamento anche nei casi più abietti.
Pare proprio che Emanuele Ragnedda di Arzachena, un ricco ben nutrito già criticabile perché ricco e perché ben nutrito, abbia molto maldestramente ucciso una certa Cinzia Pinna.
I dettagli sono sulle gazzette. Qui non ci interessano molto.
Ci interessa invece il fatto che per molti anni Emanuele -ancorché ricco e ben nutrito- dovrà affrontare una quotidianità che si annuncia molto triste, soprattutto perché dovrà adottare comportamenti poco conformi alle abitudini di un ricco e soprattutto a quelle di un ben nutrito, dal momento che il regime alimentare carcerario non è davvero dei più allettanti.
Come sappiamo Emanuele faceva raccogliere uva, ne faceva fermentare il succo e poi cercava di venderlo a caro prezzo, il più delle volte riuscendoci anche. A meno che qualcuno non si sbrighi a far sparire tutto quanto -fra gentiluomini in casi come questo è prassi far finta di non essersi mai conosciuti- sul web si trova molta e fastidiosa pubblicità al suo succo fermentato. Comunque, nulla vieta di sperare che Emanuele non possa cercare di assecondare la sua grande passione anche nelle condizioni in cui si trova adesso.
Prendete dieci arance sbucciate e una scatola di frutta sciroppata mista da duecentoquaranta grammi. Strizzate la frutta in un sacchettino di plastica e mescolate il succo alla poltiglia, aggiungete mezzo litro d'acqua e chiudete bene il sacchetto.
Mettete il sacchetto nel lavandino e riscaldatelo facendo scorrere per quindici minuti l'acqua calda.
Avvolgete dei tovaglioli attorno al sacchetto per tenerlo tiepido affinché fermenti.
Lasciate il sacchetto in cella senza toccarlo per quarantotto ore.
Passato questo tempo, aggiungete da quaranta a sessanta zollette di zucchero e sei cucchiaini di ketchup, poi riscaldate di nuovo per trenta minuti e infine richiudete il sacchetto.
Lasciate di nuovo il sacchetto senza toccarlo, stavolta per settantadue ore. Riscaldate ogni giorno per quindici minuti.
Trascorse le settantadue ore, con un cucchiaio scremate via la poltiglia e mettete quello che rimane in due tazze da mezzo litro.
Il detenuto statunitense Jarvis Jay Masters ha incluso questa ricetta per il pruno -uno spaventoso beverone fermentato facendola in barba agli agenti di custodia- in una poesia sulla sua condizione di condannato a morte. Si sono adattate le dosi al sistema metrico decimale senza troppo curarsi della precisione; ricette del genere lasciano per forza di cose moltissimo spazio all'inventiva ed è sicuro che al signorino Ragnedda non mancherà certo il tempo per perfezionare il risultato.