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Per la difesa planetaria, rimanete in ascolto




Elizabeth Silber, ricercatrice al Sandia National Laboratories ed esperta in rilevazione di infrasuoni in atmosfera. In particolare, la sua ricerca si concentra sul rilevamento degli infrasuoni di sorgenti esplosive e non convenzionali, sulla fisica delle onde d’urto atmosferiche e sulla modellazione computerizzata delle esplosioni meteoriche, con applicazioni che vanno dalla difesa planetaria alla sicurezza globale. Ha inoltre contribuito al rilevamento e all’analisi geofisica del rientro della capsula Osiris-Rex, facendo progredire la nostra capacità di monitorare i veicoli spaziali e le entrate nell’atmosfera utilizzando sensori a terra e in volo. Crediti: Elizabeth Silber

Per monitorare l’ingresso in atmosfera di meteoroidi, bolidi o detriti spaziali, bisogna rimanere in ascolto. È quanto afferma chi, come Elizabeth Silber, ricercatrice al Sandia National Laboratories, si dedica allo studio degli ingressi in atmosfera attraverso gli infrasuoni, onde sonore di frequenza troppo bassa per essere udite dall’orecchio umano. Una tecnica, quella del rilevamento con gli infrasuoni, che si basa sul fatto che qualunque corpo massiccio entri nell’atmosfera a una velocità elevata genera un’onda d’urto, che si propaga nello spazio come un’onda sonora a bassa frequenza. Onda d’urto che può essere registrata da reti già esistenti, in particolare quella gestita dalla Ctbto (Comprehensive Test Ban Treaty Organization), un’organizzazione che ha il compito di
di rilevare esplosioni nucleari. Ma come si può sfruttare questo metodo di rilevazione in favore della difesa planetaria? Media Inaf l’ha chiesto alla stessa Silber, che ha presentato i risultati del suo ultimo studio all’assemblea generale dell’Egu (la European Geosciences Union) che si è tenuta dal 27 aprile al 2 maggio 2025 a Vienna.

Come e quando viene utilizzato il rilevamento di infrasuoni?

«Innanzitutto, con infrasuoni si intendono le onde sonore con frequenze troppo basse per essere udite dall’uomo, in genere inferiori a circa 20 Hz. Queste onde a bassa frequenza possono percorrere grandi distanze attraverso l’atmosfera terrestre con una minima perdita di energia, caratteristica che rende gli infrasuoni uno strumento eccellente per il monitoraggio di una varietà di eventi naturali e di origine umana, come meteoriti, fulmini, eruzioni vulcaniche, esplosioni, cascate, eccetera. Il rilevamento degli infrasuoni offre un approccio robusto e versatile per l’osservazione di potenti fenomeni atmosferici, di giorno o di notte, con la pioggia o con il sole, in regioni remote dove altri metodi di osservazione sono difficili. Per quanto riguarda i meteoroidi (palle di fuoco luminose) che entrano nell’atmosfera terrestre, gli infrasuoni possono aiutarci a stimare l’energia e la posizione dell’evento. Inoltre, sensori di infrasuoni appositamente posizionati hanno registrato il rientro atmosferico di capsule spaziali, come Osiris-Rex della Nasa, fornendo una convalida della traiettoria».

Sarebbe quindi possibile seguire l’ingresso e la traiettoria di un meteoroide?

«Non proprio, e infatti a riguardo è opportuno fare una precisazione. Gli infrasuoni non possono tracciare in tempo reale oggetti come bolidi o detriti spaziali, semplicemente perché le onde sonore viaggiano relativamente lente, e impiegano minuti o addirittura ore per raggiungere le stazioni di rilevamento. Tuttavia, il rilevamento degli infrasuoni può individuare l’origine di questi segnali dopo il verificarsi dell’evento. Quando più stazioni rilevano lo stesso evento, le loro direzioni misurate dovrebbero idealmente convergere verso un’unica posizione. Ma a volte queste direzioni non si allineano perfettamente, lasciandoci delle incertezze».

Come mai?

«Le mie ricerche indicano che queste discrepanze potrebbero essere dovute alla geometria di ingresso dell’oggetto stesso. In particolare, nel caso di eventi ad angolo ridotto, le diverse stazioni potrebbero rilevare il suono proveniente da diverse parti della traiettoria dell’oggetto piuttosto che da un unico punto. Comprendere e tenere conto di questo fattore geometrico può migliorare la nostra capacità di determinare con precisione il luogo in cui si è verificato un evento, a vantaggio sia della difesa planetaria che delle attività di monitoraggio dei detriti spaziali».

