Con e senza Dio
Come suggerisce lo stesso titolo del libro, il tema riguarda una possibile relazione tra le due prospettive considerate comunemente in opposizione. Alla base di questo possibile dialogo vi è l’argomento teologico, che è ciò che permette di dischiudere una dimensione di riconoscimento. Lo scopo del testo è un dialogo che si sviluppa su molteplici piani e che interroga maestri del pensiero filosofico occidentale, come pure il lettore stesso, invitato ad aprirsi a una questione tanto inattuale quanto costitutiva dell’umana esistenza: «La filosofia non è sempre mossa da divina mania e sempre condannata a un destino inattuale?» (p. 6).
Proprio il concetto di inattualità risulta fondamentale in questo volume, che in sei capitoli percorre un itinerario che va dalla riproposizione della domanda filosofica, intesa come domanda su Dio, sino alla presa di coscienza che tale interrogarsi risulta essere costitutivo dell’essenza stessa dell’umano.
Il primo capitolo presenta e sintetizza i concetti cardine dell’intera trattazione successiva: viene introdotta la critica al solipsismo, per mezzo del quale il soggetto razionale recide ogni possibile genuina relazionalità fondata sulla reciprocità, come pure il tema del silenzio, della perenne e ricca ascosità, che contraddistingue il contenuto primo dell’indagine filosofica. Questa indagine, afferma l’A., è un «restare affamati, assetati, sempre in ricerca inesausta, mai arrivati» (p. 25). La domanda filosofica è allora contraddistinta da un perenne dinamismo e ritrova la propria autenticità quando richiama l’identità intrinseca tra filosofia e teologia.
Ma questo tema non sembra interessare un’epoca prevalentemente contraddistinta dall’immediatezza, dal calcolo e dalla ricerca dell’utile, così da risultare «inattuale». La questione allora diventa: è utile oggi porre la domanda su Dio? Viviamo nel tempo in cui Dio è morto, in cui la questione teologica sembrerebbe non rispondere effettivamente alle sfide della vita. Ci si potrebbe però chiedere quale Dio sia effettivamente morto. Il tristo annuncio nietzschiano è sintomo del fallimento di quella prospettiva solipsistica che aveva eretto il dio razionale a causa prima della tradizione filosofica occidentale moderna. Ma questo dio è appunto morto, resta indifferente rispetto alle richieste di aiuto dell’individuo, chiuso nella sua impersonale perfezione.
Diviene fondamentale allora andare oltre la figura di questo dio razionale, per poter recuperare la genuina dimensione di razionalità con il Dio personale, vivo nella sua misteriosa assenza. Il nostro tempo ci conduce a ripensare la ricerca di Dio, rinunciando a ogni tentativo di determinarlo come oggetto della dimostrazione. Scrive Moschini: «Quello che invece mi pare che accada non è un abbandono della teologia, quanto invece il progressivo processo di distacco da quell’idea di un Dio razionalmente inteso, logicizzato, definito, giustificato, […] piuttosto che come concetto che rimanda a un universo relazionale» (p. 33).
Eppure, una domanda ulteriore potrebbe essere posta: l’ateo è escluso da questa possibilità di intraprendere la domanda filosofica? L’A. intende mostrare che la domanda filosofica, seppur di carattere teologico, è contraddistinta da un’intrinseca dimensione dialogica, tale che anche il rifiuto che caratterizza la posizione dell’ateo presupponga la necessità di addentrarsi all’interno della questione stessa: la domanda non risulta essere estranea neanche alla persona che la giudica inutile, perché tale giudizio presuppone, seppur con esito negativo, un confronto, un dialogo appunto. Quindi Moschini afferma: «Non l’ateo è il nemico della fede, ma l’indifferenza! E questa è il maggior pericolo per essa. Non il contrasto e l’impossibilità di assurgere oltre, ma la mancanza della mancanza di Dio è la condizione più spregevole e incostante che ci lega a un finitismo opprimente ed oppressivo» (p. 120).
Una prospettiva che, di fatto, vuole rilanciare un richiamo a una fede che non è avversa alla ragione, ma che insieme a essa possa costituire un dialogo per riscoprire il senso dell’umano. Una questione in grado di affrontare le sfide che porta l’indifferenza, l’esito della morte di Dio e del dilagare dell’utile. La domanda filosofica allora, che nella lettura dell’A. è inequivocabilmente la domanda su Dio, è ciò che permette di riscoprire la vitalità e la bellezza dell’esistenza in un tempo contraddistinto dalla guerra, dalla crisi economica e dai problemi sociali.
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