Salta al contenuto principale




#uncaffèconluigieinaudi☕ – Da millenni la sapienza popolare…


Da millenni la sapienza popolare ha affermato la distinzione tra la democrazia e la demagogia da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945 L'articolo #uncaffèconluigieinaudi☕ – Da millenni la sapienza popolare… proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Da millenni la sapienza popolare ha affermato la distinzione tra la democrazia e la demagogia

da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945

L'articolo #uncaffèconluigieinaudi☕ – Da millenni la sapienza popolare… proviene da Fondazione Luigi Einaudi.


fondazioneluigieinaudi.it/unca…



PD: caro arzigogolo-Cuperlo, ma ‘ndo vai se le idee (di sinistra) non ce le hai?


Come dicevo l’altro giorno, in queste feste natalizie, cupe e largamente tristi, addirittura con minacce di esclusione da San Sanremo per cantanti presunti falsificatori di ‘green pass’, e così via, arriva tra capo e collo, messa sotto l’albero di Natale, la notizia bomba: Cuperlo si candida. Questa sì che è una notizia. E sarebbe pure […]

L'articolo PD: caro arzigogolo-Cuperlo, ma ‘ndo vai se le idee (di sinistra) non ce le hai? proviene da L'Indro.



Russia e Iran costruiscono una nuova rotta commerciale per aggirare le sanzioni - L'Indipendemte

"Le sanzioni occidentali imposte ai cosiddetti Paesi non allineati alle politiche dell’unipolarismo statunitense, insieme alla recente crisi russo-ucraina, stanno paradossalmente imprimendo un impulso determinante alla formazione di nuovi equilibri internazionali che si riflettono, da un lato, nella tendenza alla dedollarizzazione e, dall’altro, nel modellamento di nuove rotte commerciali."

lindipendente.online/2022/12/2…



Aggravio


Me lo trovate, per favore, un politico che non sia per la diminuzione della pressione fiscale? Già che vi mettete alla ricerca, me ne trovate uno che non sia per l’aumento di questa o quella spesa? Siccome non li troverete, in mezzo alla marea di quelli c

Me lo trovate, per favore, un politico che non sia per la diminuzione della pressione fiscale? Già che vi mettete alla ricerca, me ne trovate uno che non sia per l’aumento di questa o quella spesa? Siccome non li troverete, in mezzo alla marea di quelli che vogliono meno tasse e più spese, vi sarà chiaro in che consiste il problema: hanno smesso di fare politica. E i politici senza politica diventano vagamente inutili, il che spiega il proliferare di quanti ben rispondono a questo non esaltante profilo.

Promettere sgravi programmando aggravi è sport avvincente per gli amanti del raggiro, ma si risolve in un rumoroso nulla. Fra il tortellino e lo zampone sarà approvata la legge di bilancio, nella rituale corsa che si conclude con il rituale traguardo. Tutto secondo tradizione. Stiamo ai fatti: attorno all’equilibrio dei saldi si muove un pulviscolo di abbozzi senza senno.

Forza Italia avrebbe voluto aumentare le pensioni minime a 1.000 euro, il che sarebbe costato 36 miliardi l’anno, che non ci sono. Se anche ci fossero stati sarebbe stato interessante guardare la faccia di quelli che prendono una pensione da 1000 euro con i contributi effettivamente versati, raggiunti da quanti versarono meno o nulla. Non essendoci soldi per finanziare questa genialata, ci si è accontentati di aumentare le minime in ragione dell’età (ma che criterio è?), al prezzo di 859 milioni in due anni. Prego segnare, perché qualcuno deve pagare.

Questo avviene avendo l’Italia una spesa per le pensioni pari al 17.6% del prodotto interno lordo, superati solo dalla Grecia, a dimostrazione non certo dell’equità sociale, ma della dispendiosa e sperequata iniquità. La media dell’Unione europea è al 13.6%. La Germania si ferma al 12.6%. Spendiamo più degli altri europei, ovvero degli altri Paesi ricchi in cui nessuno fa la fame, e la gara politica è a chi riesce a trovare lo scivolo per fare andare prima in pensione e/o aumentare quelle in pagamento. Ergo chi lavora non potrà pagare di meno, altrimenti la baracca delle regalie s’accartoccia. Siccome la scena è piena di politici che promettono più pensioni e meno cuneo fiscale, ne deriva che anziché cercare il retroscena si dovrà stabilire se tenersi l’avanspettacolo.

