A cosa serve il «World Economic Forum» oggi?
Avviso contenuto: Uno degli eventi del “World Economic Forum” di Davos 2024. Nella settimana dal 15 al 19 gennaio 2024 si è svolto a Davos, in Svizzera, l’incontro 2024 del World Economic Forum (Wef), un evento annuale che si rinnova ogni inverno e in cui importanti dirige
Nella settimana dal 15 al 19 gennaio 2024 si è svolto a Davos, in Svizzera, l’incontro 2024 del World Economic Forum (Wef), un evento annuale che si rinnova ogni inverno e in cui importanti dirigenti aziendali, politici e accademici di tutto il mondo si incontrano per affrontare le sfide globali più urgenti e promuovere la collaborazione internazionale.
Più di 400 diverse sessioni e seminari hanno permesso ai quasi 3.000 partecipanti di assistere alle presentazioni e ai dibattiti organizzati nella località alpina in questo anno caratterizzato da crescente frammentazione e polarizzazione. Le sessioni plenarie hanno offerto l’opportunità di ascoltare dal vivo capi di Stato, di governo e ministri (rispettivamente più di 50 e 300 presenti), capi di organizzazioni multilaterali e altri leader politici, nonché premi Nobel, artisti famosi, scienziati e imprenditori innovativi.
Gli incontri annuali nelle Alpi svizzere – questo era il 54° – sono stati talvolta un’occasione per raggiungere accordi di portata storica. Nel 1989 Davos ospitò i colloqui sulla riunificazione tedesca tra il cancelliere federale Helmut Kohl e i capi della Germania dell’Est. Nel 1992, Frederik de Klerk e Nelson Mandela condivisero il palco nella loro prima apparizione insieme fuori del Sudafrica. Inoltre, nel 1995, l’accordo su Gaza e Gerico tra Shimon Peres e Yasser Arafat, firmato sotto gli occhi dei partecipanti e siglato con un abbraccio, suscitò un fragoroso applauso da parte dell’assemblea. Tuttavia, negli ultimi anni, Davos si è fatta notare soprattutto come il luogo in cui il conflitto si rende evidente. Nel 2009 il premier turco Recep Tayyip Erdoğan ha lasciato il palco dopo una violenta discussione su Gaza con il presidente israeliano Shimon Peres.
Che cosa ci si può attendere da questi incontri annuali?
Gli incontri di Davos, non avendo carattere istituzionale, potrebbero passare più o meno inosservati. Al termine delle deliberazioni non vengono emessi documenti vincolanti, anche se talvolta possono nascere convergenze come quelle menzionate; a ogni modo, i resoconti pubblici di ciascuna sessione vengono trascritti scrupolosamente e messi a disposizione sul sito ufficiale[1].
Il Wef di Davos è finanziato da circa 1.000 tra le più grandi aziende del mondo, che versano quote di iscrizione elevate. Coloro che sono stati invitati a partecipare alla conferenza annuale accorrono pagando una cifra notevole. Nel 2011, il New York Times ha stimato il prezzo della presenza alla conferenza annuale del Wef in 71.000 dollari, escluse le spese di soggiorno e di viaggio[2]. Ricevere un invito è segno di riconosciuta rilevanza.
Il politologo Samuel Huntington ha coniato l’appellativo Davos Man per indicare il chiaro denominatore comune che associa i membri di questa élite[3]. In quella definizione si compendia il cittadino globale, una stirpe poco devota alla realtà nazionale, un gruppo che accoglie con favore la scomparsa delle frontiere e considera i governi nazionali come vestigia del passato. E non c’è dubbio che la corporazione transnazionale è senza patria, soprattutto nell’attuale era, caratterizzata dalla globalizzazione, che questo gruppo ben selezionato riflette e promuove.
Davos è molto più di una conferenza di quattro giorni in una località sciistica svizzera: per i partecipanti si tratta soprattutto di un’occasione unica per allacciare una rete di contatti, un vero festival del networking.
In questo articolo vorremmo mettere in risalto lo scopo del Wef, la sua ragion d’essere, e fare una sintesi degli eventi più significativi accaduti a Davos 2024.
Qual è lo scopo ultimo del Wef?
