La corsa più pazza del mondo. Storie di ciclismo in Burkina Faso e in Mali.
Centotto corridori di diciotto squadre e di quindici Paesi e di tre continenti. Milleduecentosettanta chilometri e mezzo, di cui sessantacinque su piste rosse. È il Tour du Faso, il Giro del Burkina Faso. Ciclismo, ciclismo equatoriale, ma non solo ciclismo. Soprattutto storie di vita. Come quella di Djibril Hassane, diciannove anni, nigerino, studente, che corre da due anni. Prima del Tour du Faso ha rotto la bici, allora ha ricevuto in prestito quella del suo allenatore, che però è più alto di una spanna, ma il problema è quando tornerà a casa: “Chi mi darà una bici per allenarmi?”. O come quella di Herman Beysens, cinquantasei anni, direttore sportivo di una squadra belga: un giorno un amico gli chiese se volesse andare al Tour du Faso, lui pensò alle malattie e ai serpenti, “hai cinque minuti per decidere” gli intimò l’amico, lui rispose sì e appena messo piede in Africa, capì che era casa sua e adesso, ogni anno, da dieci anni, fa costruire sei pozzi d’acqua.
Storie di ciclismo equatoriale, storie divertenti, drammatiche, semplici, incredibili, sconosciute, eroiche. “In Africa c’è il ciclismo ‘altro’, non saprei dire quanto eroico. Ma le divise improvvisate, la penuria di tubolari, il mangiare e dormire come capita, le strade sterrate (rosse qui, non bianche), la passione di fondo sono collegati, se non imparentati.” (dalla prefazione di Gianni Mura).
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