Sono nato alla fine degli anni 80 e ho avuto la fortuna di vivere al passo con la tecnologia anno per anno. Nella mia infanzia ho sempre visto l’informatica come un mondo creativo, non uno strumento fine a se stesso. Non è un caso che certe tecnologie sono state spinte dal mercato dei videogiochi e dalla demoscene. Uomini d’affari, azionisti e industriali hanno sempre avuto un impatto importante, economico, per permettere a una nuova industria di fiorire ma nella maggior parte dei casi il programmatore era un creativo, un sognatore, un poeta, un musicista con la tastiera di un computer come pianoforte; il successo del settore è stato un compromesso, un punto di incontro. Prevaleva comunque quella parte creativa della mente dei programmatori sui numeri dei dollari che generava l’industria dell’IT nel mercato. Ma ora, dopo tutti questi anni vedo programmatori che diventano tali solo per quei numeri, o per salari che poi di fatto, si accorgono essere diversi da ciò che immaginano. Sempre meno creativi e sempre più broker, sempre meno altruisti, sempre più capitalisti. E laddove i soldi non arrivano, c’è il desiderio di audience, di visite e di sottoscrizioni che uccide tutto il bello di ciò che all’apparenza è solo una sequenza di righe di codice.
Roberto Pellegrino reshared this.