Il Wef è stato fondato nel 1971 dall’economista svizzero Klaus M. Schwab. Esso si batte per un mondo globalizzato e, oltre alle assemblee a cui convoca e accoglie i vertici mondiali, produce una serie di rapporti di ricerca fortemente incentrati sul futuro e su come affrontare le sfide e le opportunità incombenti. Con i suoi gruppi di lavoro, le conferenze regionali e le varie iniziative, tende in definitiva a essere un attore globale in grado di contribuire a risolvere le complesse sfide che il nostro mondo oggi deve affrontare.
Fin dall’enunciazione della sua Mission[4], e più in dettaglio in una serie di documenti di riferimento, il Wef sostiene un mondo globalizzato in base a un nuovo sistema di governance globale. In esso, alle grandi aziende dovrebbe essere attribuito lo stesso rango degli Stati-nazione, e inoltre vi verrebbero cooptati alcuni rappresentanti selezionati della società civile. Nel suo rapporto Global Redesign[5] viene suggerita la creazione di Nazioni Unite pubblico-private, nel cui ambito vengano affidate a organizzazioni selezionate l’operatività e la direzione delle agende globali, all’interno di sistemi di governance condivisi. Si afferma che il modo migliore per gestire un mondo globalizzato è quello di istituire una coalizione di società multinazionali, governi e organizzazioni della società civile. Questo nuovo modello di governance globale – un sistema multi-stakeholder – attingerebbe all’esperienza propria del Forum per armonizzare e bilanciare il meglio di molti tipi di organizzazioni pubbliche e private, organismi internazionali e istituzioni accademiche.
Questo progetto ha preso corpo con l’accordo che il Wef ha firmato con l’Onu a New York nel giugno 2019[6]. Si tratta di una Strategic Partnership Framework, un partenariato strategico che descrive aree di cooperazione in cui approfondire l’impegno istituzionale e accelerare congiuntamente l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile[7]. In base all’accordo, le due istituzioni si impegnano ad adottare livelli senza precedenti di cooperazione e coordinamento per il finanziamento dell’Agenda 2030, del cambiamento climatico, della salute, dell’emancipazione delle donne, dell’istruzione e della cooperazione digitale.
A prima vista, questo accordo appare vantaggioso, perché contribuisce ad affrontare le sfide fondamentali dei nostri giorni. Tuttavia il memorandum non riguarda solo la cooperazione, ma stabilisce anche che le grandi multinazionali abbiano una sede istituzionale presso le Nazioni Unite. Si tratta di qualcosa di unico, perché all’interno del sistema Onu non è previsto alcuno spazio analogo per la società civile, per il mondo accademico, per le religioni o per le organizzazioni giovanili.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Nel settembre 2019, più di 400 organizzazioni della società civile e 40 reti internazionali hanno criticato duramente l’accordo Onu-Wef e in una lettera aperta hanno chiesto al Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, di revocarlo[8]. I firmatari sostenevano che una simile alleanza finirà per delegittimare le Nazioni Unite e fornirà alle multinazionali un accesso preferenziale al sistema Onu. Infatti, i leader aziendali diventeranno consulenti dei capi dei dipartimenti Onu, e tale posizione consentirà loro di sostenere soluzioni ai problemi globali basate sul profitto e sul mercato, con il forte rischio che vengano posposti l’interesse pubblico e le procedure democratiche trasparenti.
La lettera denunciava l’obiettivo di indebolire il ruolo degli Stati nel processo decisionale globale e di rafforzare un nuovo insieme di «azionisti» (stakeholder), trasformando il nostro sistema multilaterale in un sistema multistakeholder, in cui le imprese fanno parte dei meccanismi di governo. In questo contesto, passerebbero in secondo piano preoccupazioni critiche, come quelle riguardanti i conflitti di interessi, la responsabilità e la democrazia.
Le reazioni più dure hanno evidenziato il fatto che il Wef soffre di una crisi reputazionale. Molte voci infatti accusano i suoi partner miliardari di essere la causa di quelle crisi globali che ambiscono risolvere, e quindi temono che il raggiungimento di questo accordo equivalga ad aver ottenuto la legittimità pubblica a cui aspirano[9].
