Chi sono gli agostiniani?
L’elezione del cardinale Robert Francis Prevost a Romano Pontefice, con il nome di Leone XIV, rappresenta una novità nella storia della Chiesa: è il primo papa dell’Ordine di sant’Agostino. Dopo Francesco, il primo pontefice gesuita, sale al soglio di Pietro per la prima volta un agostiniano. Nel discorso pronunciato la sera dell’elezione si è presentato così: «Sono un figlio di sant’Agostino, agostiniano».
Ci sono altre sorprese. Leone XIV è il primo pontefice nato negli Stati Uniti e anche il primo papa laureato in matematica; ha svolto gran parte del suo ministero apostolico in Perù, e quindi è anche un papa dell’America Latina; nel 2002 è stato eletto Priore generale dell’Ordine, un incarico che lo ha portato a visitare i numerosi agostiniani, sparsi un po’ dovunque nei cinque continenti. Papa Francesco, nel 2014, lo ha nominato Amministratore apostolico di Chiclayo, in Perù, e successivamente vescovo della stessa diocesi; nel 2023 lo ha chiamato a Roma come Prefetto del Dicastero per i vescovi.
La formazione religiosa di Leone XIV è dunque segnata da una profonda familiarità con la spiritualità agostiniana, abbracciata fin dagli anni della gioventù. La sua pastorale, ispirata alla Regola di sant’Agostino[1], pone l’accento sull’unità nella carità e sulla ricerca della verità, valori che ne hanno plasmato l’animo verso una missione universale nella Chiesa.
L’elezione ha richiamato l’attenzione sull’Ordine di sant’Agostino. Esso fa parte degli Ordini mendicanti, sorti tra il XII e il XIII secolo, che hanno adottato la Regola agostiniana. Questa comporta la «rinuncia a formarsi una famiglia per un’operosità in monastero, che fosse insieme modello e servizio di vita cristiana nella Chiesa. Con la salvezza della propria anima, attraverso una vita comune vissuta in povertà ed amicizia spirituale, ci si preoccupava anche dell’evangelizzazione in modo concreto ed organico, offrendo ai vescovi locali il servizio dell’officium praedicationis»[2]. Sono queste le caratteristiche dei domenicani (Ordo Praedicatorum), della scuola francescana di san Bonaventura, dei Servi di Maria, di altri ancora, e principalmente degli agostiniani.
L’Ordine di sant’Agostino
Gli agostiniani, giuridicamente, sono sorti dalla «Piccola unione» del 1244, quando Innocenzo IV fuse alcuni gruppi di eremiti della Tuscia che si ispiravano alla Regola agostiniana in un nuovo Ordine mendicante. L’Unione fu ratificata da Alessandro IV nel 1256 – la «Grande unione» – e i membri presero il nome di Eremitani di sant’Agostino[3]. L’Ordine, fin dall’inizio, riconosce sant’Agostino come padre e maestro, perché ne ha assunto la Regola, il nome e la spiritualità, e da quasi otto secoli è al servizio della Chiesa. Ma il modo in cui gli agostiniani si sono richiamati al loro padre, il loro «fondatore», e l’amore con cui ne hanno assimilato la spiritualità hanno creato un vincolo particolare, che li ha distinti dagli altri Ordini mendicanti: «Il richiamo a s. Agostino, divenuto sempre più vivo e profondo, fece di quest’Ordine […] l’unico e vero erede dell’ideale religioso del vescovo d’Ippona. La dottrina agostiniana sulla vita religiosa, unitamente alle caratteristiche proprie del movimento dei Mendicanti, form[ò] la spiritualità dell’Ordine su quattro punti basilari: comunità, interiorità, povertà ed ecclesialità, facendo una sintesi di nuovo e di antico. Il “nuovo” gli viene dall’essere stato fondato in un tempo così importante per la vita della Chiesa, quale fu il ricco e suggestivo secolo XIII; l’“antico” gli viene per la sua forma di vita, dall’essere chiaro riflesso di s. Agostino, uomo religioso della Chiesa, il quale, a buon diritto, può e deve essere chiamato Padre dell’Ordine agostiniano»[4]. Nel 1401 Bonifacio IX concesse agli Eremitani di fondare comunità femminili di agostiniane con la loro stessa Regola[5].
