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Il cambiamento positivo


Post personale di Alessandro che racconta la propria esperienza con #HIV DISCLAIMER: nel post c'è ironia ma anche tanto Drama Queen: lettori avvisati. Il cambiamento POSITIVO Ora non è "Gifter" a parlare ma Alessandro con un post dove condivido la mia esp

Post personale di Alessandro che racconta la propria esperienza con #HIV

DISCLAIMER: nel post c’è ironia ma anche tanto Drama Queen: lettori avvisati.

Il cambiamento POSITIVO


Ora non è “Gifter” a parlare ma Alessandro con un post dove condivido la mia esperienza di persona con HIV per smontare i pregiudizi di chi è scettico sulla mia partecipazione a questo blog satirico.

Evento negativo? Sì. Notizia devastante? Di sicuro. Ma siccome quando il “cambiamento positivo” arriva te lo tieni, vale la pena prenderne atto e nel tempo imparare a conviverci più pacificamente possibile.

2013: Think twice!


Ascolto tutta la musica perché ne sono appassionato ma c’è un particolare brano che non riesco ad affrontare: “think twice” di Celine Dion; anche cercando il video per condividerlo sul blog, ho silenziato l’audio perché quella canzone mi è a dir poco indigesta.



youtu.be/vGwIaL0jOUg


Una volta però adoravo questo brano perché era quello che aveva unito me e Alberto, grande amore ed errore allo stesso tempo.

A 32 anni avrei dovuto già essere adulto invece sono caduto fra le braccia di chi prometteva fedeltà ma era un traditore seriale e io ho continuato a perdonarlo malgrado, col senno di poi, i segnali di relazione malsana fossero palesi.

Alla fine però un giorno, trovando l’ennesimo calzino estraneo sotto il nostro letto, ho preso tutta la sua roba e gli ho lasciato la valigia fuori dalla porta.

Avessi trovato preservativi usati anziché i calzini sarebbe stato disgustoso ma alla fine avrei gestito solo le corna, invece così ho dovuto affrontare un “cambiamento positivo” di cui avrei fatto volentieri a meno.

Anche “Twink Twice” è riuscito a farmi odiare: per fortuna non è andato avanti molto con quella storia, ma le scenate di Alberto fuori casa o al telefono a supplicare “Alex, ti prego, perdonami” con la canzone in sottofondo, si sono ripetute da metà gennaio 2013 fino a marzo e tralascio il dettaglio sul San Valentino – più volte ha rischiato una mia denuncia per stalking.

Adesso quindi solo le prime note di quel brano mi fanno innervosire come quando un seccatore suona il campanello sperando di vendermi oggetti o divulgare religioni improbabili.

Con chi suona alla porta non mi sono mai permesso ma ad Alberto ho lanciato più di qualche secchiata d’acqua dalla finestra quando veniva a rompermi le palle, sì! E in pieno inverno non è il massimo pertanto qualora si fosse preso un bel raffreddore, se l’è cercato.

In compenso nello stesso maledetto periodo mi ero beccato io un’influenza potentissima anche senza prendere secchiate, o almeno io l’ho considerata come tale. Amore finito, stress, ma con una pillola e un po’ di riposo passa tutto.

Appena guarito, sono andato in discarica a buttare le ultime mutande che Alberto aveva lasciato nel mio cassetto forse per illudersi di chissà cosa; però il vecchio Gifter, anzi il vecchio Alex in questo contesto, se ha deciso di chiudere, chiude senza alcuna possibilità di ripensamento. Ancora ignoravo che, oggettivamente, non di tutti i regali lasciati dall’ex ci si può liberare.

2013: Rito di passaggio


Quando superi il momento clou dello stress da relazione finita cosa pensi? “I cimiteri sono pieni di persone insostituibili”, ci può essere qualcun altro da amare, e capisci che a 37 anni forse forse è il caso di “rimettersi sul mercato” per non diventare la vedova austera del diciannovesimo secolo.

Allora, nell’idea di ricominciare a conoscere gente col classico “poi si vedrà”, ho preso una decisione importante: fare il test per le infezioni sessualmente trasmissibili HIV compreso in quanto mi sentivo in perfetta forma ma, sapendo che io ero monogamo e Alberto no, mi ritenevo una persona sufficientemente vulnerabile: nella peggiore delle ipotesi avrei quantomeno salvaguardato eventuali nuove relazioni a breve, medio o lungo termine.