Ordine del giorno del Forum 2024
La convocazione del 54° incontro annuale del Wef dello scorso gennaio è stata fatta in un clima di tensione, in un panorama globale che diveniva sempre più complicato. Questa premessa, del tutto evidente, è parte integrante del Global Risks Report 2024, redatto dagli analisti strategici del Forum[10]. In esso si dice che, in un sondaggio effettuato in tempi recenti, la maggior parte degli interpellati prevedeva una prospettiva per lo più negativa per il mondo nei prossimi due anni e temeva peggioramenti nel prossimo decennio.
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Il rapporto si concentra su quattro punti chiave: il cambiamento climatico; la variazione strutturale della popolazione nel mondo; lo sviluppo delle tecnologie di frontiera; i cambiamenti geopolitici.
Le condizioni meteorologiche estreme vengono identificate come la principale minaccia, perché suscettibili di provocare una crisi globale che lascerebbe alcuni Paesi in situazioni molto precarie. Va notato che nei prossimi due anni quasi tre miliardi di persone si recheranno alle urne[11], e che l’utilizzo diffuso della disinformazione e delle fake news può determinare i risultati elettorali, incidendo sulla loro legittimità. Si prevede una recessione economica che metterà in difficoltà le persone e i Paesi con basso reddito. Pertanto, il rapporto Wef mette in guardia dalla crescente polarizzazione sociale e teme che i Paesi e le comunità vulnerabili rimarranno ancora più indietro, isolati digitalmente dai progressi accelerati dell’intelligenza artificiale (IA), che avranno ripercussioni sulla produttività economica e sulla creazione di posti di lavoro.
In sostanza, questo rapporto ha determinato l’ordine del giorno dell’Assemblea del Forum di quest’anno[12]. Agli invitati, nel panorama della montagna incantata di Thomas Mann e ben protetti dal freddo esterno, non si sarebbe potuta proporre un’agenda diversa: le tensioni geopolitiche, la grande trasformazione indotta dall’intelligenza artificiale, la polarizzazione delle democrazie, la transizione climatica e quella digitale. Il titolo scelto in questa situazione d’incertezza è stato Ricostruire la fiducia.
Il conflitto tra le potenze mondiali è evidente
All’incontro di Davos hanno partecipato alti rappresentanti di Washington (il segretario di Stato, Antony Blinken), di Bruxelles (la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen) e di Pechino (il primo ministro cinese, Li Qiang). Essi non potevano rinunciare a essere presenti in una platea così privilegiata e di tale rilievo, in cui sono convenuti leader mondiali dell’economia, dell’opinione e della tecnologia come Sam Altman di OpenAI, Satya Nadella di Microsoft, Arvind Krishna di Ibm e Pat Gelsinger di Intel.
La giornata di apertura del Wef ha rispecchiato in tutta la loro crudezza i rischi globali comportati dalle attuali guerre in Ucraina e Gaza e la grande lotta tra le potenze che permea quasi tutto, dalla produzione di microchip al commercio internazionale, dalla fornitura delle materie prime alla corsa all’intelligenza artificiale e all’informatica quantistica.
Il punto di vista della Repubblica popolare cinese (Rpc)
L’intervento di esordio, nella giornata di apertura del Forum, è spettato al primo ministro cinese Li Qiang[13], che lo ha articolato sulla base del tema proposto per l’incontro: Ricostruire la fiducia. A suo avviso, «ricostruire» implica riconoscere che la fiducia prima prevaleva, e che grazie a essa si sono verificati gli enormi progressi che hanno reso possibile la globalizzazione economica negli ultimi decenni; che la base della fiducia poi è stata erosa, perché si sono aggravati i rischi per la crescita globale e lo sviluppo pacifico; e infine che ricostruire la fiducia è molto importante per superare le difficoltà attuali e creare un futuro migliore. Egli ha affermato che è essenziale eliminare i pregiudizi, superare le differenze e lavorare insieme per affrontare la carenza di fiducia. A tal fine, ha auspicato il rafforzamento della cooperazione internazionale su aspetti quali la politica macroeconomica, la specializzazione industriale, la scienza, lo sviluppo verde e i collegamenti Nord-Sud e Sud-Sud.
L’economia cinese, a detta di Li Qiang, progredisce costantemente e continuerà a dare un forte impulso a quella mondiale. A partire da qui, pur senza nominare gli Stati Uniti, ha biasimato le restrittive misure commerciali promosse da Washington e la sua riluttanza a fare spazio a una riforma dell’ordine mondiale che stabilisca regole condivise e accettate, in un mondo dagli equilibri ormai molto diversi rispetto a quello che era emerso nel secondo dopoguerra. Rispondendo a una domanda nella sessione plenaria, ha anche affermato che dobbiamo puntare sul multilateralismo, unica direzione adeguata, ma che occorre mettersi d’accordo sulle regole commerciali e su chi deve stabilirle. Se le regole saranno definite solo da alcuni Paesi, secondo Li, bisognerà mettere tra virgolette la parola «multilateralismo». Infatti esso deve basarsi su norme riconosciute dall’intera comunità.
Con la sua triplice proposta di abbandonare il protezionismo, mantenere fluide le catene della distribuzione e avere fiducia nella specializzazione produttiva, il primo ministro cinese ha espresso il desiderio di ritornare alla situazione antecedente l’aggravarsi delle tensioni con gli Stati Uniti, ossia alla globalizzazione in cui il gigante asiatico si è ritrovato e in cui ha trovato l’opportunità di crescere in modo spettacolare, unico nella storia dell’economia.
La posizione degli Stati Uniti
Antony Blinken, presente al Forum, non ha pronunciato discorsi. Ha approfittato dell’occasione per tenere incontri bilaterali. È comunque significativo che sia stato il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, a esprimere la posizione dell’amministrazione Biden nella sua dichiarazione[14], già illustrata in precedenza nel discorso che aveva tenuto alla Brookings Institution[15].
È partito dalla consapevolezza che gli Stati Uniti sono in competizione con la Cina sotto molteplici aspetti, ma non cercano lo scontro o il conflitto e anzi hanno intensificato gli sforzi diplomatici per evitare di commettere errori di calcolo. Ha sottolineato che gli Usa hanno rivitalizzato la propria base industriale e la forza dell’innovazione con una revisione legislativa di grande portata, cercando allo stesso tempo di affrontare le pratiche economiche sleali di Pechino. Ha chiarito che «i nostri concorrenti strategici non dovrebbero essere in grado di sfruttare le tecnologie americane per minare la nostra sicurezza nazionale o quella dei nostri alleati e partner»; lasciare che questo accada equivarrebbe a un suicidio.
Le misure così adottate non costituiscono un blocco tecnologico. Non cercano, né limitano, scambi e investimenti più ampi. Il loro obiettivo è garantire che la prossima generazione delle tecnologie operi a favore della sicurezza e della democrazia statunitensi, e non contro di esse. Ecco come stanno le cose, l’aria che tira a Washington, sia tra i democratici sia tra i repubblicani: non ci si può fidare della Cina.
L’intervento della presidente della Commissione europea
Ursula von der Leyen ha esordito facendo riferimento al Global Risks Report 2024. Lo ha definito sorprendente e istruttivo[16]. A suo avviso, è una triste realtà il fatto che tra i Paesi è in corso una forte competizione, e ciò rende il tema dell’incontro di Davos del 2024 estremamente attuale. Per questo non è il momento del conflitto o della polarizzazione, ma di creare fiducia.
Von der Leyen ha accennato alla Russia, considerandone il fallimento economico: le sanzioni hanno sganciato la sua economia dalla tecnologia moderna e dall’innovazione, e ora essa dipende dalla Cina. Inoltre, ha sottolineato che, due anni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’Europa ha ripreso in mano il proprio destino energetico, e che l’anno scorso, per la prima volta, ha prodotto più elettricità dal sole e dal vento che dal gas. Non ha esitato ad affermare che la nostra futura competitività dipende dall’adozione dell’IA e che l’Europa deve indicare la strada verso un suo utilizzo responsabile, ossia un modello che valorizzi le capacità umane, migliori la produttività e sia al servizio della società.
