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Da cosa dipenderà la crescita dell’economia nel 2023


La guerra russo-ucraina rende ancor più complesse le previsioni: occorre costruire le prospettive del 2023 a cominciare dalla pace, anche con l’intervento di garanzia dell’Onu. Ciò favorirà anche una più solida ripresa dello sviluppo in ogni parte del mon

La guerra russo-ucraina rende ancor più complesse le previsioni: occorre costruire le prospettive del 2023 a cominciare dalla pace, anche con l’intervento di garanzia dell’Onu. Ciò favorirà anche una più solida ripresa dello sviluppo in ogni parte del mondo direttamente o indirettamente coinvolta nel conflitto. I costi dell’energia stanno diminuendo prima delle previsioni e potrà ridursi l’inflazione, evitando nuove crescite dei tassi e i rischi di recessione. Il 2022 è stato determinante per superare l’eccessiva dipendenza dell’Europa da un solo fornitore e la troppo lenta spinta per le energie rinnovabili. La crisi energetica è di straordinario stimolo per investimenti per migliori qualità della vita e tutela dell’ambiente.

La guerra in Ucraina e l’emergenza energetica sono veri e forti stress test per l’economia, rallenta noi commerci internazionali e i movimenti delle persone. Il mondo finanziario è fra i più esposti ai rischi e lo confermano gli incerti andamenti dei mercati nel 2022. L’auspicato “scoppio della pace” e la ricostruzione dell’Ucraina porteranno nuove spinte alle attività economiche e fiducia nei mercati, come spesso
avviene nei dopoguerra. Le banche hanno resistito alla pandemia e al primo anno della guerra ucraina e sostenuto l’economia. Se la guerra continuasse, il 2023 sarebbe a rischio di recessione in vari settori. All’Unione Europea servono altri passi in avanti, dopo i rilevanti nella pandemia e i parziali nell’energia.

Servono iniziative per rendere omogenee le legislazioni connesse al mercato unico, oggi frequentemente diverse e che non favoriscono la crescita comune. L’Unione bancaria rappresenta uno dei settori più avanzati dell’Ue: la Vigilanza unica e le norme promosse da Eba e Bce hanno fatto compiere molti passi avanti. Invece il “terzo pilastro”, la garanzia unica europea dei depositi (oggi garantiti dai Fondi interbancari nazionali), non è progredito, impedito da inammissibili condizioni di alcuni Stati a carico dei debiti pubblici di altri Stati. Il vero “terzo pilastro” dell’Unione bancaria, più che mai necessario e possibile, consiste negli indispensabili Testi Unici europei innanzitutto in diritto bancario, finanziario e penale dell’economia, riforme che non costano e che favorirebbero la maggiore integrazione bancaria ed economica e la crescita di banche europee di dimensioni competitive con i giganti americani e asiatici.

Il 2023 porterà a un chiarimento in Italia anche sulle prospettive del tanto discusso Mes, il “fondo salva Stati”. Lontani dalle polemiche politiche, occorre responsabilmente essere consapevoli della necessità di avere conti in ordine, senza eccessi di debito pubblico, per evitare di ricorrere ai vari strumenti eccezionali salva Stati (non c’è solo il MES). Il Parlamento italiano dovrà valutare anche quanto il MES può concorrere a proseguire la costruzione dell’Ue. È in corso una rivoluzione tecnologica, accelerata dalla fase più acuta della pandemia, che ha contribuito a mutare le abitudini: il lavoro in parte a distanza, le riunioni sempre più in videoconferenza, gli acquisti anche on line cambiano
volto anche a città e campagne.

La rivoluzione tecnologica è irreversibile, anche se talune abitudini precedenti potranno sopravvivere o addirittura parzialmente riprendersi. Nella rivoluzione tecnologica, i servizi di pagamento sono fra gli elementi più connettivi, indispensabili a distanza e sempre più utilizzati. Negli Usa l’evoluzione tecnologica nei pagamenti è avanzata prima: americani sono i principali circuiti mondiali di pagamento. Anche in Italia sono stati effettuati ingentissimi investimenti tecnologici, finanziari, bancari, ecc. per sistemi di pagamento sempre più diversi,
innovativi e competitivi. Debbono essere sempre rispettatigli investimenti effettuati e la libertà di scelta di ciascuno per ogni pagamento. Già nel 2012 venne insediato in Italia un Tavolo di confronto fra i protagonisti dei settori economici e le Autorità anche di Vigilanza bancaria e di concorrenza del mercato.

La legge di Bilancio per il 2023 ha deliberato la costituzione di un nuovo Tavolo fra i protagonisti dei sistemi di pagamento e degli altri settori
economici, in presenza delle Autorità. Il Tavolo porterà ad un trasparente chiarimento sulle diversità e complessità dei sistemi di pagamento, sulla catena di differenti soggetti che li assicurano: tecnologici, circuiti internazionali e nazionali, emittenti, distributori, consumatori e percettori. La concorrenza e l’innovazione hanno progressivamente ridotto i diversi costi delle transazioni elettroniche, mentre sussistono anche costi per la gestione del contante. Il Tavolo servirà a chiarire equivoci e a rendere ciascuno più consapevole dei problemi altrui e potrà favorire evoluzioni, rispettando i ruoli di ogni impresa e le libere scelte di ciascuno. Ogni modernizzazione nei sistemi di pagamento ha prodotto problemi iniziali, poi superati, come nell’Ottocento, quando alle monete metalliche si affiancarono le banconote.
Nessuno può, infatti, bloccare le innovazioni e l’avvenire.

Il Resto del Carlino

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USA: i travagli dell’economia continuano nel 2023


Nel dicembre 2021, la maggior parte degli americani attendeva con impazienza un 2022 tranquillo e prospero. I casi di COVID-19 erano in calo, il mercato azionario era in rialzo e i posti di lavoro erano abbondanti. Cosa è andato storto? Molte cose hanno fatto. Il trauma geopolitico è venuto prima. Dopo un caotico ritiro militare […]

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Serbia-Kosovo, Aleksandar Vucic: "L'Occidente ci ricatta" - Kulturjam

"Il continente europeo è molto vicino all’apertura di un nuovo fronte bellico al proprio interno, questa volta a causa delle crescenti tensioni tra la Serbia e il governo dell’autoproclamato Kosovo. Come nella crisi ucraina, l’Occidente atlantista a guida statunitense sta giocando un ruolo di primo piano nell’acuire le tensioni tra le parti, dimostrando ancora una volta la propria natura bellicista."

kulturjam.it/politica-e-attual…



La solidarietà NATO secondo la Turchia


Nonostante i diversi punti di vista, la NATO ha dimostrato di essere l’Alleanza più resiliente al mondo durante tutto il suo inizio settant’anni fa. Durante questo periodo, specialmente in periodi di incertezza o quando l’incapacità del sistema internazionale nel suo complesso ha causato l’inerzia nell’affrontare gravi crisi all’interno e intorno all’area euro-atlantica, la rilevanza o […]

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Ucraina: l’Europa potrebbe fare ancora di più per sostenere i rifugiati


Quasi 8 milioni di rifugiati sono fuggiti dall’Ucraina dall’invasione della Russia a febbraio, la più grande ondata di rifugiati in Europa dalla seconda guerra mondiale, con la maggior parte di quelli che ora si trovano nell’Unione Europea. Queste cifre aumenteranno a seconda della durata e della gravità della guerra. Creare condizioni in cui i rifugiati possano tornare […]

