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La bolla dell’intelligenza artificiale: cresce il timore di un nuovo tracollo tecnologico


Durante il DevDay, la conferenza annuale di OpenAI svoltasi questa settimana, il CEO Sam Altman ha risposto alle domande dei giornalisti, un gesto sempre più raro tra i leader tecnologici. Altman ha riconosciuto l’incertezza che circonda oggi il settore dell’intelligenza artificiale, affermando che “molti ambiti dell’AI stanno attraversando una fase instabile”.

Nella Silicon Valley cresce il timore di una nuova bolla tecnologica. Banca d’Inghilterra, Fondo Monetario Internazionale e il CEO di JPMorgan, Jamie Dimon, hanno espresso preoccupazioni simili. Dimon, in un’intervista alla BBC, ha sottolineato che “la maggior parte delle persone dovrebbe sentirsi più incerta sul futuro”.

Durante l’Italian Tech Week di Torino, Jeff Bezos, fondatore di Amazon e uno degli uomini più ricchi al mondo ha definito l’attuale entusiasmo per l’intelligenza artificiale (IA) come una “bolla”. Bezos ha spiegato che in momenti di grande euforia come quello attuale, “ogni esperimento viene finanziato, ogni azienda riceve fondi, indipendentemente dalla qualità delle idee”.

Durante un dibattito al Computer History Museum, l’imprenditore Jerry Kaplan, il quale fondò la Go Corporation, che sviluppò uno dei primi tablet computer ha ricordato di aver vissuto quattro bolle e teme che quella dell’AI possa essere ancora più grave. Secondo lui, la quantità di denaro oggi in circolazione supera di molto quella dell’era delle dot-com, “Quando (la bolla) scoppierà, la situazione sarà molto brutta, e non saranno solo le persone che lavorano nell’intelligenza artificiale a esserne colpite”, ha affermato. “Potrebbe rappresentare un freno per l’economia nel suo complesso.”

OpenAI, intanto, continua a espandersi. Dopo il lancio di ChatGPT nel 2022, l’azienda è al centro di una rete di accordi multimiliardari: un’intesa da 100 miliardi di dollari con Nvidia per nuovi data center, un piano d’acquisto di hardware AMD per miliardi e una collaborazione da 300 miliardi con Oracle. Oggi la società è valutata circa 500 miliardi di dollari.

Tali partnership hanno sollevato dubbi tra gli analisti, che le definiscono “finanziamenti rotativi”, ossia investimenti incrociati tra aziende per sostenere artificialmente la domanda. Altman respinge queste accuse, sostenendo che la crescita di OpenAI è reale, sebbene l’azienda non sia ancora profittevole.

C’è chi paragona la situazione attuale a quella di Nortel, la società canadese che negli anni 2000 gonfiò la domanda con prestiti ai clienti. Il CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha difeso l’accordo con OpenAI, spiegando che “non esiste esclusività” e che la priorità è “favorire la crescita dell’ecosistema AI”.

Nonostante i rischi, molti esperti credono che gli attuali investimenti possano generare ricadute positive nel lungo periodo. Come ha osservato Jeff Boudier di Hugging Face, “anche se parte del capitale andrà perso, dalle infrastrutture costruite oggi nasceranno i prodotti e i servizi di domani”.

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