Roberto, paziente veneto oncologico, riceve un diniego per l’accesso al suicidio assistito. Attesa per la sentenza della Corte costituzionale
Da un report dell’Associazione Luca Coscioni risulta che una persona su tre che chiede informazioni sul suicidio assistito è affetta da patologia oncologica
Dopo oltre cinque mesi di attesa, Roberto, paziente veneto di 67 anni, affetto da un tumore cerebrale non operabile, ha ricevuto dalla propria ASL un diniego alla possibilità di accedere al suicidio medicalmente assistito. Il motivo è, secondo un’interpretazione eccessivamente restrittiva, l’assenza di “trattamenti di sostegno vitale”, uno dei requisiti necessari stabiliti dalla sentenza Cappato-Antoniani che ha depenalizzato la morte volontaria assistita.
Roberto è affetto dal 2006 da un glioma diffuso, una forma aggressiva di tumore cerebrale che negli ultimi anni ha comportato crisi epilettiche quotidiane, e nelle ultime settimane difficoltà motorie, continue cadute e un progressivo deterioramento cognitivo. Non ci sono terapie disponibili e la prognosi è infausta.
A ottobre 2024 ha presentato la domanda alla sua azienda sanitaria per la verifica dei requisiti richiesti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, visite mediche realizzate nelle settimane scorse dopo una diffida del collegio legale coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. E ora, a oltre cinque mesi dalla richiesta, l’esito è stato un diniego: “manca il requisito del sostegno vitale”.
“Il tumore di cui è affetto Roberto è una vera e propria bomba a orologeria”, commenta l’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. “Potrebbe portarlo in qualunque momento a uno stato vegetativo, a perdere la vista o la possibilità di comunicare o alla morte. Lui vuole evitare tutto questo, vuole poter scegliere come e quando morire, senza rischiare di perdere all’improvviso la capacità di scegliere, la sua autonomia. Riteniamo che i medici avrebbero dovuto tenere conto della prognosi infausta che Roberto ha ricevuto e dell’impossibilità di attivazione di trattamenti di sostegno vitali, poiché non ce ne sono. Così anche l’impossibilità per Roberto di assumere farmaci che pure potrebbero essere considerati sostegni vitali poiché provano a contenere le crisi epilettiche ma che purtroppo determinano effetti collaterali che annullano i possibili benefici. La Corte costituzionale è stata chiamata, con l’ultima questione di legittimità costituzionale discussa lo scorso marzo, a pronunciarsi anche su questa diversa condizione di un malato oncologico. La sentenza che attendiamo dalla Corte potrebbe riconoscere come equivalente al trattamento di sostegno vitale la presenza di una prognosi infausta”.
La Consulta si pronuncerà a breve su un caso simile, quello di Elena Altamira, anche lei malata oncologica veneta, accompagnata in Svizzera da Marco Cappato, perché impossibilitata a ottenere il suicidio assistito in Italia nonostante l’irreversibilità della malattia e la previsione di vita molto breve. E anche lei con una prognosi infausta a breve termine.
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