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Proton introduce il piano per le coppie: ecco Proton Duo
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L'Intelligenza artificiale (#AI) offre soluzioni innovative per la polizia dei crimini ambientali, riducendo costi e tempi
Un interessante studio apparso sul sito dell’ Institute for Securities Studies (ISS) approfondisce gli aspetti relativi all’ausilio che può fornire l’intelligenza artificiale alle forze di polizia impegnate nella lotta ai crimini ambientali, con particolare riguardo al continente africano (l’articolo è qui: issafrica.org/iss-today/ai-can…).
L'aspetto di maggior interesse è che l’AI può analizzare enormi quantità di dati in tempi brevi, identificando modelli di comportamento criminale e movimenti di beni illeciti.
Quali prima di tutto le sfide per i progetti di Intelligenza Artificiale nella lotta contro i crimini ambientali in Africa?
Innanzitutto, mancanza di dati locali: la disponibilità limitata e la scarsa qualità dei dati locali ostacolano l'efficacia dei modelli di IA, rendendo difficile l'analisi accurata delle attività illecite.
Quindi le infrastrutture inadeguate: la carenza di infrastrutture di comunicazione e digitali limita la capacità di implementare e gestire tecnologie avanzate in aree remote.
Ancora, risorse e competenze limitate: la mancanza di investimenti in ricerca, sviluppo e formazione tecnica riduce la capacità delle forze dell'ordine di utilizzare efficacemente l'AI nella lotta contro i crimini ambientali.
Quali invece i vantaggi dell'Intelligenza Artificiale nella lotta contro il bracconaggio?
In primis, risparmio di tempo e risorse: l'uso dell'AI consente di risparmiare ore di lavoro per le forze dell'ordine, migliorando l'efficienza operativa.
Poi il “rilevamento precoce”: l’AI consente un monitoraggio continuo e in tempo reale, identificando attività sospette e facilitando interventi tempestivi.
A seguire, nell’ambito del ciclo intelligence di polizia, l’analisi predittiva: utilizzando modelli predittivi, l'AI può anticipare le rotte di bracconaggio e le aree a rischio, migliorando la pianificazione delle operazioni di pattugliamento e fornendo, di conseguenza, efficienza operativa, poiché automatizzando l'analisi dei dati e il riconoscimento delle immagini, l'AI riduce il carico di lavoro per le forze dell'ordine, permettendo loro di concentrarsi su azioni concrete contro il bracconaggio mediante interventi tempestivi, grazie a tecnologie come TrailGuard (sistemi di telecamere intelligenti che utilizzano modelli per filtrare il 99% delle immagini false e inviare avvisi in tempo reale) permettono risposte rapide a minacce, facilitando l'arresto di criminali e la prevenzione di danni ambientali.
Ad esempio, progetti impiegano l’AI per riconoscere specie specifiche da immagini catturate, facilitando il monitoraggio della fauna selvatica, come Operation Pangolin lanciata nel 2023 come collaborazione tra università, iniziative di conservazione e l'Agenzia nazionale per i parchi nazionali del Gabon. Raccoglie ed elabora i dati dalle telecamere esistenti, utilizzando l'intelligenza artificiale per riconoscere i pangolini dalle trappole fotografiche e dalle telecamere termiche. Le immagini vengono utilizzate con i dati dello strumento di monitoraggio spaziale e reporting delle pattuglie dei ranger per costruire modelli predittivi per il bracconaggio dei pangolini. L'obiettivo a lungo termine del progetto è quello di sviluppare modelli di intelligenza artificiale separati che aiutino a prevedere le rotte e i mercati della tratta.
Del pari l’analisi dei dati satellitari, attuata mediante piattaforme come Digital Earth Africa e Skylight la utilizzano per analizzare dati geospaziali e identificare attività illecite come l'estrazione mineraria e la pesca illegale. Si tratta del così detto monitoraggio avanzato: questi progetti utilizzano tecnologie di intelligenza artificiale per analizzare dati da telecamere e strumenti di monitoraggio, migliorando la capacità di rilevare e rispondere a minacce come il bracconaggio.
Focalizzandosi sulla costruzione di capacità locali, questi progetti garantiscono che le tecnologie e i dati rimangano utili anche oltre la loro durata, promuovendo una gestione sostenibile della fauna selvatica.
In conclusione, investimenti in capacità locali e legislazione sull'IA sono necessari per migliorare l'efficacia della lotta contro i crimini organizzati.
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#ENDENVCRIME #WILDLIFEtrafficking
Ci ha lasciato oggi, a 92 anni, il compagno Mario Brunetti, intellettuale calabrese meridionalista, esponente della comunità arbëreshe, socialista e comunista democratico che è rimasto sempre fedele alla lezione di Antonio Gramsci e Rodolfo Morandi.
Mario Brunetti per tre mandati è stato parlamentare di Rifondazione Comunista, dopo una lunga militanza nello Psiup, nel PdUP e in Democrazia Proletaria. Ci ha lasciato, nel lavoro fatto come Presidente del Comitato dei diritti umani della Commissione Esteri della Camera, delle importanti testimonianze scritte.
Nel 1998 seguì Cossutta nella scissione ma tornò dopo alcuni anni a collaborare con Rifondazione per la sua netta opposizione allo stravolgimento della Costituzione – dal contrasto alle famigerate modifiche del Titolo V, all’opposizione ai diversi e pericolosi tentativi di cambiamento avvenuti nel corso degli ultimi decenni. La nostra comune battaglia si è infine rinforzata nel denunciare, insieme e per primi, le pericolosità insite nei propositi leghisti volti ad affermare l’Autonomia differenziata.
Non possiamo dimenticare il suo infaticabile lavoro di meridionalista e di difensore dei diritti e delle peculiarità delle minoranze etniche nonché l’organizzazione ultratrentennale degli Itinerari Gramsciani: in questo quadro, grazie alle sue ricerche ed ai suoi studi, è stato possibile conoscere e datare con precisione le origini arbëreshe, di Plataci (Cs), della famiglia paterna di Antonio Gramsci.
Con Mario perdiamo un intellettuale di assoluto valore, un compagno che ha messo il suo sapere al servizio della sua terra e un militante della sinistra autentica che ha onorato il nostro partito con un lavoro instancabile per la causa della Pace e della giustizia sociale. Il suo esempio di lavoro culturale e politico e i suoi libri rappresentano un’eredità fondamentale.
Domani alle 17:30, alla Villa vecchia di Cosenza gli daremo, insieme ai suoi cari familiari ed ai loro amici, l’ultimo saluto laico con le nostre bandiere rosse al vento.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Mimmo Serrao, segretario regionale Calabria
Gianmaria Milicchio, segretario provinciale Cosenza
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Enrico Lai*
Risulterebbe parecchio singolare che la politica si affidi al capitale e al libero mercato per avviare la transizione energetica in Sardegna.
Quello stesso libero mercato e quello stesso capitale che nel sistema di accumulo capitalista, a partire dall’industria fordista dell’900 in poi, ha sfruttato il territorio inquinandolo e mai bonificandolo e ha sfruttato tantissime masse di lavoratrici e lavoratori lasciando sul territorio disoccupazione e malattie. Possono essere quindi loro stessi a porsi alla guida col “placet” della politica di governo nella transizione energetica? Verrebbe da dire spudoratamente “not in my name”.
Affidarsi armi e bagagli a lor signori, ovvero gli stessi che hanno prodotto crisi climatiche, ambientali, sanitarie e occupazionali, è il peggio che possiamo augurarci per il nostro futuro. Quindi il timore che il tema del “pubblico” a limitazione del “laissez faire” liberista e neoliberista non entri con prepotenza nel dibattito politico, così come purtroppo non sta avvenendo, lascia presagire che il “mito della caverna” di Platone sia più che una realtà tangibile.
