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Giuseppe Lucci: “Le lezioni sulla sicurezza dal black out in Spagna e Portogallo”


Il maxi-blackout che ieri ha paralizzato per ore Spagna e Portogallo ha impressionato l’Europa intera e messo sotto stress non solo la capacità di reazione dei governi di Madrid e Lisbona, chiamati a gestire in condizioni d’incertezza i Paesi mentre le infrastrutture apparivano estremamente rallentate dall’interruzione dell’energia elettrica, ma anche l’elaborazione politica delle autorità di altri Paesi. Il blackout iberico mostra la necessità di sviluppare capacità di gestione delle infrastrutture critiche in grado di garantire sicurezza e resilienza anche in condizioni d’incertezza e mostrano la vulnerabilità delle reti alle operazioni asimmetriche e di guerra ibrida oggi sempre al centro del dibattito degli strateghi.

Di questi temi parliamo con l’ingegner Giuseppe Lucci, collaboratore di ricerca dell’Osservatorio per la Sicurezza del Sistema Industriale Strategico Nazionale (OSSISNa) costituito in seno al Centro Italiano di Strategia e Intelligence (Cisint) e specialista Grid Development di E-Distribuzione. Per OSSISNa e per Strategic Leadership Journal, la testata del Centro Altri Studi Difesa, Lucci ha di recente pubblicato interessanti studi sui temi di cui discute con InsideOver, centrali per la sicurezza strategica delle economie più avanzate in un’epoca incerta.

Cosa ci insegna la crisi del blackout iberico in materia di sicurezza e resilienza delle infrastrutture elettriche critiche?

“Il recente blackout che ha colpito la Penisola Iberica ci offre importanti spunti di riflessione sulla vulnerabilità dei nostri sistemi energetici, pur ricordando che le cause precise dell’evento non sono ancora state accertate. Osservando quanto accaduto, possiamo comunque trarre alcune considerazioni preliminari che meritano attenzione. Innanzitutto, l’isolamento energetico di Spagna e Portogallo si è rivelato un fattore critico. Questi Paesi, pur disponendo di capacità produttiva propria, quando si sono trovati in difficoltà non hanno potuto contare su sufficienti interconnessioni con il resto d’Europa. È come se vivessero in una casa ben riscaldata ma con pochissime porte e finestre: al primo problema interno, le vie d’uscita sono limitate. Inoltre, le reti di trasmissione ad alta tensione hanno mostrato la loro centralità strategica. Un sistema elettrico è forte quanto il suo anello più debole, e bastano criticità su poche linee principali per innescare effetti a catena su territori vastissimi. Immaginate un sistema stradale dove, bloccate poche autostrade chiave, tutto il traffico si paralizza senza alternative percorribili”.

Nelle crisi urge la possibilità di agire in maniera rapida e coordinata…

“Durante la crisi, la velocità di reazione e il coordinamento tra operatori si sono rivelati determinanti. Come in una squadra di emergenza ben addestrata, la capacità di agire rapidamente e in modo sincronizzato ha fatto la differenza, sebbene siano emerse anche difficoltà nel prendere decisioni tempestive in assenza di scenari preimpostati. Un altro aspetto emerso riguarda la nostra crescente dipendenza dai sistemi digitali per il controllo delle reti elettriche. Questi strumenti, fondamentali per la gestione quotidiana, potrebbero trasformarsi in punti di vulnerabilità in situazioni critiche, sia per malfunzionamenti tecnici che per possibili attacchi informatici”.

La generazione energetica di Spagna e Portogallo è fortemente basata sulle fondi rinnovabili. Che riflessioni impone questo dato di fatto?

“L’alta percentuale di energia rinnovabile nel mix iberico solleva interrogativi sulla gestione di queste fonti intermittenti in situazioni di emergenza. La transizione verde, pur necessaria, richiede adeguati sistemi di accumulo e backup per garantire stabilità anche nei momenti critici. Il blackout iberico ci ricorda che la resilienza energetica non si misura solo in megawatt disponibili, ma nella robustezza dell’intero ecosistema: qualità delle reti, prontezza operativa, integrazione sicura delle rinnovabili e capacità di risposta alle emergenze. È un campanello d’allarme per tutta l’Europa: anche sistemi apparentemente solidi possono rivelare fragilità inaspettate quando sottoposti a stress. Mentre aspettiamo di conoscere le cause precise dell’incidente, questa crisi ci invita già a ripensare i nostri paradigmi di sicurezza energetica con uno sguardo più integrato e previdente”.

In che misura questo problema è proprio del sistema di Spagna e Portogallo e quanto invece è potenzialmente estendibile anche al resto dell’Europa occidentale?

