Salta al contenuto principale


Questo lavoro non è vita

Indice dei contenuti

Toggle


Questo lavoro non è vita. La lotta di lasse nel XXI secolo. Il caso GKN

Dario Salvetti e Gea Scancarello

Libro intervista

Fuoriscenalibri

15 novembre 2024

Brossura con alette

192

Il 9 luglio 2021, i 422 dipendenti della Gkn di Campi Bisenzio (Firenze), fabbrica che produce semiassi per l’industria automobilistica, ricevono una email con la quale viene comunicato l’avvio della procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività. Lavoratrici e lavoratori non restano immobili nella rassegnazione, reagiscono immediatamente, raggiungono i cancelli dell’azienda, presidiati da guardie private, e riescono a entrare. Non lo fanno per rabbia, ma per difendere un diritto e per proteggere il proprio territorio dalla delocalizzazione e dall’impoverimento.
Comincia così la lotta operaia più lunga e più strutturata degli ultimi decenni. Una lotta allo stesso tempo potente e fragilissima, che va conosciuta e sostenuta perché ci riguarda tutti. La mobilitazione, da un lato, vuole opporsi a un abuso e, dall’altro, avvia un corpo a corpo con il capitale di straordinaria forza e intensità. Un corpo a corpo non isolato ma in convergenza con movimenti e lotte che attraversano tutto il Paese, seppur spesso sottotraccia.
Mentre questo libro va in stampa, lavoratrici e lavoratori sono ancora lì, hanno costituito un Collettivo di fabbrica, hanno allestito un loro piano industriale credibile e hanno avviato la procedura di azionariato popolare per sostenerlo, che si è chiusa con oltre un milione di euro di sottoscrizioni.
In questi ultimi anni sono stati pubblicati molti libri che hanno raccontato la crisi e le falle del modello capitalistico di produzione e sviluppo, mancava però ancora un libro sul lavoro, che raccontasse la lotta di classe nel XXI secolo.
Questo libro non è solo la storia di una singola battaglia, ma un manifesto che parla a ciascuno di noi, trasversalmente al proprio mestiere. Perché il lavoro è vita. Ma questo lavoro, sfruttato, sottopagato, che ammala il corpo e la mente, in cui puoi essere licenziato in tronco con una email, non lo è più. È necessario gridarlo con consapevolezza, e farlo collettivamente. (dalla pagina del libro)

Il collettivo di fabbrica GKN


Questo libro è frutto delle lotte del collettivo di fabbrica GKN. Una sottolineatura fondamentale per cercare di entrare dentro questo modo di pensare un mondo nuovo. Un mondo sbocciato come un fiore ribelle nato dal letame di un capitalismo sempre più arido e avido. Un fiore seminato dalla coscienza di classe e che sta convergendo, con altri semi, nel vento di una nuova umanità sempre più necessaria. Recensendo su questo blog pensatori come Graeber e Chomsky, capita spesso di leggere i loro inviti a immaginare forme alternative di lotta. La storia, il presente e mi auguro il futuro della ex GKN (ora GFF) ci offre spunti pratici in questo senso.

Come scrivo qualche riga sopra, questo è un libro collettivo. Anche se sulla copertina risulta il nome di Dario Salvetti, accompagnato nel dialogo e nelle riflessioni da Gea Scancarello, faremmo un torto e probabilmente un dispiacere a Salvetti stesso cercando in una persona (o peggio in un personaggio) il leader o l’uomo da seguire. Svuoteremmo, abbruttiremmo e impoveriremmo l’essenza stessa, la specificità e la bellezza collettiva di questa lotta. Lotta che ha saputo andare oltre GKN. Grazie anche alla sua convergenza con la fase storica che viviamo ormai da troppo tempo.

Narrazioni nuove, nemici vecchi


Il libro fornisce al lettore, soprattutto a chi meno conosce la vicenda, nuovi punti di vista e inversioni di paradigma. Riappropriarsi della narrazione è tanto più necessario quanto più il capitale, come sta facendo con forza da decenni, svilisce e svuota quelli che sono i concetti chiave della lotta di classe. Un pensiero che abbraccia ogni aspetto della vita quotidiana. Sono interessanti alcuni passaggi in cui si prende coscienza della trasposizione dell’importanza della lotta nella realtà giornaliera.

Come se il potere conducesse costantemente una lotta contro ogni singola persona, trattandola come una microazienda da sottomettere al suo volere. In questo modo vince sempre, poiché già essere costretti a giocare al gioco di chi fa le regole è una sconfitta. Il potere alimenta il potere in un continuo parossismo perchè “se la terra è tonda e se il mare è blu, da che mondo e mondo il forte vince e non sei tu (Cangaceiro – Litfiba)”.