Ad oggi ho il timore che si guardi e si ragioni su delle ombre proiettate appunto alla fine della caverna e non sulla realtà concreta ed essenziale dei fatti. Basta voltarsi per vedere la luce del sole e la “verità”. In fin dei conti dopo anni di narrazioni sulla dicotomia “privato bello, pubblico brutto” non sorprende che questo motto sia diventato senso comune in diversi strati di popolazione ed egemone nella quasi totalità della classe politica. Oggi più che mai, ritengo, sia indispensabile ribaltare seccamente questo concetto della “mano invisibile” di Adam Smith.
La transizione energetica o la si fa o non la si fa. “Tertium non datur”. Ritengo che adoperarsi a favore sia un obbligo civile e un dovere politico improcrastinabile della classe dirigente per lasciare un mondo migliore, ma soprattutto per salvaguardarlo, ai nostri figli e ai nostri nipoti. Questo è un punto che deve coinvolgere tutte e tutti. In qualunque ambito lavorativo, istituzionale e sociale a partire dalla conoscenza e dall’istruzione nelle scuole primarie. Purtroppo poco si parla nel dibattito pubblico di ciò. La comunità scientifica da decenni ormai è unanime nel ritenere che i cambiamenti climatici con fenomeni sempre più estremi, frequenti e devastanti in larga misura derivanti dall’uso di combustibili fossili rischiano di lasciarci un mondo completamente differente da come lo conosciamo.
A partire dai mutamenti di flora, fauna e clima fino all’allarme più devastante che è quello dell’immigrazione climatica. L’UNHCR (alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati) stima che all’anno ci siano circa 20 milioni di persone obbligate a emigrare a causa del clima con conseguente destabilizzazione antropologica delle stesse comunità e una mutazione irreversibile della società mondiale con tutti i danni economici prodotti a corollario. Questo perché è indispensabile avere un approccio scientifico e non moralista al tema. E’ lo snodo centrale.
La transizione energetica scollegata da una lettura storica del sistema di accumulo capitalista che non tiene in considerazione la “questione di classe”, sarebbe mero “giardinaggio”. Così come il rifiuto della realtà e del principio “non nel mio giardino” non farebbe altro che produrre una situazione peggiorativa del quadro economico e ambientale. Nel solco di conquista del territorio sardo avviato dalla speculazione delle multinazionali del sole e del vento, ci viene sempre in aiuto Marx. Ad oggi siamo davanti a un attacco colonialista, figlio del capitalismo e nipote della globalizzazione. La transizione energetica va immaginata partecipata, democratica, riconosciuta ma in particolar modo voluta. Soprattutto voluta perché necessaria e non rimandabile.
Nell’ambito di una seppur debole autonomia speciale la Sardegna all’articolo 4 del proprio Statuto Speciale può legiferare in merito alla produzione e alla distribuzione dell’energia elettrica. Esiste quindi uno strumento che ci permetterebbe di limitare fortemente la “deregulation” parafrasando Humphrey Bogart: “è il mercato bellezza, e non puoi farci niente!”. Forse può essere non è esattamente così. E fa vibrare le vene ai polsi il fatto che non lo si riconosca come strumento efficace e utile per avviare delle scelte e una seria programmazione in tal senso.
Già negli anni ‘60 la stessa DC si dichiarava indisponibile alla privatizzazione dell’energia in Italia. Su questo ci tornerò con più precisione e dettaglio. Ad oggi però è utile sottolineare che da parte della giunta regionale non è previsto nessun piano energetico che sappia indicare puntualmente quali tipologie di energie rinnovabili ma solo la ricerca affannosa nell’individuazione di aree idonee all’installazione degli impianti di produzione privata per limitare le giuste preoccupazioni, totalmente fondate, delle sarde e dei sardi.