Noi gay abbiamo maturato una certa consapevolezza in decenni di HIV o AIDS associati principalmente al nostro orientamento sessuale: i virus non guardano se sei monogamo o poligamo, è sufficiente una porta aperta a cui accedere e non gliene frega un accidenti se tu fai l’amore senza protezione perché “ti fidi” del tuo partner o se stai con una persona completamente anonima appena conosciuta della quale ti importa solo finché ti rivesti. I virus entrano in casa tua senza bussare né chiederti: “posso?”

A dire il vero è così anche per le persone etero, queste ultime però il più delle volte si sentono cullate nella “comfort zone” mediatica delle categorie a rischio e anche se il traditore seriale è la persona “della porta accanto” che si dedica a casa e lavoro, spesso e volentieri l’etero medio non considera l’eventualità infezioni sessuali, non si sottopone ai test, poi succedono le tragedie di marito o moglie in AIDS conclamato dopo anni di silenzio, o positività all’HIV scoperte durante una gravidanza.

Poco mi importa se sono brutale ma, siccome la vita non fa sconti, neanch’io li concedo quando mi esprimo su questi temi.

Coi test avevo previsto di chiudere definitivamente il capitolo Alberto e, nel merito, scherzavo anche assieme al mio migliore amico: “insomma dai, non sarò mica così sfigato da essere cornuto e sieropositivo? Posso reggere il tradimento ma l’HIV non so.”

Adriano però è parecchio più malizioso di me e ha lanciato il sasso: “io ti sto addosso come una ventosa perché l’influenza che hai avuto qualche tempo fa non mi è piaciuta affatto”.

E chi se la ricordava più, non certo io! Ma lui da brava “sanguisuga” come lo chiamo tutt’ora, non si perde ogni minima fragilità da parte mia e già allora diceva “noi due possiamo reggere il peso di qualunque sventura. Sono con te”.

Lui mi è vicino fin dall’adolescenza, il primo a cui ho confidato che “non mi piaceva la gnocca” (come parlavo male a suo tempo), quella è un’amicizia che dura da decenni. Ne abbiamo passate tante e ci sentiamo in una botte di ferro, neanche c’è il pericolo di rubarci i partner uno con l’altro perché è etero!

2013: La risposta


L’influenza, cosa vuoi che sia! Avevo già letto sull’Internet che il passaggio da HIV negativo a positivo potesse scatenare dei sintomi simil-influenzali però su questo non ho mai voluto condizionarmi e dopo Alberto, nella mia vita, a nessuno avevo permesso di affacciarsi finché non sarei stato certo di “essere sano” – così definivo la negatività all’HIV fino a quel momento. Quindi mi sono fatto prelevare il sangue senza troppi pensieri drammatici: tutto sommato, ero tranquillo: avevo “la coscienza a posto”, “mi ero comportato bene”, il test era uno scrupolo ma generalmente “l’AIDS prende solo chi non fa attenzione”. Anch’io vittima, in qualche modo, delle campagne mediatiche fatte coi piedi.

Lo screening era per tutte le infezioni sessualmente trasmissibili, non ero andato in una di quelle strutture dove fanno anonimo il test solo per l’HIV e sono rimasto in attesa dei risultati.

Ero sereno fino a quando non mi è squillato il cellulare: il dottore voleva “vedermi per discutere degli esiti” e a quel punto ho anche aggredito la signorina addetta alle chiamate: “porca puttana, ragazzetta, non farmi giri di parole dimmi che sono sieropositivo e sparisci!” Lei formale ma gentile: “signore abbia pazienza, non sono tenuta a darle informazioni al telefono, le chiedo cortesemente di prendere appuntamento col medico!” Venerdì 3 maggio 2013, va bene.

Mi ha accompagnato Adriano quel giorno, unica persona di cui potessi fidarmi ed è rimasto lì fuori ad attendermi mentre io ero chiuso in stanza a parlare col dottore. “Tutto negativo, tranne l’HIV, mi spiace”. No, cazzo no! Io HIV positivo no! Alberto non poteva avermi fatto questo!

Ricevuta una simile notizia ti crolla ogni certezza, ma ognuno reagisce a suo modo: io in quel momento non avevo più un dottore di fronte, non era più l’ambulatorio ma mi sentivo come se fossi a casa mia a tavola davanti ad Alberto e ci sarebbe mancata solo Think Twice per farmi definitivamente sbroccare.

Santa pazienza aveva (e ha tutt’ora) quel medico. Solo quando mi sono calmato, mi ha spiegato tutto il percorso da fare; avevo troppa paura del “dopo” e ricordo ancora che dissi “dottore la prego se mi dà una medicina che non mi rende un fantasma con le gambe la accetto”.

