Sette sere
Jorge Luis Borges ha affrontato con sempre minor timore – all’inizio faceva leggere i suoi discorsi a un fine dicitore – la folla di ascoltatori che attendevano i suoi interventi: nel 1977 venne invitato a tenere delle conferenze, che vengono riproposte ora nel libro intitolato Sette sere, curato da Tommaso Scarano, che si è servito anche delle registrazioni originali per offrire una traduzione più fedele possibile alle parole originarie.
Borges affronta temi che torneranno spesso nella sua scrittura: Dante, con la sua straordinaria visione dell’Altrove e degli abissi umani, e poi il sogno e il labirinto; continua con una delle origini del racconto, ossia la lenta costruzione di Le Mille e una notte, che ha molto da dire al nostro Occidente; parla poi del buddismo nell’immaginario collettivo e nella letteratura; affronta il tema a lui caro della poesia, soprattutto nel suo legame con l’Eterno, per arrivare alla concezione del divino nella Cabbala; e tratta infine un argomento che egli ha tentato di tenere distante dal sé narrante, perché legato alla sua sventura personale: la cecità.
Lo scrittore argentino non aveva molta familiarità con gli autori italiani, ma, come riconosce egli stesso, la Divina Commedia non è solo italiana, ma universale. Soprattutto perché, nel quinto canto dell’Inferno, affronta l’umana dimensione di un amore che va oltre i legami precedenti, le leggi cittadine e quelle divine. Un episodio, quello di Paolo e Francesca, che ha scatenato le contraddizioni del nostro essere umani e del nostro sentire pietà per due amanti che trasgrediscono quelle leggi, pagando con la vita il loro amore. Borges fa notare come questi due amanti siano uniti per l’eternità e «condividano l’Inferno» (p. 29), scegliendo un diverso paradiso, quello stesso che sembra affiorare nella coppia de Il Maestro e Margherita di Bulgakov, quando Margherita accetta di guidare il Sabba delle streghe pur di liberare lo scrittore da lei amato.
Ma lungi dal cadere nella trappola della teorizzazione di un’ingiustizia celeste, Borges va nella direzione dell’imperscrutabilità del volere divino, perché «Dio è al di là di ogni giudizio umano» (p. 30). Qui sta la sua grande onestà intellettuale, che mostra la sua profonda attenzione per la ricerca del senso finale. E da qui egli giunge a uno dei motivi che lo hanno affascinato nel corso della sua ricerca: quello del sogno, permettendo al lettore di ripercorrere i sentieri del genio di Shakespeare o di Calderón de la Barca, solo per fare due nomi fra i tanti che hanno affrontato questo grande tema.
Un’ulteriore prova di tale profonda onestà è la citazione di un autore come Chesterton, di cui Borges cita un romanzo non molto conosciuto e in parte oscurato dalla fama di padre Brown: L’uomo che fu giovedì. È la storia di formazione e di dura risposta a quanti vedevano nel cristianesimo una rigida sequela di freddi, inattuali riti. Il protagonista, un uomo del popolo che vive del suo lavoro, respinge con forza l’accusa di indifferenza e non rapporto con la realtà: noi abbiamo scelto Cristo, afferma, proprio perché abbiamo condiviso la sua sofferenza.
Borges cuce una sottile tela costituita da diversi contributi alla conoscenza, che non è un freddo sapere ma uno slancio vitale costante, ininterrotto; e non è un caso che venga citato più volte Bergson, assieme a sant’Agostino, Francis H. Bradley (il filosofo della nostra appartenenza a un tutto originario) e ai già nominati Calderón, Shakespeare e Dante.
Ma quello che è affascinante in questa raccolta è la ricerca di motivi profondi che ci portano necessariamente ai poemi arcaici e alla Sacra Scrittura. Anche quando affronta il tema della cecità, Borges lo fa con grande senso della misura, allontanandolo da sé, per permettere la comprensione di un’apparente infermità, che porta però allo sviluppo dell’occhio interiore, in grado di cercare la visività nascosta nelle parole, come quell’Omero, da lui così tanto citato, creatore «di una poesia spesso splendidamente visiva» (p. 158). Poesia quindi non come allontanamento dal vissuto, ma come esplorazione di radici e aiuto fraterno per la ricerca degli altri.
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