Allineamenti planetari all’orizzonte
Negli ultimi giorni, molte testate giornalistiche hanno dedicato ampio spazio a un imminente allineamento planetario, descritto come un evento raro e spettacolare. Il fenomeno richiama indubbiamente una certa attenzione mediatica, forse anche perché evocativo di congiunzioni astrali alle quali qualcuno, ancora oggi, tende a dare significati simbolici e spirituali. Media Inaf ha approfondito il tema intervistando Michele Maris dell’Inaf di Trieste, che si occupa di vari aspetti dello studio del Sistema solare.
Maris, cos’è un allineamento planetario e ogni quanto tempo si verifica?
«Si parla di allineamento planetario quando tre o più pianeti visti dalla Terra si collocano più o meno nella stessa regione del cielo. Di solito questo avviene quando più o meno i pianeti si trovano tutti dalla stessa parte del Sistema solare. Dato che tutte le orbite stanno vicino al piano dell’orbita della Terra, visti da quest’ultima, in questa condizione i pianeti che partecipano all’allineamento sembrano disporsi approssimativamente su un arco di alcune decine di gradi e possono essere osservati assieme nel giro della stessa nottata. Si può pensare di classificare gli allineamenti in base a quali e quanti pianeti possiamo osservare e a quanto è ampio l’arco sul quale si distribuiscono. Ad esempio nel grande allineamento del 10 marzo 1982, i pianeti visti dalla Terra apparivano racchiusi in un arco di circa 95 gradi: un allineamento di questo tipo avviene in media circa ogni 175 anni. Ma altri allineamenti, con meno pianeti o con i pianeti distribuiti su un arco più ampio, si sono verificati anche nei decenni successivi. Ad esempio, ricordo quelli del 2023 e 2024. È importante sottolineare come gli allineamenti siano un effetto apparente, che dipende dal nostro punto di vista. Per cui mentre da Terra in questi mesi vedremo i pianeti apparentemente allineati, dal punto di vista di un osservatore che si trovasse fuori dal sistema solare i pianeti non lo sarebbero affatto».
Disposizione dei pianeti il 25 gennaio 2025, alle ore 19. Come si vede, dal punto di vista di un osservatore che si trovasse fuori dal Sistema solare i pianeti non appaiono affatto allineati. L’immagine è stata fatta utilizzando il visualizzatore delle orbite del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa. Crediti: Jpl/Nasa
A breve ci saranno due occasioni del genere. Cosa ci possiamo aspettare?
«Quest’anno avremo la possibilità di osservare due allineamenti: attorno al 25 gennaio e al 28 febbraio. In realtà, tempo permettendo, gli allineamenti saranno visibili per diversi giorni prima e dopo le date indicate, solamente i pianeti saranno più o meno distanziati e dovremo considerare l’orario del tramonto del Sole. In gennaio, attorno alle 19 italiane, potremo vedere Marte a 30 gradi sopra l’orizzonte a est in salita, Giove pressappoco a sud-sud est a 60 gradi in culminazione, Venere e Saturno ben visibili a ovest tra i 28 e i 15 gradi sull’orizzonte, tramontanti. Con un binocolo potremmo cercare Nettuno che segue Venere e Saturno sulla linea del tramonto di pochi gradi più alto e Nettuno verso sud, in alto in cielo. In febbraio alla stessa ora vedremo Marte ancora più alto a est, Giove in culminazione a sud-sud ovest, Urano un poco più in basso a sud ovest, mentre seguendo il Sole al tramonto avremo bassi sull’orizzonte Venere, Nettuno, Mercurio e Saturno molto vicino alla Luna. Diciamo che, considerando l’orario del tramonto, l’allineamento di gennaio resta il più favorevole. Di fatto, anche verso fine marzo potremmo vedere Mercurio, Venere, Saturno e Nettuno molto ravvicinati, ma saranno sopra l’orizzonte quando è giorno e quindi non potranno essere visti».
Allineamento dei pianeti il 25 gennaio 2025 da Bologna, alle ore 19 (locali). Crediti: Stellarium
È possibile che si verifichi un allineamento perfetto di tutti gli 8 pianeti del Sistema solare?
«No, per varie ragioni… la principale delle quali è che le orbite dei pianeti non giacciono sullo stesso piano, quindi i pianeti non si allineano mai su una linea, come spesso si vede in molte illustrazioni. In sé gli allineamenti non sono rarissimi. Sono rari quelli particolarmente stretti, come quello del 1982».
Nemmeno avendo a disposizione un tempo infinito?
«No, neppure in un tempo infinito perché le linee dei nodi non stanno allineate e quindi i piani orbitali non si intersecano su una retta».
In che modo gli allineamenti planetari possono essere utilizzati per studi scientifici o per pianificare missioni spaziali?
