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Cronaca d’un’esercitazione per la difesa planetaria



Nella seconda metà di febbraio 2025 l’asteroide near-Earth 2024 YR4 aveva raggiunto una probabilità di circa il tre per cento di colpire la Terra per il 12 dicembre 2032. In seguito a una riduzione dell’incertezza dei parametri orbitali grazie alle osservazioni del James Webb Space Telescope, ora questa probabilità è scesa a zero, anche se resta un quattro per cento di probabilità che possa colpire la Luna per la stessa data. Per nostra fortuna 2024 YR4 è un asteroide roccioso di soli 60 metri di diametro e non avrebbe potuto provocare grossi danni, ma se fosse stato un asteroide di maggiori dimensioni, che cosa si sarebbe potuto fare? Per migliorare le nostre capacità di difesa planetaria si possono simulare casi realistici, in modo da affinare tecniche, strategie di deflessione e linea di comando così da essere più preparati nel caso di vero pericolo.

L’ultimo esercizio di difesa planetaria – o Hypothetical Asteroid Impact Threat Scenario – si è svolto in occasione della 9° International Academy of Astronautics (Iaa) Planetary Defense Conference che si è tenuta a Stellenbosch, una cittadina vicino a Cape Town in Sudafrica, fra il 5 e il 9 maggio 2025. In questo meeting si sono discussi i diversi aspetti della difesa planetaria, cosa fare per proteggere il pianeta dal rischio impatto di asteroidi near-Earth (Nea) e come organizzare le osservazioni in occasione dell’imminente flyby di Apophis del 13 aprile 2029. Il rischio impatto dei Nea è un problema non solo di tipo fisico, astronomico e astronautico, ma anche di natura politica ed economica, e i talk ne hanno illustrato anche questo aspetto. Durante la conferenza sono stati esposti i risultati ottenuti lavorando su dati e misure di posizione simulate dell’ipotetico asteroide a rischio impatto con la Terra. Sono state inoltre introdotte anche osservazioni dallo spazio e una missione spaziale di flyby con l’asteroide per vedere come cambiassero gli scenari mano a mano che si avevano a disposizione dati sempre più completi e con incertezze progressivamente più ridotte, come avviene nella realtà e che abbiamo toccato con mano nel caso di 2024 YR4.


L’orbita simulata di 2024 PDC25 con indicata la data della scoperta e quella dell’impatto. Crediti: Nasa/Cneos

Nell’esercizio, il 5 giugno 2024 alla Catalina Sky Survey viene scoperto un asteroide di magnitudine +21,5 come se ne scoprono tanti. La presenza dell’asteroide viene confermata e il Minor Planet Center gli assegna la sigla identificativa 2024 PDC25. Già da qua si capisce che è un esercizio, perché le sigle reali degli asteroidi hanno una parte alfabetica composta da sole due lettere e non da tre. Chiaramente questo è un dettaglio che può sfuggire al grande pubblico e in ogni slide mostrata alla conferenza era specificato che si trattava di un esercizio e non di un caso reale. Nei giorni immediatamente successivi la scoperta, il numero di osservazioni astrometriche è limitato a un breve arco orbitale e la probabilità d’impatto con la Terra stimata da Nasa ed Esa è di uno su diecimila per il 24 aprile 2041. Si tratta di un valore molto piccolo che non impensierisce nessuno, ma inizia il lavoro di follow-up con i telescopi al suolo. Purtroppo l’asteroide si sta allontanando e diventa sempre più debole, per cui sono necessari strumenti sempre più grandi per poterlo riprendere. Vi ricorda qualcosa? Certo: è esattamente quello che è avvenuto nel caso di 2024 YR4. Ed è quello che generalmente accade con tutti gli asteroidi near-Earth: vengono scoperti solo quando sono già vicino al nostro pianeta e le osservazioni per ridurre l’incertezza degli elementi orbitali non sono agevoli perché diventano presto molto deboli.

