Sono parte dell’infinito
A settant’anni dalla morte di Albert Einstein, il neuroscienziato Kieran Fox ci regala un commovente e inedito ritratto del celebre fisico, mettendo in luce il profondo senso del sacro che ha sempre contraddistinto la sua ricerca di un intimo connubio tra scienza e spiritualità del genio tedesco. Tutti i più grandi scienziati – Copernico, Keplero, Galileo, Newton – sono stati cercatori instancabili di verità, esploratori della mente divina, al di là della brillante creatività scientifica.
Einstein auspicava un risveglio etico della coscienza, in una sorta di rivoluzione interiore, guidata dalla speranza, da una severa disciplina dello spirito e da un forte desiderio di pace cosmica. Tra i suoi modelli spirituali si annoverano san Francesco d’Assisi e i saggi orientali illuminati, come il Buddha o il Mahatma Gandhi, partendo dal presupposto che la sua religiosità era l’unione di mente e materia, lontano da ogni dogmatismo. «L’immagine dell’universo fisico che ci viene presentata dalla scienza moderna – disse Einstein – è come un grande dipinto o un grande brano musicale che richiama lo spirito contemplativo, che è una caratteristica così marcata dell’anelito religioso e artistico» (p. 18).
Il grande pensatore era convinto dell’esistenza di una religione cosmica, la cui essenza si traduce nell’assunto che ogni uomo ha un valore unico ed è parte dell’infinito, cercando di scorgere in ogni dove uno spiraglio di eternità in cui si rivela il divino. «Einstein, com’è noto, sosteneva che il sentimento religioso cosmico è la spinta più forte e nobile verso la ricerca scientifica» (p. 43). Egli stimava il filosofo Schopenhauer, uno dei primi a studiare a fondo i testi della spiritualità orientale come i Veda e le Upanishad, i più antichi scritti sacri dell’India, da cui trasse ispirazione, affascinato dalla loro saggezza.
Lo straordinario potere della sua mente rende Einstein non solo un genio, ma un uomo illuminato, capace di destare stupore. Egli ci insegna che la mente umana non è in grado da sola di comprendere e spiegare l’armonia che regola l’immensità dell’universo e la meraviglia della natura, ma che c’è un oltre che sfugge alle limitate e fragili capacità umane. Lo scienziato, secondo Einstein, incarna l’archetipo del cercatore di verità e del vero esploratore della spiritualità umana, mosso dalla curiosità.
Tutta l’esistenza di Einstein fu segnata da un’appassionata ricerca della verità sia scientifica sia interiore. Pur essendo ben consapevole delle intense pratiche meditative dei monaci che aveva visto praticare in Asia e da cui era rimasto profondamente colpito, egli non si definì mai un mistico. Il genio che elaborò la teoria della relatività seguì fin da subito le orme di Pitagora, il filosofo che gettò i semi della rivoluzione scientifica: «Per i pitagorici, la matematica era più di un semplice metodo scientifico: era un sentiero mistico» (p. 99). Per Einstein, la matematica è stata il suo percorso mistico. In linea con la fede pitagorica, egli ha rappresentato un po’ una sintesi di questo antico tentativo di conciliare ragione e religione: considerava la scienza un mezzo di comunione tra microcosmo e macrocosmo, un dono che poteva elevare la nostra anima, avvicinandola all’incontro con il divino. Riprendendo l’eredità spinoziana, Einstein cercava ovunque tracce del divino e, come il filosofo olandese, credeva nel panteismo: «L’Eterna Sapienza di Dio si è manifestata in tutte le cose e specialmente nella mente umana» (p. 137).
Profondamente influenzato dall’antico ideale indiano della nonviolenza di matrice gandhiana, lo scienziato tedesco seguì gli ideali pacifisti, prerequisito di ogni vera religione: «La vita dell’individuo – egli affermava – ha senso solo nella misura in cui contribuisce a rendere più nobile e più bella la vita di ogni essere vivente» (p. 175). La vera essenza della spiritualità einsteiniana consiste nell’accettare con serenità la nostra finitezza, fragilità e ignoranza, accogliendo il mondo come un mistero e come una fonte inesauribile di meraviglia da riconoscere e amare. «Einstein ha probabilmente contribuito più di chiunque altro nella storia alla nostra comprensione del cosmo, ma ha sempre avuto un atteggiamento di umiltà riguardo ai traguardi della mente umana e delle sue potenzialità» (p. 257).
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