Von der Leyen ha ricordato che proprio a Davos aveva coniato il concetto di «riduzione del rischio», opposto a quello di «sganciamento», e che è molto importante non sganciarsi dalla Cina. Essa è senza dubbio uno dei nostri partner commerciali più importanti, ma dobbiamo ridurre i rischi in alcune aree, tra le quali va menzionata l’eccessiva dipendenza dalle catene di approvvigionamento. In particolare, non generano fiducia gli attuali controlli di Pechino sulle esportazioni di germanio, gallio e grafite. Von der Leyen ha concluso constatando che negli ultimi 10-15 anni la Cina ha sistematicamente ridotto la sua eccessiva dipendenza dal mondo, ma in compenso si è accresciuta quella dell’Europa nei suoi confronti.
Questi tre interventi, davvero chiari e senza mezzi termini, hanno fatto da preludio all’intervento del Segretario generale dell’Onu.
Il discorso di António Guterres
Guterres, nel suo intervento, ha messo in guardia fin dall’inizio dalle minacce esistenziali rappresentate dal caos climatico inarrestabile e dallo sviluppo scriteriato dell’intelligenza artificiale, senza barriere di sicurezza[17]. Questa tecnologia ha un enorme potenziale per lo sviluppo sostenibile, ma grandi aziende tecnologiche stanno perseguendo profitti con uno sconsiderato disprezzo per i diritti umani, la privacy personale e l’impatto sociale.
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Guterres ha definito l’eliminazione dei combustibili fossili essenziale e inevitabile e ha affermato che è l’ora di agire per garantire una transizione giusta ed equa verso le energie rinnovabili. Ricostruire la fiducia, a suo giudizio, richiede profonde riforme della governance globale, che possano gestire le tensioni geopolitiche invalse in una nuova era di multipolarità. Nel contesto di una crescente complessità, occorre optare per un multilateralismo riformato e inclusivo. Guterres ritiene che ci venga proposto il grande compito di costruire un nuovo ordine globale multipolare, in cui si aprono inedite opportunità di leadership, di equilibrio e di giustizia nelle relazioni internazionali. Quando le norme globali crollano, crolla anche la fiducia.
Il segretario dell’Onu ha biasimato il fatto che nei conflitti in corso – dall’invasione russa dell’Ucraina al Sudan e, più recentemente, a Gaza – le parti combattenti stiano ignorando il diritto internazionale, poiché calpestano le Convenzioni di Ginevra e violano persino la Carta delle Nazioni Unite. Le divisioni geopolitiche rappresentano un importante fattore di rischio che incide sulla nostra vacillante economia globale. L’instabilità politica si aggiunge all’insicurezza economica; nel frattempo, la disuguaglianza e l’ingiustizia stanno raggiungendo livelli osceni e sono un serio ostacolo allo sviluppo sostenibile.
Guterres ha ricordato il recente monito del Fondo monetario internazionale, secondo cui è molto probabile che le disuguaglianze peggiorino. Inoltre, a detta della Banca mondiale, ci stiamo dirigendo verso i peggiori cinque anni di crescita degli ultimi tre decenni.
In sintesi, per il segretario dell’Onu, il Rebuilding Trust è un compito prioritario. Profonde riforme della governance globale saranno necessarie per gestire le tensioni geopolitiche in una nuova era di multipolarità. Riconquistare la fiducia reciproca è essenziale per costruire un mondo più sicuro, più stabile e più prospero.
L’IA nell’agenda di Davos 2024
Nell’incontro di Davos l’IA è stata al centro dell’interesse dall’inizio alla fine. Nel programma ufficiale questo era il tema onnipresente. Nel mondo si è scatenata una forza trasformativa di impatto colossale, che comporta rischi impossibili da misurare. Tutto sembra indicare che questo rappresenti uno dei passi più rivoluzionari compiuti dall’umanità.
Oltre alla promessa di favorire considerevoli incrementi di produttività, si prevede che l’IA causerà uno sconvolgimento nel mercato del lavoro. Molti impieghi saranno obsoleti, e quelli nuovi che verranno creati non appariranno necessariamente nello stesso momento, né riguarderanno le stesse persone. Il Fondo monetario internazionale, in un rapporto reso pubblico poco prima dell’inizio del Forum, indicava che nelle economie più sviluppate il 60 per cento dei posti di lavoro ne sarà toccato, per la metà in senso negativo[18].