Lui fece molto di più e mi diede l’opportunità di seguire un percorso di terapia sia antivirale sia psicologica grazie a cui adesso ho ritrovato il mio equilibrio e non ho problemi a parlarne apertamente.

Alberto? Ovviamente risultato anche lui positivo e ancora oggi sono convinto che non ne fosse a conoscenza: come prestava poca attenzione in auto così era nella sessualità e gli effetti si sono visti eppure, nel tempo, mi sono fatto passare il rancore nei suoi confronti perché l’odio non mi faceva stare bene.

La psicoterapia è durata un anno e mezzo di cui giudicavo i primi mesi come assolutamente inutili perché mi facevo talmente schifo da essermi chiuso in casa senza farmi la doccia per giorni; Adriano da parte sua veniva anche a trovarmi ma sempre più di rado.

“Non mi vuoi più come amico perché ho l’HIV, gli scrissi un giorno ma la sua risposta fu impietosa: “se non vengo volentieri da te è perché puzzi come una capra. Pensi di spaventare il virus così? Più facile che me ne vada io! Continua di questo passo e l’HIV rimarrà l’unico a starti vicino ma solo perché gli tocca e da te non può staccarsi sennò muore”.

Nessun professionista ti dirà mai una frase simile, un amico d’infanzia invece sì specialmente quando ti vede autodistruggerti e non sa cosa fare per aiutarti.

A questo si è aggiunta la terapia d’urto dello psicologo al quale confidai che avevo passato l’estate del 2013 studiando quale fosse il modo migliore per morire, prima che mi ammazzasse il virus.

Mi affrontò a muso duro: “quanti modi per morire stai descrivendo. Ma se passi i giorni a pensarci senza metterlo in pratica, intuisco che non vuoi ucciderti veramente. Che dici? Partiamo da qui: tu, morire, in realtà non vuoi”.

“E certo che non voglio morire”, era stata la mia risposta, “ma è l’HIV che mi costringe a pensarci! A 37 anni la data di scadenza! Non è giusto!”

Quel sant’uomo mi ha lasciato sparare cazzate a raffica e poi si è messo a dirmi le stesse parole che già avevo sentito dal medico: “adesso non è più una condanna a morte”, “segui regolarmente la terapia”, “abbi uno stile di vita più sano possibile”, c’è voluto molto tempo ma alla fine oltre ad aver fatto pace con l’HIV l’ho fatta con la mia autostima e ho debellato i sentimenti di stigma e omofobia interiorizzati che da anni tenevo dentro.

Capitolo chiuso anche l’odio per l’infezione: ormai sono emotivamente sereno, tanto che il virus fa parte della mia famiglia esattamente come il gatto e me ne prendo cura rimanendo fedele alle medicine e ai controlli medici.

Dovrei fare più esercizio fisico ma io e il mio HIV siamo così: quando uno vuole andare a fare una passeggiata, l’altro si mette d’accordo con Giove Pluvio e fa piovere. Tale umano tale virus! Serie tv, divano, attività in orizzontale! Almeno essendo in simbiosi non c’è rischio che mentre guardiamo lo sport l’HIV tifi per gli avversari.

Lo ammetto, dopo tutto quello che mi ha fatto penare per farsi accogliere, mi sono pure affezionato a questo virus. Lui che mi ha costretto a mettere in discussione troppe certezze fondate sul nulla ma che alla fine mi ha permesso di trovarne più salde comprese alcune amicizie e amori solidi che prima, forse, c’erano e non li vedevo.

Brutto da dire forse ma senza di lui probabilmente non avrei stretto amicizia con @talksina l’ideatrice di questo blog, che divide con me l’esperienza dal punto di vista opposto: quello di una persona senza HIV ed ex compagna di un uomo col virus.

Cosa potrei volere di più? Tornare col segno negativo? Al momento non ci penso perché non è possibile, salvo le persone con leucemia trapiantate di staminali su cui i media ogni tanto parlano.

Mi basterebbe mantenere HIV sulla soglia di Non Rilevabile Non Trasmissibile senza dover assumere farmaci, la ricerca si sta concentrando in questo senso perciò è questione solo di pazienza; per adesso il mio desiderio è vivere e godermela al massimo, ho già perso troppo tempo dietro alle cazzate!

In chiusura tranquillizzo i lettori sul fatto che non ho alcuna intenzione di scrivere libri e guadagnare sulla mia esperienza ma voglio solo raccontarla per aiutare a sconfiggere lo stigma.

Testo aggiornato rispetto alla pubblicazione iniziale (13 aprile 2023).

Questa voce è stata modificata (1 settimana fa)

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