Politica, scienza, società: lo spazio a tutto tondo
Emilio Cozzi, “Geopolitica dello spazio. Storia, economia e futuro di un nuovo continente”, Il Saggiatore, 2025, 438 pagine, 26 euro
Oggi più che mai, lo spazio è uno specchio di quello che succede sulla Terra. In un mondo sempre più lacerato da conflitti dove le spinte espansionistiche si tingono di motivazioni patriottiche, religiose e sociali, l’affannosa corsa all’occupazione delle orbite terrestri riflette ed amplifica la realtà che viviamo tutti i giorni.
Quando Emilio Cozzi ha deciso di scrivere Geopolitica della Spazio sapeva di affrontare un argomento complesso dove la tecnologia, necessaria per sviluppare la strumentazione satellitare, si coniuga con le molteplici ricadute economiche e politiche delle attività spaziali. Di certo aveva pianificato fin dall’inizio di raccontare la storia di SpaceX e di come questa compagnia, creata nel 2002 da Elon Musk, abbia cambiato il modo di fare spazio, ma non poteva immaginare che il libro sarebbe uscito nel momento dell’ascesa politica di Elon Musk, quando l’uomo più ricco del mondo è diventato anche quello politicamente più rilevante nella nuova amministrazione americana. Chi avesse dubitato sulla valenza geopolitica delle attività spaziali, adesso ha ampiamente modo di ricredersi. L’importanza strategica dei servizi offerti dallo spazio è un argomento di attualità. Siamo stati bombardati dalle discussioni sull’opportunità o meno che il governo italiano sottoscriva un contratto per utilizzare Starlink per connettere le aree non raggiunte dalla fibra ottica, ma anche per disporre di un canale sicuro per le comunicazioni istituzionali mentre si aspetta che l’Europa si doti di Iris2, la costellazione Ue per fornire connessione internet orbitale. Purtroppo il vecchio continente ha accumulato gravissimi ritardi anche nel settore, altrettanto strategico, dei lanciatori e Cozzi esamina i motivi di una vera e propria disfatta strategica e industriale. Nel 2024, contro i 134 lanci dei Falcon di SpaceX, l’Europa ha fatto solo tre lanci ed è stata costretta a comperarne più del doppio da SpaceX. Ma Geopolitica dello spazio non tratta solo di Musk. È un saggio completo sulle attività spaziali di tutto il mondo, parla dei turisti spaziali e delle colonie (vuoi orbitali, vuoi marziane) che piacciono tanto ai miliardari che investono nello spazio perché, per dirla come Jeff Bezos, “Ci vorrà un po’ di tempo, ma sarà il miglior affare della mia vita”. Ho molto apprezzato la prima parte, dedicata ai protagonisti dell’inizio dell’era spaziale, dove Cozzi cerca di umanizzare i personaggi inserendo le loro visioni nel contesto storico. Raccomando anche una lettura attenta dell’Appendice dall’esplicito titolo “Space law poche norme e nessuno sceriffo”, dove Cozzi dialoga con la professoressa Agatina Latino, esperta di diritto internazionale, sulla necessità di regole che aggiornino lo Outer Space Treaty del 1967. Nello spazio nulla è più come allora: l’imprenditoria privata è ora azionista di maggioranza dell’orbita circumterrestre e pianifica lo sfruttamento delle risorse della Luna.
Carlo di Leo e Antonio Lo Campo, “Fondamenti di fisica spaziale”, IBS editore, 2025, 269 pagine, 22 euro
Quelle che rimangono immutabili sono le leggi della fisica che regolano come i satelliti vanno in orbita, come vengono stabilizzati e puntati in una determinata direzione, come rientrano nell’atmosfera. Nel loro Fondamenti di fisica spaziale Carlo Di Leo e Antonio Lo Campo ci ricordano che tutto (o quasi) dipende dalla legge di gravitazione universale elaborata da Newton nei suoi Principia datati 1687.
La mela che cade obbedisce alla stessa legge che il 10 maggio ha fatto precipitare nell’Oceano Indiano il satellite Kosmos-482, un relitto sovietico che, dopo avere fallito l’immissione nella traiettoria verso Venere nel 1972, ha orbitato per 53 anni intorno al nostro pianeta. Sono le meraviglie della meccanica celeste che ha infinite sfaccettature, non sempre gradite dal nostro organismo abituato alla gravità terrestre. Non che in orbita la gravità scompaia, semplicemente è compensata dall’accelerazione del moto orbitale. Gli astronauti che fluttuano ne sono un esempio e, pur sapendo quanto la permanenza in microgravità sia dannosa per i tessuti ossei e muscolari, competono per essere assegnati a missioni orbitali di lunga durata. Mica tutti hanno la fortuna di essere “abbandonati“ sulla Iss come è successo a Sunita Williams e Butch Wilmore che, complice il malfunzionamento della navetta Starliner, hanno trascorso nove mesi in orbita. Nonostante la politica abbia cercato di farli diventare dei naufraghi spaziali, loro non si sono mai lamentati, anzi hanno sempre spiegato che stavano realizzando un sogno.
Andare nello spazio è un privilegio che porta con sé pesanti responsabilità. Lo ha vissuto sulla sua pelle Sally Ride, la prima astronauta americana diventata, suo malgrado, un personaggio così iconico da decidere di tenere nascosto il fatto di essere diversa. Solo nel suo necrologio il pubblico ha scoperto che, per 27 anni, Sally avevo vissuto con Tam O’Shaughnessy, la sua compagna segreta. È lei che racconta la loro difficile storia in un documentario di National Geographic intitolato semplicemente Sally, vincitore del 2025 “Alfred P. Sloan Feature Film Prize”. Scopriamo che l’eroina americana temeva che ammettere la sua diversità avrebbe distrutto la sua carriera e l’avrebbe squalificata agli occhi del pubblico. L’aveva visto succedere ad altri e non voleva fare la stessa fine. La regista Cristina Costantini utilizza filmati d’archivio per documentare un’epoca di trasformazione del programma spaziale americano che faticava ad accettare l’ingresso delle donne. Purtroppo, l’umanità porta nello spazio anche i suoi pregiudizi.
Guarda il trailer di Sally sul canale YouTube del National Geographic: