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Pasqua tra religione e astronomia




Nell’immagine il dipinto di Giotto di Bondone, Ingresso a Gerusalemme (1303), conservato nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Immagine di pubblico dominio

La Pasqua è un’importante festività religiosa che accomuna Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Per quest’ultimo la “festa del sacrificio” (Id al-adha) celebra il famoso episodio biblico del sacrificio di un agnello al posto di Isacco, il figlio che Abramo stava per sacrificare a Dio. Tuttavia, a parte il carattere sacrificale e di ringraziamento alla divinità, questa ricorrenza islamica non ha molto altro in comune con le altre due confessioni, per le quali la Pasqua ha probabilmente una valenza superiore.

L’origine della Pasqua cristiana prende le mosse da quella ebraica che, in origine legata all’equinozio primaverile e risalente a tempi molto antichi, divenne con Mosé una Pasqua di liberazione dalla schiavitù legata all’esodo degli israeliti dall’Egitto verso la Terra Promessa. Da questo evento prende anche il nome: Pesach significa “passare oltre” e fa riferimento a Dio che sarebbe “passato oltre” le case segnate con il sangue dell’agnello (qui torna il riferimento al sacrificio) risparmiandole dal massacro degli egiziani. La storicità di tale evento è ovviamente dibattuta ma, se fosse un fatto storico, l’Esodo biblico potrebbe essere avvenuto in un arco di tempo che va dal quattordicesimo all’ottavo secolo avanti Cristo, intervallo molto ampio ma, in ogni caso, precristiano.

Il cristianesimo ha poi riadattato i riti ebraici sulla figura di Gesù ereditando il nome Pesach e legandolo, forse con qualche errore di traduzione dall’ebraico al greco (Pascha), alla passione di Cristo. Fu San Paolo, già nel 54 dopo Cristo, a esortare i primi cristiani ad affrancarsi dall’attesa, che ancora oggi caratterizza la religione ebraica, per farne invece una Pasqua di resurrezione che celebrasse l’arrivo del Messia. Gesù stesso che si sacrifica per l’umanità rappresenta, una volta ancora, l’agnello.

In tutti i casi si tratta di un momento solenne di gioia molto attesa, preceduta da momenti di buio, di difficoltà, persino di morte in cui il richiamo all’equinozio e alla rinascita primaverile pare comunque evidente. Non a caso, quando vogliamo descrivere qualcuno davvero molto contento, diciamo che è felice come una Pasqua.

Ma come si calcola la Pasqua? Le tre religioni hanno tutte metodi diversi: per l’Islam avviene il decimo giorno del dodicesimo mese del calendario lunare musulmano, per l’ebraismo cade il quattordicesimo giorno dopo l’inizio dell’anno religioso, che corrisponde al novilunio dopo l’equinozio di primavera, mentre per i cristiani sono tre le condizioni da rispettare:

  1. la prima domenica
  2. dopo la prima luna piena
  3. dopo l’equinozio di primavera

Questi criteri vennero stabiliti nel concilio di Nicea, voluto dall’imperatore Costantino nel 325 dopo Cristo: consesso che fu di enorme importanza perché definì i dogmi fondamentali del cristianesimo che ancora oggi – credenti o non credenti – condizionano il nostro calendario e, in ultima analisi, il nostro vivere quotidiano.

Facciamo una prova pratica con il 2025: l’equinozio di primavera è il punto di partenza. La prima luna piena dopo l’equinozio è avvenuta il 13 aprile (la Domenica delle Palme dei cristiani). La prima domenica dopo il plenilunio è appunto il 20 aprile, giorno di Pasqua.

Questa triade di eventi può avvenire in varie combinazioni dando origine a pasque “basse” (a partire dal giorno dopo l’equinozio, 22 marzo, fino al 2 aprile), “medie” (dal 3 al 13 aprile) e “alte” (dal 14 al 25 aprile). In pratica la Pasqua può avvenire in un intervallo di 35 giorni in cui le date alle estremità sono piuttosto rare.

