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L'ossessione tedesca per Telegram e la censura

È qualche tempo che la Germania è particolarmente ossessionata con Telegram. La piattaforma non piace davvero allo Stato tedesco, tanto che a giugno dello scorso anno è stato avviato un procedimento giudiziario che potrebbe portare a una sanzione di 55 milioni di euro per violazione della normativa “anti hate speech”, conosciuta come NetzDG.

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Il motivo, come spiegato nell’estratto, è che Telegram avrebbe violato l’ordine di rimuovere contenuti ritenuti in violazione di legge come richiesto dai ministri di giustizia e dell’interno.

La NetzDG prevede l’obbligo, rivolto alle piattaforme social, di rimuovere contenuti illegali entro 24 ore dalla richiesta da parte dell’autorità. Secondo la Germania Telegram sarebbe popolato da pericolosi gruppi di dissidenti covid (attenzione, le parole sono importanti), estremisti di destra, spacciatori e truffatori e questo lo renderebbe il software più pericoloso al mondo.

È ancora dubbioso se la NetzDG si possa applicare o meno a Telegram, in quanto dovrebbe essere qualificato come piattaforma social, ma si sa che le leggi sono soltanto una linea guida per lo Stato, che alla fine finisce sempre per fare ciò che vuole.

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Ma che vuole la Germania?


La campagna contro Telegram sembra più una questione politica che giudiziaria. È sufficiente farsi un giro online e leggere le dichiarazioni degli ultimi 12 mesi per constatare che l’obiettivo non è ottenere al rispetto della legge (che a tutti gli effetti è folle, ma ci torno dopo), quanto invece demonizzare il più possibile Telegram.

La piattaforma negli ultimi due anni ha acquisito un numero incredibile di utenti in Europa, complice anche la gaffe di Whatsapp e la possibilità di creare gruppi e canali molto numerosi su Telegram. Aiuta anche il fatto che la sede sia a Dubai, e quindi fuori dal controllo politico diretto dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. E infatti tradizionalmente i fondatori di Telegram hanno poco interesse a rispettare i diktat occidentali.

Telegram è sostanzialmente un’isola di libertà d’espressione che dà molto fastidio ai politici di tutto il mondo. L’obiettivo è quindi di unire le forze con gli altri paesi membri europei e restringere il più possibile l’operatività di Telegram - fino anche ad arrivare a un ban totale. Questo almeno è quello che vorrebbe il Ministro Marco Buschmann.

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Telegram è solo un sintomo


La guerra contro Telegram è soltanto uno dei sintomi di una malattia molto grave che affligge l’Unione Europea ormai da anni ed è in fase terminale.

Tra i principali sintomi: grave rifiuto di ogni forma di crittografia, bramosia di controllo delle comunicazioni e delirio di onnipotenza che dà luogo a censura incontenibile. Prognosi: morte di privacy e libertà - che a ben vedere sono sinonimi, ma questa è un’altra storia.

Questa patologia non colpisce solo l’UE, ma anzi è estremamente contagiosa, come mostrano alcune dichiarazioni recenti:

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Tra le principali conseguenze di questa patologia ci sono due filoni politico-normativi che viaggiano in parallelo (pur con i dovuti intrecci) e che bisogna seguire con molta attenzione.

Guerra alla crittografia


Un primo filone è quello della guerra politica alla crittografia, ne ho parlato spesso. È una guerra subdola che usa facili pretesti come la pedopornografia e la criminalità per avanzare e conquistare consenso tra le persone.

Dal punto di vista politico sono ormai infinite le dimostrazioni della volontà - ormai globale - di limitare il più possibile ogni forma di crittografia forte; quella crittografia cioè che non può essere bypassata da un attaccante, come lo Stato.

Le leggi contro la crittografia forte si stanno moltiplicando in tutto il mondo a una velocità pazzesca, soprattutto in quegli Stati che aderiscono in prima linea alla Five-Eyes Alliance (un accordo di intelligence globale promosso dagli Stati Uniti), come l’Australia.

In UE ancora non siamo a questo livello, ma ci stiamo girando attorno come da diverso tempo. L’ultimo tentativo “indiretto” di demolire la crittografia è il regolamento Chatcontrol, di cui ho parlato estensivamente nei mesi scorsi e di cui parlerò di nuovo prossimamente, perché a marzo 2022 inizieranno i lavori per il Chatcontrol 2.0.

In questo filone si aggancia poi indirettamente anche la guerra alle cryptovalute e soprattutto a Bitcoin, anche se le argomentazioni sono spesso molto più ampie e subdole.

Controllo e censura


Un secondo filone è quello del controllo e della censura di Internet e delle piattaforme per la comunicazione. Attenzione perché questo filone si intreccia con il primo, ma si estende ben oltre la semplice ma pericolosa guerra alla crittografia. Lo scopo di questo filone politico-normativo è acquisire il controllo totale di ciò che accade nel mondo digitale. Gli effetti sono quelli che vediamo ogni giorno: manipolazione delle informazioni, censura di determinati canali o di determinate idee.

Ma non solo. Le recenti proposte normative europee (regolamenti, quindi applicabili in ogni paese membro) vanno nettamente nella direzione già presa dalla Germania nel 2018 con la NetzDG: rimozione immediata di contenuti online e responsabilità (con alcune eccezioni) dei provider di servizi.

L’esempio più eclatante è forse il TERREG - regolamento europeo per la lotta al terrorismo online. Questo regolamento, efficace da giugno 2022, prevede l’obbligo di rimozione entro 1 ora di qualsiasi contenuto “illegale” segnalato dalle autorità - con portata transnazionale.

Come fa una piattaforma come Twitter, ad esempio, a rimuovere un contenuto segnalato dall’autorità entro 1 ora? Semplice: tramite algoritmi automatizzati e con nessuna reale garanzia per la libertà d’espressione di chi si vede censurato.

La portata transnazionale di questo potere di censura è la ciliegina sulla torta. Le autorità tedesche potrebbero ad esempio ordinare la rimozione di un messaggio scritto da un cittadino italiano.

Inquietante, considerando che la definizione di ciò che è considerabile “contenuto terroristico” è strettamente politica, e che ogni Stato ha la sua interpretazione. Il TERREG offre una definizione, che ricorda molto una supercazzola:

'terrorist content' means one or more of the following information:

(a)inciting or advocating, including by glorifying, the commission of terrorist offences, thereby causing a danger that such acts be committed;

(b)encouraging the contribution to terrorist offences;

(c)promoting the activities of a terrorist group, in particular by encouraging the participation in or support to a terrorist group within the meaning of Article 2(3) of Directive (EU) 2017/541;

(d)instructing on methods or techniques for the purpose of committing terrorist offences.


In pratica, anche le discussioni di chi protesta contro le restrizioni Covid potrebbero essere facilmente flaggate e perseguite come “contenuto terroristico”.

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L’effetto del TERREG sarà quindi quello di dare poteri di censura praticamente illimitati alle autorità degli stati membri, che non vedono l’ora di usarli. Sarà molto difficile mettersi al riparo da questi sistemi di sorveglianza e censura (che saranno spesso automatizzati) sulle piattaforme centralizzate tradizionali.

Per questo motivo è fondamentale fin da ora prendere consapevolezza del problema e orientarsi verso piattaforme decentralizzate e non censurabili.

Non arriverà nessuno a salvarci.

“We cannot expect governments, corporations, or other large, faceless organizations to grant us privacy out of their beneficence. [...] We must defend our own privacy if we expect to have any. We must come together and create systems which allow anonymous transactions to take place.

- Eric Hughes, estratto del Cypherpunk Manifesto, 1993

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(Chiudiamo con la mia fantastica tshirt, ringraziando Hughes e tutti i Cypherpunk vecchi e nuovi).

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https://privacychronicles.substack.com/p/lossessione-tedesca-per-telegram