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kRIK KRIEK – L’ESILIATO


#fumetto

Magnifica edizione in grande formato della prima graphic novel di grande respiro per il maestro olandese del fumetto Erik Kriek, che si è fatto conoscere dal pubblico italiano per altri due ottimi lavori pubblicati da Eris Edizioni come quest’ultimo, “H.P.Lovecreaft –Da Altrove e altri racconti” del 2014 e “In the pines” del 2016. “L’esiliato” è la storia di un vichingo islandese che torna a casa dopo sette anni di esilio dovuti ad un omicidio, ed è la storia di un ritorno infausto che comincia a muovere molto avvenimenti che porteranno scompiglio in molte vittime.

iyezine.com/erik-kriek-lesilia…

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Quando corteggiare ‘quasi-alleati’ come l’Ucraina diventa un azzardo


In un recente vertice virtuale, i leader della NATO hanno ribadito la loro intenzione di ammettere l’Ucraina nell’alleanza. In tal modo, hanno indicato una strana preferenza per difendere direttamente l’Ucraina a un certo punto, ma non ora mentre è sotto attacco. In quanto potenza dominante nell’alleanza NATO, ciò pone gli Stati Uniti nella posizione familiare, […]

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Spazio: 5 missioni di esplorazione a cui prestare attenzione nel 2023


È stato un anno ricco di eventi per l’esplorazione spaziale, con successi tra cui il completamento della missione Artemis 1 della Nasa (finalmente), l’inaugurazione del James Webb Space Telescope e il completamento della stazione spaziale cinese Tiangong . Il 2023 sarà un altro anno impegnativo. Ecco cinque delle missioni più entusiasmanti a cui prestare attenzione. […]

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US-China competition certainly is among today’s most noteworthy trends in international politics. The relationship between the two countries has yet to level off, as it is subjected to regular political pushes from each side.


Pallone: la meritocrazia finanziaria


Pallone.
Una società di #pallone torinese che opera ai massimi livelli del settore ha approvato il #bilancio chiuso il 30 giugno 2022 con perdite per duecentotrentotto milioni, fatta grazia degli spiccioli.
Questo, solo per l'anno 2021 perché secondo le gazzette in cinque anni questa stessa società avrebbe perso oltre seicento milioni.
Una gestione di rara oculatezza che secondo i dati a disposizione non è, ovviamente, un caso isolato.
Lo stato che occupa la penisola italiana ha un #governo improntato alla #meritocrazia e i suoi esponenti esortano i laureati a non storcere la bocca davanti alla prospettiva di un lavoretto da #camerieri, magari portato avanti per una trentina d'anni in cambio degli spiccioli e possibilmente in silenzio.
In omaggio a questi principi non negoziabili e con lodevole coerenza, esso, concede alle società di pallone cinque anni di tempo per pagare quanto dovuto al #fisco.



ISRAELE. Futuro nero: Lgbt+, giudici e diritti nella morsa del Bibi III


Oggi giura il nuovo governo israeliano, il più a destra di sempre. Attivisti in piazza. Associazioni gay in allerta. Nel mirino dei ministri più estremisti ci sono anche i palestinesi. L'articolo ISRAELE. Futuro nero: Lgbt+, giudici e diritti nella morsa

di Michele Giorgio*

Pagine Esteri, 29 dicembre 2022 – Susciterà timori, solleverà interrogativi e animerà dibattiti il programma del governo che il risorto premier Benyamin Netanyahu, sotto processo per corruzione, farà giurare oggi alla Knesset. Il più a destra della storia della storia di Israele. Non perché i suoi ministri più estremisti come Itamar Ben Gvir (Pubblica sicurezza) e Bezalel Smotrich (Finanze), leader dei partiti accusati di razzismo Otzmah Yehudit e Sionismo Religioso, minacciano di attuare politiche più dure e punitive contro i palestinesi sotto occupazione militare da 55 anni. Dei diritti dei palestinesi non importa a nessun governo in giro per il mondo, le eccezioni sono rare. L’intenzione annunciata di dare un nuovo e più forte impulso alla colonizzazione israeliana nei Territori occupati non è poi diversa da quella realizzata dai governi precedenti. E l’esclusività nella biblica Terra di Israele alla piena autodeterminazione riservata solo al popolo ebraico e negata ai palestinesi dal primo ministro Netanyahu, è già affermata nella legge fondamentale, approvata nel 2018 dalla Knesset, che proclama Israele-Stato solo della nazione ebraica e non di tutti i suoi cittadini.

Dell’esecutivo messo in piedi da Netanyahu si parlerà tanto anche nelle comunità ebraiche, negli Usa più che in Europa, perché minaccia i diritti della comunità Lgbt+, perché punta a limitare i poteri dei giudici e la libertà di espressione, perché vorrebbe fare della religione sempre di più il fondamento dello Stato. E per tanti altri motivi che alcuni commentatori locali, vicini al centrosinistra, hanno elencato ogni giorno da quando lo scorso primo novembre la destra radicale e religiosa ha vinto le elezioni legislative, a conferma della tendenza all’estremismo che contagia settori sempre più larghi dell’opinione pubblica israeliana.

Uno di questi opinionisti, il noto scrittore David Grossman, ieri sulle pagine del quotidiano Haaretz, facendo riferimento a leggi in fase di elaborazione che ridimensionano la Corte Suprema, legittimano discriminazioni per motivi religiosi e favoriscono la costituzione di «una milizia privata nei Territori (palestinesi occupati)», ha dipinto il governo nascente come una minaccia «per il nostro futuro e per quello dei nostri figli». «Le dimensioni della catastrofe – ha scritto Grossman – vengono ora alla luce. Netanyahu rischia di scoprire che dal punto in cui ci ha portato non c’è una via di ritorno. Il caos che ha creato non potrà essere annullato o ammaestrato». Grossman in sostanza prova a scuotere Netanyahu, gli chiede di fermarsi prima che sia troppo tardi. Lo scrittore invece dovrebbe rendersi conto che Netanyahu non ha concesso così tanto alla destra estrema perché è debole e ricattabile a causa, si dice, dei suoi problemi con la giustizia. Lo ha fatto perché ideologicamente è vicino a quella parte politica. Non a caso ha destinato ben 125 milioni di dollari al partito religioso omofobo Noam che avrà l’incarico di salvaguardare «l’identità ebraica». La nomina a speaker della Knesset di Amir Ohana, un esponente gay del Likud, il partito di Netanyahu, è vista da più parti come una cortina fumogena per le politiche che le forze più conservatrici dell’esecutivo intendono attuare nella società.

Questa mattina gruppi di dimostranti di sinistra dovrebbero raggiungere Gerusalemme con un convoglio di automobili da Tel Aviv e si raccoglieranno di fronte alla Knesset. Si tratta però di piccole formazioni, fra cui Peace Now, Bandiere nere, Israeliani e palestinesi per la pace, associazioni Lgbt. E si è appreso che, dopo i comandi militari, anche cento ex diplomatici israeliani hanno pubblicato una lettera aperta rivolta a Netanyahu in cui esprimono la preoccupazione che la politica preannunciata del suo nuovo governo pregiudicherà i rapporti esteri di Israele. Non certo con il governo di destra di Giorgia Meloni, che all’inizio del 2023 sarà accolta con grandi onori in Israele dal governo di estrema destra di Netanyahu.

Il premier israeliano respinge le critiche, nega che saranno negati diritti e nei giorni scorsi ha accusato di sedizione il primo ministro uscente Yair Lapid. Netanyahu ieri ha fatto sapere che andrà tutto per il meglio, dentro e fuori Israele, grazie ai suoi progetti. Anche se con ogni probabilità ci scapperà un attacco aereo israeliano all’Iran (che lui invoca da anni). Ha annunciato, tra le altre cose, l’estensione degli Accordi di Abramo con i vicini arabi. Non si fida di lui re Abdullah II di Giordania, custode dei luoghi santi islamici e cristiani a Gerusalemme. In un’intervista alla Cnn il sovrano hashemita ha sottolineato che c’è «preoccupazione» per possibili violazioni da parte israeliana dello status quo sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto

ilmanifesto.it/futuro-nero-lgb…

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La Francia ritira i soldati dalla Repubblica Centrafricana. Cresce in Africa l’influenza degli Usa


La missione Mislog “non aveva più alcuna giustificazione operativa”, ha spiegato il ministero della difesa francese. Il focus di Parigi ora è in Benin, Ghana e Costa d’Avorio e in Niger, paese centrale per l'uranio che alimenta i suoi reattori atomici L'

della redazione

Pagine Esteri, 19 dicembre 2022 – Con l’intento di spostare gradualmente il suo focus in Benin, Ghana e Costa d’Avorio e, più di ogni altra parte, in Niger, paese centrale per le forniture di uranio che alimentano i suoi reattori atomici, la Francia ha ritirato gli ultimi soldati stanziati in Repubblica Centrafricana dove erano stati inviati, ufficialmente, per combattere i gruppi armati che destabilizzavano il Paese. A giugno si è anche concluso il ridispiegamento volto a dimezzare entro il 2023 da 5mila a circa 2.500 i soldati francesi stanziati in Mali (missioni Barkhane e Takuba). Il 13 dicembre il campo di M’Poko – ospitante le forze francesi – è stato consegnato alle autorità centrafricane in coordinamento con la missione dell’Onu (Minusca) e con quella dell’Unione europea.

La missione Mislognella Repubblica Centrafricana “non aveva più alcuna giustificazione operativa”, ha spiegato il ministero della difesa francese annunciando in rientro in patria di 47 soldati (inizialmente era 130 uomini) rendendo definitiva la separazione fra Parigi e Bangui annunciata lo scorso anno. Una scelta che, dissero gli analisti francesi, era la conseguenza dell’arrivo nel Paese africano del gruppo paramilitare russo Wagner come già avvenuto in precedenza in Mali. “Nel 2021, quando la presenza della compagnia militare privata Wagner era sempre più invadente nel Paese, la Francia ha constatato l’assenza delle condizioni per continuare a lavorare a beneficio delle forze armate centrafricane”, ha dichiarato il generale Francois-Xavier Mabin, comandante della Mislog.
In realtà il ritiro di Parigi, ex potenza coloniale in Africa – accusata di svolgere, seppur con modalità diverse, ancora quel ruolo – da Bangui deve leggersi all’interno del contesto regionale. La Francia, e il presidente Macron ne è ben consapevole, risulta sempre più perdente nella competizione con Russia e Cina che allargano e conquistano terreno, in termini economici e di influenza, nel continente africano ricco di risorse. Un ulteriore segnale del suo declino è stato anche il raffreddamento delle relazioni con il Burkina Faso, frutto di un crescente sentimento antifrancese.

L’invio in Africa di contingenti militari francesi come di altri Paesi occidentali per “combattere il terrorismo” si scontra sempre di più con l’idea che spetti agli Stati africani di decidere e attuare in piena autonomia le strategie più idonee per affrontare le formazioni jihadiste – Isis e al Qaeda – che infoltiscono i loro ranghi e rafforzano le loro posizioni. Diverse organizzazioni regionali negli ultimi mesi hanno programmato l’invio di forze militari in situazioni di crisi. Come nel caso della Comunità dell’Africa orientale (Eac) nella Repubblica democratica del Congo, della Comunità dei Paesi dell’Africa meridionale (Sadc) in Mozambico e della Comunità economica dei Paesi dell’Africa occidentale (Cedeao) che formerà una forza armata regionale incaricata di intervenire in questioni di terrorismo e sicurezza.

Se la Francia, cosciente delle difficoltà cheincontra a svolgere il ruolo che si era assegnata, di fatto, unilateralmente in Africa, ritira parte delle sue forze e le ridispiega in apparenza in forma più contenuta solo in alcune regioni africane, gli Stati Uniti al contrario continuano a penetrare nel continente allo scopo fin troppo evidente di limitare la crescente influenza di Mosca e Pechino, al momento molto marcata nell’Africa orientale. La strategia americana al momento è soprattutto economica ed “umanitaria”. Stati uniti e Unione africana, nei giorni scorsi, al summit dei leader Usa-Africa a Washington, hanno affermato il loro impegno a “rafforzare la sicurezza alimentare” nel continente, avviando una “partnership strategica” volta a guidare e accelerare il più possibile il sostegno ai Paesi africani. La collaborazione, non è certo una sorpresa, punta a rafforzare il settore privato in modo che faccia fronte, al posto dello Stato, alle carenze di cibo. Al vertice di Washington, il presidente Joe Biden ha annunciato che l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) ha approvato un pacchetto di aiuti umanitari da due miliardi di dollari per le popolazioni africane colpite dalla crisi legata alla pandemia, ai conflitti regionali, alla siccità e agli eventi meteorologici estremi. Aiuti che aprono la strada a una presenza statunitense che in futuro potrebbe essere anche militare nell’Africa sub-sahariana. Pagine Esteri

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Russia e Cina si sono coalizzate per contrastare le sanzioni degli Stati Uniti - Controinformazione

"Nel mondo è sorta una resistenza organizzata alle sanzioni economiche degli Stati Uniti e dei suoi alleati. La capacità di Washington di esercitare pressioni economiche è dovuta al primato del dollaro sui mercati mondiali. A questo proposito, altri paesi ricorrono a innovazioni finanziarie volte a ridurre il vantaggio americano. Questo si esprime nel rifiuto del sistema bancario SWIFT e nell’uso della moneta elettronica."

controinformazione.info/russia…



#uncaffèconluigieinaudi☕ – Da millenni la sapienza popolare…


Da millenni la sapienza popolare ha affermato la distinzione tra la democrazia e la demagogia da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945 L'articolo #uncaffèconluigieinaudi☕ – Da millenni la sapienza popolare… proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Da millenni la sapienza popolare ha affermato la distinzione tra la democrazia e la demagogia

da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945

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fondazioneluigieinaudi.it/unca…



PD: caro arzigogolo-Cuperlo, ma ‘ndo vai se le idee (di sinistra) non ce le hai?


Come dicevo l’altro giorno, in queste feste natalizie, cupe e largamente tristi, addirittura con minacce di esclusione da San Sanremo per cantanti presunti falsificatori di ‘green pass’, e così via, arriva tra capo e collo, messa sotto l’albero di Natale, la notizia bomba: Cuperlo si candida. Questa sì che è una notizia. E sarebbe pure […]

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Russia e Iran costruiscono una nuova rotta commerciale per aggirare le sanzioni - L'Indipendemte

"Le sanzioni occidentali imposte ai cosiddetti Paesi non allineati alle politiche dell’unipolarismo statunitense, insieme alla recente crisi russo-ucraina, stanno paradossalmente imprimendo un impulso determinante alla formazione di nuovi equilibri internazionali che si riflettono, da un lato, nella tendenza alla dedollarizzazione e, dall’altro, nel modellamento di nuove rotte commerciali."

lindipendente.online/2022/12/2…



Aggravio


Me lo trovate, per favore, un politico che non sia per la diminuzione della pressione fiscale? Già che vi mettete alla ricerca, me ne trovate uno che non sia per l’aumento di questa o quella spesa? Siccome non li troverete, in mezzo alla marea di quelli c

Me lo trovate, per favore, un politico che non sia per la diminuzione della pressione fiscale? Già che vi mettete alla ricerca, me ne trovate uno che non sia per l’aumento di questa o quella spesa? Siccome non li troverete, in mezzo alla marea di quelli che vogliono meno tasse e più spese, vi sarà chiaro in che consiste il problema: hanno smesso di fare politica. E i politici senza politica diventano vagamente inutili, il che spiega il proliferare di quanti ben rispondono a questo non esaltante profilo.

