Presidenziali USA: Joe Biden è l’uomo giusto per i Dem?
Avviso contenuto: Le sue abilità di front-man non sono più quelle di un tempo, questo è vero. Eppure, nel corso del lungo tragitto che lo ha portato dalla piccola cittadina di Scranton alla Casa Bianca, Joe Biden ha dimostrato di avere sempre una freccia al proprio arco.
Le sue abilità di front-man non sono più quelle di un tempo, questo è vero. Eppure, nel corso del lungo tragitto che lo ha portato dalla piccola cittadina di Scranton alla Casa Bianca, Joe Biden ha dimostrato di avere sempre una freccia al proprio arco. In vista delle elezioni di novembre, la sfida davanti al più che ottantenne presidente è quella di un secondo mandato.
Cosa dicono i sondaggi
Non è facile orientarsi tra tutti i sondaggi che raccontano la politica statunitense. Tuttavia, il Pew Research Center, uno dei più accreditati centri di ricerca degli USA, ha pubblicato un mese fa un’analisi molto interessante per capire il sentimento dell’elettorato nei confronti del presidente.
Secondo il centro, la fetta di cittadini convinti che Biden sarà un presidente senza successo a lungo termine è aumentata costantemente nel corso del mandato democratico. Si tratta di un dato molto interessante alla luce delle enormi sfide che ha dovuto affrontare l’amministrazione in carica.
Tra gestione del Covid-19 e rilancio dell’economia in politica interna, così come di fronte ai conflitti che attraversano l’Europa e il Medio Oriente, la Casa Bianca ha dovuto fare i conti con un quadriennio particolarmente turbolento. Il fatto che secondo l’opinione pubblica di questi anni non rimarrà una grande eredità solleva più di una preoccupazione ai democratici.
Lo Spiegone
Fonte: Pew Research Center. Rielaborazione grafica de Lo Spiegone
Le criticità evidenziate dal trend purtroppo per Biden ricorrono in numerose rilevazioni. Se ci si focalizza sulla fase conclusiva del mandato, per FiveThirtyEight il presidente ha il tasso di gradimento più basso dai tempi di Dwight D. Eisenhower. Senza contare che l’età avanzata del presidente costituisce un vincolo oggettivo per molti statunitensi. L’86% della popolazione ritiene che Biden sia troppo anziano per proseguire con un altro mandato. Insomma, un periodo ben poco rassicurante per il presidente e i democratici, sicuro preludio di una conclusione incerta.
Le alternative dei democratici
Nel frattempo, la corsa verso le elezioni va avanti. Come da tradizione, il presidente è il grande favorito per vincere le primarie democratiche, che fino a qualche settimana fa lo vedevano competere con Dean Phillips e Marianne Williamson.
Membro di lunga data del Congresso il primo, autrice già candidata in occasione delle primarie del 2020 la seconda, Phillips e Williamson sono due profili di secondo livello, incapaci di scalfire le gerarchie democratiche. Anche per questo, il cammino di Biden procede senza intoppi. Dopo un risultato al di sotto delle più fosche aspettative nei primi Stati al voto, Williamson si è ritirata dalla competizione. La corsa è finita per lei, ma di fatto anche per Phillips.
A questo punto, le alternative per il Partito democratico si restringono. A meno di un clamoroso colpo di scena, Biden vincerà agilmente la maggioranza dei delegati impegnati alla Convention nazionale del Partito democratico, prevista per la seconda metà di agosto. Per l’occasione, dal 19 al 22 agosto si riuniranno a Chicago i 3.934 delegati, chiamati a eleggere il candidato democratico per la Casa Bianca, secondo i risultati delle primarie. Se un candidato riceve la maggioranza dei voti, il nome sul ticket sarà suo.
C’è un’altra possibilità, ovvero che Biden decida di ritirarsi dopo la Convention. La scelta del sostituto toccherebbe allora al Comitato nazionale, un organo composto da addetti ai lavori che sarebbe così incaricato di prendere una scelta forse più diplomatica che prettamente politica. Secondo il New Republic, in questo scenario la nomina dovrebbe spettare necessariamente a Kamala Harris.
L’attuale vicepresidente potrebbe infatti contare su enormi vantaggi strategici. Una volta appoggiata dal partito, il principale sarebbe senza dubbio l’organizzazione con la quale condurre la campagna elettorale. Uno scoglio non indifferente per chi, da outsider, volesse tentare il grande salto, risultando niente di più che un mero guastafeste agli occhi dell’establishment e forse anche a una buona parte di elettori.
