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La lotta di classe la stanno vincendo i ricchi...


Post di Alessandro Robecchi
Riassumiamo per i non udenti, i non vedenti, gli ignari, i patrioti e quelli che guardano il Tg1: Il Pil cala di brutto, siamo gli ultimi in Europa, anche se la sora Meloni attraversa il globo terracqueo per dire che c’è “un piccolo miracolo economico italiano” (sic). L’inflazione è la più alta d’Europa, sei per cento, ma se andate a fare la spesa la trovate al dieci e passa. La benzina sfiora i due euro al litro, aumentano le rate dei mutui, nel caso vi venisse la balzana idea di andare in vacanza troverete alberghi più cari e voli carissimi. Centosessantanovemila famiglie in bilico tra povertà e disastro hanno ricevuto un sms con scritto “cazzi vostri”, altre ottantamila lo riceveranno a breve, sono quelli che la retorica congiunta di destra, di centro, di finta sinistra e di tutti i giornali hanno additato per anni come “fannulloni sul divano” e che ora – uh, che spavento! – si alzeranno forse dal divano e faranno un casino del diavolo, cioè, si spera. Per quelli che lavorano, invece, gli stipendi sono fermi, il salario minimo non è bello – turba l’ordine sacro del mercato e dello sfruttamento – e alla Caritas c’è gente che si mette in fila quando stacca dal lavoro sottopagato.
Nel frattempo, abbondano i regali per i ceti alti, gli evasori avranno nuovi sconti e agevolazioni, i parlamentari si riprendono i loro vitalizi con gli arretrati. Certo, anche i ricchi hanno i loro problemi: non potranno comprare una Lamborghini perché fino alla fine del 2024 gli ordini sono al completo, ed è un problema trovare un tavolo al Twiga: l’ultimo l’hanno occupato quelli di Italia Viva per il loro sushi party garantista dove si festeggiava una che non pagava dipendenti e fornitori e che fa il ministro del turismo.
Potrei continuare, e anzi ognuno lo faccia per quel che lo riguarda, ma un dato è certo: mai come ora, estate 2023, la distanza tra due Italie è parsa così siderale e incolmabile, la società così vergognosamente scollata tra chi ce la fa agevolmente e chi arranca. Anche le politiche economiche dissennate, tutte foriere di diseguaglianze, degli ultimi trent’anni mostrano il loro fallimento: si pensava che fosse tutto ceto medio, qui, con una piccola parte fisiologica di molto poveri. E invece i molto poveri sono aumentati e il ceto medio teme – ha il terrore – di scivolare là sotto pure lui. Ciò crea una piccola borghesia spaventata, ben addestrata a indicare come nemico chi sta peggio e a non vedere – anzi a invidiare – i privilegi vergognosi di chi sta troppo meglio. Il tutto mentre una classe dirigente messa su in fretta e furia, ripescata dalle sedi del Msi, raschiata via dal fondo culturale del barile, si affanna nella sua unica riforma riuscita: chiamare Nazione un Paese sfibrato.
Questo è lo stato dell’arte, che evidenzia clamorosamente gli errori di quella che si è un po’ arditamente definita “sinistra” negli ultimi trent’anni, dal pacchetto Treu che apriva il vaso di Pandora del lavoro precario (1997), alla mitologica agenda Draghi (2022), con in mezzo incalcolabili nefandezze a punizione dei ceti più deboli. Lo stesso identico meccanismo per cui ci mancano i Canadair ma compriamo carri armati; o per cui pur dopo una pandemia e con budget illimitato, si continua a tagliare la sanità pubblica a vantaggio delle spese militari. Urge, se non per giustizia almeno per calcolo politico, qualcuno che ricominci a parlare di lotta di classe, che non è scomparsa, anzi è più viva che mai, e al momento la sta vincendo, a man bassa, la signora Santanché.
in reply to V10_Centauro

V10_Centauro ha taggato stato di V10_Centauro con #sinistra_#meloni_#lottadiclasse


La lotta di classe la stanno vincendo i ricchi...