Promettere sgravi programmando aggravi è sport avvincente per gli amanti del raggiro, ma si risolve in un rumoroso nulla. Fra il tortellino e lo zampone sarà approvata la legge di bilancio, nella rituale corsa che si conclude con il rituale traguardo. Tutto secondo tradizione. Stiamo ai fatti: attorno all’equilibrio dei saldi si muove un pulviscolo di abbozzi senza senno.

Forza Italia avrebbe voluto aumentare le pensioni minime a 1.000 euro, il che sarebbe costato 36 miliardi l’anno, che non ci sono. Se anche ci fossero stati sarebbe stato interessante guardare la faccia di quelli che prendono una pensione da 1000 euro con i contributi effettivamente versati, raggiunti da quanti versarono meno o nulla. Non essendoci soldi per finanziare questa genialata, ci si è accontentati di aumentare le minime in ragione dell’età (ma che criterio è?), al prezzo di 859 milioni in due anni. Prego segnare, perché qualcuno deve pagare.

Questo avviene avendo l’Italia una spesa per le pensioni pari al 17.6% del prodotto interno lordo, superati solo dalla Grecia, a dimostrazione non certo dell’equità sociale, ma della dispendiosa e sperequata iniquità. La media dell’Unione europea è al 13.6%. La Germania si ferma al 12.6%. Spendiamo più degli altri europei, ovvero degli altri Paesi ricchi in cui nessuno fa la fame, e la gara politica è a chi riesce a trovare lo scivolo per fare andare prima in pensione e/o aumentare quelle in pagamento. Ergo chi lavora non potrà pagare di meno, altrimenti la baracca delle regalie s’accartoccia. Siccome la scena è piena di politici che promettono più pensioni e meno cuneo fiscale, ne deriva che anziché cercare il retroscena si dovrà stabilire se tenersi l’avanspettacolo.

Nel Paese in cui quasi tutte le famiglie hanno una casa di proprietà e sui conti correnti sono fermi 2mila miliardi di euro, fa impressione che 50 miliardi siano stati ritirati per pagare le bollette. Ci si dovrebbe impressionare anche, però, del fatto che è il medesimo Paese in cui tutti reclamano d’essere aiutati. Che è il medesimo Paese in cui le imprese fanno sapere che il 41% dei lavori che offrono restano senza lavoratori adeguati. Una enormità. Ma mettiamo che stiano mentendo, gli imbroglioni, diciamo che sono il 30%, anzi no: diamo che sono la metà, il 20%, comunque i conti non tornano, perché basta formare le persone, che mica si deve essere tutti ingegneri aerospaziali, e quei lavori trovano il loro lavoratore che guadagna e paga contributi e imposte. Invece abbiamo una disoccupazione altissima. Ma abbiamo anche la più alta evasione europea dell’Iva, il che significa avere la più alta evasione anche fiscale (fatture mai emesse) e contributiva (lavori in nero). Ed ecco che i conti cominciano a tornare: abbiamo una spesa pubblica alta e disfunzionale; un’evasione alta che sottintende lavori e pagamenti in nero; il che spiega i redditi bassi e i consumi non altrettanto; e aiuta a capire le richieste d’aiuto, che servono a mascherare l’insieme. I politici non sono marziani, ma figli di questo mondo, sicché si presentano promettendo i soldi di altri e assicurando che prenderanno meno. Il nero (si sa) sfina, il Pos (s’è capito) sfila.

Il solo modo per tenere assieme questo autentico falso nel racconto collettivo è dire che si è sempre in crisi e alla fame, anche dopo due anni di crescita imponente e diminuzione del peso percentuale del debito pubblico. Il fastidioso aggravio è ammettere che ce la meritiamo, questa roba.

La Ragione

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Corea del Sud: decadimento democratico?


Il governo tedesco ha recentemente arrestato 25 membri di un gruppo cospiratore di destra che complottava per rovesciare il governo. Uno degli arrestati era un membro di una defunta famiglia reale tedesca che il gruppo sperava di insediare come nuovo leader della Germania. Negli Stati Uniti, il Partito Repubblicano ha fatto abbastanza bene nelle elezioni […]

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Il sistema sanitario cinese è piegato dalle nuove infezioni da Coronavirus, ma Pechino decreta comunque l’abolizione delle quarantene per gli arrivi.


Il senso dello Stato per gli italiani


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Nelle ultime settimane ho descritto tendenze aspettative e giudizi espressi dagli italiani nei confronti della vita sociale economica e culturale del paese emerse dai Rapporti Svimez sul Mezzogiorno e Censis sullo stato sociale del Paese. Da cui emerge un quadro di melanconia e […]

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Tunisia: l’accordo con il FMI rischia di far aumentare la povertà e le tensioni sociali


Il 15 ottobre 2022, il Fondo monetario internazionale (FMI) ha annunciato un accordo con un fondo con la Tunisia per un totale di 1,9 miliardi di dollari. Il governo tunisino spera con questo di sbloccare possibilità per altri prestiti, per aiutarla ad affrontare la crisi economica che sta colpendo il Paese. Le condizioni dell’accordo sono […]

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Turchia: Ekrem Imamoglu e l’‘ironia’ della poesia


I minareti sono le nostre lance, le cupole i nostri scudi Le moschee sono le nostre caserme, i soldati credenti La nostra fede ha aspettato questo esercito spirituale Dio è grande, Dio è grande – Ziya Gökalp (1876-1924), “La preghiera di un soldato” L’intellettuale e ideologo turco ottomano Ziya Gökalp ha scritto queste righe […]

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La Russia sta aiutando l’Iran a perseguire la sua agenda ostile?


La cooperazione russo-iraniana ha registrato livelli significativi di sviluppo qualitativo dallo scoppio della guerra della Russia con l’Ucraina. Secondo una dichiarazione ministeriale rilasciata da Ben Wallace, Ministro della Difesa britannico, alla Camera dei Comuni il 20 dicembre, l’Iran riceverà capacità militari avanzate dalla Russia in cambio della fornitura di droni a Mosca. Le domande ad […]

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Errore della sinistra è definire “islamofobia” ogni critica al radicalismo islamico


Ciò che è accaduto nel Parlamento europeo dipende da gruppi privi del senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti Diceva Mark Twain che non conviene fare un uso eccessivo della morale nei giorni feriali: si

Ciò che è accaduto nel Parlamento europeo dipende da gruppi privi del senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti


Diceva Mark Twain che non conviene fare un uso eccessivo della morale nei giorni feriali: si rischia di ritrovarsela tutta stropicciata la domenica. È una regola della politica quella secondo cui, se ci si trova con le spalle al muro, la mossa più conveniente consiste nel «buttarla in morale», ridurre tutto a una faccenda di «mariuoli». Evitando così di parlare delle precondizioni politiche che spiegano l’esistenza del mariuolo.

