Contro i pirati e i cybercriminali gli Emirati mettono in campo i nuovi mercenari
Gli Emirati Arabi Uniti (EAU) costituiscono un caso unico nell’impiego dei mercenari, differenziandosi dalle esperienze in Angola, Sierra Leone e Nigeria sia per le motivazioni che per le modalità di utilizzo. Mentre in Africa il ricorso ai mercenari è spesso stato legato alla sopravvivenza di regimi fragili in contesti segnati da instabilità e conflitti interni, gli Emirati si distinguono per la loro stabilità politica e per la ricchezza derivante dal petrolio. Tuttavia, il Paese soffre di una carenza cronica di manodopera e competenze tecnologiche, soprattutto in ambito militare. Questa situazione ha spinto il Governo a utilizzare mercenari per colmare tali lacune, senza subire le stesse critiche internazionali che hanno colpito i Paesi africani. Ciò è attribuibile al peso geopolitico degli Emirati, le cui riserve petrolifere e ricchezze spingono le potenze occidentali a essere più prudenti nell’esprimere condanne, riservando critiche più severe a Stati più fragili e meno influenti.
Due approcci: sicurezza interna e politica estera
L’uso dei mercenari da parte degli Emirati si articola in due principali direttrici. La prima riguarda il rafforzamento della sicurezza interna, attraverso il supporto alle strutture che proteggono il regime. In particolare, i mercenari sono stati determinanti nella supervisione e creazione della Guardia Presidenziale, un corpo d’élite progettato per salvaguardare la leadership emiratina da eventuali colpi di Stato o minacce interne, spesso attribuite all’Iran. Questo utilizzo consente al Governo di affrontare in modo proattivo la sovversione interna e di consolidare la stabilità politica.
La seconda direttrice si riferisce al ruolo dei mercenari nella proiezione del potere emiratino oltre i confini nazionali, sfruttandoli come strumenti militari per perseguire obiettivi di politica estera. Gli Emirati, per esempio, sostengono Khalīfa Haftar e il suo Esercito Nazionale Libico attraverso finanziamenti e il dispiegamento del Gruppo Wagner. In Yemen, il coinvolgimento dei mercenari è stato altrettanto significativo: gli Emirati hanno utilizzato contractor per affiancare le loro truppe nella guerra contro gli Huthi, un conflitto condotto con il supporto di alleanze tribali locali. Per ridurre l’onere sulle proprie forze armate, gli Emirati hanno schierato circa 450 contractor latinoamericani su un totale di 1.800 uomini di stanza nella base di Abu Dhabi. Questo approccio riflette la volontà di un Governo determinato a difendere i propri interessi senza coinvolgere direttamente i propri cittadini nelle operazioni belliche.
I vantaggi della negabilità plausibile: il caso della Somalia
Un esempio emblematico di questa strategia è rappresentato dall’operazione anti-pirateria condotta nel Puntland, una regione somala. Gli Emirati, attraverso una sussidiaria della Reflex Ltd, una società originariamente legata a Erik Prince, finanziarono la Puntland Maritime Police Force (PMPF). Questa unità, composta da ex mercenari sudafricani e contractor locali, era incaricata di contrastare le attività dei pirati lungo le coste somale settentrionali. Equipaggiata con elicotteri, motoscafi e mezzi corazzati, la PMPF operava con un livello di aggressività superiore a quello tipico delle forze governative. Sebbene non sia confermato che abbia ingaggiato i pirati in scontri diretti, l’unità si è distinta per l’uso di forza letale in operazioni offensive, piuttosto che difensive.
Le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazioni riguardo all’utilizzo dei mercenari sudafricani e ai metodi di addestramento della PMPF, ma gli Emirati hanno rivendicato il successo dell’operazione, che ha temporaneamente ridotto la minaccia della pirateria per le spedizioni internazionali. Tuttavia, quando la missione è divenuta di pubblico dominio, il Governo emiratino ha rapidamente chiuso il programma per evitare danni alla propria immagine internazionale, abbandonando la possibilità di sfruttare ulteriormente la negabilità plausibile.
Mercenari cibernetici: la strategia degli Emirati
Gli Emirati hanno anche investito massicciamente nel settore della cybersicurezza, utilizzando mercenari cibernetici per ampliare la propria influenza. Attraverso Darkmatter, una potente società locale, il Paese ha avviato operazioni mirate a rafforzare il controllo digitale sia a livello nazionale che internazionale. Un esempio significativo è il Project Rave, un programma che ha reclutato decine di ex agenti dell’intelligence americana per condurre operazioni di sorveglianza contro Governi stranieri, militanti e attivisti per i diritti umani.
Queste attività hanno generato tensioni con Paesi vicini come il Qatar, che ha accusato gli Emirati di aver hackerato agenzie di stampa e canali social ufficiali, riaprendo un’annosa faida tra le monarchie del Golfo. L’uso di contractor con competenze avanzate nel campo della cybersicurezza riflette l’importanza crescente di questa dimensione per un Paese piccolo come gli Emirati, che utilizza strumenti non convenzionali per competere in un’arena geopolitica sempre più complessa.
Chi è il mercenario del XXI secolo
Il ricorso ai mercenari da parte degli Emirati pone una domanda fondamentale: come definire il mercenario moderno? Gli esempi di EO in Angola e Sierra Leone, di STTEP in Nigeria e delle operazioni emiratine dimostrano che i mercenari, singoli o affiliati a società, sono strumenti geostrategici sempre più rilevanti. Questi attori operano senza legami con il loro Stato di origine, offrendo servizi di sicurezza offensiva e difensiva a governi che vogliono rafforzare il proprio potere senza implicazioni dirette.
Tuttavia, la legittimità di queste operazioni è spesso contestata. Gli Stati Uniti e il Regno Unito, per esempio, tendono a distinguere tra “contractor militari”, considerati legittimi, e “mercenari”, una categoria demonizzata per ragioni politiche. Questo doppio standard riflette l’interesse delle grandi potenze nel mantenere il controllo sulle dinamiche di sicurezza internazionale, proteggendo i propri interessi e delegittimando gli attori indipendenti.
Gli Emirati Arabi Uniti rappresentano un esempio lampante di come i piccoli Stati ricchi di risorse possano sfruttare i mercenari per espandere la propria influenza, sia a livello regionale che internazionale. Tuttavia, il ricorso a queste forze evidenzia anche un doppio standard nelle reazioni globali. Mentre i Paesi fragili che dipendono dai mercenari sono soggetti a severe critiche, gli Stati ricchi come gli Emirati ricevono un trattamento più indulgente, complice la loro importanza strategica.
Questa asimmetria riflette una dinamica geopolitica in cui le società mercenarie indipendenti hanno il potenziale di alterare profondamente lo status quo, soprattutto in regioni come l’Africa e il Medio Oriente. Sebbene l’uso dei mercenari sia visto come una soluzione pragmatica da parte di molti governi, esso solleva questioni etiche e politiche che rischiano di amplificare le tensioni internazionali e di alimentare nuove forme di neocolonialismo mascherato.
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