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Il governo Spadolini varò il disegno di legge «dei pentiti»


2018-2019

Gli assassinii di Roberto Peci e dell’Ingegner Taliercio, come anche il sequestro dell’assessore regionale campano Ciro Cirillo, mostravano come, nel 1981, la minaccia terroristica delle Brigate Rosse non fosse scongiurata, bensì fosse perdurante.
Il nuovo presidente del Consiglio era consapevole di come, nonostante l’attuazione della legislazione d’emergenza (legge Reale e Cossiga tra tutte) avesse costituito, negli anni precedenti, una risposta istituzionale tutto sommato positiva (quanto dibattuta), la ripresa della sfida terroristica aveva contribuito «a rendere più evidenti l’inadeguatezza e la frammentarietà della risposta giurisdizionale» <135. Nello specifico Spadolini indicava in una giustizia in grave crisi, «messa - tra l’altro - in condizione di non poter offrire risposte pronte ed efficaci alla richiesta di chiarezza e di tempestività di tutti i cittadini» <136, il vulnus principale a quel principio ordinatore della stessa democrazia rappresentato dalla certezza del diritto.
A questa minaccia bisognava rispondere attraverso i rimedi giurisdizionali ma soprattutto tramite un raccordo sinergico tra Governo e Parlamento. Questi dovevano essere i pilastri per giungere, innanzitutto, all’approvazione di un nuovo codice di procedura penale «destinato ad eliminare le bardature di un processo inquisitorio e segreto, che la società non accetta più» <137. In Italia era, infatti, ancora in vigore il codice penale fascista del 1930. L’inerzia legislativa aveva così generato non pochi contrasti tra la legge fondamentale e disposizioni del codice in netto contrasto con essa. Seppure delle pronunce della Corte Costituzionale avessero condotto alla soppressione di alcune leggi dal contenuto autoritario, in un clima d’instabilità civile come quello degli anni Settanta, questa discrasia «si era tramutata in varie occasioni emotive in un modo di legiferare incoerente e, per così dire, a passo di gambero» <138.
Il richiamo da parte di Spadolini a una materia così delicata si concretizzò con l’importante modifica operata con la legge del 24 novembre 1981 numero 689, alla quale si aggiunse l’approvazione della legge 743 del 18 dicembre dello stesso anno, che consisteva in una delega al presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto per una serie di reati minori. La legge numero 689, in particolare costituì per il sistema penale una fondamentale riforma che cercò di andare incontro a due esigenze: «far diminuire, con l’introduzione dell’istituito del “patteggiamento”, la durata dei processi - e - ridurre l’affollamento delle carceri, con la depenalizzazione di una serie di reati minori, per i quali si prevedeva la sostituzione delle pene detentive con altre misure». <139
All’impegno per la riforma del codice penale, si aggiunse quello per le cosiddette riforme “senza spese”, tra cui quella sul segreto istruttorio e quella sull’istituto della comunicazione giudiziaria, entrambe oggetto nel tempo di molte distorsioni.
Un versante fu, fra tutti, quello sul quale il governo Spadolini riuscì a ottenere i migliori risultati: «mi riferisco all’offensiva contro i cosiddetti “pentiti” e i loro familiari» <140. L’obiettivo principale dell’esecutivo fu quello di incoraggiare la dissociazione dai gruppi terroristici e favorire il recupero sociale degli elementi che avessero collaborato con l’autorità giudiziaria.
A questo scopo il governo varò il disegno di legge «dei pentiti» il quale, approvato dalle Camere il 29 maggio 1982, prevedeva incentivi e protezione a chi si fosse dissociato dalla lotta armata. La legge, innanzitutto, introduceva la non punibilità per coloro che avessero commesso, per scopi terroristici, il reato di associazione o banda armata, ma avessero poi o disciolto l’associazione o si fossero consegnati senza opporre resistenza. «In secondo luogo, si concedevano le attenuanti per i medesimi reati, con la riduzione della pena fino al massimo di un terzo, o in caso di dissociazione ovvero di collaborazione con l’autorità di polizia o con l’autorità giudiziaria» <141.
Il governo si dimostrò solerte anche per quanto riguarda la lotta alla mafia: venne infatti varata la cosiddetta «legge La Torre», la quale approvata nel 1982, introdusse con il nuovo articolo 416-bis del codice penale, la figura dell’associazionismo di tipo mafioso. Con essa fu inoltre prevista l’istituzione della Commissione parlamentare sul fenomeno della mafia, la quale «doveva rappresentare un momento di coordinamento e di indagine su un fenomeno che, specie negli ultimi tempi, aveva colpito al cuore le istituzioni» <142.
L’impegno profuso dal governo Spadolini nei confronti dell’emergenza civile e terroristica, in definitiva, risultò a conti fatti decisivo. Seppure vadano rilevate alcune contraddizioni riguardanti l’utilizzo di una legislazione di emergenza tanto criticata dallo stesso presidente del Consiglio, il merito della definitiva sconfitta delle BR è ascrivile soltanto all’operato del governo Spadolini e ai suoi provvedimenti. A tal proposito, sottolinea in particolare Ascheri che «la sconfitta delle Br in tempi brevi è stata solo opera dello strumento legislativo creato dal governo Spadolini: la legge “dei pentiti, appunto» <143. Un successo tra l’altro coronato dalla liberazione, da parte delle forze dell’ordine, del generale americano della NATO James Lee Dozier rapito dalle Brigate Rosse il 17 dicembre 1981. Lo stesso Spadolini, intervenuto al Senato nell’aprile 1983 ribadirà con orgoglio: «la democrazia italiana ha certamente realizzato un grande successo: la vittoria politica sul terrorismo. La più grave minaccia sull'avvenire delle nostre libere istituzioni, cioè il partito armato, è stata politicamente debellata: grazie all'impegno efficace delle forze dell'ordine, grazie alla solidarietà operante del mondo del lavoro e delle sue proiezioni politiche, grazie alla linea della fermezza, contro inammissibili tentazioni trattativiste, non meno che alla sagacia e all'accortezza degli strumenti legislativi predisposti, a cominciare dalla legge sui pentiti» <144.

[NOTE]135 C. Ceccuti, Giovanni Spadolini. Discorsi Parlamentari, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 175.
136 Ibidem.
137 Ibidem.
138 G. Ascheri, Giovanni Spadolini: prima presidenza laica, Editalia, Roma, 1988, p. 151.
139 R. Aureli, «L’attività legislativa dei Governi Spadolini», in U. La Malfa (a cura di), Annali dell’Istituto Ugo La Malfa, Volume XVI, Unicopli, Milano, 2001, p. 133.
140 C. Ceccuti, Giovanni Spadolini. Discorsi Parlamentari, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 178.
141 R. Aureli, «L’attività legislativa dei Governi Spadolini», in U. La Malfa (a cura di), Annali dell’Istituto Ugo La Malfa, Volume XVI, Unicopli, Milano, 2001, p. 132.
142 Ivi, p. 131.
143 G. Ascheri, Giovanni Spadolini: prima presidenza laica, Editalia, Roma, 1988, p. 153.
144 senato.it/service/PDF/PDFServe…
Mattia Gatti, Una rilettura dei governi Spadolini nel quadro della crisi del sistema politico italiano, Tesi di Laurea, Università Luiss "Guido Carli", Anno accademico