In che contesto politico si inserisce il Qatargate, questa faccenda di mariuoli e Stati corruttori? Il contesto è dato dall’ambiguo rapporto fra settori della sinistra europea e il fondamentalismo islamico. Il riferimento qui non è, ovviamente, alla sua ala combattente. Ma a quelle forme di fondamentalismo che non fanno ricorso alle armi ma che tuttavia, a causa del loro spirito anti occidentale, sono comunque per noi assai insidiose. Quando in Europa si parla male del Qatar ci si riferisce ai diritti umani violati dall’emirato a casa propria. Ma in gioco c’è di più. Il Qatar, con le sue ricchezze, è uno dei più importanti sponsorizzatori della penetrazione del fondamentalismo nel mondo islamico e nelle comunità musulmane in Europa. Tramite al-Jazeera, l’emittente televisiva più popolare di lingua araba, finanziata dallo Stato, e tramite il sostegno finanziario e organizzativo a gruppi fondamentalisti, il piccolo Qatar è ormai da anni un centro di influenza internazionale di prima grandezza.

Anche se non sapevano della corruzione, i dirigenti del Pd e il gruppo socialista europeo sapevano che Panzeri e soci erano stretti collaboratori sia del Qatar che di altri centri di potere del Medio Oriente, i cui valori sono incompatibili con quelli della civiltà europea. Ma, prima che esplodesse lo scandalo, non hanno mai avuto nulla da obiettare. Da dove deriva questa indulgenza nei confronti di regimi e movimenti apertamente ostili alla civiltà occidentale? Quell’indulgenza può stupire solo chi non si è reso conto dei mutamenti intervenuti nelle forze politiche europee e nel loro retroterra intellettuale dopo il tramonto delle ideologie otto-novecentesche. Se a destra si è imposto il neonazionalismo, una reazione difensiva nei confronti della accresciuta interdipendenza internazionale e delle sue conseguenze sociali, la sinistra ha preso un’altra strada, ha riempito di nuovi contenuti la sua antica alleanza con i chierici, con l’intellighenzia.

Un tempo, a cementare quell’alleanza, erano i miti connessi al ruolo della classe operaia, della lotta di classe, dell’utopia socialista variamente declinata. Persino il partito laburista britannico aveva allora, fra i suoi scopi statutariamente definiti, la statalizzazione dei mezzi di produzione. Andato in cenere quel mondo con che cosa si potevano sostituire gli antichi miti? Come tenere in piedi l’alleanza fra sinistra politica e chierici? La scelta è stata di dare vita a varianti del catch-all party , a partiti pigliatutto. Organizzazioni che tutelano una pluralità di interessi ma anche agenzie dedite alla promozione di diritti: qualunque diritto (o supposto tale), purché rivendicato da una minoranza.

Tramontato il socialismo, una vaga e indefinita ideologia progressista è ora la ragione sociale dei partiti pigliatutto della sinistra. Con due conseguenze. La prima è che il progressismo è un surrogato debole del socialismo, fatica a entrare in sintonia con le richieste delle maggioranze. Proprio per questo, nel tentativo di vincere le recenti elezioni, o di contenere le perdite, il partito socialdemocratico svedese ha dovuto assumere una posizione molto dura sull’immigrazione. La seconda conseguenza è che vengono messe insieme cose che fanno a pugni fra loro. Come il sostegno al movimento Lgbt e, per l’appunto, l’indulgenza verso il fondamentalismo islamico. Di quella indulgenza le prove sono tante. Si pensi alla copertura data per anni dai socialisti belgi e dalla sinistra francese alla islamizzazione (nel segno dell’islamismo radicale) di interi quartieri delle città belghe e francesi.

In Italia, se si va a spulciare fra gli eletti dei partiti di sinistra in ambito locale, qua e là si scopre la presenza di fondamentalisti. C’è una parte della sinistra che definisce «islamofobo» qualunque discorso che metta in guardia contro il radicalismo islamico. Ma poiché il termine islamofobia è stato inventato da islamici fondamentalisti per squalificare le critiche, che esponenti della sinistra abbiano adottato quell’espressione testimonia di un avvenuto cortocircuito culturale. Certamente, c’è anche un calcolo politico: l’indulgenza verso i più attivi (che sono spesso i più radicali) delle comunità islamiche europee dovrebbe aiutare a canalizzare voti verso la sinistra medesima. Ma conta, soprattutto, la crisi identitaria: se non sai più bene chi sei, non riesci a distinguere fra quelli con cui puoi accompagnarti e quelli con cui non devi farlo.

Vediamo, a proposito di Qatar, di chiarire bene. Una cosa sono gli accordi dettati da esigenze geo-politiche, nonché gli affari fra diversi che restano consapevoli delle loro radicali diversità – della loro incompatibilità politica – e altro sono i rapporti di stretta collaborazione che cercano di occultare quelle diversità. Prendiamo il tema dell’energia. Non possiamo più dipendere dalla Russia. Dobbiamo differenziare i fornitori. Ma molti di loro, come la Russia di Putin, non ci sono affini, sono retti da governanti che, alla luce degli standard occidentali, consideriamo tipacci. Il problema, come abbiamo ormai capito, è che non possiamo più dipendere da un solo tipaccio. Cosicché se il «tipaccio A» vuole ricattarci dobbiamo poterlo scaricare e rivolgerci al «tipaccio B». Per dire che non c’è niente di scandaloso nel fare accordi col Qatar in materia di energia. Altro è invece pretendere di annullare le differenze, stabilire «legami pericolosi» con mondi che sono dichiaratamente ostili alle libertà occidentali. La causa di ciò che è accaduto nel Parlamento europeo va ricercata nello stato confusionale di
gruppi politici culturalmente fragili, in crisi di identità, privi di quel senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti. Prede perfette per chi quel senso politico possiede. E sa come sfruttare tutte le risorse che servono per la conquista delle menti e dei cuori, nelle lotte per l’egemonia.

Corriere della Sera

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Politica estera USA: il futuro della moderazione dopo l’Ucraina


Scrivendo su The Atlantic alla fine del mese scorso, il giornalista George Parker ha postulato una ‘nuova teoria del potere americano’, un internazionalismo liberale che spiegava un ‘riconoscimento dei limiti’ per la politica estera degli Stati Uniti. Packer ha riassunto questa strategia verso la fine del suo saggio: “Allineare la politica degli Stati Uniti con il desiderio […]

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Il Qatar e i politici fragili


Ciò che è accaduto nel Parlamento europeo dipende da gruppi privi del senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti Diceva Mark Twain che non conviene fare un uso eccessivo della morale nei giorni feriali: si

Ciò che è accaduto nel Parlamento europeo dipende da gruppi privi del senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti


Diceva Mark Twain che non conviene fare un uso eccessivo della morale nei giorni feriali: si rischia di ritrovarsela tutta stropicciata la domenica. È una regola della politica quella secondo cui, se ci si trova con le spalle al muro, la mossa più conveniente consiste nel «buttarla in morale», ridurre tutto a una faccenda di «mariuoli». Evitando così di parlare delle precondizioni politiche che spiegano l’esistenza del mariuolo.

In che contesto politico si inserisce il Qatargate, questa faccenda di mariuoli e Stati corruttori? Il contesto è dato dall’ambiguo rapporto fra settori della sinistra europea e il fondamentalismo islamico. Il riferimento qui non è, ovviamente, alla sua ala combattente. Ma a quelle forme di fondamentalismo che non fanno ricorso alle armi ma che tuttavia, a causa del loro spirito anti occidentale, sono comunque per noi assai insidiose. Quando in Europa si parla male del Qatar ci si riferisce ai diritti umani violati dall’emirato a casa propria. Ma in gioco c’è di più. Il Qatar, con le sue ricchezze, è uno dei più importanti sponsorizzatori della penetrazione del fondamentalismo nel mondo islamico e nelle comunità musulmane in Europa. Tramite al-Jazeera, l’emittente televisiva più popolare di lingua araba, finanziata dallo Stato, e tramite il sostegno finanziario e organizzativo a gruppi fondamentalisti, il piccolo Qatar è ormai da anni un centro di influenza internazionale di prima grandezza.

