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Primo Maggio: storia, diritti e lotte operaie dalle origini al Jobs Act

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Le radici internazionali del Primo Maggio


La Festa dei Lavoratori ha origini profonde e internazionali, legate alle storiche lotte operaie per la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore giornaliere. L’idea di una giornata di mobilitazione globale affonda le sue radici nei movimenti socialisti e anarchici dell’Ottocento. Già nel Congresso di Rimini del 1872, la spaccatura tra marxisti e anarchici all’interno della Prima Internazionale segnava una divergenza profonda su strategie e obiettivi.

Pochi mesi dopo, nel Congresso di Saint-Imier, nasce l’Internazionale Anarchica, che rifiuta ogni forma di autoritarismo e propone un’azione diretta dei lavoratori. È in questo clima che prende forma una visione del lavoro come terreno di lotta, non solo economica, ma anche politica e sociale. Le rivendicazioni per condizioni di lavoro più umane iniziano a consolidarsi a livello internazionale.
Primo maggioUna timeline illustrata dei momenti chiave nella storia del Primo Maggio e dei diritti dei lavoratori, dalle origini anarchiche alle riforme recenti.

La nascita di una giornata globale di lotta


Il vero punto di svolta arriva con gli scioperi del Primo Maggio 1886 negli Stati Uniti. La richiesta delle otto ore lavorative porta in piazza centinaia di migliaia di lavoratori. A Chicago, il movimento culmina in una manifestazione ad Haymarket Square, dove l’esplosione di una bomba provoca morti tra poliziotti e manifestanti. La repressione che segue è brutale: alcuni anarchici vengono condannati e giustiziati senza prove concrete.Nel 1889, la Seconda Internazionale socialista, riunita a Parigi, proclama il 1° maggio come Giornata Internazionale dei Lavoratori, a partire dall’anno successivo. La scelta simbolica intende onorare i martiri di Chicago e unificare le lotte dei lavoratori sotto un’unica data. Il Primo Maggio diventa così una giornata di memoria, protesta e mobilitazione che si diffonde in tutta Europa e nel mondo.

Il Primo Maggio in Italia tra fascismo e democrazia


Anche in Italia la Festa dei Lavoratori assume da subito un significato politico e sociale importante. Il 1° maggio 1891 si celebrano le prime manifestazioni ufficiali, promosse da movimenti socialisti e anarchici. Tuttavia, nel 1923, con l’ascesa del regime fascista, la ricorrenza viene abolita e sostituita dalla “Festa del lavoro fascista” il 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma. Il fascismo tenta così di cancellare la memoria delle lotte operaie e di sottomettere il lavoro a una visione corporativa e autoritaria.

Solo nel 1945, con la Liberazione, il Primo Maggio viene ripristinato come festa nazionale del lavoro. Ma la gioia della riconquista dura poco: nel 1947, durante una manifestazione a Portella della Ginestra, in Sicilia, la banda criminale di Salvatore Giuliano apre il fuoco sulla folla. È una vera e propria strage del Primo Maggio: undici lavoratori vengono uccisi, decine restano feriti. Questo tragico evento segna profondamente la storia del lavoro in Italia, ricordandoci quanto il diritto di manifestare sia stato conquistato a caro prezzo.

Dallo Statuto dei lavoratori alle riforme neoliberiste


Nel 1970, l’Italia compie un passo storico con l’approvazione dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300), che riconosce importanti diritti sul lavoro: libertà sindacale, tutela contro i licenziamenti illegittimi, centralità del contratto collettivo. È una conquista frutto di anni di mobilitazioni e un riferimento ancora oggi.

Tuttavia, dagli anni ’90 in poi, il mondo del lavoro italiano entra in una fase di profonda trasformazione. Il Pacchetto Treu del 1997 apre alla flessibilità occupazionale e introduce il lavoro interinale. Con la Legge Biagi del 2003, aumentano i contratti atipici e si diffondono forme di lavoro più instabili. La Riforma Fornero del 2012 limita le tutele contro i licenziamenti economici, segnando un ridimensionamento dell’articolo 18.

Infine, il Jobs Act del 2014 rivoluziona il diritto del lavoro introducendo il contratto a tutele crescenti: una forma contrattuale che riduce le garanzie iniziali per i nuovi assunti. Questo insieme di riforme, pur presentate come modernizzazioni, viene spesso criticato per aver prodotto precarietà e indebolito i diritti conquistati nel dopoguerra.

Il senso del Primo Maggio oggi


Oggi il Primo Maggio è spesso vissuto come una ricorrenza simbolica, ma la sua storia ci ricorda che i diritti sul lavoro non sono mai stati garantiti per sempre. Le conquiste ottenute – dalle otto ore allo Statuto dei lavoratori – sono frutto di lotte operaie, scioperi, repressioni e sacrifici. Al tempo stesso, le riforme più recenti mostrano che i diritti possono essere erosi nel nome della flessibilità e della competitività.

Per questo, il Primo Maggio resta una giornata fondamentale: non solo per celebrare, ma per riflettere sul presente del lavoro e sulle sfide future. In un’epoca di precarietà diffusa, gig economy e disuguaglianze crescenti, ricordare la memoria delle lotte passate può offrire strumenti per affrontare quelle che ancora ci attendono.

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