“La Penisola Iberica si trova attualmente in una condizione particolare di limitata integrazione energetica con il resto dell’Europa, una situazione che merita un’analisi approfondita. Spagna e Portogallo presentano una capacità di interconnessione con la rete elettrica continentale significativamente inferiore rispetto agli obiettivi stabiliti dall’Unione Europea, circostanza che comporta ripercussioni sia in termini di sicurezza energetica che di efficienza economica. La conformazione geografica, con i Pirenei che costituiscono una barriera naturale, rappresenta un fattore oggettivo che ha limitato lo sviluppo di adeguate infrastrutture di connessione con la Francia. Questo aspetto, unito alla notevole penetrazione di energie rinnovabili non programmabili nel mix energetico iberico, genera una situazione in cui la gestione dei flussi energetici risulta particolarmente complessa, con conseguenti differenziali di prezzo rispetto al mercato continentale”.

Il problema è esclusivamente iberico o ci sono altri casi simili?

“È opportuno considerare come alcune di queste problematiche, sebbene con intensità differente, si manifestino anche in altre aree dell’Europa occidentale. Le reti di trasmissione di diversi Paesi europei mostrano crescenti segni di congestione, mentre l’evoluzione del panorama produttivo legato alla transizione energetica sta introducendo nuove sfide infrastrutturali. Regioni come l’Italia meridionale e insulare, così come l’Irlanda, presentano già situazioni di parziale isolamento energetico su scala regionale. La questione iberica può pertanto essere interpretata come un caso di studio rilevante per comprendere le potenziali criticità che potrebbero interessare altre aree europee qualora lo sviluppo delle infrastrutture di rete non procedesse di pari passo con la trasformazione del mix energetico. Il fenomeno suggerisce l’importanza di un approccio coordinato a livello continentale per garantire un’efficace integrazione dei mercati energetici europei, requisito essenziale per il successo della transizione verso un sistema energetico più sostenibile”.

Le cause restano da chiarire. Non ci sono prove della possibilità di un attacco ostile ma chiaramente casi del genere sarebbero le conseguenze di qualsiasi offensiva cybernetica. Chi studia operazioni di guerra asimmetrica contro le reti prende appunti da queste vulnerabilità?

“Il blackout che ha colpito la Penisola Iberica ci offre uno spaccato illuminante sulle fragilità dei nostri sistemi energetici moderni. Sebbene le cause precise dell’evento restino ancora da chiarire, ciò che emerge con evidenza è il potenziale che simili situazioni rappresentano per chi studia le operazioni di guerra asimmetrica. Immaginate le nostre reti elettriche come il sistema nervoso della società contemporanea. Un tempo robuste e relativamente semplici, oggi sono diventate incredibilmente sofisticate ma, paradossalmente, anche più vulnerabili. La digitalizzazione che le rende efficienti le trasforma simultaneamente in bersagli ideali per attori che cercano di colpire un avversario “di lato” anziché frontalmente”.

Perché le reti elettriche attirano così tanto l’attenzione degli strateghi militari non convenzionali?

“La risposta è nella loro architettura interconnessa. Un sistema elettrico moderno funziona come un delicato gioco di equilibri: quando questa armonia viene disturbata in punti strategici, l’effetto può propagarsi come onde in uno stagno, amplificandosi ben oltre il punto d’impatto iniziale. Gli esperti che analizzano questi scenari non sono necessariamente interessati alla distruzione fisica delle infrastrutture. Ciò che studiamo nel rapporto OSSISNa 2025 è la possibilità di provocare una “disfunzione sistemica” – un’incapacità temporanea ma estesa del sistema di svolgere le sue funzioni essenziali. Il caos sociale che ne consegue e la pressione politica sui governi possono ottenere risultati strategici significativi senza sparare un colpo”.

Quali sono i profili di minaccia da osservare con maggiore attenzione?

“Particolarmente preoccupante è la nuova frontiera delle vulnerabilità digitali. I sistemi di controllo computerizzati che gestiscono le reti elettriche sono come porte che, se forzate, permettono di manipolare l’intero edificio energetico. Un singolo malware ben posizionato può compromettere centri nevralgici di distribuzione o sistemi di monitoraggio remoto. Non serve più abbattere fisicamente i tralicci quando si può “sussurrare” istruzioni dannose ai computer che li controllano. Ciò che rende questi scenari ancora più inquietanti è l’effetto domino che può scaturirne. Il blackout iberico, qualunque ne sia la causa, ha mostrato come un problema inizialmente circoscritto possa propagarsi attraverso reti insufficientemente compartimentate. Per uno stratega di guerra asimmetrica, questa è una leva formidabile: investire risorse limitate per ottenere effetti sproporzionati”.

Quali sono le principali lezioni da trarre da questa situazione?

“La lezione più importante che possiamo trarre da questa vicenda è che la resilienza energetica è ormai una questione di sicurezza nazionale, non solo di efficienza tecnica. Le moderne strategie di conflitto non mirano necessariamente alla distruzione, ma alla destabilizzazione attraverso la disarticolare dei servizi essenziali. Mentre attendiamo di comprendere le reali cause del blackout iberico, una cosa è certa: gli strateghi di guerra asimmetrica stanno prendendo appunti, e le nostre società farebbero bene a fare lo stesso, ripensando profondamente come proteggere le arterie energetiche da cui dipende la nostra vita quotidiana”.

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