Anche se non sapevano della corruzione, i dirigenti del Pd e il gruppo socialista europeo sapevano che Panzeri e soci erano stretti collaboratori sia del Qatar che di altri centri di potere del Medio Oriente, i cui valori sono incompatibili con quelli della civiltà europea. Ma, prima che esplodesse lo scandalo, non hanno mai avuto nulla da obiettare. Da dove deriva questa indulgenza nei confronti di regimi e movimenti apertamente ostili alla civiltà occidentale? Quell’indulgenza può stupire solo chi non si è reso conto dei mutamenti intervenuti nelle forze politiche europee e nel loro retroterra intellettuale dopo il tramonto delle ideologie otto-novecentesche. Se a destra si è imposto il neonazionalismo, una reazione difensiva nei confronti della accresciuta interdipendenza internazionale e delle sue conseguenze sociali, la sinistra ha preso un’altra strada, ha riempito di nuovi contenuti la sua antica alleanza con i chierici, con l’intellighenzia.

Un tempo, a cementare quell’alleanza, erano i miti connessi al ruolo della classe operaia, della lotta di classe, dell’utopia socialista variamente declinata. Persino il partito laburista britannico aveva allora, fra i suoi scopi statutariamente definiti, la statalizzazione dei mezzi di produzione. Andato in cenere quel mondo con che cosa si potevano sostituire gli antichi miti? Come tenere in piedi l’alleanza fra sinistra politica e chierici? La scelta è stata di dare vita a varianti del catch-all party , a partiti pigliatutto. Organizzazioni che tutelano una pluralità di interessi ma anche agenzie dedite alla promozione di diritti: qualunque diritto (o supposto tale), purché rivendicato da una minoranza.

Tramontato il socialismo, una vaga e indefinita ideologia progressista è ora la ragione sociale dei partiti pigliatutto della sinistra. Con due conseguenze. La prima è che il progressismo è un surrogato debole del socialismo, fatica a entrare in sintonia con le richieste delle maggioranze. Proprio per questo, nel tentativo di vincere le recenti elezioni, o di contenere le perdite, il partito socialdemocratico svedese ha dovuto assumere una posizione molto dura sull’immigrazione. La seconda conseguenza è che vengono messe insieme cose che fanno a pugni fra loro. Come il sostegno al movimento Lgbt e, per l’appunto, l’indulgenza verso il fondamentalismo islamico. Di quella indulgenza le prove sono tante. Si pensi alla copertura data per anni dai socialisti belgi e dalla sinistra francese alla islamizzazione (nel segno dell’islamismo radicale) di interi quartieri delle città belghe e francesi.

In Italia, se si va a spulciare fra gli eletti dei partiti di sinistra in ambito locale, qua e là si scopre la presenza di fondamentalisti. C’è una parte della sinistra che definisce «islamofobo» qualunque discorso che metta in guardia contro il radicalismo islamico. Ma poiché il termine islamofobia è stato inventato da islamici fondamentalisti per squalificare le critiche, che esponenti della sinistra abbiano adottato quell’espressione testimonia di un avvenuto cortocircuito culturale. Certamente, c’è anche un calcolo politico: l’indulgenza verso i più attivi (che sono spesso i più radicali) delle comunità islamiche europee dovrebbe aiutare a canalizzare voti verso la sinistra medesima. Ma conta, soprattutto, la crisi identitaria: se non sai più bene chi sei, non riesci a distinguere fra quelli con cui puoi accompagnarti e quelli con cui non devi farlo.

Vediamo, a proposito di Qatar, di chiarire bene. Una cosa sono gli accordi dettati da esigenze geo-politiche, nonché gli affari fra diversi che restano consapevoli delle loro radicali diversità – della loro incompatibilità politica – e altro sono i rapporti di stretta collaborazione che cercano di occultare quelle diversità. Prendiamo il tema dell’energia. Non possiamo più dipendere dalla Russia. Dobbiamo differenziare i fornitori. Ma molti di loro, come la Russia di Putin, non ci sono affini, sono retti da governanti che, alla luce degli standard occidentali, consideriamo tipacci. Il problema, come abbiamo ormai capito, è che non possiamo più dipendere da un solo tipaccio. Cosicché se il «tipaccio A» vuole ricattarci dobbiamo poterlo scaricare e rivolgerci al «tipaccio B». Per dire che non c’è niente di scandaloso nel fare accordi col Qatar in materia di energia. Altro è invece pretendere di annullare le differenze, stabilire «legami pericolosi» con mondi che sono dichiaratamente ostili alle libertà occidentali. La causa di ciò che è accaduto nel Parlamento europeo va ricercata nello stato confusionale di
gruppi politici culturalmente fragili, in crisi di identità, privi di quel senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti. Prede perfette per chi quel senso politico possiede. E sa come sfruttare tutte le risorse che servono per la conquista delle menti e dei cuori, nelle lotte per l’egemonia.

Corriere della Sera

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Evasione dal carcere Beccaria: episodio grave, ma Stato assente


Ottimo – lo si dice senza ombra di ironia – che il Ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini, sia accorso a visitare l’Istituto Penale per i minorenni ‘Cesare Beccaria’ di Milano dal quale sono evasi sette giovani. Ottimo che abbia espresso il proposito-assicurazione che “tutte le carceri saranno messe in sicurezza”. Magari avrebbe dovuto lasciarlo dire al Ministro […]

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PODCAST. Serbia-Kosovo “Crisi pericolosa ma è ridotto il rischio di una guerra”


Intervista a Marco Siragusa, esperto di Balcani e collaboratore del sito d'informazione Meridiano 13. Escalation - spiega - tra i due paesi parte da lontano e si è aggravata lo scorso agosto con la decisione di Pristina di imporre le targhe kosovare alla

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 28 dicembre 2022 – Il confronto tra Belgrado e Pristina si è riacceso questo mese facendo temere una nuova guerra nei Balcani. Pesano le mosse unilaterali, il mancato rispetto di soluzioni avanzate in passato, il non rinoscimento reciproco e le diverse collocazioni internazionali delle due parti. Ma Serbia e Kosovo difficilmente andranno allo scontro armato. Ne abbiamo parlato con Marco Siragusa, esperto di Balcani e collaboratore del sito d’informazione Meridiano 13.
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AFGHANISTAN. Ora i Talebani vietano alle donne anche di lavorare nelle ONG


Il divieto arriva pochi giorni dopo il bando delle studentesse dalle università. Le conseguenze umanitarie saranno drammatiche. Già quattro ONG, tra le quali Save The Children, costrette ad abbandonare il Paese. L'articolo AFGHANISTAN. Ora i Talebani vie

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 26 dicembre 2022 – Erano già state escluse dalle scuole e dalle università. Con un nuovo decreto i talebani hanno vietato adesso alle donne afghane anche di lavorare nelle Organizzazioni Non Governative (ONG). In una lettera diramata il 24 dicembre scorso il Ministero dell’Economia ha, infatti, disposto il bando delle donne locali dal lavoro nelle ONG, sia nazionali che internazionali. La minaccia alle organizzazioni umanitarie che dovessero trasgredire è la perdita della licenza per continuare a lavorare nel Paese.

Secondo il governo talebano, negli ospedali e nelle altre strutture dove si svolge il lavoro delle organizzazioni umanitarie le lavoratrici afghane non avrebbero indossato adeguatamente l’hijab. Poiché con il loro abbigliamento e il loro comportamento non rispettavano la Sharia, dovranno pertanto abbandonare i loro posti di lavoro.

