Cyber Risk in Medio Oriente: tra investimenti record e attacchi sempre più sofisticati
L’attenzione globale verso la sicurezza informatica continua a crescere in un contesto dominato dalla trasformazione digitale e dalla rapida diffusione delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, fattori che rendono più semplice individuare vulnerabilità e condurre attacchi complessi. In questo scenario, la capacità di un Paese di garantire protezione, coordinamento, formazione e cooperazione internazionale è diventata un indicatore essenziale della stabilità nazionale.
Nel Global Cybersecurity Index 2024, l’Egitto e il Qatar hanno ottenuto un punteggio massimo di 100, entrando tra i 12 Paesi con le performance più elevate a livello mondiale. Il risultato è stato raggiunto grazie alla conformità ai cinque pilastri che compongono l’indice: quadro legislativo, protezione tecnica, struttura organizzativa, programmi di sviluppo delle competenze e collaborazione internazionale.
La piena aderenza a questi criteri colloca entrambi gli Stati tra i modelli di riferimento globali, all’interno del gruppo dei 46 Paesi considerati all’avanguardia in materia di cybersecurity.
Parallelamente, l’Arabia Saudita ha consolidato la propria posizione come leader regionale per investimenti nel settore.
Nel 2024, la spesa saudita per la sicurezza informatica ha raggiunto circa 4,8 miliardi di dollari (pari a 15,2 miliardi di riyal), con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. Secondo i dati dell’Autorità nazionale per la sicurezza informatica, questo andamento riflette un processo continuo di rafforzamento delle infrastrutture digitali e delle misure di difesa del cyberspazio nazionale.
Il report GCI 2024 evidenzia tuttavia una marcata eterogeneità tra i Paesi arabi. Oltre ai Paesi con i punteggi più elevati – tra cui Emirati Arabi Uniti, Oman, Bahrein, Giordania e Marocco, con valori compresi tra 95 e 100 – emergono realtà ancora in fase di consolidamento. Algeria, Libia, Tunisia e Kuwait si collocano in un livello intermedio, con punteggi tra 55 e 85, indicativi di sistemi in evoluzione che richiedono ulteriori investimenti in capacità tecniche e cooperazione internazionale.
Iraq, Libano, Mauritania, Sudan, Siria e Palestina rientrano in una fase iniziale di costruzione dei quadri regolatori, con punteggi compresi tra 20 e 55. Lo Yemen chiude la classifica regionale, con risultati inferiori a 20 punti, riflettendo un ecosistema di sicurezza informatica ancora allo stadio embrionale.
Il quadro è reso più critico dal forte aumento delle minacce nel Medio Oriente. Il phishing rimane una delle tecniche più utilizzate, sostenuto da metodi avanzati di ingegneria sociale. Gli attacchi DDoS hanno registrato un incremento particolarmente rilevante, con un +236% nel secondo trimestre del 2025. In parallelo, sono cresciuti anche gli attacchi contro applicazioni Microsoft Office, il furto di credenziali, lo spyware, le intrusioni contro le API e le attività di ricognizione.
Le operazioni di ransomware e di estorsione rappresentano circa la metà degli attacchi con movente identificabile. Crescono inoltre le offensive che sfruttano l’intelligenza artificiale, in particolare per automatizzare la ricerca di falle nei sistemi e rendere più efficaci le campagne di phishing. Secondo le stime, un singolo incidente informatico nella regione comporta un costo medio di circa 8 milioni di dollari, valore quasi doppio rispetto alla media globale. I settori più colpiti sono comunicazioni, energia, trasporti, sanità e finanza, confermando l’urgenza di investimenti strutturali e politiche coordinate per proteggere attività economiche e servizi essenziali.
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