Faccio notare che nel 2006, anche noi come Partito della Rifondazione Comunista della Sardegna volevamo fortemente, anche a seguito della legge Salvacoste del compianto Luigi Cogodi, votando poi a favore del Piano Paesaggistico Regionale. PPR, costruito di concerto col ministero e le comunità locali, appunto per bloccare la speculazione dei “mattonari” e questo elemento lo rivendichiamo con estremo orgoglio tutt’oggi. Il PPR prevede già su tutti i comuni costieri quelle aree e quei beni individui tutelati che non possono essere alla mercé di nessuno, tantomeno degli autoproclamati “signori del vento”.
Non risulterebbe banale che, uno strumento che ha dato prova positiva e che continua a darla nel suo funzionamento, debba essere recuperato nell’ambito della mappatura delle zone interne invece che demonizzarlo e brandirlo come uno spauracchio solo perché antipatico al centrodestra e allo stesso PD che ha deciso persino di interrompere anticipatamente una legislatura regionale su questo preciso punto. Gli strumenti esistono già, usiamoli, miglioriamoli e adeguiamoli alle nuove esigenze che la fase storica ci pone davanti. Per questo nutro delle perplessità di natura giuridica in merito alla proposta di legge proveniente da più parti chiamata “Pratobello”, sebben sia un’iniziativa nobile e giusta che prova a dare una risposta alla salvaguardia del territorio sardo contro la speculazione arrembante e merita particolare attenzione e riconoscimento da parte di tutte e tutti.
Preciso, essendo utile, che noi fummo tra i pochi che posero all’attenzione del governo i vizi di incostituzionalità dell’ultimo Piano Casa della “giunta Solinas”. E la Corte Costituzionale esprimendosi qualche mese fa confermò l’orientamento giuridico già assunto in precedenza, ovvero il paesaggio e l’ambiente non è appannaggio esclusivo in termini di competenze della Regione di fatto cassandolo praticamente in tutta la sua interezza.
Per questo buttare fumo negli occhi delle sarde e dei sardi evocando la più nota rivolta di Pratobello del 1969, con dispiegamento di vele mediatiche così come sta facendo l’Unione Sarda, rischia di non rendere onore alla storia intrinseca sulla portata culturale di quel movimento, ma soprattutto di non produrre gli effetti sperati da tutti, ovvero arrestare oggi, non domani, ma soprattutto neanche dopodomani la speculazione sul territorio.
Ritengo utile sottolineare che il direttore dell’Unione Sarda in un editoriale del 16 giugno sotto forma di lettera aperta alla presidente Giorgia Meloni e rivolgendosi a lei scriveva: ”Ci eravamo illusi, Cara Giorgia, quando incontrando il presidente algerino nel gennaio 2023 Lei rispolverò il gasdotto Sardegna-Italia. Ma forse avevamo capito male. Ora il disegno è chiarissimo: neppure un atomo di metano”. Una domanda sorge quindi francamente spontanea: la strenua e intransigente difesa del territorio identitario sardo proposto dall’Unione Sarda come si concilia con la metanizzazione attraverso una dorsale del gas che attraversa in lungo e in largo la Sardegna? Ma soprattutto come si concilia con la stessa transizione energetica? Ai posteri l’ardua sentenza.
Alcuni mesi fa, noi insieme ad altre forze, parlavamo di “agenzia sarda pubblica dell’energia”. E in sintonia col già richiamato articolo 4 dello Statuto Speciale oggi assume una connotazione di attualità sorprendente nell’ambito di un reale cambio di paradigma di produzione di beni e servizi. Un cambio che da una situazione di difesa strenua del territorio può passare a una situazione di limpida e cristallina opportunità per le sarde e i sardi.