Verso la metà del XIV secolo, all’Ordine fu affidato l’incarico di Sacrista del Palazzo apostolico, con il compito di custodire e conservare i paramenti, i vasi sacri e le reliquie del Sacrario. Più tardi, alla fine del Cinquecento, Clemente VIII conferì al Sacrista la dignità episcopale. Nel secolo scorso, dal 1968 al 1991, gli fu data anche la funzione di Vicario generale del Papa per la Città del Vaticano. Ancora oggi gli agostiniani hanno la cura della Sagrestia Pontificia e della chiesa di Sant’Anna in Vaticano.
L’Ordine ha annoverato fin dalle origini diversi santi: il primo è stato san Nicola da Tolentino (1245-1305), canonizzato nel 1446; seguono santa Rita da Cascia (1381-1447), la santa del perdono e dei casi impossibili; san Giovanni Stone, martire inglese (†1539); san Tommaso da Villanova (1486-1555), consigliere dell’imperatore Carlo V e arcivescovo di Valencia; sant’Alonso de Orozco (1500-1591), scrittore e mistico; e altri ancora, fino al beato Stefano Bellesini (1774-1840), il primo parroco elevato, nel 1904, agli onori degli altari da san Pio X. Nella sua storia si contano anche numerosi martiri.
La storia degli agostiniani
Quattro sono i periodi principali in cui si può dividere la storia degli agostiniani: il primo, dalla fondazione alle Costituzioni di Ratisbona del 1290, fino al 1356; il secondo, fino alle Costituzioni di Seripando del 1551; il terzo, dal Concilio di Trento alla fine del Settecento; infine, gli ultimi secoli.
Il primo periodo si qualifica per l’ideale che le Costituzioni di Ratisbona pongono a fondamento della vita religiosa: lo studio della Sacra Scrittura e l’insegnamento spirituale di sant’Agostino. Essi sono «visti come quel bene (la cultura) che impedisce a chiunque abbia responsabilità di convertirlo in tirannia»[6]. Così Egidio Romano, alunno di san Tommaso a Parigi, presentava il valore dell’impegno culturale per chi volesse seguirne la Regola. E lo sviluppò con tanto vigore da avere una posizione di tutto rispetto all’Università, tanto che seppe trasformare la casa in cui studiavano i giovani agostiniani a Parigi in Studium generale dell’Ordine, che fu associato alla Sorbona e sopravvisse fino alla Rivoluzione francese.
Egidio Romano ebbe il grande merito di raccogliere l’eredità dell’Aquinate, che fu il protagonista del passaggio culturale dal platonismo all’aristotelismo, e in quel momento di cambiamento epocale ebbe l’onore di succedergli nella cattedra alla Sorbona. Fu anche nominato vescovo di Bruges da Bonifacio VIII e seppe testimoniare nella vita l’ideale del vescovo agostiniano voluto dal dottore di Ippona[7].
Le Costituzioni di Ratisbona prevedono, tra gli obblighi del Priore generale, una particolare attenzione agli studi: «Provveda attentamente agli studi, nei quali risiede il fondamento dell’Ordine, perché essi abbiano nell’intero Ordine la loro sollecita continuità»[8]. Occorre qui ricordare l’antico convento di Santo Spirito a Firenze, dove il teologo Luigi Marsili (1348-1394), amico di Petrarca, Salutati e Boccaccio, porta la fondazione all’avanguardia dell’Ordine e l’innesta nell’intreccio politico e culturale dell’Umanesimo fiorentino[9]. Più tardi è ospite del convento il giovane Michelangelo, il quale, per gratitudine, lascia in dono ai frati un pregevole Crocifisso ligneo che vi si può tuttora ammirare.
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Tra gli scritti degli agostiniani del tempo va ricordata un’opera pionieristica, il Milleloquium veritatis Augustini, avviato da Agostino da Ancona, completato da Bartolomeo da Urbino (†1350) e offerto al papa Clemente VI nel 1343-44: una monumentale concordanza di 15.000 passi dalle opere di Agostino, sintetizzati in circa 1.000 voci in ordine alfabetico (per esempio: abstinentia, ecclesia, fides, haeresis, lex ecc.), che illustrano il pensiero dell’Ipponese[10].
