Golden power su Safran. Perché la cosa riguarda anche i caccia europei
Il governo italiano ha esercitato il suo diritto di Golden power per bloccare l’acquisizione da un miliardo e ottocento milioni da parte di Safran, società francese specializzata nella costruzione di motori a reazione, dell’italiana Microtecnica, filiale della controllata di Raytheon Technologies (Rtx), Collins Aerospace. La motivazione dietro la decisione del governo riguarda la preoccupazione che l’operazione possa influire sulla fornitura di componenti-chiave per il programma Eurofighter, nel quale Roma collabora con Londra, Berlino e Madrid (mentre Parigi preferì perseguire il proprio programma nazionale Rafale). Secondo quanto riportato dal Financial Times, sulla base del documento del governo italiano, la motivazione alla base dell’impiego del Golden power, di cui Roma si sarebbe consultata anche con Berlino, sarebbe che Safran non avrebbe dato “la necessaria priorità alle linee di produzione industriale di interesse per la difesa nazionale”, esprimendo la preoccupazione che l’accordo potesse portare all’interruzione delle forniture di parti di ricambio e servizi per i programmi di caccia Eurofighter e Tornado, necessari per garantire i requisiti operativi della Nato. Di conseguenza, l’Italia ha concluso che l’accordo “rappresenta una minaccia eccezionale agli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale”.
Lo stop a Safran
Il blocco da parte di Roma di un’acquisizione da parte di una società di un Paese alleato europeo o della Nato è un fatto relativamente raro. Nonostante la dichiarazione dell’amministratore delegato di Safran, Olivier Andriès, secondo il quale le resistenze verso la sua società sarebbero infondate, dato che il gruppo è già fornitore dell’Eurofighter e di altri programmi italiani, la decisione del governo segnala l’attenzione riposta per il settore della Difesa e per il destino delle sue aziende. Se finora la maggior parte degli interventi in questo senso hanno rappresentato il blocco di acquisizioni da parte di aziende cinesi verso realtà italiane in settori strategici, Difesa in primis (ma anche energia e comunicazioni).
Il dossier dei caccia
Il tema, tuttavia, tocca un ambito molto particolare, dove in Europa si muovono da tempo diverse direttrici di tensione che coinvolgono Parigi, Berlino e Roma, quello dei caccia. Il caso di Safran, infatti, verte sul programma congiunto che Italia, Germania, Regno Unito e Spagna hanno portato avanti per la realizzazione di un caccia di quarta generazione. Oggi sta prendendo forma una situazione simile, con l’Italia impegnata ancora una volta con la Gran Bretagna (e il Giappone) per la realizzazione del caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap), mentre Francia e Germania sono impegnate nel progetto parallelo del Fcas. Tuttavia, mentre il Gcap è ormai decollato (si attende a dicembre il vertice tra ministri dei Paesi partner che vedrà la nascita del consorzio responsabile della sua realizzazione), il programma franco-tedesco è paralizzato da una serie di attriti che coinvolgono Eliseo e Cancellierato.
Berlino verso il Gcap?
La condivisione con Berlino della decisione italiana sul Safran, tra l’altro, rimanda all’ipotesi, più volte avanzata (anche se sempre smentita) di un potenziale allontanamento tedesco dal programma Fcas per una possibile adesione al Gcap. Nel corso dell’ultimo anno, infatti, si sono susseguiti attriti e incomprensioni tra Germania e Francia su tutti i programmi d’armamento condivisi, da quello aereo del caccia a quello terrestre del carro armato Main ground combat system (Mgcs). Oltre alle voci degli esperti (una fra tutte, quella del capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, generale Luca Goretti, che ha sempre auspicato una convergenza dei due programmi aerei europei) sull’impossibilità per l’Europa di mantenere due progetti paralleli così ambiziosi in un campo avanzato come la sesta generazione di caccia, anche i ritardi del Fcas, messi a paragone con lo slancio del Gcap, potrebbe rappresentare un valido incentivo per Berlino per decidere definitivamente di abbandonare la difficile cooperazione con Parigi, preferendole la più ampia collaborazione con gli altri partner europei.