Una perdita immane, una ferita drammatica non solo per le centinaia di donne finora impegnate nelle ONG operanti in Afghanistan e per le loro famiglie, ma per tutto il Paese. L’ennesimo atto dei talebani per silenziare e annientare metà della popolazione afghana, che potrebbe essere quello definitivo, quello decisivo a far calare il buio sull’Afghanistan.

Quasi la totalità della popolazione afghana dipende oggi dall’aiuto delle organizzazioni umanitarie. Dopo vent’anni di occupazione occidentale e poi l’ascesa del regime talebano, le sanzioni internazionali e il congelamento dei fondi del Paese, per milioni di afghani l’unica possibilità di accesso a beni di primaria sopravvivenza nel dilagare della malnutrizione e di ricevere cure mediche deriva proprio dal lavoro delle ONG. Il nuovo decreto del governo de facto potrebbe renderlo adesso impossibile.

1/4 Our teams started working in #Afghanistan more than forty years ago and have provided medical assistance to millions of people since then. Women are the ones who’ve made it possible. Without them, there can be no healthcare. pic.twitter.com/ykdCX25VUv

— MSF Afghanistan (@MSF_Afghanistan) December 25, 2022

L’ONG premio Nobel per la Pace Medici Senza Frontiere, impegnata da oltre quarant’anni nel Paese, è stata tra le prime a commentare la decisione. “In un Paese che dipende largamente dal supporto umanitario e che si confronta con una povertà dilagante alimentata dalla disoccupazione alle stelle, le donne giocano un ruolo fondamentale nel fornire aiuto medico e nessuna organizzazione potrà assistere la comunità locale senza di loro”, scrive l’ONG su Twitter. E ancora sottolinea “Senza di loro, non ci può essere assistenza medica. Escludere le donne dalla vita pubblica, mette a rischio tutti”.

Il lavoro delle donne afghane nelle ONG è stato, infatti, fondamentale in questi anni, soprattutto nell’assistenza a donne e bambini nei reparti ospedalieri a loro dedicati, in un Paese in cui le pazienti possono essere assistite solo da personale femminile e in cui oltre la metà della popolazione è costituita da minori. Escludere le donne dal lavoro umanitario avrà l’effetto di escludere le organizzazioni umanitarie dall’Afghanistan.

Una conseguenza che inizia già a verificarsi. Con un comunicato congiunto, Save the Children, il Norvegian Refugee Council e CARE hanno annunciato la sospensione delle loro attività in Afghanistan. “ Non possiamo raggiungere efficacemente bambini, donne e uomini in situazioni di disperato bisogno in Afghanistan senza il nostro staff femminile. Mentre cerchiamo di ottenere chiarezza su questo annuncio, sospenderemo i nostri programmi, pretendendo che uomini e donne possano ugualmente continuare a lavorare per la nostra assistenza salvavita in Afghanistan”.

“Devastated that the authorities in #Afghanistan have decided to suspend women’s right to work in NGOs. I have seen firsthand how essential our female staff are to our humanitarian response.” Inger Ashing @SaveCEO_Intl @save_children @Save_globalnews t.co/O44eDXEUzN

— Save the Children Global Media (@Save_GlobalNews) December 24, 2022

Con un altro comunicato, anche l’International Rescue Committee (IRC) ha dichiarato sospese le sue attività nel Paese, sottolineando come oltre 3.000 dei suoi 8.000 impiegati in Afghanistan siano donne.

Sono ore tragiche e delicate. Decine di ONG e i rappresentanti delle Nazioni Unite, riuniti nell’Humanitarian Country Team, si sono incontrati a Kabul per decidere se sospendere immediatamente tutti i progetti delle ONG attualmente attivi in Afghanistan. Come un taglio alla corrente, un black out istantaneo su tutto il Paese. Ospedali chiusi, missioni sospese, operatori umanitari e aiuti internazionali rispediti indietro da dov’erano venuti, per lasciare la popolazione afghana abbandonata a se stessa: lo scenario peggiore per un Paese sprofondato nel fondo della sua catastrofe, ma per il quale al momento non sembrerebbero esserci alternative.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto profondamente turbato dalla notizia. “Le Nazioni Unite e i loro partner, che includono ONG nazionali e internazionali, aiutano oltre 28 milioni di afghani che dipendono dall’aiuto umanitario per sopravvivere”, si legge in un comunicato del 24 dicembre. “Il divieto alle donne di lavorare con la comunità internazionale per salvare vite e fornire mezzi di sussistenza in Afghanistan causerà ulteriori indicibili difficoltà al popolo afghano”.

Preoccupazione per il bando è stata espressa anche dalla Farnesina, che sottolinea il ruolo fondamentale delle donne nei lavori di assistenza.

Forte preoccupazione dell’Italia per la decisione delle Autorità di fatto di impedire alle donne operatrici umanitarie di lavorare in Afghanistan. Decisione inaccettabile e contraria a principi diritto umanitario. Il ruolo delle donne nelle attività di assistenza è insostituibile pic.twitter.com/wgmyIIPX0Q

— Farnesina 🇮🇹 (@ItalyMFA) December 25, 2022

Non è certo per la presunta vocazione delle donne per i lavori di cura e assistenza, retaggio di altri maschilismi nostrani, che l’attuale norma potrebbe rappresentare la catastrofe definitiva per l’Afghanistan. Colpendo di nuovo le donne, questa volta sembra che i talebani stiano riuscendo a liberarsi definitivamente anche degli occhi e delle ingerenze occidentali rappresentate dalle ONG nel territorio. Un proverbio afghano recita “Chi ti nutre, ti comanda”, ed è inevitabile immaginare chi fossero i primi destinatari di questo divieto. Con il bando delle donne, i talebani potrebbero apporre i sigilli definitivi al Paese. Le donne rinchiuse nelle case e le ONG fuori dai confini dell’Afghanistan. Il buio totale, il silenzio assoluto per i diritti umani.

Il Presidente della Missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, Ramiz Alakbarov, intanto, ha incontrato nella mattinata di oggi 26 dicembre il Ministro dell’Economia del governo talebano Mohammad Hanif, per chiedere la revoca del divieto. E’ questa adesso la speranza, le ONG aspettano con il fiato sospeso.

Acting UNAMA head @RamizAlakbarov met Taliban Economy Minister Mohammad Hanif today in Kabul, calling for reversal of decision to ban women from NGO & INGO humanitarian work. Millions of Afghans need humanitarian assistance and removing barriers is vital.

