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Da polvere di stelle a granelli di pianeti



Sono i venti stellari a favorire la trasformazione di granelli di polvere in ciottoli più massicci da cui si formano i pianeti. Questa scoperta, pubblicata oggi su Astronomy & Astrophysics, permette di aggiungere un tassello fondamentale al puzzle sul processo di formazione di pianeti rocciosi orbitanti intorno a stelle giovani. Studiando la chimica del gas molecolare denso presente negli involucri di un campione rappresentativo di protostelle di tipo solare, sono stati osservati in modo diretto per la prima volta in assoluto i grani di polvere millimetrici incastonati nelle pareti di una cavità associata a outflow protostellare, circa diecimila volte più grandi della tipica polvere interstellare.


Illustrazione artistica del viaggio dei granelli di polvere che crescono vicino alla protostella, vengono sollevati dai venti stellari e poi ricadono sul disco dando origine a nuovi pianeti. Crediti: M. De Simone

Lo studio è firmato da un team internazionale di astronomi e chimici che ha utilizzato l’interferometro Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) nell’ambito del programma di ricerca Faust (Fifty UA Study of the chemistry in the disk/envelope systems of Solar-like protostars).

«Oggi sappiamo che il Sole e il Sistema solare si sono formati circa 4,6 miliardi di anni fa da una nube di polvere e gas interstellare, eppure non comprendiamo ancora del tutto il processo di formazione planetaria», ricorda Giovanni Sabatini dell’Inaf di Arcetri, alla guida dello studio.

Negli ultimi decenni gli scienziati hanno cercato di spiegare come i granelli di polvere nei dischi attorno alle stelle neonate aumentino di grandezza fino a formare corpi rocciosi di grandezza sufficiente per formare i planetesimi, i progenitori dei pianeti.


Giovanni Sabatini è ricercatore all’Inaf di Arcetri (Firenze), dove si occupa di studiare – in particolare con Alma e Vla – le proprietà fisiche e chimiche del mezzo interstellare e delle regioni associate al processo di formazione stellare e planetario, in vista dei dati che arriveranno dagli interferometri di nuova generazione. Crediti: G. Sabatini/Inaf

«Un problema cruciale dei modelli attuali è che i grani di polvere di dimensioni dell’ordine del millimetro/centimetro non riescono facilmente a crescere ulteriormente all’interno dei dischi protoplanetari. Questo accade perché muovendosi all’interno del disco, i grani si frammentano o vengono assorbiti dalla protostella prima di avere il tempo di formare corpi rocciosi delle dimensioni tipiche del metro, e poi i planetesimi», aggiunge Sabatini.

Questa sfida – detta meter-size barrier, la cosiddetta “barriera del metro” – sembra ora avere una risposta. Gli astronomi hanno osservato direttamente questi grani di polvere di dimensioni millimetriche nelle pareti della cavità associata all’outflow protostellare del sistema stellare binario giovane L1551 Irs5, nella regione di formazione stellare del Toro, dimostrando che possono diventare molto più grandi di quanto si pensasse in precedenza fin dalle prime fasi della formazione planetaria. A causa del vento stellare, i grani sembrano infatti essere sollevati dalle regioni più interne del disco protostellare e poi depositati più lontano, da una posizione in cui possono ricadere sul disco e poi continuare ad aggregarsi. Questo processo dà ai grani di polvere più tempo per crescere, potenzialmente superando la “barriera” della formazione planetaria.

«La scoperta di grani di polvere di dimensioni millimetriche lungo le cavità degli outflows protostellari offre una soluzione alternativa all’annoso problema della meter-size barrier. I grani millimetrici che si trovano nelle pareti delle cavità degli outflows possono infatti ricadere sui dischi protostellari a causa della gravità, dando loro più tempo per crescere ulteriormente e formare planetesimi», conclude Sabatini. «Questa scoperta non solo fornisce un nuovo meccanismo per la formazione dei pianeti, ma offre anche uno sguardo su come potrebbe essersi formato il Sistema solare».

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