Nel Paese in cui quasi tutte le famiglie hanno una casa di proprietà e sui conti correnti sono fermi 2mila miliardi di euro, fa impressione che 50 miliardi siano stati ritirati per pagare le bollette. Ci si dovrebbe impressionare anche, però, del fatto che è il medesimo Paese in cui tutti reclamano d’essere aiutati. Che è il medesimo Paese in cui le imprese fanno sapere che il 41% dei lavori che offrono restano senza lavoratori adeguati. Una enormità. Ma mettiamo che stiano mentendo, gli imbroglioni, diciamo che sono il 30%, anzi no: diamo che sono la metà, il 20%, comunque i conti non tornano, perché basta formare le persone, che mica si deve essere tutti ingegneri aerospaziali, e quei lavori trovano il loro lavoratore che guadagna e paga contributi e imposte. Invece abbiamo una disoccupazione altissima. Ma abbiamo anche la più alta evasione europea dell’Iva, il che significa avere la più alta evasione anche fiscale (fatture mai emesse) e contributiva (lavori in nero). Ed ecco che i conti cominciano a tornare: abbiamo una spesa pubblica alta e disfunzionale; un’evasione alta che sottintende lavori e pagamenti in nero; il che spiega i redditi bassi e i consumi non altrettanto; e aiuta a capire le richieste d’aiuto, che servono a mascherare l’insieme. I politici non sono marziani, ma figli di questo mondo, sicché si presentano promettendo i soldi di altri e assicurando che prenderanno meno. Il nero (si sa) sfina, il Pos (s’è capito) sfila.

Il solo modo per tenere assieme questo autentico falso nel racconto collettivo è dire che si è sempre in crisi e alla fame, anche dopo due anni di crescita imponente e diminuzione del peso percentuale del debito pubblico. Il fastidioso aggravio è ammettere che ce la meritiamo, questa roba.

La Ragione

L'articolo Aggravio proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Corea del Sud: decadimento democratico?


Il governo tedesco ha recentemente arrestato 25 membri di un gruppo cospiratore di destra che complottava per rovesciare il governo. Uno degli arrestati era un membro di una defunta famiglia reale tedesca che il gruppo sperava di insediare come nuovo leader della Germania. Negli Stati Uniti, il Partito Repubblicano ha fatto abbastanza bene nelle elezioni […]

L'articolo Corea del Sud: decadimento democratico? proviene da L'Indro.



Il sistema sanitario cinese è piegato dalle nuove infezioni da Coronavirus, ma Pechino decreta comunque l’abolizione delle quarantene per gli arrivi.


Il senso dello Stato per gli italiani


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Nelle ultime settimane ho descritto tendenze aspettative e giudizi espressi dagli italiani nei confronti della vita sociale economica e culturale del paese emerse dai Rapporti Svimez sul Mezzogiorno e Censis sullo stato sociale del Paese. Da cui emerge un quadro di melanconia e […]

L'articolo Il senso dello Stato per gli italiani proviene da L'Indro.



Report Corno d’Africa, Etiopia Tigray – EEPA n. 340- 28 dicembre 2022


Negoziati di pace (per 28 dicembre) L’Unione Africana (UA) invierà una delegazione per verificare e monitorare il processo di attuazione dell’Accordo di Cessazione delle Ostilità…

Negoziati di pace (per 28 dicembre)

  • L’Unione Africana (UA) invierà una delegazione per verificare e monitorare il processo di attuazione dell’Accordo di Cessazione delle Ostilità (CoH).
  • La delegazione dell’UA si recherà nella capitale del Tigray “entro la fine dell’anno” con l’obiettivo di seguire i progressi dell’accordo di pace.
  • La delegazione dell’Unione africana segue una visita di 50 delegati di alto livello il 26 dicembre, compresi i ministri del governo federale dell’Etiopia a Mekelle, che sono stati cordialmente accolti all’aeroporto dai leader della chiesa e da membri del pubblico.
  • Entrambe le visite fanno seguito a un secondo round di negoziati terminato il 22 dicembre a Nairobi, i cui risultati sono stati annunciati dall’ex presidente keniota, che guida gli sforzi del team di mediazione.
  • Dopo il secondo round di negoziati, Kenyatta ha dichiarato che i negoziatori dell’Etiopia e del Tigray avevano concordato di “dare pieno accesso al team di monitoraggio e verifica dell’Unione africana”.
  • Kenyatta ha affermato che la delegazione dell’Unione africana adotterà “un punto di vista completo a 360 gradi per garantire che tutti gli elementi degli accordi vengano effettivamente implementati”.
  • Resta inteso che la visita della squadra di mediazione dell’UA darà loro una piena comprensione della situazione sul campo, per aiutare a informare i passi necessari per far avanzare il processo di pace.
  • Desta preoccupazione la presenza di truppe eritree nel Tigray.
  • I funzionari del Tigray affermano che il governo eritreo sta ancora intervenendo sul terreno nel Tigray e ostacolando il processo di pace.
  • I funzionari del Tigray hanno chiesto che il governo del PM Abiy garantisca il rispetto dei termini dell’accordo di pace in merito al ritiro delle forze straniere e non federali, ancora presenti nel Tigray.

Situazione nel Tigray (al 28 dicembre)

  • Il rapporto del Comitato di coordinamento delle emergenze afferma che la ripresa dei servizi essenziali (compresi servizi bancari, comunicazioni e altri fattori abilitanti) in tutto il Tigray è fondamentale, così come il flusso di beni commerciali per garantire che l’assistenza umanitaria possa essere fornita.
  • L’ECC riferisce che un gran numero di nuovi sfollati interni è arrivato a Shire nei siti BGI, Embadanso, Tsehaye, Midre-Genet, Fre-Seweat, Guna, Atsede e Preparatory IDP dove sono necessari assistenza alimentare immediata e altri servizi.
  • I nuovi sfollati provenienti dal Tigray nordoccidentale: Seyemti, Adiabo, Maekelay Adiabo, Tahtay Adiabo, Sheraro, Tselemti, Zana, Adi’mehmeday, Hitsats, Mai-hanse, Tselemti, Maitsebri e Tahtay Koraro.
  • L’ECC osserva i rapporti secondo cui i siti sono accessibili da gruppi militari. Gli sfollati temono di essere presi dalle forze di sicurezza.
  • Secondo quanto riferito, il sito degli sfollati di Hitsats presenta una situazione umanitaria disastrosa, ma non può ancora essere raggiunto.
  • Il rapporto dell’ECC afferma che i gruppi armati, in particolare le forze eritree, entrano frequentemente nei siti degli sfollati e minacciano gli sfollati di sequestro e detenzione.
  • Un esempio è una madre di 25 anni con il suo bambino che è stata presa dalle forze eritree e nessuno sa dove sia ora (denunciato ad Adua).
  • Il rapporto afferma che tre autobus di sfollati interni sono stati caricati e rapiti da Fano e forze militari, ad Aksum. Secondo quanto riferito, i civili tigrini ad Aksum si sentono intimiditi e minacciati.

Situazione in Etiopia (al 28 dicembre)

  • Una delegazione militare etiope guidata dal capo di stato maggiore, il feldmaresciallo Berhanu Jula, ha effettuato ieri una visita ufficiale in Turchia, afferma FBC citando l’ambasciata etiope nel paese.
  • Il capo di stato maggiore dell’Etiopia ha tenuto un incontro con il suo omologo turco e, secondo quanto riferito, ha discusso della cooperazione militare bilaterale.
  • I vescovi cattolici dell’Etiopia hanno accolto con favore il recente accordo per la “cessazione definitiva delle ostilità” tra il governo etiope e il Tigray People’s Liberation Front (TPLF).
  • In un messaggio diffuso alla chiusura dell’Assemblea ordinaria annuale il 22 dicembre, i Vescovi etiopi hanno esortato tutte le parti interessate a continuare a lavorare “diligentemente” per una pace praticabile e duratura nel Paese.
  • Fana Broadcasting Corporation (FBC) ha riferito che 682 migranti etiopi sono tornati a casa ieri dall’Arabia Saudita.
  • Dal capodanno etiope (11 settembre), un totale di 18.962 etiopi sono stati rimpatriati dall’Arabia Saudita, secondo il ministero etiope delle donne e degli affari sociali, aggiunge FBC.
  • Ieri, l’esplosione di una bomba ha ucciso una persona e ferito tre persone nella città etiope di Adama, in particolare presso l’hotel Gudissa della sottocittà di Bole, secondo l’ufficio di comunicazione della regione di Oromia.
  • Secondo quanto riferito, la polizia sta svolgendo indagini sui sospetti arrestati.

Situazione internazionale (al 28 dicembre)

  • Il Fondo monetario internazionale afferma che l’accordo di pace tra il governo etiope e il TPLF potrebbe migliorare le attività economiche di Gibuti, invertendo il declino dell’attività portuale.
  • L’ex inviato del Corno degli Stati Uniti Jeffrey Feltman scrive che “sulla base della storia del tentativo di Isaias di destabilizzare i suoi vicini, si può concludere che vuole anche impedire il riemergere di un’Etiopia stabile che domina l’ambiente politico e di sicurezza del Corno d’Africa”.
  • Feltman sottolinea che gli Emirati Arabi Uniti ospitano la Red Sea Trading Corporation (RSTC) che è sanzionata da Stati Uniti e UE in quanto canale per attività illegali e criminali e supporto alla guerra. L’RSTC è la più grande struttura offshore su cui Isaias fa affidamento per le importazioni e le esportazioni, comprese le armi.

Link di interesse


tommasin.org/blog/2022-12-28/r…



Tunisia: l’accordo con il FMI rischia di far aumentare la povertà e le tensioni sociali


Il 15 ottobre 2022, il Fondo monetario internazionale (FMI) ha annunciato un accordo con un fondo con la Tunisia per un totale di 1,9 miliardi di dollari. Il governo tunisino spera con questo di sbloccare possibilità per altri prestiti, per aiutarla ad affrontare la crisi economica che sta colpendo il Paese. Le condizioni dell’accordo sono […]

L'articolo Tunisia: l’accordo con il FMI rischia di far aumentare la povertà e le tensioni sociali proviene da L'Indro.



Turchia: Ekrem Imamoglu e l’‘ironia’ della poesia


I minareti sono le nostre lance, le cupole i nostri scudi Le moschee sono le nostre caserme, i soldati credenti La nostra fede ha aspettato questo esercito spirituale Dio è grande, Dio è grande – Ziya Gökalp (1876-1924), “La preghiera di un soldato” L’intellettuale e ideologo turco ottomano Ziya Gökalp ha scritto queste righe […]

L'articolo Turchia: Ekrem Imamoglu e l’‘ironia’ della poesia proviene da L'Indro.



La Russia sta aiutando l’Iran a perseguire la sua agenda ostile?


La cooperazione russo-iraniana ha registrato livelli significativi di sviluppo qualitativo dallo scoppio della guerra della Russia con l’Ucraina. Secondo una dichiarazione ministeriale rilasciata da Ben Wallace, Ministro della Difesa britannico, alla Camera dei Comuni il 20 dicembre, l’Iran riceverà capacità militari avanzate dalla Russia in cambio della fornitura di droni a Mosca. Le domande ad […]

L'articolo La Russia sta aiutando l’Iran a perseguire la sua agenda ostile? proviene da L'Indro.



Errore della sinistra è definire “islamofobia” ogni critica al radicalismo islamico


Ciò che è accaduto nel Parlamento europeo dipende da gruppi privi del senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti Diceva Mark Twain che non conviene fare un uso eccessivo della morale nei giorni feriali: si

Ciò che è accaduto nel Parlamento europeo dipende da gruppi privi del senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti


Diceva Mark Twain che non conviene fare un uso eccessivo della morale nei giorni feriali: si rischia di ritrovarsela tutta stropicciata la domenica. È una regola della politica quella secondo cui, se ci si trova con le spalle al muro, la mossa più conveniente consiste nel «buttarla in morale», ridurre tutto a una faccenda di «mariuoli». Evitando così di parlare delle precondizioni politiche che spiegano l’esistenza del mariuolo.

In che contesto politico si inserisce il Qatargate, questa faccenda di mariuoli e Stati corruttori? Il contesto è dato dall’ambiguo rapporto fra settori della sinistra europea e il fondamentalismo islamico. Il riferimento qui non è, ovviamente, alla sua ala combattente. Ma a quelle forme di fondamentalismo che non fanno ricorso alle armi ma che tuttavia, a causa del loro spirito anti occidentale, sono comunque per noi assai insidiose. Quando in Europa si parla male del Qatar ci si riferisce ai diritti umani violati dall’emirato a casa propria. Ma in gioco c’è di più. Il Qatar, con le sue ricchezze, è uno dei più importanti sponsorizzatori della penetrazione del fondamentalismo nel mondo islamico e nelle comunità musulmane in Europa. Tramite al-Jazeera, l’emittente televisiva più popolare di lingua araba, finanziata dallo Stato, e tramite il sostegno finanziario e organizzativo a gruppi fondamentalisti, il piccolo Qatar è ormai da anni un centro di influenza internazionale di prima grandezza.

Anche se non sapevano della corruzione, i dirigenti del Pd e il gruppo socialista europeo sapevano che Panzeri e soci erano stretti collaboratori sia del Qatar che di altri centri di potere del Medio Oriente, i cui valori sono incompatibili con quelli della civiltà europea. Ma, prima che esplodesse lo scandalo, non hanno mai avuto nulla da obiettare. Da dove deriva questa indulgenza nei confronti di regimi e movimenti apertamente ostili alla civiltà occidentale? Quell’indulgenza può stupire solo chi non si è reso conto dei mutamenti intervenuti nelle forze politiche europee e nel loro retroterra intellettuale dopo il tramonto delle ideologie otto-novecentesche. Se a destra si è imposto il neonazionalismo, una reazione difensiva nei confronti della accresciuta interdipendenza internazionale e delle sue conseguenze sociali, la sinistra ha preso un’altra strada, ha riempito di nuovi contenuti la sua antica alleanza con i chierici, con l’intellighenzia.

Un tempo, a cementare quell’alleanza, erano i miti connessi al ruolo della classe operaia, della lotta di classe, dell’utopia socialista variamente declinata. Persino il partito laburista britannico aveva allora, fra i suoi scopi statutariamente definiti, la statalizzazione dei mezzi di produzione. Andato in cenere quel mondo con che cosa si potevano sostituire gli antichi miti? Come tenere in piedi l’alleanza fra sinistra politica e chierici? La scelta è stata di dare vita a varianti del catch-all party , a partiti pigliatutto. Organizzazioni che tutelano una pluralità di interessi ma anche agenzie dedite alla promozione di diritti: qualunque diritto (o supposto tale), purché rivendicato da una minoranza.

Tramontato il socialismo, una vaga e indefinita ideologia progressista è ora la ragione sociale dei partiti pigliatutto della sinistra. Con due conseguenze. La prima è che il progressismo è un surrogato debole del socialismo, fatica a entrare in sintonia con le richieste delle maggioranze. Proprio per questo, nel tentativo di vincere le recenti elezioni, o di contenere le perdite, il partito socialdemocratico svedese ha dovuto assumere una posizione molto dura sull’immigrazione. La seconda conseguenza è che vengono messe insieme cose che fanno a pugni fra loro. Come il sostegno al movimento Lgbt e, per l’appunto, l’indulgenza verso il fondamentalismo islamico. Di quella indulgenza le prove sono tante. Si pensi alla copertura data per anni dai socialisti belgi e dalla sinistra francese alla islamizzazione (nel segno dell’islamismo radicale) di interi quartieri delle città belghe e francesi.