Non sappiamo dove ci porterà questa incipiente rivoluzione. Lo ha riconosciuto lo stesso Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, ideatore di ChatGPT, in una sessione pubblica[19], nel corso della quale ha affermato che ci troviamo di fronte a una tecnologia molto potente e che non possiamo dire con certezza che cosa potrà accadere. È così per tutte le grandi rivoluzioni tecnologiche, ma con questa in particolare è facile immaginare le enormi conseguenze che avrà sul mondo. Sì, c’è il rischio che le cose vadano male. Altman ha asserito che la sua azienda sta procedendo in una direzione tecnologica che ritiene sicura, ma che prova empatia verso le preoccupazioni che sono nate.
Nei discorsi, nei panel, nei corridoi e negli incontri, i partecipanti al Forum, oltre a valutare la dimensione economica, hanno considerato anche la dimensione normativa (decidere se privilegiare la protezione o l’innovazione), geopolitica (sarà fondamentale per ottenere potere economico e militare) e scientifica (apre all’umanità frontiere impensabili).
Un tema inevitabile: la transizione verde
Ogni anno il Wef inserisce nell’ordine del giorno la transizione ecologica e le dedica un programma notevole. Il Rapporto sui rischi globali 2024 del Forum ha posto l’accento sulla gravità della situazione del nostro ambiente e sui rischi che comporta: eventi climatici estremi, cambiamenti ambientali critici, perdita di biodiversità e soprattutto il collasso degli ecosistemi.
Questa sfida centrale del nostro tempo è un groviglio di problematiche. La questione chiave – fermare il cambiamento climatico – comporta aspetti di enorme importanza, come la lotta per ottenere le tecnologie del futuro, e questo si riflette sulle misure protezionistiche. Inoltre, sappiamo che la promessa di zero emissioni nette nei settori dell’energia, dei trasporti, dell’agricoltura, dell’edilizia abitativa e delle infrastrutture non sarà mantenuta se non si tiene conto dell’impatto sociale che avrà sull’occupazione, sull’accesso e sull’accessibilità economica. Una preoccupazione condivisa al Forum è stata quella che la vita verde non sia alla portata di tutti e che il processo di transizione possa accrescere le disuguaglianze. La mancata realizzazione di una transizione giusta può innescare tensioni sociali, e le necessarie politiche pubbliche devono fare in modo che nessuno venga lasciato indietro. John Kerry, inviato speciale del presidente degli Stati Uniti per il clima, si è unito ai relatori nella discussione sulle strategie che i leader possono attuare per rendere la transizione rapida e responsabile[20].
Gli interventi di Milei, di Macron e di Lindner
Il nuovo presidente argentino Javier Milei era forse l’ospite più atteso a Davos. Giunto da un Paese stremato da un’inflazione dilagante, è intervenuto illustrando la sua opzione per un ritorno radicale al mercato, l’unica ricetta in grado di risolvere tale malattia[21]. Secondo lui, non farlo porterebbe al socialismo e di conseguenza alla povertà. Egli ha affermato a chiare lettere la sua rivoluzione libertaria.
Come si vede, in questo contesto di cambiamento e incertezza, la discussione politica si è concentrata ancora una volta sul chiarire quale peso vada attribuito al settore pubblico. Il liberale Emmanuel Macron ha sostenuto l’opportunità di un ampio programma di investimenti europei nelle tecnologie digitale, verde e difensiva. Ha suggerito una nuova emissione di debito pubblico europeo e una maggiore integrazione nell’Ue.
Il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, più liberale del presidente francese, ha dichiarato che il debito accumulato è già notevole e che la chiave è stimolare la competitività dei mercati.
