Pornhub: esposta la cronologia dei membri Premium. Scopriamo cos’è successo
Questa non è la classica violazione fatta di password rubate e carte di credito clonate.
È qualcosa di molto più delicato. Il data breach che ha coinvolto Pornhub nel dicembre 2025 rappresenta uno degli incidenti di privacy più sensibili dell’anno, perché a finire esposti non sono stati dati “tecnici”, ma le abitudini e le preferenze degli utenti.
L’origine dell’incidente non è interna alla piattaforma, ma riconduce a Mixpanel, fornitore di servizi di analytics utilizzato in passato da Pornhub. Un dettaglio che cambia poco per chi oggi si ritrova potenzialmente esposto a estorsioni, ricatti e danni reputazionali.
Cosa è successo davvero
La violazione è conseguenza di un attacco subito da Mixpanel l’8 novembre 2025, quando attori malevoli hanno ottenuto accesso ai sistemi del provider tramite una campagna di SMS phishing (smishing).
A seguito dell’incidente, Mixpanel ha notificato i clienti coinvolti segnalando l’accesso non autorizzato a dataset di analytics storici. Pornhub ha successivamente confermato che dati relativi a membri Premium erano inclusi nel perimetro dell’esposizione.
Pornhub ha precisato che:
- i propri sistemi non sono stati compromessi
- password e dati di pagamento non sono stati esposti
Tuttavia, la natura dei dati coinvolti rende l’incidente tutt’altro che marginale.
I dati esposti: non finanziari, ma devastanti
Secondo le informazioni disponibili e le rivendicazioni del gruppo criminale ShinyHunters, il dataset sottratto ammonterebbe a circa 94 GB, con oltre 200 milioni di record.
I dati includerebbero:
- indirizzi email associati ad account Premium
- ricerche effettuate sulla piattaforma
- cronologia dei video visualizzati
- attività di download
- titoli e URL dei video
- keyword associate ai contenuti
- timestamp dettagliati
- metadati di localizzazione generale
Si tratta di eventi di analytics generati prima del 2021, periodo in cui Pornhub utilizzava Mixpanel. Ma l’età dei dati non ne riduce l’impatto: le abitudini non scadono.
Perché questa violazione è diversa dalle altre
A differenza di credenziali o carte di credito, i dati comportamentali non possono essere “cambiati”. La cronologia di ricerca e visione racconta preferenze, interessi, pattern personali. Una volta esposta, rimane per sempre. Ed è proprio questo che rende l’incidente estremamente appetibile per attività di estorsione.
In alcuni contesti geografici o culturali, la semplice associazione di un indirizzo email a contenuti per adulti può avere ripercussioni legali, professionali o personali. È qui che il danno supera la dimensione tecnica e diventa concreto.
ShinyHunters e l’estorsione come modello di business
Il gruppo ShinyHunters, già protagonista di numerose operazioni di data theft nel 2025, ha rivendicato il possesso dei dati e avviato tentativi di estorsione nei confronti delle aziende coinvolte.
Lo schema è ormai noto:
- violazione di un fornitore terzo
- furto di dataset ad alto impatto mediatico
- pressione economica sulla vittima
- minaccia di pubblicazione
Ancora una volta, il punto di ingresso non è stato il bersaglio principale, ma la catena di fornitura digitale.
Retention dei dati e responsabilità dei fornitori
Questo incidente solleva una domanda inevitabile: perché informazioni così sensibili erano ancora conservate a distanza di anni dalla fine del rapporto con il fornitore?
La gestione della retention dei dati e la loro effettiva minimizzazione continuano a rappresentare uno dei punti più fragili nella catena di sicurezza di molte organizzazioni, soprattutto quando entrano in gioco servizi di terze parti.
Non è sufficiente affermare di non aver subito una violazione diretta.
Quando i dati degli utenti vengono esposti attraverso un fornitore, la responsabilità non scompare dal punto di vista dell’impatto.
Per chi subisce le conseguenze, la distinzione tra infrastruttura interna e piattaforma esterna è puramente teorica. I dati sono stati compromessi, ed è questo l’unico elemento che conta.
Considerazioni finali
Il caso Pornhub-Mixpanel dimostra che la sicurezza non si ferma ai confini aziendali e che i servizi di analytics possono diventare un vettore di rischio enorme se non governati con attenzione.
Per gli utenti, è l’ennesima conferma che la privacy online è fragile, soprattutto quando si parla di piattaforme che promettono discrezione.
Per le aziende, è un avvertimento evidente, i fornitori terzi non sono un dettaglio contrattuale, ma una superficie d’attacco estesa.
E nel 2025, ignorarlo significa esporsi consapevolmente.
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