Accessibilità: l’indifendibile difesa di Roma Capitale
Solitamente non do sfogo alla mia indignazione per il comportamento dell’essere umano e delle amministrazioni pubbliche.
Ma oggi sono uscito dall’udienza tenuta dinanzi al Tribunale Ordinario di Roma, Sezione XVIII, con un profondo senso di inutilità e frustrazione.
Oggi ho capito che quel muro di gomma di cui parlavo nella dedica inserita nella mia tesi di laurea in giurisprudenza, tanti anni or sono, non sono ancora riuscito a trasformarlo in pietra per distruggerlo.
Con profondo rammarico e indignazione mi vedo costretto a esprimere il mio sdegno per le argomentazioni contenute nella comparsa di costituzione depositata da Roma Capitale, nel giudizio che mi vede ricorrente per ottenere marciapiedi realmente utilizzabili dalle persone in sedia a rotelle, e ribadite oggi dinanzi al Giudice.
Nel testo difensivo di Roma Capitale si afferma che non sussisterebbe alcuna condotta discriminatoria, poiché l’Amministrazione avrebbe predisposto servizi alternativi di trasporto per le persone con disabilità, e che dunque non vi sarebbe obbligo di consentire l’uso diretto del marciapiede da parte del sottoscritto.
Tale impostazione non solo nega i principi fondamentali di uguaglianza e dignità sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, ma si traduce essa stessa in una affermazione gravemente discriminatoria.
Sostenere che una persona con disabilità non debba esercitare il diritto di muoversi liberamente sui marciapiedi, al pari di ogni altro cittadino, perché può usufruire di un servizio sostitutivo, significa ridurre la disabilità a una condizione di segregazione tollerata, e non di piena partecipazione alla vita civile.
L’uguaglianza sostanziale non si realizza garantendo un “mezzo alternativo” o “separato”, ma rimuovendo gli ostacoli che impediscono l’esercizio dei diritti comuni.L’idea che la libertà di spostamento del cittadino disabile possa essere limitata a un servizio dedicato – invece che riconosciuta nella piena fruizione degli spazi pubblici – è una visione arcaica e offensiva, che contraddice decenni di progresso giuridico e civile.
Per tali motivi ritengo che la stessa difesa di Roma Capitale, nel suo contenuto e nella sua impostazione culturale, configuri un atto discriminatorio, in quanto nega il principio di pari dignità e autonomia delle persone con disabilità.
Mi auguro che l’Amministrazione voglia riflettere sul significato profondo delle parole che utilizza e sull’impatto che simili argomentazioni producono, non solo sul piano giudiziario, ma soprattutto su quello umano e istituzionale.
Con rinnovato rispetto per le Istituzioni, ma con ferma indignazione.
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