In Italia, se si va a spulciare fra gli eletti dei partiti di sinistra in ambito locale, qua e là si scopre la presenza di fondamentalisti. C’è una parte della sinistra che definisce «islamofobo» qualunque discorso che metta in guardia contro il radicalismo islamico. Ma poiché il termine islamofobia è stato inventato da islamici fondamentalisti per squalificare le critiche, che esponenti della sinistra abbiano adottato quell’espressione testimonia di un avvenuto cortocircuito culturale. Certamente, c’è anche un calcolo politico: l’indulgenza verso i più attivi (che sono spesso i più radicali) delle comunità islamiche europee dovrebbe aiutare a canalizzare voti verso la sinistra medesima. Ma conta, soprattutto, la crisi identitaria: se non sai più bene chi sei, non riesci a distinguere fra quelli con cui puoi accompagnarti e quelli con cui non devi farlo.

Vediamo, a proposito di Qatar, di chiarire bene. Una cosa sono gli accordi dettati da esigenze geo-politiche, nonché gli affari fra diversi che restano consapevoli delle loro radicali diversità – della loro incompatibilità politica – e altro sono i rapporti di stretta collaborazione che cercano di occultare quelle diversità. Prendiamo il tema dell’energia. Non possiamo più dipendere dalla Russia. Dobbiamo differenziare i fornitori. Ma molti di loro, come la Russia di Putin, non ci sono affini, sono retti da governanti che, alla luce degli standard occidentali, consideriamo tipacci. Il problema, come abbiamo ormai capito, è che non possiamo più dipendere da un solo tipaccio. Cosicché se il «tipaccio A» vuole ricattarci dobbiamo poterlo scaricare e rivolgerci al «tipaccio B». Per dire che non c’è niente di scandaloso nel fare accordi col Qatar in materia di energia. Altro è invece pretendere di annullare le differenze, stabilire «legami pericolosi» con mondi che sono dichiaratamente ostili alle libertà occidentali. La causa di ciò che è accaduto nel Parlamento europeo va ricercata nello stato confusionale di
gruppi politici culturalmente fragili, in crisi di identità, privi di quel senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti. Prede perfette per chi quel senso politico possiede. E sa come sfruttare tutte le risorse che servono per la conquista delle menti e dei cuori, nelle lotte per l’egemonia.

Corriere della Sera

L'articolo Errore della sinistra è definire “islamofobia” ogni critica al radicalismo islamico proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Politica estera USA: il futuro della moderazione dopo l’Ucraina


Scrivendo su The Atlantic alla fine del mese scorso, il giornalista George Parker ha postulato una ‘nuova teoria del potere americano’, un internazionalismo liberale che spiegava un ‘riconoscimento dei limiti’ per la politica estera degli Stati Uniti. Packer ha riassunto questa strategia verso la fine del suo saggio: “Allineare la politica degli Stati Uniti con il desiderio […]

L'articolo Politica estera USA: il futuro della moderazione dopo l’Ucraina proviene da L'Indro.



Il Qatar e i politici fragili


Ciò che è accaduto nel Parlamento europeo dipende da gruppi privi del senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti Diceva Mark Twain che non conviene fare un uso eccessivo della morale nei giorni feriali: si

Ciò che è accaduto nel Parlamento europeo dipende da gruppi privi del senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti


Diceva Mark Twain che non conviene fare un uso eccessivo della morale nei giorni feriali: si rischia di ritrovarsela tutta stropicciata la domenica. È una regola della politica quella secondo cui, se ci si trova con le spalle al muro, la mossa più conveniente consiste nel «buttarla in morale», ridurre tutto a una faccenda di «mariuoli». Evitando così di parlare delle precondizioni politiche che spiegano l’esistenza del mariuolo.

In che contesto politico si inserisce il Qatargate, questa faccenda di mariuoli e Stati corruttori? Il contesto è dato dall’ambiguo rapporto fra settori della sinistra europea e il fondamentalismo islamico. Il riferimento qui non è, ovviamente, alla sua ala combattente. Ma a quelle forme di fondamentalismo che non fanno ricorso alle armi ma che tuttavia, a causa del loro spirito anti occidentale, sono comunque per noi assai insidiose. Quando in Europa si parla male del Qatar ci si riferisce ai diritti umani violati dall’emirato a casa propria. Ma in gioco c’è di più. Il Qatar, con le sue ricchezze, è uno dei più importanti sponsorizzatori della penetrazione del fondamentalismo nel mondo islamico e nelle comunità musulmane in Europa. Tramite al-Jazeera, l’emittente televisiva più popolare di lingua araba, finanziata dallo Stato, e tramite il sostegno finanziario e organizzativo a gruppi fondamentalisti, il piccolo Qatar è ormai da anni un centro di influenza internazionale di prima grandezza.