La simulazione

Nell’esercizio, con l’aumento del numero di osservazioni, l’orbita di 2024 PDC25 diventa più definita e la probabilità d’impatto supera l’un per cento a fine luglio 2024, raggiungendo la soglia di notifica dell’Iawn (International Asteroid Warning Network). L’Iawn è una collaborazione mondiale di organizzazioni e singoli astronomi raccomandata dalle Nazioni Unite che lavorano collettivamente per la difesa planetaria allo scopo di rilevare, monitorare e caratterizzare asteroidi potenzialmente pericolosi. Nel caso della scoperta di un asteroide a rischio impatto con la Terra il compito dell’Iawn è la diffusione dell’informazione ai governi, allo scopo di aiutarli ad analizzare le conseguenze dell’impatto e a pianificare le opzioni di risposta per mitigarlo. Le notifiche dell’Iawn arrivano solo se la probabilità d’impatto è pari o superiore all’un per cento e se l’asteroide ha un diametro pari o superiore a dieci metri. Il 1° agosto 2024 (Epoca 1), la probabilità d’impatto è dell’1,6 per cento e la data del potenziale impatto è sempre il 24 aprile 2041, il che significa che il “tempo di preavviso” è di circa 16,5 anni.

Purtroppo delle caratteristiche fisiche di 2024 PDC25 si sa pochissimo. Le osservazioni fatte con il James Webb Space Telescope ci dicono che è un asteroide roccioso di tipo S e che ha un diametro compreso fra 90 e 160 m. Il diametro è uno dei parametri più importanti da determinare, insieme alla classe dell’asteroide, perché ci fornisce un’idea della massa e quindi dei danni che può causare l’asteroide nel caso colpisse la Terra. Con i dati orbitali disponibili, il corridoio d’impatto (ossia tutti i luoghi in cui potrebbe cadere l’asteroide) attraversa più della metà del globo, tagliando l’Europa orientale, il Mar Mediterraneo, l’Africa centrale fino al Capo di Buona Speranza, attraversa l’Atlantico meridionale fino alla costa antartica vicino alla Penisola Antartica, per poi entrare nel Pacifico meridionale. Dopo quattro anni dall’Epoca 1 (siamo nel 2028 all’Epoca 2), la situazione si definisce meglio, ma si aggrava: l’asteroide 2024 PDC25 ora ha una probabilità del cento per cento di colpire la Terra il 24 aprile 2041. Lo Space Mission Planning Advisory Group (Smpag) all’Epoca 1 aveva fatto delle raccomandazioni riguardo a diversi tipi di missioni spaziali che potevano essere fatte verso 2024 PDC25 e una di queste opzioni, una missione di flyby per determinarne meglio le caratteristiche fisiche, è stata effettivamente lanciata nel settembre 2027 e ha incontrato l’asteroide il 12 aprile 2028. Si conferma che l’asteroide è roccioso, ha un diametro equivalente compreso tra 145 e 155 metri e una forma molto allungata: si tratta di un sistema binario a contatto, con una forma simile a quella dell’asteroide Donaldjohanson visitato recentemente dalla missione Lucy della Nasa.


Il corridoio d’impatto di 2024 PDC25 dopo il flyby con la sonda all’Epoca 2. I cerchi rappresentano il punto nominale d’impatto su un corridoio di possibili luoghi d’impatto che oramai è molto ridotto. Crediti: Nasa/Cneos

Combinando le proprietà fisiche derivate dalla missione di flyby con la velocità d’impatto geocentrica di 13,8 km/s le energie d’impatto per l’asteroide vanno da 45 a 160 Mt, molto probabilmente da 60 a 105 Mt. Per confronto, l’energia emessa nella catastrofe di Tunguska, che è l’impatto più energetico mai osservato in tempi storici, è stimata in circa 10-15 Mt. La missione spaziale ha anche avuto un’altra ricaduta. La posizione dell’asteroide nello spazio ottenuto tramite la missione di flyby, insieme all’astrometria ottenuta da terra, ha ridotto notevolmente le incertezze orbitali e ora si sa che l’asteroide cadrà in un corridoio d’impatto di 470 × 200 km fra Congo e Angola. Il pericolo principale per quanto riguarda le cadute di piccoli asteroidi è l’airburst ad alta energia e bassa quota con conseguente creazione di onde d’urto distruttive su vaste aree. I danni al suolo raggiungerebbero probabilmente livelli insostenibili in prossimità dell’esplosione, con danni gravi che molto probabilmente si estenderebbero per circa 100-120 km di raggio e potenzialmente per 130 km o più. Con questi numeri e considerata la zona dell’impatto verrebbero coinvolte centinaia di migliaia di persone, con un numero variabile di vittime da diverse migliaia a oltre 1 milione a seconda del luogo esatto dell’impatto e dell’entità dei danni.