«Gli allineamenti sono prima di tutto uno spettacolo della natura, ammirabile senza bisogno di strumenti particolari. Dal punto di vista dello studio scientifico, avere un periodo in cui alcuni pianeti si trovano dalla stessa parte del Sistema solare permette di ridurre i tempi di viaggio da un pianeta all’altro. Ad esempio, l’allineamento del 1982 ha permesso le missioni di esplorazione Voyager 1 e 2 degli anni ’70 e ’80. In questo caso, è stato possibile effettuare in sequenza il passaggio ravvicinato di Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Una disposizione, quella del 1982, che ha reso questo allineamento piuttosto raro».
Gli allineamenti planetari possono influenzare fenomeni astronomici come le maree o il comportamento delle comete?
«Nel caso dell’allineamento del 1982 si fece un gran parlare di questa cosa, ma la risposta è semplicemente no. Gli effetti gravitazionali dei pianeti sono molto piccoli rispetto a quelli del Sole, quindi il fatto di avere i pianeti da una stessa parte del Sistema solare non produce effetti particolari alla nostra stella. Tanto meno al nostro pianeta, le cui maree sono dominate dagli effetti del Sole e della Luna».
Un allineamento planetario può influenzare le orbite dei pianeti nel lungo termine, o la gravità del Sole domina sempre?
«No, la gravità del Sole domina sempre il moto dei pianeti e allineamenti di questo tipo non cambiano in modo importante le orbite dei pianeti. I pianeti si perturbano a vicenda costantemente con la propria gravità ma queste perturbazioni sono molto piccole. Per esempio, la perturbazione più forte che Giove produce sulla Terra è pari a qualche centomillesimo dell’effetto della gravità del Sole. Possiamo pensare che i pianeti si comportino in modo analogo a un’altalena. Se diamo delle spintarelle a un’altalena, piccole rispetto al suo peso, metteremo l’altalena in oscillazione. Finché le spintarelle sono date a casaccio l’oscillazione resta piccola, perché le spinte che potrebbero aumentarla finiranno con l’essere cancellate dalle spinte che tendono a bloccarla. Se però diamo piccole spinte sempre dalla stessa parte e in sincrono con le sue oscillazioni, col tempo vedremo l’altalena oscillare sempre più. In teoria quindi se le perturbazioni reciproche tra i pianeti si potessero sommare per milioni di anni, cioè se avvenissero in sincrono con il loro periodo orbitale, le orbite potrebbero subire dei cambiamenti significativi. Tuttavia, durante la sua formazione, il Sistema solare ha raggiunto un equilibrio simile a quello attuale, in cui le mutue perturbazioni non avvengono in sincrono e quindi tendono a compensarsi tra loro».
Michele Maris, primo ricercatore presso l’Inaf Osservatorio Astronomico di Trieste. Si occupa di modelli di esoclimi per l’abitabilità di esopianeti nell’ambito del progetto Asi Asteria, dello sviluppo tecnologico della missione Lspe Strip e del telescopio antartico Itm-Mnt. Ha inoltre seguito la missione Planck dell’Esa e partecipato alle missioni Euclid, LiteBird e Life. Si occupa inoltre di insegnamento all’Università di Padova e divulgazione, con conferenze e lezioni al pubblico e la mostra Caves in the Skies. Crediti: M. Maris
Quali strumenti permettono di calcolare con precisione gli allineamenti planetari e fino a che punto possiamo prevederli nel futuro?
«A differenza di altri fenomeni, come ad esempio le congiunzioni planetarie o le occultazioni, per prevedere gli allineamenti non occorre una precisione di calcolo molto elevata. Anche strumenti piuttosto semplici sono in grado di prevederli. Al giorno d’oggi uno smartphone connesso a internet può accedere a servizi per il calcolo delle posizioni dei pianeti in cielo (chiamate effemeridi), che coprono un intervallo temporale che va da 13.200 anni nel passato fino a 17.191 anni nel futuro, sufficienti per la gran parte delle applicazioni pratiche, come ad esempio la navigazione o l’astronomia osservativa. Con metodi di calcolo più sofisticati possiamo spingerci a milioni o miliardi di anni nel passato o nel futuro. Ma la precisione di calcolo di questi strumenti diventa esponenzialmente peggiore all’ampliarsi dell’intervallo temporale. Di fatto, se volessimo studiare il moto dei pianeti per capire come saranno messi tra un miliardo di anni, potremmo ottenere informazioni sulla forma, le dimensioni e l’orientamento delle orbite, ma non potremmo stabilire esattamente in quale punto preciso della loro orbita i pianeti verrebbero a trovarsi e quindi potremmo non essere in grado di prevedere allineamenti a quella data».