Anche se non sapevano della corruzione, i dirigenti del Pd e il gruppo socialista europeo sapevano che Panzeri e soci erano stretti collaboratori sia del Qatar che di altri centri di potere del Medio Oriente, i cui valori sono incompatibili con quelli della civiltà europea. Ma, prima che esplodesse lo scandalo, non hanno mai avuto nulla da obiettare. Da dove deriva questa indulgenza nei confronti di regimi e movimenti apertamente ostili alla civiltà occidentale? Quell’indulgenza può stupire solo chi non si è reso conto dei mutamenti intervenuti nelle forze politiche europee e nel loro retroterra intellettuale dopo il tramonto delle ideologie otto-novecentesche. Se a destra si è imposto il neonazionalismo, una reazione difensiva nei confronti della accresciuta interdipendenza internazionale e delle sue conseguenze sociali, la sinistra ha preso un’altra strada, ha riempito di nuovi contenuti la sua antica alleanza con i chierici, con l’intellighenzia.

Un tempo, a cementare quell’alleanza, erano i miti connessi al ruolo della classe operaia, della lotta di classe, dell’utopia socialista variamente declinata. Persino il partito laburista britannico aveva allora, fra i suoi scopi statutariamente definiti, la statalizzazione dei mezzi di produzione. Andato in cenere quel mondo con che cosa si potevano sostituire gli antichi miti? Come tenere in piedi l’alleanza fra sinistra politica e chierici? La scelta è stata di dare vita a varianti del catch-all party , a partiti pigliatutto. Organizzazioni che tutelano una pluralità di interessi ma anche agenzie dedite alla promozione di diritti: qualunque diritto (o supposto tale), purché rivendicato da una minoranza.

Tramontato il socialismo, una vaga e indefinita ideologia progressista è ora la ragione sociale dei partiti pigliatutto della sinistra. Con due conseguenze. La prima è che il progressismo è un surrogato debole del socialismo, fatica a entrare in sintonia con le richieste delle maggioranze. Proprio per questo, nel tentativo di vincere le recenti elezioni, o di contenere le perdite, il partito socialdemocratico svedese ha dovuto assumere una posizione molto dura sull’immigrazione. La seconda conseguenza è che vengono messe insieme cose che fanno a pugni fra loro. Come il sostegno al movimento Lgbt e, per l’appunto, l’indulgenza verso il fondamentalismo islamico. Di quella indulgenza le prove sono tante. Si pensi alla copertura data per anni dai socialisti belgi e dalla sinistra francese alla islamizzazione (nel segno dell’islamismo radicale) di interi quartieri delle città belghe e francesi.

In Italia, se si va a spulciare fra gli eletti dei partiti di sinistra in ambito locale, qua e là si scopre la presenza di fondamentalisti. C’è una parte della sinistra che definisce «islamofobo» qualunque discorso che metta in guardia contro il radicalismo islamico. Ma poiché il termine islamofobia è stato inventato da islamici fondamentalisti per squalificare le critiche, che esponenti della sinistra abbiano adottato quell’espressione testimonia di un avvenuto cortocircuito culturale. Certamente, c’è anche un calcolo politico: l’indulgenza verso i più attivi (che sono spesso i più radicali) delle comunità islamiche europee dovrebbe aiutare a canalizzare voti verso la sinistra medesima. Ma conta, soprattutto, la crisi identitaria: se non sai più bene chi sei, non riesci a distinguere fra quelli con cui puoi accompagnarti e quelli con cui non devi farlo.

Vediamo, a proposito di Qatar, di chiarire bene. Una cosa sono gli accordi dettati da esigenze geo-politiche, nonché gli affari fra diversi che restano consapevoli delle loro radicali diversità – della loro incompatibilità politica – e altro sono i rapporti di stretta collaborazione che cercano di occultare quelle diversità. Prendiamo il tema dell’energia. Non possiamo più dipendere dalla Russia. Dobbiamo differenziare i fornitori. Ma molti di loro, come la Russia di Putin, non ci sono affini, sono retti da governanti che, alla luce degli standard occidentali, consideriamo tipacci. Il problema, come abbiamo ormai capito, è che non possiamo più dipendere da un solo tipaccio. Cosicché se il «tipaccio A» vuole ricattarci dobbiamo poterlo scaricare e rivolgerci al «tipaccio B». Per dire che non c’è niente di scandaloso nel fare accordi col Qatar in materia di energia. Altro è invece pretendere di annullare le differenze, stabilire «legami pericolosi» con mondi che sono dichiaratamente ostili alle libertà occidentali. La causa di ciò che è accaduto nel Parlamento europeo va ricercata nello stato confusionale di
gruppi politici culturalmente fragili, in crisi di identità, privi di quel senso della politica e della storia che orienta le scelte delle autentiche classi dirigenti. Prede perfette per chi quel senso politico possiede. E sa come sfruttare tutte le risorse che servono per la conquista delle menti e dei cuori, nelle lotte per l’egemonia.

Corriere della Sera

L'articolo Il Qatar e i politici fragili proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Evasione dal carcere Beccaria: episodio grave, ma Stato assente


Ottimo – lo si dice senza ombra di ironia – che il Ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini, sia accorso a visitare l’Istituto Penale per i minorenni ‘Cesare Beccaria’ di Milano dal quale sono evasi sette giovani. Ottimo che abbia espresso il proposito-assicurazione che “tutte le carceri saranno messe in sicurezza”. Magari avrebbe dovuto lasciarlo dire al Ministro […]

L'articolo Evasione dal carcere Beccaria: episodio grave, ma Stato assente proviene da L'Indro.