[…]È ovvio che hanno dalla loro parte alcuni strumenti importanti, tra cui il fatto di essere lo status quo: a volte possono semplicemente ritirarsi e aspettare che le cose facciano il loro corso. Hanno dalla loro parte anche e innanzitutto il tempo. Ma soprattutto hanno dalla loro parte una verità: per il lavoratore la lotta è qualcosa che va oltre la “normale” vita quotidiana, è un’eccezione, un momento di grosso sacrificio che si fa sperando che qualcuno a un certo punto lo raccolga. Per loro, invece, la lotta contro il lavoratore è la vita quotidiana.[…]

dal libro



Inoltre, in questa fase storica, ci stanno anche convincendo che se perdi, la colpa è tua. Fateci caso:

“La lotta impedisce la ripartenza della fabbrica.”

“Eh! Ma se usciva vestita in quel modo? Cosa pretende?”

“I giovani non vogliono fare sacrifici.”

“Nessuna crisi climatica! La colpa è di chi non pulisce i letti dei fiumi.”

“I vegani inquinano perché mangiano la soia e fanno fallire i piccoli allevatori che amano i loro animali.” (Anche se, mi si permetta la mia personale postilla, li sgozzano, stuprano e vendono per soldi).


La lotta crea, la lotta insegna


[…] Dobbiamo essere bravi a inventare ogni volta qualcosa di nuovo. A continuare in questa eterna azione pedagogica che è la lotta.[…]dal libro

Mi sono ritrovato molto in questa frase. Ho sempre pensato, riflettendo sulle vicissitudini del lavoro in Italia, che uno dei mali principali è stato proprio quello di abbandonare la pedagogia della lotta. Qualcosa che se ci pensiamo è collegata anche all’antifascismo. Ci dicono che sono concetti vecchi, che c’è bisogno di “pacificazione”, che il fascismo è morto 80 anni fa e intanto continuano a reclutare servi, impedire manifestazioni antifasciste e scioperi e proteggere commemorazioni di assassini. Il potere può farlo perchè senza pedagogia della lotta manca la coesione sociale.

Riprendere la pedagogia della lotta è fondamentale per offrire ragionamenti, cause e risposte ai problemi reali delle persone. La lotta crea e insegna che nessuno si salva da solo e che attaccare chi sta peggio porterà solo ad avere due persone che stanno peggio di prima mentre chi li ha messi contro ci guadagna. Inventare e reinventare la lotta di classe, internazionalizzarla nell’intersezionalità allontana le persone in difficoltà dal pensare che il fascismo possa essere una risposta. La lotta addensa la società liquida e disgregata, funzionale al capitale, e crea mutuo aiuto e libertà. Lottare insieme attorno agli stessi bisogni reali, comuni per tutti gli sfruttati, è anche l’unico modo possibile di fare vera integrazione.

“Puzziamo di incontrollabilità”


Per questo motivo la ex GKN, e soprattutto il suo esempio, ha molti nemici. In quattro anni ha mantenuto una coerenza encomiabile non permettendo a nessuna istituzione di mettere il cappello per vincere un’elezione o crescere nei sondaggi. Ha realizzato tre edizioni del festival di letteratura working class. Ha predisposto un piano di reindustrializzazione dal basso credibile e dettagliato e continua a creare valore in tanti modi. Partendo dal presidio ancora attivo a Campi Bisenzio e in giro per l’Europa. Soprattutto sta diffondendo un’idea pericolosissima per sottrarsi e sottrarci alle regole del potere: “immaginare il tempo altro per uscire dal qualunquismo consumista del salario”. Mi auguro che questa lotta rimanga il più orizzontale possibile resistendo alla tentazione di cercare la risposta in una classe dirigente verticale o qualcosa di simile. Solo imparando dalla storia si può scrivere una nuova storia.

La libertà non è un lusso


Per questo paragrafo finale metto a confronto due citazioni che stimolano una riflessione.

La libertà inizia quando riusciamo a liberarci dal regno delle necessità.

Dario Salvetti tratta dal libro

“Il lusso è la necessità che inizia quando la necessità finisce.”


attribuita a Gabrielle Coco Chanel

Notiamo certamente un punto in comune; la necessità. Ma considerando che la seconda frase è spesso utilizzata (forse superficialmente) per giustificare la tendenza verso bisogni indotti e per loro natura effimeri, potremmo riflettere su cosa davvero è importante. La pienezza e la ricerca dell’evoluzione individuale che può darci il tempo liberato dalle necessità o la creazione di necessità che tali non sono e che ci mantengono prigionieri?

#autogestione #collettivoDiFabbrica #gkn #lottaDiClasse


Noam Chomsky: la forza della ragione contro il potere

Indice dei contenuti

Toggle


La ragione contro il potere

Noam Chomsky e Jean Bricmont

saggio

Ponte alle grazie

2019

137

Noam Chomsky, in dialogo con Jean Bricmont, analizza il rapporto tra ragione e potere in un mondo dominato da ingiustizie e controllo. Attraverso due interviste illuminanti, l’intellettuale americano riflette su temi cruciali come politica, scienza, religione e giustizia sociale, invitando il lettore a resistere alla passività e a riscoprire la forza della ragione come leva per il cambiamento e la speranza per un futuro migliore.

Noam Chomsky


Noam Chomsky, nato a Filadelfia il 7 dicembre 1928, da una famiglia ebraica, è un linguista, teorico della comunicazione, cognitivista – il suo pensiero in contrapposizione con quello comportamentista, nell’approccio alla psicologia, afferma che l’acquisizione del linguaggio negli esseri umani è una predisposizione innata di ognuno – attivista politico statunitense, è uno degli intellettuali più celebri e seguiti della sinistra radicale mondiale.

Jean Bricmont


È un filosofo e fisico belga. Professore all’Università Cattolica di Lovanio (UCLouvain). Dal 2004 è membro della Divisione delle Scienze dell’Accademia Reale del Belgio. Bricmont è un attivista razionalista. Ha criticato le visioni postmoderniste della scienza insieme ad Alan Sokal, con il quale ha scritto Fashionable Nonsense (1997). Ha anche criticato l’imperialismo e difeso la libertà di espressione, adottando una posizione sulla questione simile a quella di Noam Chomsky (Fonte wikipedia).

Che cos’è la ragione?


In questo testo, Chomsky espone in maniera lucida e brillante il suo punto di vista riguardo argomenti dibattuti da sempre: cosa può la ragione contro il potere?
La ragione è etica, è guardare analiticamente, con acume e intelletto, con pensiero razionale fatti e azioni mantenendo la capacità di un giudizio onesto, indipendente dal grado di coinvolgimento o di profitto. La ragione è la forza della mente che prevale sulla forza violenta.

Che cos’è il potere?


Il potere è avere l’autorità e la possibilità oggettiva di agire. Tuttavia il suo significato è molto esteso, con una accezione spesso negativa. Che cosa può la ragione contro il potere? Albert Einstein ci ha detto che: “L’amore del potere non vale niente, il potere senza amore è l’energia spesa invano”.

Pascal


È stato un matematico, fisico, filosofo e teologo francese. Pascal mostra l’impressionante potere di tradurre gli eventi del cosmo in formule matematico-geometriche.
La ragione rivela all’uomo la sua condizione compassionevole: sommità di tutto il creato ma incapace di dare un senso ultimo alla sua vita. Così all’interno dello stesso regno della ragione nasce l’esigenza della ricerca del trascendente. Razionalismo e Scetticismo sono i due poli opposti che tentano di risolvere umanamente il problema del trascendente. Ma entrambi falliscono davanti all’enigma dell’esistenza umana. Il primo è incapace di convincere definitivamente uno spirito realmente critico, il secondo chiude l’uomo nella spirale auto-distruttiva dell’insensato divertissement. Perciò l’unico vero atteggiamento ragionevole per l’uomo è la ricerca, il rimanere in ascolto, l’apertura del cuore anelante. (Fonte: disf.org/pascal-non-solo-scomm… )

Perché citare Pascal?


Perché citare Pascal? Nella prefazione Bricmont spiega la “presenza” di Pascal:
Chomsky fa spesso riferimento a quella che definisce una versione modificata della scommessa di Pascal, la quale serve a rispondere alla domanda: «Perché agire a livello politico o sociale? Abbiamo la certezza che sia utile?» Nella prima intervista la sua risposta è questa: «Se rinunciamo alla speranza e ci rassegniamo alla passività, faremo in modo che accada il peggio; se invece conserviamo la speranza e ci diamo da fare perché le sue promesse divengano realtà, allora le cose potranno migliorare».

Chomsky espone i suoi pensieri sul potere sempre e comunque: “Palestina e Israele: che fare?” raccoglie una serie di conversazioni tra Chomsky e Pappé, curate da Frank Barat; anche quando gli argomenti sono scomodi: 2 Minuti all’apocalisse – Guerra nucleare e catastrofe ambientale.

Trama del testo “La ragione contro il potere”


Il testo è composto da due interviste a Chomsky realizzate da Bricmont. Chomsky formula ed espone il suo punto di vista come sempre con estremo acume e intelletto il forte legame tra ragione e potere: che cosa può l’umanità senza la ragione? La ragione, l’ultimo barlume, l’ultima speranza contro un potere corrotto, marcio e usato per uno scopo bieco e malvagio, adoperato solo come tornaconto personale. Tuttavia Chomsky utilizza l’ottimismo per infondere la speranza: ognuno può migliorare, il potere può essere cambiato, in fondo “volere è potere”, il potere della ragione sulla forza.

