Minuta nana bruna con un disco tutto per sé
Rappresentazione artistica creata con l’AI di una nana bruna circondata da un disco protoplanetario. Crediti: Inaf/OpenAI’s Dall·E
Le nane brune sono oggetti affascinanti che rappresentano un ponte tra le stelle e i pianeti. Difficili da individuare e studiare a causa della loro bassa luminosità, celano ancora numerosi misteri irrisolti, come ad esempio il loro meccanismo principale di formazione: sono il prodotto di massa più bassa del processo di formazione stellare, oppure si formano come i pianeti? Anche le proprietà e l’evoluzione dei loro dischi protoplanetari restano in gran parte da chiarire. Questi dischi sono di particolare interesse: nelle stelle di massa maggiore possono infatti evolvere in sistemi planetari, come conseguenza della rapida (nell’ordine di pochi milioni di anni) formazione di corpi rocciosi su cui può successivamente accrescersi del gas. Una delle domande ancora aperte quindi è: anche i dischi attorno alle nane brune sono capaci di formare pianeti?
Le nane brune non sono solo poco luminose, ma anche oggetti freddi, con temperature efficaci comprese tra 1500 e 2500 gradi. A queste temperature, la loro emissione è concentrata principalmente nella banda dell’infrarosso. La bassa luminosità e l’emissione infrarossa rendono le nane brune bersagli ideali per il James Webb Space Telescope (Jwst), il supertelescopio delle agenzie spaziali Nasa, Esa e Csa. Il Jwst è infatti non solo in grado di rilevare nane brune in sistemi lontani (studi recenti hanno individuato candidate nane brune perfino nelle Nubi di Magellano), ma anche di ottenere osservazioni spettroscopiche con qualità sufficiente a studiarne la chimica atmosferica e quella dei dischi protoplanetari nelle nane brune più vicine.
In primo piano, lo spettro di Cha 1107-7626 prodotto dagli spettrografi NirSpec-Prism (viola) e Miri-Lrs (giallo) di Jwst. Sullo sfondo, immagine Wise nel medio infrarosso prodotta con EsaSky da M. Guarcello/Inaf
Recenti osservazioni spettroscopiche condotte con il Jwst dell’oggetto Cha 1107-7626, situato nella regione di formazione stellare di Chamaeleon I, sono state presentate in uno studio, in uscita su The Astrophysical Journal, guidato dall’astrofisica Laura Flagg della Johns Hopkins University. Con la sua massa pari a circa 6-10 volte quella di Giove, Cha 1107-7626 è l’oggetto isolato più piccolo conosciuto ad essere circondato da un disco protoplanetario ricco di gas e polveri. Grazie agli strumenti NirSpec e Miri del Jwst, gli autori dello studio hanno costruito e analizzato lo spettro di Cha 1107-7626 nella banda del medio infrarosso, dove l’emissione del disco protoplanetario risulta predominante rispetto a quella dell’oggetto centrale. Questo ha permesso di identificare segnali legati all’accrescimento di gas dal disco verso l’oggetto, con un tasso stimato tra 10-10 e 10-11 masse solari per anno. Inoltre, sono stati individuati segnali spettroscopici indicativi della presenza di molecole organiche come etilene e metano. Tali caratteristiche, comuni nei dischi attorno a stelle giovani di massa maggiore, ma osservate qui per la prima volta in un oggetto di massa così bassa, suggeriscono che la chimica e l’evoluzione dei dischi attorno alle nane brune possano essere simili a quelle dei dischi attorno alle stelle.
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo in uscita su The Astrophysical Journal “Detection of Hydrocarbons in the Disk around an Actively-Accreting Planetary-Mass Object”, di Laura Flagg, Aleks Scholz, V. Almendros-Abad, Ray Jayawardhana, Belinda Damian, Koraljka Muzic, Antonella Natta, Paola Pinilla e Leonardo Testi