PODCAST. Serbia-Kosovo “Crisi pericolosa ma è ridotto il rischio di una guerra”


Intervista a Marco Siragusa, esperto di Balcani e collaboratore del sito d'informazione Meridiano 13. Escalation - spiega - tra i due paesi parte da lontano e si è aggravata lo scorso agosto con la decisione di Pristina di imporre le targhe kosovare alla

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 28 dicembre 2022 – Il confronto tra Belgrado e Pristina si è riacceso questo mese facendo temere una nuova guerra nei Balcani. Pesano le mosse unilaterali, il mancato rispetto di soluzioni avanzate in passato, il non rinoscimento reciproco e le diverse collocazioni internazionali delle due parti. Ma Serbia e Kosovo difficilmente andranno allo scontro armato. Ne abbiamo parlato con Marco Siragusa, esperto di Balcani e collaboratore del sito d’informazione Meridiano 13.
widget.spreaker.com/player?epi…

L'articolo PODCAST. Serbia-Kosovo “Crisi pericolosa ma è ridotto il rischio di una guerra” proviene da Pagine Esteri.



AFGHANISTAN. Ora i Talebani vietano alle donne anche di lavorare nelle ONG


Il divieto arriva pochi giorni dopo il bando delle studentesse dalle università. Le conseguenze umanitarie saranno drammatiche. Già quattro ONG, tra le quali Save The Children, costrette ad abbandonare il Paese. L'articolo AFGHANISTAN. Ora i Talebani vie

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 26 dicembre 2022 – Erano già state escluse dalle scuole e dalle università. Con un nuovo decreto i talebani hanno vietato adesso alle donne afghane anche di lavorare nelle Organizzazioni Non Governative (ONG). In una lettera diramata il 24 dicembre scorso il Ministero dell’Economia ha, infatti, disposto il bando delle donne locali dal lavoro nelle ONG, sia nazionali che internazionali. La minaccia alle organizzazioni umanitarie che dovessero trasgredire è la perdita della licenza per continuare a lavorare nel Paese.

Secondo il governo talebano, negli ospedali e nelle altre strutture dove si svolge il lavoro delle organizzazioni umanitarie le lavoratrici afghane non avrebbero indossato adeguatamente l’hijab. Poiché con il loro abbigliamento e il loro comportamento non rispettavano la Sharia, dovranno pertanto abbandonare i loro posti di lavoro.

Una perdita immane, una ferita drammatica non solo per le centinaia di donne finora impegnate nelle ONG operanti in Afghanistan e per le loro famiglie, ma per tutto il Paese. L’ennesimo atto dei talebani per silenziare e annientare metà della popolazione afghana, che potrebbe essere quello definitivo, quello decisivo a far calare il buio sull’Afghanistan.

Quasi la totalità della popolazione afghana dipende oggi dall’aiuto delle organizzazioni umanitarie. Dopo vent’anni di occupazione occidentale e poi l’ascesa del regime talebano, le sanzioni internazionali e il congelamento dei fondi del Paese, per milioni di afghani l’unica possibilità di accesso a beni di primaria sopravvivenza nel dilagare della malnutrizione e di ricevere cure mediche deriva proprio dal lavoro delle ONG. Il nuovo decreto del governo de facto potrebbe renderlo adesso impossibile.

1/4 Our teams started working in #Afghanistan more than forty years ago and have provided medical assistance to millions of people since then. Women are the ones who’ve made it possible. Without them, there can be no healthcare. pic.twitter.com/ykdCX25VUv

— MSF Afghanistan (@MSF_Afghanistan) December 25, 2022

L’ONG premio Nobel per la Pace Medici Senza Frontiere, impegnata da oltre quarant’anni nel Paese, è stata tra le prime a commentare la decisione. “In un Paese che dipende largamente dal supporto umanitario e che si confronta con una povertà dilagante alimentata dalla disoccupazione alle stelle, le donne giocano un ruolo fondamentale nel fornire aiuto medico e nessuna organizzazione potrà assistere la comunità locale senza di loro”, scrive l’ONG su Twitter. E ancora sottolinea “Senza di loro, non ci può essere assistenza medica. Escludere le donne dalla vita pubblica, mette a rischio tutti”.

Il lavoro delle donne afghane nelle ONG è stato, infatti, fondamentale in questi anni, soprattutto nell’assistenza a donne e bambini nei reparti ospedalieri a loro dedicati, in un Paese in cui le pazienti possono essere assistite solo da personale femminile e in cui oltre la metà della popolazione è costituita da minori. Escludere le donne dal lavoro umanitario avrà l’effetto di escludere le organizzazioni umanitarie dall’Afghanistan.