Alla fine del Quattrocento gli agostiniani contavano 27 province e 10 Congregazioni di Osservanti[11]: i conventi si estendevano dall’Ungheria e dalla Polonia fino al Portogallo, e da Cipro, Rodi, Corfù fino all’Irlanda. Nell’Ordine ebbero grande sviluppo lo Studium generale provinciae, gli Studia generalia Ordinis interprovinciali, come quelli di Bologna e Padova, e lo Studium curiae,che dipendeva dalla casa generalizia. Seguirono quelli di Firenze, Cambridge e Oxford, ma anche una serie di Studia nazionali in vari Paesi[12].
Il secondo periodo: la Riforma protestante e le «Costituzioni» di Seripando
All’inizio del Cinquecento, un Capitolo generale denuncia un certo rilassamento nell’Ordine, soprattutto a causa della peste nera che aveva falcidiato nel secolo precedente circa 5.000 frati, con conseguenze anche negli studi e nella vita monastica; perciò si insiste nell’esigere dai candidati al sacerdozio i buoni costumi, la competenza nel latino e le basi per comprendere il greco in modo da interpretare il Nuovo Testamento nel testo originale. La disposizione risale quasi certamente a Egidio da Viterbo, sensibile al nuovo tempo dell’Umanesimo e del Rinascimento.
L’eredità di Agostino ha determinato un imponente interesse per le opere del Padre e Maestro, documentato nel 1506 dalla pubblicazione a Basilea di tutte le sue opere, a cura dello stampatore Johann Amerbach[13]. Non esiste ancora il nome appropriato – Opera omnia – per quella edizione in 11 tomi in folio, segno di quanto fossero ricercati e apprezzati gli scritti del Santo. Se la prima opera a stampa di grande respiro è stata la Bibbia di Gutenberg, la seconda opera monumentale è quella che raccoglie tutti gli scritti del Dottore di Ippona in ordine cronologico e permette uno studio sistematico sul suo pensiero[14]. Nel 1516 è apparso il Novum Testamentum di Erasmo da Rotterdam, un volume di oltre un migliaio di pagine, che in quel secolo ha avuto cinque edizioni con 205 ristampe: è il manuale di base necessario per l’esegesi della parola di Dio e per la teologia[15]. L’interesse e l’attenzione per lo studio, quale fondamento dell’Ordine, era il servizio qualificato reso dagli agostiniani alla Chiesa, al passo con i tempi e con la cultura.
Dal 1517 va ricordata la Riforma protestante, che ha preso l’avvio a Wittenberg con Martin Lutero, un frate agostiniano degli Osservanti, docente di Sacra Scrittura all’Università. Egli era preoccupato per il modo ciarlatanesco con cui venivano predicate le indulgenze nei dintorni dell’elettorato di Sassonia e per la foga con cui le persone vi si recavano per acquistare le lettere indulgenziali. Perciò scrisse una lettera al responsabile delle indulgenze, Alberto di Brandeburgo, arcivescovo di Magonza. In essa denunciava una predicazione irresponsabile, ingannevole per la coscienza dei fedeli, che prometteva la liberazione delle anime dal purgatorio e una falsa sicurezza per la propria salvezza: nessuno è sicuro di potersi salvare. Con discrezione e rispetto, Lutero ricordava all’arcivescovo che al popolo si devono predicare il Vangelo, le opere di carità e la preghiera, piuttosto che le indulgenze. Gli chiedeva perciò di revocare le istruzioni date ai predicatori.
Alla lettera vengono allegate le 95 Tesi, per mostrare come sia cosa insicura la concessione delle indulgenze, e un trattato De indulgentiis,per chiarirne i problemi[16]. Inoltre si chiede un incontro con l’arcivescovo per una sincera riflessione di fede. Da qui ha origine la leggenda dell’affissione delle Tesi nella chiesa del castello di Wittenberg, presentate come se fossero una sfida alla Chiesa, quando invece esse erano una richiesta di chiarificazione[17]. Purtroppo l’arcivescovo non prestò attenzione alla lettera e non ne colse la sincerità; anzi, ne fu indignatissimo, tanto che denunciò Lutero a Roma per diffusione di nuove dottrine. Il papa Leone X non prese sul serio la situazione e seguì il consiglio di scomunicare Lutero per aver criticato le indulgenze approvate da Roma: fu l’inizio della Riforma protestante.