Considerazioni finali
Gli incontri di Davos non mancano di detrattori. Da una parte, questi evidenziano aspetti come il suo costo elevatissimo, l’accessibilità altamente sorvegliata e i suoi livelli di rappresentatività, trasparenza ed efficacia. Ma la principale accusa contro l’assemblea del Wef è che si tratti di un incontro in cui le potenze del mondo de facto si godono il consenso già acquisito, e che Davos generi un pensiero di gruppo. Ciò non dovrebbe sorprendere, dato che il Wef incoraggia la globalizzazione e che questo fenomeno ha oppositori e comporta difficoltà ammesse in maggiore o minore misura dai suoi stessi sostenitori. Quello su cui sono tutti d’accordo è che la globalizzazione, anche se attualmente non sta vivendo i suoi momenti migliori, ha trasformato il Pianeta, ha fatto uscire milioni di persone dalla povertà e può certamente essere migliorata, ma genera un sistema di scambi che finora non ha trovato un sostituto migliore. Al centro della missione del Wef c’è la fede nel potere dell’ingegno, dell’imprenditorialità, dell’innovazione e della cooperazione umana. Nel 2008 Bill Gates tenne a Davos un discorso programmatico sul «capitalismo creativo», ossia su quel tipo di capitalismo che opera per generare profitti e risolvere le ingiustizie del mondo, utilizzando le forze del mercato per rispondere meglio ai bisogni dei poveri[22].
Non tutti coloro che partecipano agli incontri annuali del Forum prestano volentieri ascolto a chi, dopo aver conosciuto e sofferto gli eccessi della globalizzazione, esprime i propri timori e le speranze di riuscire a governarla[23]. L’impresa di migliorare la situazione del Pianeta è complessa e sfaccettata, e certo va oltre le possibilità di una fondazione privata. D’altra parte, senza dubbio Davos costituisce una grande fabbrica di idee: questa è la sua unicità e il suo valore.
La visione comune condivisa è stata riecheggiata da un partecipante di alto profilo, Larry Summers[24]. Al termine dell’incontro, egli ha dichiarato: «La grande lezione della storia è che non esiste motore di progresso paragonabile alla combinazione di scienza, tecnologia e mercati. Anche se devono essere gestiti correttamente»[25]. In queste ultime parole è contenuta la chiave dell’incontro.
Papa Francesco, nel Messaggio indirizzato al Wef 2024, ha affermato che una corretta gestione deve ricercare innanzitutto il bene comune universale. Citiamo in conclusione: «Il processo di globalizzazione, che ormai ha dimostrato con chiarezza l’interdipendenza delle nazioni e dei popoli del mondo, ha pertanto una dimensione fondamentalmente morale, che deve farsi sentire nei dibattiti economici, culturali, politici e religiosi volti a modellare il futuro della comunità internazionale. In un mondo sempre più minacciato dalla violenza, dall’aggressione e dalla frammentazione, è essenziale che Stati e imprese si uniscano nel promuovere modelli di globalizzazione lungimiranti ed eticamente sani, che per loro stessa natura devono comportare la subordinazione della ricerca di potere e di guadagno individuale, sia esso politico o economico, al bene comune della nostra famiglia umana, dando priorità ai poveri, ai bisognosi e a quanti si trovano in situazioni di maggiore vulnerabilità»[26].
L’auspicio è che le parole di papa Francesco siano ascoltate dai capi delle nazioni, dalle organizzazioni multilaterali e dalle imprese internazionali. Come sempre, il Pontefice, nella linea della dottrina sociale della Chiesa, non scende nei dettagli tecnici, ma sottolinea la solidarietà internazionale, il bene comune e l’attenzione ai più poveri e vulnerabili.
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[1]. Cfr www.weforum.org
[2]. Cfr A. Ross Sorkin, «A Hefty Price for Entry to Davos», in The New York Times (archive.nytimes.com/dealbook.nytimes.com/2011/01/24/a-hefty-price-for-entry-to-davos/), 24 gennaio 2011.
[3]. Cfr S. P. Huntington, «Dead Souls: The Denationalization of the American Elite», in The National Interest, n. 75, 2004, 5-18 (www.jstor.org/stable/42897520).
[4]. Cfr Wef, Our Mission (es.weforum.org/about/world-economic-forum).
[5]. Cfr Id., Report of the Global Redesign Initiative, 2010 (www3.weforum.org/docs/WEF_GRI_EverybodysBusiness_Report_2010.pdf).
[6]. Cfr World Economic Forum and UN Sign Strategic Partnership Framework, 13 giugno 2019 (www.weforum.org/press/2019/06/world-economic-forum-and-un-sign-strategic-partnership).
[7]. Cfr The United Nations – World Economic Forum. Strategic Partnership Framework for the 2030 Agenda (weforum.ent.box.com/s/rdlgipawkjxi2vdaidw8npbtyach2qbt).
