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21456470Piana del Cavaliere (AQ). Foto: Marica Massaro. Fonte: Wikipedia
In contemporanea fin dalla fine di settembre [1943] furono avviate [da parte della Banda Madonna del Monte] le azioni di sabotaggio: «interruzioni periodiche di linee di comunicazione tedesche nella Piana del Cavaliere <1680; posa di chiodi conficcati in apposite stecche di legno lungo la S.S. n° 5; disarmati, scalzati e malmenati vari portaordini tedeschi» <1681; a cui va aggiunta la sottrazione di armi dalla locale stazione dei CC.RR. <1682.
Dal gennaio 1944 le attività del Camerlengo si concentrarono soprattutto lungo la Tiburtina Valeria su cui notte tempo si era intensificato il traffico notturno di autocolonne tedesche. Giunti in zona cinque paracadutisti inglesi <1683, li accompagnò in diversi sopralluoghi di ricognizione nella galleria di Monte Bove ed ai ponti stradali e ferroviari presso Carsoli <1684; quindi approfittando delle frequenti incursioni aree della RAF «in vigilanza sulla zona <1685» e coadiuvato anche da un numero crescente di patrioti, intensificò le azioni di disturbo e sabotaggio. In più occasioni, le ultime due macchine delle autocolonne tedesche furono fatte oggetto di colpi di arma da fuoco, mirati alle gomme o ai motori, Su precisa disposizione del Camerlengo non vennero mai colpiti soldati tedeschi <1686.
Al contempo il capobanda si adoperò nel tentativo di recuperare un apparecchio ricetrasmittente mediante cui stabilire un collegamento diretto con il Comando alleato: l’occasione propizia parve presentarsi all’abbattimento di un caccia tedesco monoposto ad opera dell’aviazione alleata. Arrivato sul luogo con altri e constatato che il pilota illeso si era già dileguato e che la radio era intatta, il Camerlengo ed un prigioniero tedesco avevano iniziato a smontarla mentre i compagni si occupavano di asportare le mitragliatrici dalle ali. A breve però sopraggiunse con il favore della notte una pattuglia tedesca e temendo l’accerchiamento, il gruppo fu costretto a dileguarsi <1687.
Nel marzo, a seguito della più massiccia presenza di pattuglie tedesche nelle campagne e montagne della zona, il Camerlengo, che ormai poteva contare su un buon numero di collaboratori, differenziò le azioni: ai sabotaggi condotti ancora contro le autocolonne tedesche si aggiunsero azioni di sorveglianza del territorio, infiltrazioni di patrioti – presentatisi come guide – nelle file nemiche così da deviarne il campo di ricognizione lungo sentieri lontani dai ricoveri dei prigionieri <1688, e successivamente anche azioni di depistaggio <1689 nei confronti di reggimenti tedeschi appiedati, strategicamente indirizzati lungo la strada verso Rieti dove era più probabile che fossero sorpresi dalla «luminaria della morte» <1690.
Nel maggio, con la sopraggiunta progressiva ritirata tedesca, fu possibile per il Camerlengo abbandonare la cautela fino ad ora utilizzata, per condurre infine azioni armate contro le retrovie nemiche <1691 lungo la tratta Carsoli-Colli di M. Bove <1692, riuscendo in un caso, complice una «forte pioggia», ad asportare da una carretta una cassa con tre mitragliatrici Breda , «senza che le due “mummie”, che chiudevano la colonna, passate ad un certo momento avanti con il conducente, si avvedessero di nulla» <1693. Nel frattanto nei paesi, la popolazione «cominciò a digrignare i denti» e così fascisti e repubblichini sbandati vennero regolarmente disarmati, e tedeschi razziatori «si sono visti presi a sassate e schioppettate e, inseguiti hanno dovuto rilasciare il bestiame catturato» <1694.
Agli inizi di giugno in località Mola Ferrari (piana del Cavaliere), il Camerlengo, che aveva asportato un fucile ed un rotolo di carte topografiche tedesche, fu inseguito e fatto oggetto di colpi di fucile da parte di un milite sbandato, che per fortuna non andarono a segno <1695. Diversa sorte quella toccata a Domenico Del Duca <1696 il 9 giugno: sorpreso ad asportare armi, fu crivellato dai colpi di pistola dai tedeschi. Del caduto, sfollato da Carsoli a Pereto in seguito al recente bombardamento della città, il Camerlengo raccontò: «Era un fegataccio antitedesco per la pelle che tante volte m’aveva chiesto di potermi accompagnare a fare “qualcosa contro quei vigliacchi e fetenti”. Io non avevo voluto accettarlo con me perché la mia diffidenza per i Carsolani si moltiplicò al cubo dopo la retata dei prigionieri alleati e di giovani italiani in Tufo per opera di spia proveniente forse da Carsoli <1697. Ho sbagliato nel giudicarlo da vivo. La morte che lo ha trovato con le armi in pugno contro i tedeschi che palesemente aveva sempre odiato, lo accomuna ai partigiani di tutte le bande d’Italia che hanno lottato per la n/s libertà!» <1698.