Giunti a questo punto della simulazione siamo nel 2028 e mancano solo 13 anni all’impatto. L’orbita dell’asteroide è piuttosto eccentrica quindi le date per una deflessione ottimale sono attorno al passaggio al perielio: novembre 2032, dicembre 2034, gennaio 2037 e marzo 2039, l’ultima data utile prima dell’impatto. Naturalmente, più la data della deflessione è avanti nel tempo e maggiore sarà la variazione di velocità richiesta per evitare l’impatto: fatto 1 il delta-v del 2032, quello per il 2039 è 3,9. Considerate le dimensioni dell’asteroide e il fatto che colpirà sulla terraferma in una zona densamente popolata, vengono proposte e analizzate diverse missioni spaziali per attuare la deflessione orbitale con diverse tecniche: impattore cinetico (Ki, kinetic impactor), esplosione nucleare (Ned, nuclear explosive devices) oppure flusso di ioni (Ibd, ion beam deflection) per cambiare la velocità dell’asteroide e modificarne di conseguenza l’orbita. Per asteroidi più piccoli di 40 metri l’opzione consigliata consiste invece nell’evacuazione della zona d’impatto. La tecnica dell’impattore cinetico è la sola realmente provata sul campo con la missione Dart della Nasa verso l’asteroide Dimorphos, le altre invece sono solo sulla carta. Qualsiasi sia la tecnica usata per cambiare l’orbita dell’asteroide, bisogna evitare che si spezzi in più parti e che, invece di un singolo asteroide, si generino diversi grossi frammenti in rotta di collisione. Per evitare questo scenario si adotta la regola empirica che ogni variazione di velocità impressa all’asteroide deve essere al massimo il dieci per cento della sua velocità di fuga, il che vuol dire, nel caso di un asteroide di 150 metri di diametro con una composizione rocciosa, restare con il delta-v al di sotto degli 8 mm/s.


L’esplosione del vulcano sottomarino Hunga Tonga – Hunga Ha’apai acquisita il 15 gennaio 2022 dallo strumento Abi a bordo del satellite Goes-West. Crediti: Noaa/Nesdis/Star

Analizzando in modo quantitativo le diverse tecniche di diflessione è stato dimostrato che è possibile spostare l’asteroide dal corridoio d’impatto originario. Usando gli impattori cinetici sarebbero necessarie da 4 a 7 missioni spaziali per spostare l’asteroide solo verso sud rispetto al corridoio d’impatto. Usando invece la tecnica dei raggi ionici, che consiste nel bombardare la superficie dell’asteroide con un flusso di ioni, basterebbero 2-3 sonde per la deflessione verso nord oppure 4-5 sonde per quella verso sud. Infine, nell’opzione nucleare, basterebbe una singola missione dotata di diversi dispositivi nucleari per deflettere l’asteroide prima dell’impatto previsto nel 2041. Quando si parla di deflessione nucleare bisogna pensare a un’esplosione nello spazio a breve distanza dalla superficie dell’asteroide che, emettendo raggi X, ne vaporizza una parte generando così un rinculo nella direzione opposta. In pratica si sfrutta l’effetto razzo generato dalla vaporizzazione della superficie: l’opzione nucleare non consiste nella disintegrazione dell’asteroide come si vede nei film. Nei vari scenari è stata considerata anche una deflessione parziale dell’asteroide ossia spostarlo dal corridoio d’impatto quel tanto che basta per farlo finire in un deserto come quello del Sahara. Tuttavia, anche la caduta in un luogo desertico provocherebbe non solo un cratere da impatto da 3 km di diametro, ma un meteotsunami, ossia uno tsunami non causato da un terremoto, bensì da una variazione improvvisa della pressione atmosferica sulla superficie marina. Se si vuole, un evento su scala maggiore di quello accaduto durante l’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga – Hunga Ha’apai nel 2022. L’altezza delle onde di tsunami come conseguenza della caduta di 2024 PDC25 è stata stimata in dieci metri sulle coste di Antartide, Africa e Sud America. Insomma un evento non proprio trascurabile e con delle ripercussioni molto più ampie di quanto si potesse immaginare. Per fortuna, nell’esercizio di difesa planetaria 2025, l’asteroide è di piccole dimensioni quindi senza modifiche del clima a livello globale.

Per chi volesse approfondire, i dati dell’esercizio di difesa planetaria alle Epoche 1 e 2 si trovano nella Planetary Defense Conference Exercise – 2025 del Cneos della Nasa.