[8]. Cfr www.cognitoforms.com
[9] . Cfr H. Gleckman, «Las Naciones Unidas firman un acuerdo con el Foro Económico Mundial que amenaza los principios democráticos», Transnational Institute, 30 ottobre 2019 (www.tni.org/es/artículo/las-naciones-unidas-firman-un-acuerdo-con-el-foro-economico-mundial-que-amenaza-los).
[10]. Cfr Global Risks Report 2024 (www.weforum.org/publications/global-risks-report-2024/digest).
[11]. In Bangladesh, India, Indonesia, Messico, Pakistan, Regno Unito, Stati Uniti e anche nell’Unione europea.
[12]. Cfr Over 50 heads of state and government attended Davos 2024. Here’s what they had to say, 14 gennaio 2024 (www.weforum.org/agenda/2024/01/heads-of-state-davos-2024-wef-politics).
[13]. Cfr Davos 2024: Special Address by H.E. Li Qiang, Premier of the State Council of the People’s Republic of China (www.weforum.org/agenda/2024/01/li-qiang-china-special-address-davos-2024).
[14]. Cfr Remarks and Q&A by National Security Advisor Jake Sullivan at the 2024 World Economic Forum. Davos, Switzerland (www.whitehouse.gov/briefing-room/speeches-remarks/2024/01/16/remarks-and-qa-by-national-security-advisor-jake-sullivan-at-the-2024-world-economic-forum-davos-switzerland).
[15]. Cfr The White House, Remarks by National Security Advisor Jake Sullivan on Renewing American Economic Leadership at the Brookings Institution, 27 aprile 2023 (www.whitehouse.gov/briefing-room/speeches-remarks/2023/04/27/remarks-by-national-security-advisor-jake-sullivan-on-renewing-american-economic-leadership-at-the-brookings-institution).
[16]. Cfr Ursula von der Leyen’s speech to Davos in full (www.weforum.org/agenda/2024/01/ursula-von-der-leyen-full-speech-davos).
[17]. Cfr Davos 2024: Special Address by António Guterres, Secretary-General of the United Nations (www.weforum.org/agenda/2024/01/davos-2024-special-address-by-antonio-guterres-secretary-general-of-the-united-nations).
[18]. Cfr K. Georgieva, «AI Will Transform the Global Economy. Let’s Make Sure It Benefits Humanity», in Imf Blog (www.imf.org/en/Blogs/Articles/2024/01/14/ai-will-transform-the-global-economy-lets-make-sure-it-benefits-humanity), 14 gennaio 2024.
[19]. Cfr Davos 2024: Sam Altman on the future of AI (www.weforum.org/agenda/2024/01/davos-2024-sam-altman-on-the-future-of-ai).
[20]. Cfr Climate, nature and energy at Davos 2024: What to know (www.weforum.org/agenda/2024/01/everything-you-need-to-know-about-climate-and-nature-at-davos-2024).
[21]. Cfr Davos AM24. Special address by Javier Milei, President of Argentina (www.weforum.org/events/world-economic-forum-annual-meeting-2024/sessions/special-address-by-javier-milei-president-of-argentina).
[22]. Cfr 2008 World Economic Forum. Prepared remarks by Bill Gates (www.gatesfoundation.org/ideas/speeches/2008/01/bill-gates-2008-world-economic-forum).
[23]. Cfr M. Magnani, Il grande scollamento. Timori e speranze dopo gli eccessi della globalizzazione, Milano, Bocconi University Press, 2024.
[24]. Economista americano, nipote di Paul Samuelson e Kenneth Arrow, entrambi premi Nobel per l’economia. Segretario al Tesoro degli Stati Uniti dal 1999 al 2001, rettore dell’Università Harvard dal 2001 al 2006. Nel novembre 2023, Summers è entrato a far parte del Consiglio di amministrazione di OpenAI, azienda e laboratorio di ricerca sull’intelligenza artificiale generale.
[25]. M. Nolte, «¿Davos, redivivo?», in Prensa Deusto (blogs.deusto.es/viviendodeusto/2023/01/23/manfred-nolte-davos-redivivo), 23 gennaio 2023.
[26]. Francesco, Messaggio al World Economic Forum 2024, 15-19 gennaio 2024.
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