L’agenzia, in cui il pubblico detiene la proprietà dell’energia prodotta, avrebbe la possibilità non solo di creazione di nuovi posti di lavoro ma soprattutto di realizzare parecchi utili da reinvestire sullo stato sociale come politiche attive del lavoro, sanità e scuola pubblica. Far passare, seduti sulla riva del fiume, questa opportunità sarebbe francamente deleterio, così come consegnarla ai privati. Con ogni evidenza nell’ambito della mappatura delle aree, di concerto con le comunità locali, nell’ambito della programmazione di quali e quante energie si debbano installare è imprescindibile trovare il giusto equilibrio. Non può esserci giustizia climatica senza giustizia sociale.
Il combinato disposto di PPR con l’Agenzia Sarda Pubblica dell’Energia è una delle soluzioni a parer mio più credibili che possono sottrarre dalla speculazione il territorio da una parte e avviare un effetto volano di natura economica per il benessere delle sarde e dei sardi dall’altra.
*Segretario regionale Sardegna, PRC-S.E. da “Il Manifesto sardo
Sulle energie rinnovabili il libero mercato è parte del problema e non della soluzione
Enrico Lai* Risulterebbe parecchio singolare che la politica si affidi al capitale e al libero mercato per avviare la transizione energetica in Sardegna.Rifondazione Comunista
Giovanni Russo Spena
Quest’anno “Itinerari gramsciani” a Plataci non si terrà, purtroppo. Il suo ideatore, il suo appassionato organizzatore , Mario Brunetti, poche ore fa, è morto. Ho conosciuto Mario nel 1972, quando fummo, insieme a Vittorio Foa, Pino Ferraris, , Silvano Miniati, Domenico Jervolino, Giangiacomo Migone , tra le altre e gli altri, fondatori del Nuovo Psiup/Sinistra Mpl e, poi, del Pdup, con le compagne e i compagni de “il manifesto”. Sini al percorso che portò a Democrazia Proletaria. Mario è stato, per me, un fratello maggiore; mi ha insegnato tanto. La sua splendida famiglia è stata (ed è) la mia famiglia. Evito qui elogi funebri, che Mario, sempre così sobrio, non amava. Ricordo solo che è stato un parlamentare importante, un coerente partigiano della Costituzione. Ha interpretato la sua funzione non solo come raffinato conoscitore e studioso delle aule e delle commissioni parlamentari, ma, soprattutto, nelle strade, nei luoghi di lavoro e della mancanza di lavoro, nei villaggi sperduti della globalizzazione, in Italia, come nell’America Latina, come nel Medio Oriente.
Nei luoghi delle ingiustizie e delle diseguaglianze, nei meandri del dolore, negli spazi delle lotte , delle rivolte, delle ribellioni. Abbiamo scritto insieme articoli, saggi per Sinistra Meridionale, che è l’amata creatura editoriale di Mario. Rigoroso e lucidissimo intellettuale, arbereshe. Stavamo, in questi giorni, discutendo di un convegno per sottolineare i danni che l’”autonomia differenziata” avrebbe prodotto per il Sud : una sorta di discussione /inchiesta popolare , come facemmo, guidati da Pino Ferraris, all’epoca della “rivolta” di Reggio Calabria. Mario è, infatti, un padre del meridionalismo contemporaneo. Un meridionalismo gramsciano, come ripeteva con convinzione. E si arrabbiava con noi, donne e uomini di sinistra, perché avevamo, sosteneva, sostanzialmente rimosso il Mezzogiorno dalle nostre strategie. “Il Sud non è un orpello; è centrale per pensare la rivoluzione”, ci ripeteva con accorata testardaggine. Mario ha formato, culturalmente e politicamente, tante ragazze e tanti giovani che saranno i nuovi meridionalisti. Intanto, mi sento (ci sentiamo), oggi, spaesati, molto soli. Senza Mario, orgogliosamente e liberamente comunista
per Mario Brunetti
Giovanni Russo Spena Quest'anno "Itinerari gramsciani" a Plataci non si terrà, purtroppo. Il suo ideatore, il suo appassionato organizzatore , MarRifondazione Comunista
Il controverso accordo delle Nazioni Unite (ONU) sulla lotta contro la criminalità informatica è stato pubblicato.
Il comitato ad hoc dell'ONU ha approvato il progetto di convenzione dopo circa tre anni di trattative.
NoyB fa partire 9 denunce contro Elmo e il suo social per diverse violazioni della privacy, in particolare legate al training della IA di Musk
🔁 **L'Italia mette i paletti a Dongfeng su #Infotainment e #cybersicurezza: utilizzare componenti "locali"** feddit.it/post/10056392 Il nuo...
**L'Italia mette i paletti a Dongfeng su #Infotainment e #cybersicurezza: utilizzare componenti "locali"**
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OpenStreetMap, l’alternativa crowdsourcing a Google Maps, compie 20 anni
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Aggiunte due applicazioni per Lemmy: Stealth (che legge anche Reddit) e Interstellar (che legge anche Mbin)
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🔁 🤖 Immaginate un mondo in cui un modello di intelligenza artificiale, finemente addestrato per la sicurezza, possa essere trasformato in una ve...
🤖 Immaginate un mondo in cui un modello di intelligenza artificiale, finemente addestrato per la sicurezza, possa essere trasformato in una versione malvagia e pericolosa in pochi minuti...
Corruzione nello sport, le linee guida delle Nazioni Unite per Mondiali di calcio e prossime Olimpiadi
Le Olimpiadi di Parigi sono appena terminate, e già l’ufficio delle Nazioni Unite contro la droga ed il crimine (#UNODC, United Nations Office on Drugs and Crime) è proiettato verso le prossime manifestazioni sportive di maggior interesse internazionale, ovvero il FIFA World Cup 2026 (Mondiali di calcio in Canada (2 città), Messico (3 città) e Stati Uniti (11 città)) e le Olimpiadi 2028 di Los Angeles.
Lo fa attraverso una pubblicazione che è un Rapporto sulla Corruzione nello Sport (Safeguarding Sport from Corruption: Focus on the FIFA World Cup 2026 and the 2028 Summer Olympics in Los Angeles), nel quale analizza la rilevante tematica (che con ogni evidenza interessa anche aspetti di cooperazione tra le Forze di polizia degli Stati) e fornisce alcune linee guida.
Secondo UNODC prima di tutto le città ospitanti per il FIFA World Cup 2026 e le Olimpiadi 2028 dovranno rispettare i principi sui diritti umani. Importante che la FIFA abbia migliorato il processo organizzativo con misure di integrità e audit indipendenti.
Sono elevati rischi di corruzione e infiltrazione di gruppi criminali organizzati.
Di conseguenza le raccomandazioni delle #NazioniUnite includono la creazione di punti di coordinamento tra autorità e stakeholder. Ciò implicherà necessariamente valutazioni dei rischi e piani di prevenzione per il movimento di persone.
Quali misure possono quindi essere adottate per prevenire la corruzione durante eventi sportivi di grande rilevanza come la FIFA World Cup 2026 e le Olimpiadi estive del 2028?
Si va dalla Cooperazione Interagenzia per promuovere la collaborazione tra autorità giudiziarie, agenzie anti-corruzione e organizzazioni sportive, sì da facilitare lo scambio di informazioni e coordinare le azioni contro la corruzione, alla mappatura dei Meccanismi di Segnalazione: ovvero condurre un'analisi dei meccanismi esistenti per la segnalazione e la prevenzione della corruzione, migliorando la loro applicazione e comprensione, per infine sviluppare le competenze di investigatori e funzionari per indagare e perseguire casi di corruzione, attraverso attività di sensibilizzazione e formazione su buone pratiche.
