quando il governo spereta, la gente dorme, ma quando blocca il porno, la gente muore…
In questo nostro magico paese — che, lo sapete, a me tutto sommato piace… ma è chi ci vive a non piacermi — quando, relativamente a questioni informatiche, escono fuori problemi veri… tipo, che ne so, Piracy Shield oppure Chat Control… l’individuo medio (normaloide) sembra sempre cadere dal perone dello zio a riguardo. Ma, a quanto pare, se qualcuno tocca i fottuti porno, allora anche i cretini si svegliano… ma nel senso che smettono appena di dormire, eh, non nel senso che prendono la proverbiale pillola rossa e iniziano a vedere la vera realtà, quello non sia mai… 🤥
Quindi, eccoci qui: benvenuti in Italia, vietato scopare, è il caso di dire, perché dal 12 novembre, meno di 2 settimane, entrerà in vigore la nuova norma AGCOM di cui si è inizialmente parlato 6 mesi fa, per cui diverse piattaforme dedicate alla pornografia dovranno verificare che gli utenti siano effettivamente maggiorenni; questo tramite un accesso astruso con un’identità digitale riconosciuta dallo Stato… nel nostro caso, CIE e SPID, ma questa roba non riguarda solo l’Italia, e in realtà il calderone bolle, per farla breve, in buona parte dell’Unione Europea. 🐸
- Al via la verifica dell’età per siti porno e vietati ai minori: ansa.it/sito/notizie/cronaca/2…
Al di là di tutto, la cosa fa molto ridere, perché è stata implementata in modo molto italiano. L’AGCOM non ha inizialmente diffuso la lista iniziale di siti su cui il provvedimento sarebbe dovuto essere applicato, e non avrebbe nemmeno notificato i diretti interessati… Però, per via di qualcosa del Digital Services Act che non ho capito bene, si è trovata ora a doverlo fare… e, a quanto pare, concedere di conseguenza anche ulteriori 3 mesi di tempo alle piattaforme tirate in causa per permettere a queste di effettivamente implementare i requisti. Quindi, se tutto va bene, della pratica se ne parlerà il 12 gennaio, e già qui… Ma, la cosa proprio spassosa è vedere questa lista magica (PDF) di ben 48 siti… ci sono dettagli sorprendenti, ed altri meno. 🤗
Innanzitutto, a parte una manciata di colossi, tra cui PornHub e le sue proprietà, mi sorprende vedere quanti siti piccoli apparentemente presi a caso ci sono… o meglio, a giudicare dagli URL, questi sembrano avere in comune l’essere o localizzati anche in italiano, o addirittura interamente indirizzati al pubblico italiano… ma nessuno di questi è italiano, nel senso che nessuna società che li possiede è italiana. Un (1) singolo sito effettivamente italiano c’è qui in mezzo, hentai-ita.net, che è di proprietà di una società lombarda, e ok… Ma che cazzo di diritto morale hanno invece tutte queste altre aziendine, localizzate in culo all’Europa, di creare siti con nomi italiani, facendo credere sia roba nazionale che dà da mangiare a dipendenti italiani e contribuisce alle casse dello Stato, e invece con noi non c’entra una minchia? Praticamente il problema dell'”italian-sounding”, ma qui sounding potrebbe significare un’altra cosa (NSFW). 🤯
La cosa divertente, però, sono gli esatti URL che sono stati inseriti. Per alcuni siti c’è la normale pagina indice, mentre altri hanno per qualche motivo URL “sporchi”, che o rimandano a pagine fin troppo specifiche — per esempio, qualcuno rimanda a specifiche categorie, e qualcuno a pagine di termini di servizio… perché? — o includono parametri query specifici alla richiesta — come hash di sessione… che no, non è una cosa grave per la privacy come alcuni finti colti dicono, ma è sintomo di siti programmati a casaccio, spesso in PHP; anche phpBB ha questo comportamento — o… uno in particolare rimanda ad una ricerca specifica: [em]/gay-porno?q=daddy[/em]. Il tizio lì dell’AGCOM che si è messo a girare per ‘sti siti ha insomma deciso di fare proprio questa ricerca su uno, e non l’ha tagliata dall’URL prima di includerlo nel documento, che proprio boh… in questo caso, gusti discutibili, ma per tutti gli altri URL è sintomo di skill issue (non conoscere gli standard de-facto di routing nei siti web, quindi quali parti di un URL sono utili e quali no). 🥴