Le sfide del fronte democratico
I dubbi democratici però non si dissiperebbero nemmeno con un’eventuale convergenza sulla vicepresidente. I tassi di gradimento di Harris sono tutt’altro che entusiasmanti, mentre crescono gli attacchi dei repubblicani volti a delegittimarne la figura e l’operato. La propaganda del GOP non ha mai risparmiato insulti sessisti e razzisti nei suoi confronti, alimentando una spirale di odio suprematista che è diventata nel tempo la cifra identitaria per il partito di Abraham Lincoln.
La storia politica dell’ex procuratrice dimostra però che ha le spalle larghe ed è molto determinata a raggiungere i suoi obiettivi. In questo momento, ricompattare il fronte democratico, a partire dai gruppi sui quali il suo profilo ha una presa maggiore e che risulteranno decisivi in molti Stati.
Impegnata nella difesa dei diritti sessuali e riproduttivi, dopo il rovesciamento di Roe v. Wade da parte della Corte Suprema ha reso l’aborto uno dei temi centrali della sua campagna sul territorio. Oggi però, come riporta il New Yorker, le sue attenzioni sono rivolte soprattutto alle comunità afroamericane e latine. Si tratta di due fasce elettorali fondamentali per il successo dei democratici, la cui affezione nei confronti del progetto politico di Biden è gradualmente diminuita negli ultimi mesi.
Alle voci critiche si sono aggiunte le comunità araboamericane, che criticano il supporto statunitense allo Stato di Israele, rimasto intatto nonostante l’escalation militare e il tentativo di pulizia etnica in corso nei territori palestinesi. In occasione delle primarie in Michigan, sono state organizzate forme di protesta volte a minare il sostegno a Biden.
Se nei prossimi mesi non si dovessero registrare cambiamenti nella posizione democratica, il boicottaggio araboamericano potrebbe rappresentare un ostacolo importante alle elezioni. Non l’unico: diversi sondaggi mostrano infatti come si stia creando anche una spaccatura generazionale verso la guerra in Medio Oriente, con un numero crescente di giovani schierati dalla parte dei palestinesi.
Democrazia contro autoritarismo, ancora?
Non è detto che, a novembre, le guerre che dividono l’opinione pubblica a stelle e strisce siano un fattore decisivo per le elezioni. Una cosa scontata, invece, è il filo conduttore della campagna dei democratici, a prescindere dal profilo che si ritroverà a dirigere i lavori. Questo filo sarà, ancora una volta, la difesa della democrazia.
Il presidente l’ha espresso senza mezzi termini in occasione del terzo anniversario dell’assalto a Capitol Hill da parte dei sostenitori di Trump. «Se la democrazia è ancora la causa sacra dell’America (nda, Stati Uniti)», ha detto, «la scelta alle elezioni è chiara». Nelle parole di Biden, Trump sarebbe una minaccia per gli USA, in quanto disposto a tutto pur di ottenere il potere.
In una società polarizzata come quella statunitense, la deriva messianica è uno sviluppo inevitabile per la comunicazione politica. A orientare il dibattito pubblico non è più lo scontro tra alternative politiche ma tra la difesa o meno di un assetto istituzionale, su cui insiste una narrativa para-religiosa. La scelta di campo dei democratici si inserisce in questa cornice: finirà per pagare?
Lo Spiegone
Fonte: Statista. Rielaborazione grafica de Lo Spiegone
Secondo Statista, all’inizio di febbraio i temi più importanti per i cittadini statunitensi riguardano il costo della vita e le opportunità di lavoro, il sistema sanitario e la gestione dei flussi migratori. Eppure, una rilevazione di Reuters/Ipsos ha messo in luce come per il 21% dei cittadini l’estremismo politico e la tenuta delle istituzioni siano diventati la questione decisiva per le elezioni.
È presto per capire se questo basterà a rivitalizzare gli animi degli elettori. Del resto, dal protagonista in poi, la sceneggiatura per i Dem è ancora in buona parte da scrivere.
Fonti e approfondimenti
538, “How popular is Joe Biden”, 28/02/2024.
Karni, A. & Peters, J., “Her Voice? Her Name? G.O.P.’s Raw Personal Attacks on Kamala Harris”, The New York Times, 12 agosto 2020.
Shepard, A., “There’s Only One Viable Alternative to Biden”, The New Republic, 23/02/2024.
Wolf, Z., “Biden’s plea to save democracy faces harsh democratic reality”, CNN, 6/01/2024.
Editing a cura di Cecilia Coletti
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