Arriva il robot per la gravidanza! Notizia falsa o un segno premonitore del futuro?
All’inizio di questo mese, è emersa una notizia riguardante l’azienda cinese Kaiwa Technology, che avrebbe creato un “robot per la gravidanza”. La notizia era accompagnata da immagini vivide: una figura a grandezza naturale con uno scomparto trasparente nell’addome contenente un utero artificiale.
Le notizie sostenevano che l’ideatore dell’idea, un certo Zhang Qifeng, prevedeva di svelare un prototipo entro un anno e di vendere il dispositivo a meno di 100.000 yuan, ovvero circa 13.900 dollari. La combinazione di tempistiche promettenti, prezzo relativamente accessibile e immagini d’impatto ha garantito la rapida diffusione della notizia.
La notizia ha rapidamente fatto il suo ingresso nelle pubblicazioni in lingua inglese, tra cui il Daily Mail e Newsweek, e blog e aggregatori tecnologici come Interesting Engineering hanno iniziato a ripubblicare materiali generati interamente da reti neurali. Tuttavia, quando si è trattato di verificare i fatti, si è scoperto che la storia era letteralmente sospesa nell’aria.
Un’indagine di Snopes ha rivelato che le immagini erano generate da reti neurali e che la persona con quel nome era assente sia dai database scientifici sia dagli elenchi degli ex studenti delle università a cui era attribuita. Diverse redazioni si sono affrettate a rimuovere i loro materiali. I giornalisti di Live Science hanno contattato la Nanyang Technological University, che ha confermato che non ci sono ex studenti con quel nome e che presso l’istituto non è stata condotta alcuna ricerca sull'”utero robotico”. Due verifiche indipendenti hanno portato alla stessa conclusione: le splendide immagini erano un’invenzione.
Questo successo si spiega con il fatto che ai lettori viene offerta una soluzione semplice a un argomento incredibilmente complesso. La storia prometteva un prototipo già pronto, un prezzo “da elettrodomestico” ed era accompagnata da immagini vivide. In questo contesto, pochi si sono accorti della mancanza di prove: è esattamente così che funziona la manipolazione emotiva nei media moderni.
Se si solleva la questione e ci si chiede cosa sia realmente necessario per far nascere un bambino fuori dal corpo della madre in tutta sicurezza, si scopre che i problemi sono molti di più delle soluzioni tecniche.
Il primo e forse più importante ostacolo è la placenta. Non è solo un canale di alimentazione, ma un sistema vivente che regola l’apporto di ossigeno, bilancia i nutrienti, elimina i prodotti di scarto e fornisce protezione immunitaria. Un analogo ingegnerizzato richiederebbe una complessa rete di pompe, ossigenatori e microcanali che dovrebbero funzionare in modo affidabile per mesi e adattarsi alle crescenti esigenze del feto. Finora, il collegamento dei vasi sanguigni animali a sistemi esterni ha avuto successo solo per brevi periodi, il che è incomparabile alla durata completa di una gravidanza umana.
L’ambiente amniotico non è meno importante. Protegge dallo stress meccanico, trasmette segnali per il corretto sviluppo dei polmoni e del sistema muscolo-scheletrico e mantiene temperatura e composizione costanti. I “biobag” temporanei per gli agnelli hanno dimostrato che il liquido può preservare i tessuti per diversi giorni o settimane, ma mantenere i parametri necessari per nove mesi senza accumulo di tossine e con la necessaria stimolazione meccanica è tutta un’altra storia.
A questo si aggiunge il rischio di infezioni. L’ambiente all’interno dell’utero è praticamente sterile, ma in un sistema artificiale con tubi e sensori, ogni connessione diventa un potenziale punto di ingresso per i microbi. Mantenere una pulizia assoluta per un periodo così lungo con un monitoraggio costante è attualmente irrealistico.
La complessità è aggravata dalla regolazione ormonale. I livelli di progesterone, estrogeni e altri fattori fluttuano durante la gravidanza, coordinando la crescita e la preparazione al travaglio. Non si tratta di un apporto statico di nutrienti, ma di un sistema di feedback dinamico. Nessun esperimento è ancora riuscito a riprodurre un processo endocrino così complesso.
Un altro problema è la difesa immunitaria. Normalmente, la madre trasmette anticorpi al feto, che permettono al neonato di iniziare le prime settimane di vita con un sistema di difese già pronto. Un impianto artificiale dovrebbe in qualche modo fornire una protezione simile.
E infine, c’è il parto vero e proprio. Non è una semplice procedura meccanica. In breve tempo, la respirazione e la circolazione si ristabiliscono e i meccanismi di termoregolazione si attivano. Rendere questa transizione sicura in un ambiente artificiale è un compito irto di troppi rischi.
La ricerca moderna si concentra su un obiettivo diverso: aiutare i neonati estremamente prematuri. Sistemi sperimentali hanno permesso di mantenere gli agnelli in camere sterili con fluidi, collegate a un sistema di ossigenazione esterno, per diversi giorni o settimane. Negli Stati Uniti, questo è in atto presso il Children’s Hospital di Philadelphia, e sistemi simili sono in fase di sviluppo in Europa. Il loro obiettivo è prolungare la vita dei nati prematuri, non sostituire l’intera gravidanza.
È proprio su questo che insistono gli esperti. Live Science ha citato Harvey Klayman della Yale School of Medicine, il quale ha sottolineato che l’idea di trasferire completamente il processo a una macchina non solo è lontana dalla realtà, ma solleva anche serie preoccupazioni etiche. La strada responsabile è quella di migliorare gradualmente l’assistenza ai neonati prematuri, piuttosto che soccombere alle fantasie di robot con uteri artificiali.
L’immagine di una figura umanoide con un bambino in grembo è impressionante, ma l’immagine in sé non è una prova. I veri successi derivano da piccoli ma comprovati passi: tempi limitati, compiti mirati e obiettivi medici specifici. Sono questi risultati, non miti grandiosi, a far progredire la medicina.
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