Quindi, quello che si vede è solo il momento dell’ingresso in atmosfera?

«In genere, quando non sono disponibili informazioni supplementari dettagliate (come i dati ottici o radar, spesso nel caso di località remote), si approssima l’emissione acustica del bolide come se provenisse da un singolo “lampo”, coincidente con il punto di massima deposizione di energia o con il picco di luminosità. Sebbene questa semplificazione sia efficace per i bolidi in forte discesa, diventa sempre più problematica per le entrate ad angolo ridotto che estendono la loro deposizione di energia lungo lunghe traiettorie. Il mio studio attuale affronta questa limitazione, dimostrando che la considerazione esplicita della geometria dell’ingresso può migliorare l’accuratezza della localizzazione e, di conseguenza, le capacità di difesa planetaria».

A questo punto, però, sorge una domanda: come si può conoscere la traiettoria in anticipo?

«Questa è una grande domanda: è proprio così! In genere non conosciamo in anticipo la traiettoria precisa dei bolidi, soprattutto quando vengono rilevati su aree remote. Invece, ne deduciamo la traiettoria dopo l’evento utilizzando i dati osservativi disponibili, comprese le osservazioni ottiche e le rilevazioni satellitari e radar, quando sono disponibili. Per i detriti orbitali, invece, spesso prevediamo il rientro in anticipo perché le caratteristiche orbitali dei satelliti e dei detriti sono continuamente monitorate. Questi rientri avvengono di solito con angoli poco profondi, poiché gli oggetti in orbita terrestre bassa di solito si abbassano gradualmente a spirale mentre perdono quota, anziché cadere a picco. Allo stesso modo, le capsule spaziali per il rientro dei campioni, come Osiris-Rex, sono progettate e controllate per entrare nell’atmosfera con traiettorie specifiche e predeterminate. Quindi, anche se gli infrasuoni da soli non sono in grado di avvertire in anticipo del percorso di un oggetto, l’integrazione di questi dati acustici con le traiettorie conosciute o dedotte fa progredire notevolmente la nostra capacità di interpretare e localizzare con precisione questi eventi dopo il fatto».

Quanto comune è, oggi, l’utilizzo di questa tecnica a servizio della difesa planetaria?

«L’infrasuono è stato effettivamente utilizzato per rilevare grandi meteoroidi e piccoli asteroidi che entrano nell’atmosfera terrestre per molti decenni. In particolare, il primo rilevamento infrasonico noto di un evento di questo tipo è stata l’esplosione di Tunguska del 1908 in Siberia. Tuttavia, per la maggior parte del 20esimo secolo, le rilevazioni di bolidi tramite infrasuoni sono rimaste accidentali, in gran parte catturate da reti progettate principalmente per altri scopi. Solo negli ultimi decenni, in particolare in seguito alla creazione di reti di monitoraggio infrasoniche globali dedicate, la rilevazione sistematica e di routine dei bolidi è diventata importante».

Lei ha citato diverse volte anche i detriti spaziali, oltre alle capsule di rientro sulle quali abbiamo controllo. Possono essere considerati anche questi alla stregua dei bolidi e quindi beneficiare dello stesso metodo di localizzazione?

«Sì, i detriti spaziali che rientrano nell’atmosfera terrestre producono segnali infrasonori molto simili a quelli dei bolidi naturali. Entrambi gli oggetti viaggiano a velocità molto elevate, generando forti onde d’urto quando interagiscono con l’atmosfera. Di conseguenza, i metodi di rilevamento degli infrasuoni utilizzati per i bolidi sono direttamente applicabili anche ai detriti spaziali. La mia ricerca dimostra che considerare la geometria di ingresso, particolarmente importante per i detriti che rientrano nell’atmosfera terrestre con angoli poco profondi, può migliorare la nostra capacità di localizzare questi eventi. Poiché la quantità di detriti orbitali continua a crescere, è sempre più importante tracciare con precisione il loro rientro. Pertanto, quantificare l’effetto della geometria di ingresso sulla direzione apparente di arrivo del segnale infrasonico offre vantaggi per il monitoraggio degli eventi di rientro dei detriti spaziali».


Guarda sul canale YouTube della CtbTo il video sulla rete per infrasuoni:

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