Tutto ciò perché sussistono rischi di corruzione associati alla FIFA World Cup 2026 e alle Olimpiadi del 2028, legati a conflitti di interesse e pratiche di corruzione durante la selezione delle città ospitanti, utilizzo di fondi pubblici per lo sviluppo di infrastrutture legate agli eventi, con possibilità di corruzione e appropriazione indebita ed aumento del rischio di manipolazione delle competizioni a causa della liberalizzazione dei mercati delle scommesse in Canada e Stati Uniti.
Con riguardo in particolare ai Mondiali di Calcio, come abbiamo accennato la FIFA ha previsto misure specifiche per prevenire la corruzione nella World Cup 2026, consistenti in audit Indipendenti, introduzione di misure di integrità per monitorare i mercati delle scommesse legali e prevenire la manipolazione delle competizioni e sviluppo di meccanismi di segnalazione per la prevenzione e la rilevazione della corruzione, coinvolgendo autorità competenti e organismi sportivi. I principali Rischi di Corruzione nell'Organizzazione del FIFA World Cup 2026 risiedono nella manipolazione dei processi di offerta e selezione degli host, spesso influenzata da interessi personali o politici, nella Corruzione nei Contratti, legati all'assegnazione di contratti per infrastrutture, beni e servizi e nella Rivendita di Biglietti, potendosi porre in atto Pratiche illecite da parte degli organizzatori che rivendono biglietti per profitto personale, compromettendo l'integrità dell'evento.
La pubblicazione è reperibile qui: unodc.org/documents/Safeguardi…
# CorruzionenelloSport #SafeguardingSportfromCorruption
X ha ricevuto nove reclami per la protezione dei dati ed ha annunciato che sospenderà in parte l’addestramento dell’IA
L'articolo proviene da #Euractiv Italia ed è stato ricondiviso sulla comunità Lemmy @Intelligenza Artificiale
Lunedì 12 agosto, X (ex Twitter) ha ricevuto nove reclami in materia di protezione dei
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Il danno alla democrazia dell’odio social. Dal 2017 Articolo 21 si batte contro le parole violente
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Cybersicurezza, l'Onu approva il suo primo trattato, ma i difensori dei diritti umani mettono in guardia contro uno strumento di sorveglianza globale
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Il Giorno del Sovraccarico Planetario #overshootday è arrivato un giorno prima rispetto al 2023, segnalando che dal 5 agosto siamo costretti a utilizzare la “carta di credito ambientale”. Le risorse
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Il Giorno del Sovraccarico Planetario #overshootday è arrivato un giorno prima rispetto al 2023, segnalando che dal 5 agosto siamo costretti a utilizzare la “carta di credito ambientale”. Le risorse https://feddit.Telegram
Della chiusura della linea per i lavori di ammodernamento previsti (urgenti e necessari) come il raddoppio di alcune tratte, l’eliminazione dei passaggi a livello, ecc…, si parla da lunghi anni, cioè da quando c’erano il sig. Zingaretti e il sig. Civita in Regione, ma adesso pare che siamo arrivati al dunque perchè a gennaio 2025 si dovrebbero avviare i lavori.
Finalmente, dopo tanti anni di chiacchiere, stanno per arrivare i fatti.
Ma c’è un però, grande come una casa.
Intanto non esiste un piano di mobilità alternativo alla chiusura della tratta extraurbana da Montebello in avanti, nessuno lo ha ancora elaborato. E il tempo vola. Conoscendo i soggetti non ci sarà da aspettarsi niente di più che qualche navetta incarrozzata nel traffico della via Flaminia nelle ore di punta.
Teniamo presente che la Roma Viterbo, come la Roma Lido, ha perso negli anni moltissimi utenti a causa del pessimo servizio erogato ed iL rischio reale è quello di perderne molti altri, che magari preferiranno la propria auto.
Detto questo, ci viene un forte dubbio in merito alla chiusura della linea.