Ad esempio, dal 1583 – anno di adozione del calendario Gregoriano, attualmente in vigore nella maggior parte dei paesi del mondo – a oggi, le pasque cadute il 22 marzo sono state solo quattro (1598, 1693, 1761 e 1818) analogamente a quelle cadute il 25 aprile (1666, 1734, 1886, 1943). La prossima pasqua “altissima” è comunque relativamente vicina: sarà infatti nel 2038.

Dalla Pasqua, festa mobile per eccellenza in quanto dipendente dalla Luna, deriva una nutrita serie di altre feste mobili a essa collegate che vanno dalla Domenica di Settuagesima (che inaugura il Carnevale 64 giorni prima) al Cuore Immacolato di Maria (69 giorni dopo) passando per il Mercoledì delle ceneri, inizio della Quaresima (40 giorni prima) e la Pentecoste (50 giorni dopo). Insomma la Pasqua riesce a influenzare, a livello di liturgia cristiana, oltre quattro mesi dell’anno.

Quindi, nel caso del Cristianesimo, la Pasqua è da considerarsi una ricorrenza religiosa dalla solida base astronomica? Non proprio, infatti a prevalere è stato lo spirito pragmatico della nuova religione cristiana che, proprio a Nicea, optò per la cristallizzazione dell’equinozio primaverile sul giorno del 21 marzo, nonostante l’equinozio astronomico possa ricadere in un più ampio intervallo che va dal 19 al 21.

Qual è il motivo di queste variazioni? La ragione risiede nei ritardi accumulati per via della differenza tra l’anno civile, che è un intervallo di tempo convenzionale stabilito in 365 giorni da 24 ore medie, e l’anno solare (o tropico) che è frutto di osservazioni reali del passaggio del Sole al punto vernale (ovvero all’equinozio di primavera) e che dura un pò di più: 365 giorni 5 ore 48 minuti 47 secondi.


Immagine satellitare della Terra durante un equinozio. I confini di separazione tra luce ed ombra, chiamati “terminatori”, sono verticali e paralleli. Questo significa che il globo è illuminato equamente da nord a sud e quindi sia il giorno che la notte, ovunque, durano 12 ore. Andando verso l’estate, la posizione dell’asse terrestre rispetto al sole cambierà, portando l’emisfero nord ad “inchinarsi” verso il Sole ed avere dunque una maggiore illuminazione fino alla data del 21 giugno, solstizio d’estate. I terminatori assumeranno dunque un’inclinazione a V con il polo nord illumunato e quello sud al buio. Crediti: Eumetsat

L’eccedenza di quasi sei ore che l’anno solare accumula ogni anno rispetto all’anno civile viene corretta con l’inserimento di una giornata aggiuntiva a fine febbraio ogni quattro anni, il famoso anno bisestile. Difatti, le 24 ore aggiuntive, divise per quattro anni, fanno sei ore l’anno. Tuttavia, sei ore sono troppe rispetto alla realtà: aggiungono infatti 11 minuti e 13 secondi in più rispetto al reale ritorno del Sole al punto vernale. Questo pur breve lasso di tempo andava eliminato ogni tanto per far tornare i conti. L’escamotage trovato da papa Gregorio XIII fu quello di non considerare bisestili gli anni secolari non divisibili per 400 (ad esempio, 1700, 1800 e 1900 non furono bisestili).

Insomma, le differenze di data degli equinozi sono dovute proprio a queste circa sei ore di differenza, per cui ogni anno non bisestile l’equinozio reale cade con un ritardo di sei ore rispetto all’anno precedente e nei bisestili, al naturale ritardo di sei ore, ne vengono aggiunte (o sottratte, a seconda del punto di vista) 24, per cui si anticipa di 18 ore e di conseguenza i giorni possono essere diversi. Ad esempio, dal 2000 al 2100 avremo venti equinozi il 19 marzo, 78 il 20 marzo e solo due il 21 marzo, peraltro già avvenuti nel 2003 e nel 2007. Per ovviare a queste variazioni, a Nicea si decise, appunto, di stabilire l’equinozio il 21 marzo e avere dunque una Pasqua uguale in tutto il mondo.

Per approfondire: