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Aborto in Piemonte: sulla sicurezza della RU486 paragonabile a quella dell’ibuprofene, Cirio va contro l’OMS


“Quando il ministero della Salute ha emanato ‘le linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine’, la Regione Piemonte ha scritto una comunicazione formale notificata al ministero stesso, argomentando – testualmente – ‘l’inapplicabilità delle disposizioni contenute nelle concernenti la somministrazione farmacologica di mifepristone (Ru486) in consultorio’, indicando le motivazioni sotto il profilo giuridico sul ruolo attribuito ai consultori dalla legge 194 e tecnico-sanitario sui potenziali rischi per la salute della donna con la somministrazione in ambito extraospedaliero


Così avrebbe risposto ieri Alberto Cirio alla richiesta alla consigliera del PD Nadia Conticelli rispetto al divieto di somministrazione della Ru486 nei consultori familiari senza il recepimento delle linee di indirizzo ministeriali del 2020. Cirio parla di “potenziali rischi” senza fare riferimento ai dati di evidenza scientifica, anzi negandoli.

L’aborto farmacologico è sicuro e un ricovero non necessario non lo renderebbe più sicuro, anzi.

“Sono oltre trent’anni che la letteratura scientifica ci rassicura sulla efficacia e sulla non pericolosità dei farmaci per l’aborto farmacologico. La sua sicurezza, secondo l’Associazione dei ginecologi e ostetrici americani (ACOG), è paragonabile a quella dell’ibuprofene, che possiamo comprare senza nemmeno l’obbligo di ricetta”, dichiarano Mirella Parachini (ginecologa e vicesegretaria dell’Associazione Luca Coscioni), Chiara Lalli (bioeticista e consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni) e Anna Pompili (ginecologa e consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni).

La procedura farmacologica è stata introdotta in Italia nel 2009, vent’anni dopo la Francia e la Cina. Nel 2019 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha rimosso la raccomandazione della somministrazione sotto controllo medico e ne ha ammesso l’autosomministrazione a domicilio. Sulla base delle evidenze scientifiche, delle raccomandazioni dell’OMS e delle principali società scientifiche internazionali, nel 2020, le linee di indirizzo ministeriale hanno stabilito che la procedura farmacologica può essere eseguita in consultorio o in ambulatorio, anche con autosomministrazione a domicilio del secondo farmaco.

Non è però solo il presidente del Piemonte a pensarla diversamente dall’OMS, dal Ministero della salute e dalle associazioni mediche. Infatti, ammesso in 5 Regioni e davvero attuato solo in 3, l’accesso alla procedura farmacologica è ancora fortemente limitato e non è ammesso il regime ambulatoriale, solo per motivi ideologici. Questo significa che le donne non possono davvero scegliere e che sono costrette a ricoveri inappropriati, inutili e pericolosi, che comportano uno spreco inaccettabile di risorse pubbliche e costituiscono un ostacolo all’accesso alla interruzione volontaria della gravidanza.

“Proprio a questo serve la campagna Aborto senza ricovero, per chiedere al Consiglio Regionale di approvare procedure chiare, definite e uniformi per l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale, garantendo la possibilità di prendere il secondo farmaco a casa, proprio come indicato anche dalle linee di indirizzo ministeriali del 2020”, concludono Parachini, Lalli e Pompili.

L'articolo Aborto in Piemonte: sulla sicurezza della RU486 paragonabile a quella dell’ibuprofene, Cirio va contro l’OMS proviene da Associazione Luca Coscioni.