Ci furono conseguenze nel Concilio di Trento, nel 1546. Anche se Lutero morì due mesi dopo la convocazione dell’assemblea, furono presi di mira gli agostiniani, tra i quali Girolamo Seripando, Priore generale dal 1539. Questi conosceva i grandi scritti programmatici di Lutero e aveva redatto un progetto di giustificazione per fede, per correggere l’impostazione luterana. Per i suoi interventi, fu accusato dal vescovo greco Dionigi Zanetti di essere dalla parte dell’eretico. La denuncia non ebbe seguito, tanto che Seripando fu incaricato di scrivere il testo finale del Decreto sulla giustificazione. Tuttavia, quell’accusa puntava in alto: secondo Zanetti, non solo il Priore generale, ma tutto l’Ordine agostiniano era contagiato dalla dottrina di Lutero[18]. In ogni caso, anche a causa delle opere del riformatore del 1521 contro i voti monastici, furono numerosi i frati che abbandonarono la vita religiosa: dei 160 conventi dell’inizio del Cinquecento ne rimasero 91[19].
Si può così comprendere la decisione di Seripando di riformare l’Ordine. Nel 1551, rinnovando le Costituzioni, tracciò un moderno programma di studi, giunto fino ai nostri giorni, mettendone da parte la precedente impostazione medievale e ristrutturandola su base umanistica, filosofica e teologica. Adeguò le biblioteche delle case di formazione alle nuove esigenze e ne formulò la motivazione secondo le direttive di sant’Agostino. Perciò raccomandò anche la vita comune, la buona preparazione spirituale e scientifica dei giovani, la severità nel promuovere i candidati al sacerdozio e la distribuzione degli incarichi solo a persone degne.
Ci furono conseguenze anche nei Capitoli generali dell’Ordine. Dalla fine del Quattrocento in poi essi «si sono tenuti tutti in Italia, con pregiudizio del carattere internazionale dell’Ordine. […] Tale carattere si è manifestato molto meglio nei primi tre secoli della […] storia che negli ultimi cinque»[20].
Quando nel 1551 Seripando lasciò il generalato, gli agostiniani, grazie alla sua opera riformatrice, si trovarono in condizioni decisamente migliori, tanto che egli poteva affermare: «Per essere veramente osservanti è necessario dedicarsi con diligenza al servizio di Dio e allo studio ordinato al bene delle anime»[21]. Dopo aver faticato 13 anni per rinnovare la vita religiosa, concludeva che «la riforma è una cosa che si fa sempre e che non è mai fatta»[22].
Negli anni successivi al Tridentino sono riconoscibili i frutti dell’impegno di Seripando e dei suoi successori. L’Ordine vive un rinnovamento, e se ne vedono i risultati, non solo nell’aumento numerico dei membri, ma anche nelle molte richieste pastorali che essi ebbero dai vescovi. Diversi agostiniani furono chiamati per la predicazione e per l’insegnamento della teologia. San Carlo Borromeo li volle a Milano per partecipare ai lavori del Concilio provinciale del 1565, affidando loro la parte relativa all’amministrazione dei sacramenti e alla liturgia della Messa[23]. Nel 1602, il Priore generale Ippolito Fabriani, in visita ai conventi della Campania, ringraziò l’arcivescovo di Capua, san Roberto Bellarmino, per la stima che aveva mostrato nei confronti del suo Ordine[24].
Va segnalato anche il successo che ebbero le missioni nelle Americhe e in Oriente: tra il 1533 e il 1610, gli agostiniani spagnoli fondarono missioni in Messico, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Cile e nelle Filippine, nel 1602 in Giappone, e nel 1680 in Cina; quelli portoghesi in India e nell’Africa orientale e Madagascar[25].
Il movimento di riforma carmelitano di santa Teresa d’Ávila, nel 1612, favorì in Spagna il sorgere di un nuovo istituto, i Recolletti di sant’Agostino, fino a diventare una Congregazione autonoma all’interno dell’Ordine. A Napoli, nel 1592, sorse la Congregazione degli Agostiniani scalzi, che dall’Italia si estesero in Francia, in Boemia, in Moravia, in Austria e Germania ed ebbero anche diverse missioni. Più tardi sorse il Terz’Ordine agostiniano per i laici che si ispiravano alla spiritualità del Santo fondatore.
Il terzo periodo
I secoli XVII e XVIII segnano l’affermazione della scuola degli agostiniani in campo antropologico. L’uomo è ancorato nella storia e ne è il protagonista; è soggetto al divenire, in cui scopre l’umana fragilità e i suoi limiti. Ma è anche bisognoso di Dio e della salvezza, e senza Dio rimane privo del proprio bene e della propria vera identità. Scriveva in proposito Maurice Blondel nel 1930: «Il rapporto che Agostino ha concepito tra il pensiero e la vita, tra la speculazione e l’esperienza, tra la scienza e la fede, tra la libertà e la grazia, tra l’umiltà e la carità fa della sua dottrina un dramma spirituale che si perpetua in ogni coscienza attraverso tutta la storia sino all’eternità. Esso tende a fare di noi degli attori piuttosto che degli spettatori»[26]. E Henri-Irénée Marrou affermava nel 1960: «In questo sant’Agostino eccelle, in questo è veramente ammirevole: nessuno ha fatto progredire quanto lui la conoscenza dei problemi essenziali nella vita interiore dell’uomo»[27].
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Per questa impostazione antropologica l’Ordine ebbe diverse contestazioni da parte di cattolici e di religiosi, i quali avanzarono perfino la proposta di censurare alcune formulazioni di sant’Agostino, quando nel 1679 prese l’avvio la pubblicazione delle sue opere nella Patrologia latina dei Maurini.
Bisogna segnalare anche la grande espansione dell’Ordine fino alla metà del XVIII secolo: nel 1545 gli agostiniani erano circa 8.000, mentre, un secolo dopo, contavano più di 12.000 membri[28]. L’aumento era dovuto alla restaurazione di alcune province d’Europa – quelle di Colonia, Baviera e Austria – e alla formazione di nuove province nell’America spagnola e nelle Filippine.
Gli ultimi secoli
Le difficoltà che la Chiesa incontrò dopo l’Illuminismo e la Rivoluzione francese colpirono anche gli agostiniani. Nel XIX secolo non fu più possibile celebrare i Capitoli generali. Dal 1806, durante la dominazione napoleonica, la soppressione degli Ordini religiosi e l’incameramento dei beni ecclesiastici segnarono drammaticamente la vita dei religiosi.
Gli agostiniani subirono la perdita di molti conventi con il loro patrimonio librario, soprattutto in centro Europa e in Inghilterra, ma si dedicarono con passione alla conservazione e all’arricchimento delle biblioteche rimaste. Queste ebbero una nuova destinazione: furono aperte a tutti coloro che volevano usufruirne, religiosi e laici. Già nelle Costituzioni del 1581, aggiornate sul Concilio di Trento dal Priore generale Taddeo Guidelli, veniva detto che le biblioteche costituiscono il tesoro più prezioso dei conventi: sono necessarie per lo studio, e quindi occorre avere per esse una cura particolare.
Se non sono rari i rimproveri dei superiori per i bibliotecari poco diligenti, per chi trascura l’ordine e la pulizia delle sale, per chi vende codici antichi di grande valore per comprare libri stampati, sono frequenti anche gli elogi e il sostegno per i frati che hanno a cuore il lavoro di bibliotecario, che è, sì, utile per l’Ordine, ma anche per i cultori del sapere. C’era stato l’esempio di Seripando, il quale fece costruire nel suo convento di San Giovanni da Carbonara, al centro di Napoli, una sala spaziosa dove i confratelli, ma anche «tutti gli studiosi della città»[29], potessero consultare i preziosi manoscritti e i volumi. A Roma, il vescovo agostiniano Angelo Rocca, d’accordo con il Priore generale e con Paolo III, fondò nel 1605, accanto alla chiesa di Sant’Agostino, la prima biblioteca pubblica a servizio dei cittadini, chierici e laici. Se all’inizio del Cinquecento essa contava 1.500 volumi, nel 1626 – quando ebbe il nome di «Biblioteca Angelica» –, ne custodiva più di 22.000, grazie alla cura diligente e al lascito del vescovo[30]. Ma vi furono altri casi, quali la biblioteca del convento di Santo Spirito a Firenze e quelle dei conventi di Padova, Saragozza, Siviglia e Coimbra. Era la realizzazione concreta di un antico desiderio espresso da sant’Agostino quando era vescovo d’Ippona.
Nonostante i tempi difficili, non sono mancati agostiniani che hanno dato il loro contributo alla cultura europea: Giulio Accetta († 1752), matematico e astronomo, titolare della cattedra di matematica all’Università di Torino; Gian Michele Cavalieri († 1757), grande storico della liturgia con l’Opera omnia liturgica del 1778; Enrico Flórez (†1773), che pubblicò 27 volumi di España Sagrada; Gregor Mendel († 1884), biologo, matematico e botanico, che è stato il padre della scienza genetica moderna[31].
Anche coloro che per le persecuzioni dovettero fuggire al di là dell’Atlantico portarono frutti insperati. Gli agostiniani irlandesi giunsero a Filadelfia alla fine del XVIII secolo e fondarono nel Nord America le quattro province tuttora esistenti. Nel 1838 un altro confratello irlandese approdò in Australia, creandovi il primo convento dell’attuale provincia.
Con la soppressione degli Ordini religiosi e la conseguente secolarizzazione, in Germania vennero meno tre fiorenti province. Si salvò il convento di Münnerstadt, un piccolo paese della Baviera, con la chiesa agostiniana del XIII secolo. Con la guerra dei contadini, al tempo di Lutero, i frati dovettero fuggire a Würzburg, dove fondarono un ospizio; alla fine dell’Ottocento ritornarono a Münnerstadt, che, da allora, è il punto di riferimento per la provincia tedesca. In Portogallo scomparvero tutti i conventi, e in Spagna è sopravvissuto solo quello di Valladolid: vi si formavano i sacerdoti per il Nuovo Mondo. In Polonia, dal 1864 era rimasto solo il convento di Kraków; in Italia, molti conventi furono chiusi e incamerati dallo Stato[32].
Con l’inizio del XX secolo si ha la rinascita degli agostiniani. In Germania riprende vita la provincia di Baviera, e quasi contemporaneamente quelle olandese e belga. Anche in Spagna c’è una rinascita dei conventi. Intanto la provincia tedesca rifonda le missioni nel Nord America e in Canada che, verso la metà del secolo, divengono province indipendenti.
Gli agostiniani oggi
L’Ordine di sant’Agostino è presente in tutto il mondo con circa 2.340 membri in 47 Paesi, con 400 case tra conventi, parrocchie, studentati e sedi di formazione[33]. Gli agostiniani si dedicano non solo all’insegnamento e alla predicazione, ma anche alla vita parrocchiale, ai santuari, alle opere sociali per i poveri, i migranti e gli anziani. Il loro motto, Charitas et Scientia,indica l’armonia tra vita comunitaria, studio e dedizione ai fratelli.
Anche in Italia si segnala la ripresa degli agostiniani, e vanno ricordati alcuni eminenti studiosi. Innanzitutto, p. Agostino Trapè (1915-1987), uno straordinario cultore di scienze patristiche, docente all’Università Lateranense, che ha ideato e diretto la Nuova Biblioteca Agostiniana: ha pubblicato l’Opera Omnia di sant’Agostino in edizione bilingue latino-italiano[34]. È stato Priore generale dell’Ordine, e a lui si deve la fondazione dell’Istituto Patristico Augustinianum di Roma nel 1969, alla cui inaugurazione volle intervenire di persona papa Paolo VI[35]. Poi va ricordato p. Prosper Grech (1925-2019), creato cardinale da Benedetto XVI, studioso del Nuovo Testamento, docente all’Università Gregoriana e all’Istituto Biblico di Roma, preside dell’Augustinianum e consultore del Dicastero per la dottrina della fede.