Post di Alessandro Robecchi
Riassumiamo per i non udenti, i non vedenti, gli ignari, i patrioti e quelli che guardano il Tg1: Il Pil cala di brutto, siamo gli ultimi in Europa, anche se la sora Meloni attraversa il globo terracqueo per dire che c’è “un piccolo miracolo economico italiano” (sic). L’inflazione è la più alta d’Europa, sei per cento, ma se andate a fare la spesa la trovate al dieci e passa. La benzina sfiora i due euro al litro, aumentano le rate dei mutui, nel caso vi venisse la balzana idea di andare in vacanza troverete alberghi più cari e voli carissimi. Centosessantanovemila famiglie in bilico tra povertà e disastro hanno ricevuto un sms con scritto “cazzi vostri”, altre ottantamila lo riceveranno a breve, sono quelli che la retorica congiunta di destra, di centro, di finta sinistra e di tutti i giornali hanno additato per anni come “fannulloni sul divano” e che ora – uh, che spavento! – si alzeranno forse dal divano e faranno un casino del diavolo, cioè, si spera. Per quelli che lavorano, invece, gli stipendi sono fermi, il salario minimo non è bello – turba l’ordine sacro del mercato e dello sfruttamento – e alla Caritas c’è gente che si mette in fila quando stacca dal lavoro sottopagato.
Nel frattempo, abbondano i regali per i ceti alti, gli evasori avranno nuovi sconti e agevolazioni, i parlamentari si riprendono i loro vitalizi con gli arretrati. Certo, anche i ricchi hanno i loro problemi: non potranno comprare una Lamborghini perché fino alla fine del 2024 gli ordini sono al completo, ed è un problema trovare un tavolo al Twiga: l’ultimo l’hanno occupato quelli di Italia Viva per il loro sushi party garantista dove si festeggiava una che non pagava dipendenti e fornitori e che fa il ministro del turismo.
Potrei continuare, e anzi ognuno lo faccia per quel che lo riguarda, ma un dato è certo: mai come ora, estate 2023, la distanza tra due Italie è parsa così siderale e incolmabile, la società così vergognosamente scollata tra chi ce la fa agevolmente e chi arranca. Anche le politiche economiche dissennate, tutte foriere di diseguaglianze, degli ultimi trent’anni mostrano il loro fallimento: si pensava che fosse tutto ceto medio, qui, con una piccola parte fisiologica di molto poveri. E invece i molto poveri sono aumentati e il ceto medio teme – ha il terrore – di scivolare là sotto pure lui. Ciò crea una piccola borghesia spaventata, ben addestrata a indicare come nemico chi sta peggio e a non vedere – anzi a invidiare – i privilegi vergognosi di chi sta troppo meglio. Il tutto mentre una classe dirigente messa su in fretta e furia, ripescata dalle sedi del Msi, raschiata via dal fondo culturale del barile, si affanna nella sua unica riforma riuscita: chiamare Nazione un Paese sfibrato.
Questo è lo stato dell’arte, che evidenzia clamorosamente gli errori di quella che si è un po’ arditamente definita “sinistra” negli ultimi trent’anni, dal pacchetto Treu che apriva il vaso di Pandora del lavoro precario (1997), alla mitologica agenda Draghi (2022), con in mezzo incalcolabili nefandezze a punizione dei ceti più deboli. Lo stesso identico meccanismo per cui ci mancano i Canadair ma compriamo carri armati; o per cui pur dopo una pandemia e con budget illimitato, si continua a tagliare la sanità pubblica a vantaggio delle spese militari. Urge, se non per giustizia almeno per calcolo politico, qualcuno che ricominci a parlare di lotta di classe, che non è scomparsa, anzi è più viva che mai, e al momento la sta vincendo, a man bassa, la signora Santanché.