Infine, di contro, non mi sorprende che in questa lista ci siano finiti solo siti normie; si, tanti decisamente mai sentiti per me, oltre a quelli grandi, ma comunque nulla che sia usato da non-normaloidi. Per esempio, spicca sicuramente la mancanza di rule34; ma non è questione di pornografia reale o meno, perché anche di vari booru e siti di quel tipo, che hanno anche (e qualcuno solo) immagini reali, non c’è l’ombra… ma mi chiedo se ciò sia per ignoranza, per realismo pratico, o per evitare un’insurrezione popolare da parte di weeb ed affini. Decisamente, però, godo a vedere che OnlyFans rientra nella lista, e così finalmente tutte quelle famose sanguisughe anche nostrane, che immoralmente seducono uomini deboli e sfigati spillandogli centinaia o migliaia di euro al mese, troveranno un ostacolo in più per farlo… (E no, imporre anche ad OnlyFans la verifica non è superfluo solo perché la piattaforma obbliga a collegare carte di credito, perché non basta; basti vedere le storie dei minori che caricano roba a pagamento lì sopra, per dire.) 😼
Ovviamente, lo sapete già che a me freca meno di zero, non solo perché per me la pornografia farebbe bene a sparire direttamente dalla faccia della terra, ma perché non è che ci voglia granché a superare questi blocchi; dall’anno prossimo sentiremo certamente anche da noi, come in Regno Unito, parlamentari che scoprono dai nipoti cos’è una VPN… almeno, per ora. Io sono ben più che d’accordo con l’idea di bloccare la pornografia ai minorenni, ma c’è un problema… da un lato, che ‘sta roba non funziona, non ha mai funzionato… e, dall’altro, costituisce con certezza matematica un pendio scivoloso che porta all’erosione dei diritti digitali dei cittadini. 😭
Lasciando anche da parte i rischi per la privacy di queste verifiche di età online, perché a dire il vero la situazione qui non è una schifezza come tra UK e USA, e il sistema per cui questa verifica sarà fatta qui mi sembra effettivamente ben architettato in tal senso — con l’identità degli utenti che è gestita da fornitori già accreditati a livello statale per gli altri accessi sicuri, e il permesso di accesso che viene passato ai siti per mezzo di token temporanei anonimizzati… Il primo vero punto è che, per fare questi accessi, serviranno app mobile di merda: o la nostra IO, che è sì open-source, ma un sacco di roba (tra cui questa, temo) non ci funziona senza Play Integrity, che è una dipendenza spyware closed-source di Google, che è un’azienda statunitense… oppure, quella che dovrebbe cacciare fuori Bruxelles, che non ho idea di come sarà, ma non ho affatto buone speranze. 😖
E poi, ovviamente, c’è sempre il rischio dell’abuso da parte dei potenti… che però, in questo caso, non è previsto da mere supposizioni, ma storie reali accadute in altre parti del mondo. Nel Regno Unito si è appunto messa la verifica dell’identità per piattaforme social, ma anche roba come Discord, e in quell’Online Safety Act c’è andata di mezzo pure Wikipedia… mentre, in Australia, si vorrebbe imporre la verifica dell’età anche a fottuto GitHub — perché fornisce funzioni di collaborazione che dai coglioni al potere sono interpretate come social — e addirittura ai motori di ricerca web! Ci rendiamo conto??!! Ma, ovviamente, il popolino di queste cose non se ne preoccupa prima che sia troppo tardi; solo se c’è il sesso di mezzo ne parla, sennò vaffanculo, chi se ne frega se ci trattano come bambini terroristi pretendendo di poter spiare le nostre chat e di bloccarci l’accesso a metà del web legale… Ma io ve lo giuro, cari italiani: Pignio non richiede verifica, ma le foto dei miei piedini lì sopra non ce le troverete MAI!!! 👿🖕
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Age verification is coming to search engines in Australia – with huge implications for privacy and inclusion
New rules will radically change the way we use the internet in Australia, and not just social mediaSamantha Floreani (The Guardian)
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