Va rilevata infine l’attualità di sant’Agostino nel Concilio Vaticano II. Il vescovo di Ippona ha avuto un influsso sulla spiritualità conciliare, che ha dato all’antropologia del Santo un posto di rilievo. «Nella [Costituzione] Lumen Gentium, il Concilio ha sottolineato come un finalismo soprannaturale muova la Chiesa, l’umanità e il mondo, intimamente congiunto con l’uomo verso il raggiungimento di un fine comune (7,48). Nella Gaudium et Spes poi vengono approfonditi gli elementi comuni ad ogni uomo. Questi, immagine di Dio, ha in essa la spiegazione della sua grandezza, delle sue responsabilità, del suo dinamismo verso Dio e del suo bisogno di redenzione in Cristo (1-2, cc. 1-4)»[36].
Sull’origine di questi temi, un agostiniano studioso del grande Padre ha affermato: «Difficilmente si troverà un’esposizione più sintetica dell’antropologia agostiniana di quella offerta dal Concilio nella Costituzione apostolica Gaudium et spes. Basti dire soltanto delle aspirazioni universali di tutti gli uomini […] alla giustizia e all’amore, a una più matura coscienza e responsabilità, così come alla felicità, alla cultura e a tutti i valori trascendenti. […] Quando il Concilio, dopo i cambiamenti del mondo, comincia a considerare l’uomo in sé stesso, nella comunità e nella sua attività, si manifesta agostiniano»[37].
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[1] Cfr Agostino d’Ippona, Regula ad servos Dei. La Regola, in Opere di sant’Agostino, VII/2,Roma, Città Nuova, 2001, 29-49. La Regola risale intorno all’anno 400.
[2] V. Grossi, «L’influsso – Il futuro – Le prospettive», in V. Grossi – L. Marín – G. Ciolini, Gli Agostiniani. Radici, storia, prospettive, Palermo, Augustinus, 1993, 192.
[3] Ordo Eremitarum Sancti Augustini. Cfr L. Marín, «La storia. Dalla morte di S. Agostino al 1244-1256», in V. Grossi – L. Marín – G. Ciolini, Gli Agostiniani…, cit., 117-140. L’unione ha riguardato gli eremiti della Tuscia, quelli di Monte Favale, di Brettino e dei Giamboniti. I Guglielmiti, invece, dopo una prima adesione, decisero di tornare alla Regola di san Benedetto.
[4] Ivi, 187 s.
[5] Cfr M. Rodriguez, «Monache Agostiniane», in Enciclopedia Cattolica, vol. I, Città del Vaticano – Firenze, Ente per l’Enciclopedia Cattolica, 1949, 501 s.
[6] Costituzioni di Ratisbona, 40. Cfr Egidio Romano, De regimine principum III, 2, 8, in Il «Livro del governamento dei re e dei principi» secondo il codice BNCF II.IV.129, vol. I, Bologna, ETS, 2016, 537.
[7] Cfr G. Pani, «“Il Vangelo mi spaventa”. Il buon vescovo secondo sant’Agostino», in Civ. Catt. 2015 II 117-130.
[8] G. Ciolini – V. Grossi, «Gli Agostiniani e le mediazioni culturali», in V. Grossi – L. Marín – G. Ciolini, Gli Agostiniani…, cit., 250.
[9] Cfr ivi, 217 s.
[10] Cfr D. Aurelii Augustini Milleloquium veritatis, à F. Bartholomaeo de Urbino digestum, Lugduni, M. Bonhomme, 1555.
[11] Le Congregazioni di Osservanti si proponevano di vivere rigorosamente le prescrizioni della Regola e delle Costituzioni, senza gli abusi che si erano introdotti nelle province. Delle 10 Congregazioni di Osservanti, una si trovava in Germania (a Erfurt), le altre in Italia. Cfr D. Gutiérrez, Storia dell’Ordine di Sant’Agostino. II. Gli Agostiniani dal protestantesimo alla riforma cattolica (1518-1648), Roma, Institutum Historicum Ordinis Fratrum S. Augustini, 1972, 87 s.
[12] Questi si trovavano a Roma, Napoli, Siena, Milano, Vienna, Magonza, Colonia, Bruges, Metz, Strasburgo, Lione, Montpellier e Tolosa. In Italia, i più antichi e migliori Studi generali rimasero quelli di Padova, Bologna, Roma e Napoli.