Sulla Roma Lido i lavori su infrastruttura, segnalamento e linea elettrica (in atto da due anni) si fanno dalle 21 alle 5 di mattina e di giorno i treni girano regolarmente.
Perché sulla Roma Viterbo no?
Perchè punire di nuovo i pendolari?
RIFONDAZIONE COMUNISTA – LAZIO
LA TRATTA EXTRAURBANA DELLA ROMA VITERBO CHIUDERA’ PER 2 ANNI. E I PENDOLARI?
Della chiusura della linea per i lavori di ammodernamento previsti (urgenti e necessari) come il raddoppio di alcune tratte, l'eliminazione dei passaggi a livelRifondazione Comunista
Noi di Rifondazione siamo stati gli unici a votare contro la direttiva Bolkestein e trovo ridicolo che da anni quelli che l’hanno votata diano colpa a una cattiva Europa per nascondere le loro responsabilità. Il vittimismo dei balneatori è fuori luogo. Hanno goduto di un sostegno bipartisan per decenni che ha portato a prevedere il rinnovo automatico, cioè eterno, delle concessioni con canoni irrisori. Un privilegio e una rendita insostenibile sul piano giuridico su un bene demaniale dai tempi dell’imperatore Giustiniano. Questo ha consentito di creare un mercato delle concessioni che vengono cedute per milioni di euro senza che la collettività – comuni e demanio – ne ricavi nulla. Ma soprattutto ha scatenato una progressiva proliferazione di manufatti e recinzioni che hanno reso la vista mare preclusa in gran parte delle spiagge italiane. Questo è accaduto grazie alla complicità bipartisan dei legislatori e degli amministratori di comuni e regioni che si sono per anni contesi il voto della loro lobby. Che ora si lamentino degli investimenti come se fosse stata la comunità a chiedergli di costruire a più non posso è davvero fuori luogo. I balneatori sono da tempo una lobby potentissima che ha avuto un trattamento di favore da parte di centrodestra e centrosinistra. Ricordo che quando si provò ad aumentare i canoni ci fu una rivolta prepotente a cui la politica si piegò. L’alta redditività delle concessioni ha portato a una corsa alla cementificazione delle spiagge e alla sostanziale assenza di spiagge libere nel nostro paese. Se sai che la tua concessione è eterna investi un sacco di soldi per costruire sempre nuove strutture. E’ davvero triste che debba essere l’Unione Europea a imporre con criteri meramente ordoliberisti di porre fine a un regime di gestione del demanio marittimo inaccettabile. Doveva essere la Repubblica italiana a tutelare un bene comune come la spiaggia con criteri di interesse pubblico a partire dalla vista mare (la Repubblica tutela il paesaggio, recita l’articolo 9 della Costituzione) e a imporre un modello di gestione diversa. Il dibattito da tempo in corso è concentrato solo sulle gare mentre bisognerebbe mettere al primo posto la tutela ambientale-paesaggistica, la fruibilità di un bene comune, il lavoro. Sbaglia chi pensa che bastino le gare per ottenere una corretta gestione del demanio marittimo. Anzi c’è il rischio – in assenza di regolamentazione nazionale – che come soggetti economicamente più forti delle famiglie dei balneatori si approprino di questo bene di tutte/i per continuare il saccheggio. Chi lo ha detto che a scadenza delle concessioni debbano semplicemente andare a gara? E’ possibile un modello di gestione pubblico diverso. C’è bisogno di un grande piano per la rinaturalizzazione delle spiagge italiane, di aumentare i canoni, di aumentare le spiagge libere, di salvaguardare il lavoro non la rendita. La spiaggia è di tutti, riprendiamocela!
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista
ACERBO(PRC): LA SPIAGGIA E’ DI TUTTI, RIPRENDIAMOCELA
Noi di Rifondazione siamo stati gli unici a votare contro la direttiva Bolkestein e trovo ridicolo che da anni quelli che l'hanno votata diano colpa a una cattiRifondazione Comunista
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