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Violenta tempesta cosmica dal quasar Pds 456



Immaginate una tempesta colossale che si scatena appena al di fuori di un buco nero supermassiccio: è proprio ciò che ha rivelato Resolve, il nuovo spettrometro ad altissima risoluzione nei raggi X a bordo del satellite Xrism, nel contesto di una missione spaziale guidata dall’agenzia spaziale Jaxa (Giappone), con la partecipazione di Nasa (Stati Uniti) ed Esa (Europa).

Grazie ai dati ad altissima precisione di Xrism, è stato possibile – per la prima volta – identificare cinque componenti distinte di questo vento nel cuore del quasar Pds 456, ognuna espulsa dal buco nero centrale a velocità relativistiche, comprese tra il 20 e il 30 per cento della velocità della luce. Per fare un confronto, basti pensare che le tempeste più violente sulla Terra – come un uragano di categoria 5 – raggiungono al massimo 300 km/h. Questa “tempesta cosmica” è milioni di volte più veloce.


Spettro di emissione ai raggi X di Pds 456 catturato dallo strumento Resolve. In un gas stazionario, le linee di emissione del ferro simile all’elio e simile all’idrogeno appaiono rispettivamente a 6,7 keV e 6,97 keV. In questo caso, il movimento all’interno del vento causa spostamenti Doppler: le linee spostate verso il blu provengono dal gas che si avvicina alla Terra, mentre quelle spostate verso il rosso dal gas che si allontana. Questi spostamenti si sovrappongono, creando linee di emissione allargate—una prova del fatto che il gas fluisce in quasi tutte le direzioni. Crediti: Jaxa

Pubblicato oggi su Nature, lo studio nato da questa collaborazione internazionale (Jaxa, Nasa, Esa) nell’ambito della missione Xrism, a cui partecipano anche ricercatrici e ricercatori dell’Università di Roma Tor Vergata e dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), evidenzia la scoperta di cinque distinti flussi di plasma che fuoriescono dal disco di accrescimento del buco nero centrale a velocità estreme, pari al 20–30 per cento di quella della luce.

«Il nostro gruppo ha giocato un ruolo chiave nell’interpretazione di questi dati, grazie a tecniche spettroscopiche avanzate nei raggi X e a modelli teorici innovativi per la fisica dei venti prodotti dai buchi neri. Questi risultati aprono una nuova finestra sullo studio dell’universo estremo, e gettano le basi per comprendere meglio come i buchi neri influenzano l’evoluzione delle galassie», dice Francesco Tombesi, professore associato di astrofisica al Dipartimento di fisica dell’Università di Roma Tor Vergata e associato Inaf. In qualità di Xrism guest scientist selezionato dall’Esa (uno dei soli due in Italia insieme a James Reeves, associato Inaf), Tombesi ha partecipato alla pianificazione e all’analisi dell’osservazione del quasar Pds 456, il più luminoso dell’universo locale, utilizzando il nuovo spettrometro ad alta risoluzione Resolve, del quale possiamo vedere un’animazione qui sotto nel video del Goddard Space Flight Center della Nasa.

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«Roma Tor Vergata ha avuto un ruolo di primo piano», prosegue Tombesi , «anche grazie al contributo di due giovani ricercatori cresciuti all’interno del nostro Ateneo: Pierpaolo Condò, dottorando al secondo anno del PhD in Astronomy, Astrophysics and Space Science (Asss), e Alfredo Luminari, ricercatore post-doc presso Inaf ed ex dottorando Aass».

Un’energia così enorme e una struttura così complessa rivoluzionano la nostra comprensione dell’ambiente estremo intorno ai buchi neri supermassicci e mettono in seria discussione i modelli attuali di feedback tra buco nero e galassia. «Le teorie finora accettate», conclude Tombesi, «non riescono a spiegare una simile combinazione di forza e frammentazione: è chiaro che serviranno nuovi modelli per descrivere questi mostri cosmici».


Spettro di assorbimento ai raggi X di Pds 456 ottenuto dallo spettrometro Resolve a bordo di Xrism. Il riquadro superiore mostra lo spettro osservato nel suo insieme. Le cinque zone inferiori illustrano come il gas in movimento a velocità diverse produca linee di assorbimento a energie leggermente differenti a causa dell’effetto Doppler. Le linee più profonde in ciascuna zona corrispondono a ioni di ferro simili all’elio. Crediti: Jaxa

«Pds 456 è un laboratorio prezioso per studiare nell’universo locale i potentissimi venti prodotti dai buchi neri supermassivi. Questa nuova osservazione ci ha permesso di misurare la geometria e distribuzione in velocità del vento con un livello di dettagli impensabile prima dell’avvento di Xrism», aggiunge Valentina Braito, ricercatrice Inaf a Milano.

Un ruolo vincente all’interno della campagna osservativa di Pds 456 lo ha avuto ancora una volta l’osservatorio spaziale Neil Gehrels Swift, satellite Nasa con una importante partecipazione dell’Inaf con l’Agenzia spaziale italiana (Asi). È stato infatti grazie a un programma osservativo Swift – ottenuto da Valentina Braito – che il team è riuscito a costruire i modelli specifici per Pds 456 utilizzati nell’analisi dei dati Xrism.

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