[13] Ogni tomo ha il suo titolo proprio. Nel frontespizio del primo tomo si legge: Prima pars librorum divi Aurelii Augustini quos edidit cathecuminus. Furono stampati 2.200 esemplari in 11 tomi, ma i primi tre costituiscono un volume, per cui si ha un insieme di 9 volumi. Cfr Chronicon Conradi Pellicani Rubeaquensis (del 1544), Bâle, B. Riggenbach, 1877, 27.
[14] Cfr G. Pani, Paolo, Agostino, Lutero: alle origini del mondo moderno, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2005, 77-81.
[15] Ivi, 37-44. La prima edizione era intitolata Novum Instrumentum, che traduceva alla lettera il titolo greco kainē diathēkē. Ma nella seconda edizione, in seguito alle critiche che gli furono rivolte, Erasmo riportò il titolo tradizionale.
[16] Cfr G. Pani, Lutero tra eresia e profezia, Bologna, EDB, 2017, 84-97.
[17] Cfr Id., «L’affissione delle 95 Tesi di Lutero: storia o leggenda?», in Civ. Catt. 2016 IV 213-226. Dell’affissione delle 95 Tesi non si ha una documentazione storica coeva, ma se ne parla per la prima volta un secolo dopo.
[18] Cfr H. Jedin, Storia del Concilio di Trento. II. Il primo periodo 1545-1547, Brescia, Morcelliana, 1974, 209 s.; Concilium Tridentinum Diariorum, Actorum, Epistolarum Tractatuum nova collectio,X, Freiburg i. Br., Herder, 1916, 539: lettera di Zanetti al cardinale A. Farnese, 25 giugno 1546.
[19] Cfr W. Eckermann, «Augustiner-Eremiten», in Lexikon für Theologie und Kirche, vol. I, Freiburg – Basel – Roma ecc., Herder, 1993, col. 1234.
[20] D. Gutiérrez, Storia dell’Ordine di Sant’Agostino, II, cit., 81.
[21] Ivi, 59.
[22] Ivi, 90.
[23] Cfr ivi.
[24] Cfr ivi.
[25] Cfr W. Eckermann, «Augustiner-Eremiten», cit., 1234; D. Gutiérrez, Storia dell’Ordine di Sant’Agostino, II, cit., 245-282.
[26] M. Blondel, «L’unité originale et la validité permanente de sa doctrine philosophique», in Revue de Métaphysique et de Morale 37 (1930) 466; cfr V. Grossi, «L’influsso – Il futuro – Le prospettive», cit., 199.
[27] H.-I. Marrou, Sant’Agostino, Milano, Mondadori, 1960, 81.
[28] Cfr D. Gutiérrez, Storia dell’Ordine di Sant’Agostino, II, cit., 115; 120 s.; 88.
[29] Ivi, 207.
[30] Cfr ivi, 206.
[31] Cfr G. Ciolini – V. Grossi, «Gli Agostiniani e le mediazioni culturali», cit., 252 s.
[32] Cfr W. Eckermann, «Augustiner-Eremiten», cit., 1235.
[33] Cfr Annuario Pontificio per l’anno 2025, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2025, 1624.
[34] Cfr Agostino d’Ippona, s., Nuova biblioteca agostiniana. Tutte le Opere, Roma, Città Nuova, 1965-2005. L’opera si compone di 70 volumi, in carta india, rilegati in tela.
[35] Cfr G. Ciolini – V. Grossi, «Gli Agostiniani e le mediazioni culturali», cit., 256.
[36] V. Grossi, «L’influsso – Il futuro – Le prospettive», cit., 197.
[37] Ivi, 197. Cfr J. Morán, «Presenza di S. Agostino nel Concilio Vaticano II», in Augustinianum 6 (1966) 484 s. Si può anche ricordare che Joseph Ratzinger-Benedetto XVI è stato un grande studioso e cultore di sant’Agostino; i riferimenti al Santo nelle sue opere teologiche e nelle sue omelie sono nettamente più numerosi di quelli ad altri Padri della Chiesa.
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