Il 5 marzo 1953 morì Iosif Stalin <19. La politica del dittatore aveva condizionato l’Unione Sovietica fin da prima della Seconda guerra mondiale. Con il conflitto – e la successiva vittoria – il culto dell’eroe comunista che combatteva e sconfiggeva con le sue stesse forze i nazisti invasori venne subito collegata alla figura di Stalin. Le celebrazioni del suo funerale ebbero un certo successo e sembravano nascondere la durezza repressiva che continuava anche dopo la morte del dittatore. Il sistema post-staliniano vide un’ulteriore ricostruzione degli apparati produttivi, in particolare quelli militari. Dopo il primo test atomico del 1949, i sovietici riuscirono a mettere a punto un’altra arma di grande potenza: la bomba a idrogeno (detta “bomba H” <20). L’evento venne celebrato come grande successo del socialismo, portando l’arsenale militare dell’URSS ad un potenziale distruttivo che arriva alla relativa parità con quello americano. Si aggiungeva poi il rafforzamento dell’ideologia comunista in Asia, dopo la fine della Guerra di Corea e l’affermazione della Cina di Mao Tse-tung.
Il 1955 fu l’anno in cui la Repubblica Federale Tedesca aderì al Patto Atlantico, e quindi alla Nato. Ma era anche l’anno in cui l’Est rispose con un’alleanza militare tra l’Unione Sovietica e i suoi paesi satellite (Bulgaria, Romania, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Albania e Germania Orientale), costituendo così il “Patto di Varsavia” <21.
Il nuovo Segretario del PCUS, Nikita Chruščëv, al XX° Congresso del partito il 14 febbraio 1956, presentò un rapporto segreto in cui si denunciavano i crimini commessi da Stalin. Tale documento lasciava sperare che l’URSS si sarebbe aperta ad un processo di liberalizzazione e di distensione sul piano internazionale <22.
Nel frattempo, in Occidente venne fatto un altro passo a favore dell’integrazione europea. La conferenza di Messina, nel giugno del 1955 <23, avrebbe condotto alle firme dei Trattati di Roma e alla creazione del “Mercato Comune Europeo” (con l’approvazione degli americani) e della “Comunità Europea dell’Energia Atomica”, l’EURATOM.
Le prime tendenze riformatrici nei paesi dell’Est trovarono spazio in Polonia e soprattutto in Ungheria, dove, sotto il governo riformista di Imre Nagy, queste tendenze diventarono centrifughe. Nell’ottobre 1956 ci fu un primo intervento militare sovietico, tuttavia i movimenti di protesta ungheresi che ne seguirono richiederanno un’ulteriore azione dell’Armata Rossa, il successivo 4 novembre. La resistenza dei centri operai locali si fece accanita, ma non riuscirono comunque a fermare l’invasione, che provocherà 60.000 morti e la deposizione (e l’arresto) del Presidente Nagy <24 .
La Nazioni Unite questa volta si astenevano dall’intervenire nella questione ungherese, in quanto il rappresentante sovietico nel Consiglio di Sicurezza aveva opposto il suo veto. Contemporaneamente la situazione stava precipitando anche in Medio Oriente, dove dal luglio precedente il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, salito al potere con un colpo di Stato nel 1952 <25, aveva provveduto alla nazionalizzazione dell’antica Compagnia del Canale di Suez, colpendo
gli interessi degli azionisti e dei paesi occidentali. La mossa era stata un atto di ritorsione contro la promessa americana non mantenuta dei finanziamenti all’imponente progetto della diga di Assuan <26.
L’obiettivo di Nasser era modernizzare l’Egitto e rilanciarne il ruolo egemonico nell’area mediorientale. Il governo inglese, dopo mesi di inutili trattative, decise di intervenire militarmente per far cadere il dittatore egiziano. Trovò presto il sostegno del governo francese. Il 29 ottobre 1956 iniziò l’“Offensiva di Tsahal” <27. Ma presto si aprì una crisi interna all’Alleanza Atlantica, dato che l’amministrazione USA di Dwight “Ike” Eisenhower (divenuto presidente nel 1953 <28) disapprovava fortemente l’azione armata anglo-francese, portando al fallimento dell’operazione e il successivo ritiro delle truppe europee. La situazione in Medio Oriente tornò a quella pre-conflitto. La duplice crisi del 1956 aveva strutturato ulteriormente il “bipolarismo” internazionale, dato che nessuno dei maggiori attori poteva ormai inserirsi in modo attivo nella sfera d’influenza avversaria.
Le proteste americane per l’Ungheria e quelle sovietiche per Suez rientrarono infatti in tempi piuttosto rapidi <29.
[NOTE]19 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 200.
20 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 275.
21 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 266.
22 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 37.
23 Varsori Antonio et al., La politica estera italiana nel secondo dopoguerra (1943-1957), Milano, LED, 1993, p. 357.
24 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 37.
25 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 286.
26 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 236.
27 Idem, p. 237. 28 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 307.
29 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 242.
Daniele Pistolato, “Operazione Gladio”. L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024
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L’Est rispose con un’alleanza militare tra l’Unione Sovietica e i suoi paesi satellite
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