Il Camerlengo, presentatosi quindi presso «il Comando Alleato di Arsoli», ricevette ordine scritto di guidare un drappello di una quindicina di paesani e un paio di prigionieri, in una spedizione contro una brigata nazifascista che, come da sue informazioni, occupava le alture di Villa Romana <1699. Giunti sul luogo, scoprirono che i tedeschi ne erano fuggiti da già qualche ora e quindi li inseguirono fin sui poggi di monte Sabinese <1700, dove provvidero nei giorni successivi al rastrellamento ed al disarmo di circa 15 cecoslovacchi ed alcuni tedeschi «autori di furti e rapine» <1701, consegnati a fine attività al Comando Alleato <1702.

[NOTE]1680 Sia telegrafiche che telefoniche. Cfr. ivi., sintesi dell’attività della banda.
1681 Ivi, relazione di Camerlengo Antonio.
1682 Entrarono nella Caserma «dai tetti per una finestra di dove pochi minuti prima erano riusciti a fuggire il brigadiere e due carabinieri (gli altri tre carabinieri, due dei quali, Sbaraglia e Pietrini, si dimostrarono in seguito zelantissimi nazi-fascisti, non avevano aderito la sera precedente al mio invito di disciogliere la caserma e mettere a mia disposizione le relative armi e munizioni)», ibidem. Il Parroco di Pereto don Felice Balla, testimone indiretto dell’azione, specificò che i patrioti penetrarono nella Caserma «passando dalla finestra del mio sacrestano e sui tetti», ivi, dichiarazione di don Balla del 13 febbraio 1947.
1683 Quattro paracadutisti al comando di un maresciallo. Cfr. ivi, relazione di Camerlengo Antonio.
1684 Cfr. ibidem.
1685 Ibidem.
1686 Cfr. ibidem.
1687 Cfr. ibidem.
1688 Cfr. ibidem.
1689 «Più di qualche volta sono riuscito a far bere delle grosse “balle” agli ufficiali d’alloggio che precedevano in macchina la truppa: dicevo che il bosco era stato scoperto dall’aviazione alleata che vi aveva fatto strage di “poveri camerati” fin dalla notte scorsa», ibidem.
1690 Ibidem.
1691 «[…] verso gli ultimi giorni dell’occupazione tedesca il tenente [Camerlengo Antonio] ed otto giovani s’erano appostati per massacrare i tedeschi che presidiavano Pereto. Fu per l’intervento del sottoscritto e specialmente di un nipote, anch’egli sacerdote che 18 tedeschi poterono partire incolumi da Pereto. L’intervento dei sacerdoti in quella occasione, fu determinato da desiderio di tutta la popolazione di non lanciare il paese nell’avventura di possibili rappresaglie proprio gli ultimi giorni della tirannia nazifascista», ivi, dichiarazione del Parroco di Pereto don Felice Balla del 13 febbraio 1947.
1692 Luogo di appostamento: tra il 175° e 76° km. da Roma. Cfr. ivi, relazione di Camerlengo Antonio.
1693 Ibidem.
1695 Banda Madonna del Monte, relazione di Camerlengo Antonio.
1696 Secondo il Laurenzi Carlo della banda Turanense, il Del Duca, fu ucciso «perché trovato in possesso di fucili mitragliatori che recava alla Banda Turanense oppure alla banda Madonna del Monte», ivi, Banda Turanense, elenco dei feriti. Il Del Duca prestò attività partigiana presumibilmente in entrambe le bande, ed al momento della compilazione del ruolino ambedue i comandanti ritennero erroneamente che fosse incluso nell’elenco dell’altro; quando il Laurenzi si rese conto dell’omissione, provvide ad inserirlo nel proprio elenco anche in considerazione del fatto che il Del Duca «ha lasciato la vedova e tre bambini in tristissime condizioni finanziarie», ibidem. In seguito a medesima iniziativa presa da Camerlengo Antonio, il Del Duca ottenne infine dalla Commissione Regionale Abruzzese il riconoscimento nella Madonna del Monte. «L’8 giugno 1944, durante le operazioni di ritirata dei tedeschi nel Carseolano, Domenico Del Duca viene colpito da una pallottola tedesca in località fonte Rio Secco. Purtroppo dai documenti rinvenuti non è stato possibile desumere con chiarezza la dinamica della morte», in Atlante Stragi: straginazifasciste.it/?page_id….
1697 Cfr. ACS, Ricompart, Abruzzo, Banda Liberty/Tufo di Carsoli.
1698 Ivi, Banda Madonna del Monte, relazione di Camerlengo Antonio.
1699 Cfr. ibidem. L’episodio è testimoniato anche dal Parroco di Porta Romana che dichiarò: «Quando verso la fine dell’occupazione tedesca elementi della retroguardia tedesca cominciarono a terrorizzare questa popolazione con atti di banditismo, alcuni di questi giovani di Villaromana [Villa Romana, frazione di Carsoli] andarono a chiedere aiuto a Pereto dove si sapeva che il detto tenente [il Camerlengo] aveva organizzato una piccola Banda di Partigiani», ivi, dichiarazione di don Scussa Giuseppe del 3 dicembre 1946.
1700 Cfr. ibidem e ivi, relazione di Camerlengo Antonio.
1701 Ivi, dichiarazione di don Giuseppe Scussa del 3 dicembre 1946.
1702 Cfr. ivi, relazione di Camerlengo Antonio.
Fabrizio Nocera, Le bande partigiane lungo la linea Gustav. Abruzzo e Molise nelle carte del Ricompart, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, Anno Accademico 2017-2018

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