— UNAMA News (@UNAMAnews) December 26, 2022

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L’ipocrisia liberaldemocratica - La Città Futura

"La liberaldemocrazia occidentale, che pretende di dare lezioni di diritti, civiltà, democrazia, difesa delle minoranze a tutto il mondo, è in realtà da sempre la migliore alleata proprio dei regimi più dispotici, oscurantisti e totalitari del globo, ai quali offre il decisivo sostegno per mantenersi al potere. [...]
I diritti sociali ed economici e ogni forma di eguaglianza sostanziale sono stati sempre aspramente contrastati da tutte le sedicenti liberaldemocrazie che, di fatto, stanno progressivamente cancellando ogni traccia di democrazia sostanziale nei loro stessi sistemi. Questi ultimi si stanno sempre più trasformando da formalmente liberaldemocratici in regimi che sarebbe decisamente più appropriato definire liberal-oligarchici."

lacittafutura.it/editoriali/l%…



Austerità sociale e ambiguità politica - Contropiano

"Il punto vero è che separare i diritti civili da quelli sociali è stata una trappola nella quale si è fatto cadere il senso comune, lasciando a intendere che certi diritti siano un di più, l’importante è il reddito, per ricevere il quale ogni condizione di lavoro è accettabile, come fosse un dovere categorico."

contropiano.org/news/politica-…



I coloni si appropriano di terreni palestinesi nel nord della Valle del Giordano | Infopal

"Fonti locali hanno riferito che i coloni hanno recintato con filo spinato un terreno palestinese dedicato al pascolo a est dell’area di al-Farisiya come preludio alla sua confisca."

infopal.it/i-coloni-si-appropr…



#uncaffèconluigieinaudi ☕ – Unico limite alle libertà fondamentali


Unico limite alle libertà fondamentali è il pericolo di giovare al nemico, che quelle libertà vuole distruggere da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945 L'articolo #uncaffèconluigieinaudi ☕ – Unico limite alle libertà fondamentali proviene da F
Unico limite alle libertà fondamentali è il pericolo di giovare al nemico, che quelle libertà vuole distruggere

da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945

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Giorgia Meloni e la laicità (dimenticata) dello Stato


Adesso, si consolida sempre più, addirittura quotidianamente, l’abitudine o forse la propensione al pianto, al piagnucolio, più precisamente. I politicanti piangono. Deve esserci qualche sondaggista che ha spiegato loro che piagnucolare fa incassare consensi. Io non sarei molto d’accordo, ma non sono un politico e nemmeno un politicante, quindi non mi posso pronunciare in merito. […]

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Turchia: obiettivo Asia


L’incontro del vertice del Consiglio dei capi di Stato dell’Organizzazione degli Stati turchi si è tenuto l’11 novembre 2022 a Samarcanda, nel mezzo della lotta in corso tra la Russia e l’Occidente per l’influenza in Asia centrale, assumendo un carattere sempre più non compromettente. Il 29 settembre, cioè poco più di un mese prima, in […]

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Giappone: la nuova strategia di sicurezza nazionale è un cambio di paradigma?


Con il rilascio della nuova Strategia di Sicurezza Nazionale (NSS) del Giappone, abbiamo visto un coro di commentatori discutere la nuova strategia dal punto di vista dell’allontanamento dalla costituzione pacifista del Giappone. L’ Hindustan Times lo definisce un punto di svolta, mentre il China Daily ha definito la nuova strategia ” sconcertante “. In una dichiarazione sul […]

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Belgrado schiera l’esercito al confine dopo due settimane di blocchi stradali che ha esacerbato la tensione con Pristina. Ma per gli analisti un conflitto aperto è per ora improbabile.


The first Russia-Africa summit, held in 2019, spurred talks of “Russia’s return to Africa” after years of disengagement south of the Sahara.


Ingabbiati


La notizia può essere curiosa, ma freddina. Ai più dirà poco. Ma meno dice loro e più li riguarda, perché dietro una faccenda giudiziaria ce n’è un’altra di enorme portata e valore collettivo. La notizia è che Meta, la società di Zuckerberg che possiede e

La notizia può essere curiosa, ma freddina. Ai più dirà poco. Ma meno dice loro e più li riguarda, perché dietro una faccenda giudiziaria ce n’è un’altra di enorme portata e valore collettivo. La notizia è che Meta, la società di Zuckerberg che possiede e governa i suoi social media, a seguito di una class action è stata costretta a pagare 725 milioni di dollari, per chiudere la faccenda. La contestazione mossa dai coalizzati che hanno fatto causa è quella di avere reso accessibili i loro dati personali a Cambridge Analytica, che li ha utilizzati per favorire Trump e Brexit. Si tratta della più alta cifra mai pagata da un privato, a seguito di un’azione collettiva.

Vabbè, interessante, ma a noi che ce ne importa, posto che tanto Zuckerberg povero non diventa? Ci interessa molto. E non solo per un aspetto tecnico, ovvero che quel genere di cause in Italia non si possono fare, visto che, come al solito, abbiamo chiamato class action quel che manco le somiglia, denominando “cavallo” un cane, senza poi poterlo sellare. Ma questo è il meno. La vera sostanza della notizia consiste nella premessa: i miei dati sono preziosi. Perché?

In fondo i miei dati sono già pubblici e di scarso valore. Magari non conoscete il mio indirizzo di casa (né sapreste cosa farvene), ma più o meno sapete tutto di me e le mie opinioni provo a diffonderle giorno dopo giorno. Perché qualcuno dovrebbe essere interessato a comprarle? Per come funzionano quei canali sociali, non di rado veri strumenti asociali. Nessuno paga per sapere cosa pensa la sora Cesira o il sor Augusto, ma per aggregare atteggiamenti, pregiudizi, prevenzioni e fissazioni di gruppi distinti, in modo da conoscere la chiave con cui far loro pensare quel che si desidera.

I dati hanno valore non in quanto consentono di entrare in contatto con Tizio o Caio, ma in quanto consentono di farli entrare in recinti dove trovano i loro simili, per poi condurli come una mandria. Se un certo numero di persone mostra di credere che esistano guardiani dell’universo che governano i nostri destini (e questa è letteratura), allora li spingo in un recito e, al momento giusto, farò loro sapere che il candidato a me sgradito è al servizio del lato oscuro (e questo è cinema). Certo che è roba da cretini, ma quelli già credevano ai guardiani. Se si crea omogeneità contro l’immigrazione posso portarne i succubi dentro un recinto e poi far sapere loro che c’è un disegno del primo millennio e una profezia che li vedrà tutti morti e sostituiti prima della prossima primavera. Certo che è da svalvolati, ma a me serviva per favorire delle donazioni ai guerrieri che si oppongono. E così via. Ovvio che l’umanità non è composta (solo) da cretini, ma succedono due cose:
a. gli aggregati di cretini si moltiplicano;
b. la politica e la società non possono non tenerne conto e, quindi, si mettono a fare i conti con i mandriani di scimuniti, i quali hanno trovato la formula per nobilitarli: in democrazia il mio tonto vale quanto il tuo astuto e se lo neghi sei per la ditttaura.

Questa roba è micidiale, ecco perché quella class action non è una notiziuola secondaria o solo curiosa. Ma c’è ancora un aspetto da esplorare: perché, a parte l’essere cretini, funziona quel frazionare in gruppi manovrabili? Perché ciascuno di noi tende a sentirsi confortato dal fatto che altri la pensino allo stesso modo. Qualche volta si viene presi dal dubbio di avere torto e di star diventando fessi, ma poi si pensa al Tale, stimabile e accreditato, che la pensa come noi e ci si tranquillizza. Ancora una volta, quindi, il digitale non ha creato un mondo, ma ne ha reso più potenti alcuni aspetti.

A chi vende i dati per manomettere le democrazie s’infliggano pene severe, ma l’antidoto migliore è vecchio come il mondo ed è anche bellissimo: ascoltare. Le opinioni più interessanti siano non quelle uguali alla mia, ma quelle diverse. Non (necessariamente) per cambiare idea, ma per mettere alla prova le mie. A salvarci dai mandriani non sarà mai il mettere in ceppi il digitale, ma il liberare La Ragione.

La Ragione

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Come la battaglia per il Donbass ha plasmato il successo dell’ Ucraina


Mentre la guerra russo-ucraina entra nell’inverno, gli ucraini hanno motivo di essere cautamente ottimisti sull’andamento della guerra. A seguito di un’offensiva strategica alla fine di agosto in più regioni, le forze ucraine hanno riconquistato quasi tutto l’oblast di Kharkiv, parti dell’oblast di Donetsk e la riva destra dell’oblast di Kherson. Diversi fattori hanno consentito le […]

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