Chomsky e gli argomenti trattati nella prima intervista

Il programma alimentare


Il Programma alimentare mondiale (PAM) dell’ONU ha fatto sapere che dovrà ridurre gli aiuti alimentari del 20-25% perché i contributi dei paesi donatori sono diminuiti bruscamente a causa della situazione nei paesi ricchi, dove il salvataggio delle banche è una priorità ben più importante che non aiutare oltre un miliardo di persone minacciate dalla fame, una cifra che secondo il PAM è aumentata di oltre cento milioni lo scorso anno. Quanta importanza questo tipo di crisi abbia per l’Occidente si evince dalla copertura mediatica sui suoi mezzi d’informazione: alle dichiarazioni del PAM il New York Times ha dedicato quindici parole, a pagina dieci, nella sezione «Brevi dal mondo».Antonio Gramsci sulla necessità di conciliare il pessimismo della ragione con l’ottimismo della volontà, potremmo pensare, in base al pessimismo della ragione, che la crisi finanziaria sarà risolta in un modo o nell’altro e la struttura istituzionale fondamentale rimarrà pressoché intatta. Probabilmente è corretta la previsione del presidente del prestigioso studio legale Sullivan & Cromwell: «Dopo aver ricevuto miliardi di dollari dei contribuenti, Wall Street uscirà dalla crisi in uno stato molto simile a quello in cui si trovava prima del crollo dei mercati».

L’ America latina


Chávez è stato demonizzato, con toni che hanno rasentato l’isteria; le critiche non poggiano su motivazioni legittime ma scaturiscono dal ruolo di primo piano che egli riveste nell’integrazione latinoamericana e nella redistribuzione delle ricchezze tra i poveri del Venezuela. Sono cose che spaventano le élite americane e il loro governo, che si vedono privati dei loro tradizionali mezzi di dominio sull’America latina: la violenza e lo strangolamento economico.
I due più efficaci sono l’invasione indiana del Pakistan orientale (l’attuale Bangladesh), che mise fine a orribili crimini, e l’invasione vietnamita della Cambogia con cui furono cacciati i khmer rossi […]

Pol Pot


La destituzione di Pol Pot da parte dei «prussiani d’Asia» (i vietnamiti) fu molto più dura: non soltanto gli americani li condannarono e sanzionarono, ma appoggiarono l’invasione cinese del Vietnam per punirli di aver messo fine ai crimini di Pol Pot, che in quel momento erano al culmine. Gli Stati Uniti e il Regno Unito diedero immediato sostegno militare e diplomatico al regime dei khmer rossi, divenuto da quel momento «Kampuchea democratica».

La fede religiosa


Talvolta invidio le persone che hanno una sincera fede religiosa. Mi rendo conto di quanto possa essere confortante e anche di come possa unire le persone in una comunità; un elemento che purtroppo manca nella nostra società alienata e atomizzata. Parlando della più grande democrazia del mondo, che oggi deve vedersela con il fondamentalismo indù e musulmano, Arundhati Roy ammette che gli estremisti religiosi… […].

La sinistra laica


La sinistra laica – continua – non si occupa più di questi bisogni e desideri come faceva un tempo, e anzi si è «ritirata in uno spazio intellettuale inaccessibile, nel quale temi antichi sono oggi dibattuti in un linguaggio arcaico che ben pochi comprendono», o secondo una variante postmoderna ancor meno comprensibile. Questa analisi può applicarsi anche al resto del mondo. Contrariamente alla nuova ondata di militanti atei, non riesco a immaginare come si possano impartire lezioni di epistemologia a una madre in lutto che spera di rivedere un giorno suo figlio, e spiegarle che le sue credenze si basano sul nulla. Nella misura in cui un credo religioso non danneggia gli altri, dovrebbe rimanere nella sfera del privato. È vero, può diventare pericoloso; ma lo stesso vale per il culto laico, eppure quasi religioso, dello Stato, che abbonda nelle classi intellettuali, anche tra coloro che si affrettano a negarlo.
Che fare? Non c’è la bacchetta magica o una ricetta speciale, solo i metodi consueti dell’educazione, della mobilitazione, dell’attivismo adattati alle circostanze specifiche.

Gli argomenti trattati nella seconda intervista


La seconda intervista si compone di due parti, la prima si focalizza sulla politica; la seconda sulla filosofia e la scienza. In ciascuna parte le domande sono numerate, e comprendono alcune sotto-domande.

#chomsky #controinformazione #ponteAlleGrazie #saggio


Questa voce è stata modificata (5 mesi fa)