Una conseguenza che inizia già a verificarsi. Con un comunicato congiunto, Save the Children, il Norvegian Refugee Council e CARE hanno annunciato la sospensione delle loro attività in Afghanistan. “ Non possiamo raggiungere efficacemente bambini, donne e uomini in situazioni di disperato bisogno in Afghanistan senza il nostro staff femminile. Mentre cerchiamo di ottenere chiarezza su questo annuncio, sospenderemo i nostri programmi, pretendendo che uomini e donne possano ugualmente continuare a lavorare per la nostra assistenza salvavita in Afghanistan”.

“Devastated that the authorities in #Afghanistan have decided to suspend women’s right to work in NGOs. I have seen firsthand how essential our female staff are to our humanitarian response.” Inger Ashing @SaveCEO_Intl @save_children @Save_globalnews t.co/O44eDXEUzN

— Save the Children Global Media (@Save_GlobalNews) December 24, 2022

Con un altro comunicato, anche l’International Rescue Committee (IRC) ha dichiarato sospese le sue attività nel Paese, sottolineando come oltre 3.000 dei suoi 8.000 impiegati in Afghanistan siano donne.

Sono ore tragiche e delicate. Decine di ONG e i rappresentanti delle Nazioni Unite, riuniti nell’Humanitarian Country Team, si sono incontrati a Kabul per decidere se sospendere immediatamente tutti i progetti delle ONG attualmente attivi in Afghanistan. Come un taglio alla corrente, un black out istantaneo su tutto il Paese. Ospedali chiusi, missioni sospese, operatori umanitari e aiuti internazionali rispediti indietro da dov’erano venuti, per lasciare la popolazione afghana abbandonata a se stessa: lo scenario peggiore per un Paese sprofondato nel fondo della sua catastrofe, ma per il quale al momento non sembrerebbero esserci alternative.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto profondamente turbato dalla notizia. “Le Nazioni Unite e i loro partner, che includono ONG nazionali e internazionali, aiutano oltre 28 milioni di afghani che dipendono dall’aiuto umanitario per sopravvivere”, si legge in un comunicato del 24 dicembre. “Il divieto alle donne di lavorare con la comunità internazionale per salvare vite e fornire mezzi di sussistenza in Afghanistan causerà ulteriori indicibili difficoltà al popolo afghano”.

Preoccupazione per il bando è stata espressa anche dalla Farnesina, che sottolinea il ruolo fondamentale delle donne nei lavori di assistenza.

Forte preoccupazione dell’Italia per la decisione delle Autorità di fatto di impedire alle donne operatrici umanitarie di lavorare in Afghanistan. Decisione inaccettabile e contraria a principi diritto umanitario. Il ruolo delle donne nelle attività di assistenza è insostituibile pic.twitter.com/wgmyIIPX0Q

— Farnesina 🇮🇹 (@ItalyMFA) December 25, 2022

Non è certo per la presunta vocazione delle donne per i lavori di cura e assistenza, retaggio di altri maschilismi nostrani, che l’attuale norma potrebbe rappresentare la catastrofe definitiva per l’Afghanistan. Colpendo di nuovo le donne, questa volta sembra che i talebani stiano riuscendo a liberarsi definitivamente anche degli occhi e delle ingerenze occidentali rappresentate dalle ONG nel territorio. Un proverbio afghano recita “Chi ti nutre, ti comanda”, ed è inevitabile immaginare chi fossero i primi destinatari di questo divieto. Con il bando delle donne, i talebani potrebbero apporre i sigilli definitivi al Paese. Le donne rinchiuse nelle case e le ONG fuori dai confini dell’Afghanistan. Il buio totale, il silenzio assoluto per i diritti umani.

Il Presidente della Missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, Ramiz Alakbarov, intanto, ha incontrato nella mattinata di oggi 26 dicembre il Ministro dell’Economia del governo talebano Mohammad Hanif, per chiedere la revoca del divieto. E’ questa adesso la speranza, le ONG aspettano con il fiato sospeso.

Acting UNAMA head @RamizAlakbarov met Taliban Economy Minister Mohammad Hanif today in Kabul, calling for reversal of decision to ban women from NGO & INGO humanitarian work. Millions of Afghans need humanitarian assistance and removing barriers is vital.

— UNAMA News (@UNAMAnews) December 26, 2022

L'articolo AFGHANISTAN. Ora i Talebani vietano alle donne anche di lavorare nelle ONG proviene da Pagine Esteri.



L’ipocrisia liberaldemocratica - La Città Futura

"La liberaldemocrazia occidentale, che pretende di dare lezioni di diritti, civiltà, democrazia, difesa delle minoranze a tutto il mondo, è in realtà da sempre la migliore alleata proprio dei regimi più dispotici, oscurantisti e totalitari del globo, ai quali offre il decisivo sostegno per mantenersi al potere. [...]
I diritti sociali ed economici e ogni forma di eguaglianza sostanziale sono stati sempre aspramente contrastati da tutte le sedicenti liberaldemocrazie che, di fatto, stanno progressivamente cancellando ogni traccia di democrazia sostanziale nei loro stessi sistemi. Questi ultimi si stanno sempre più trasformando da formalmente liberaldemocratici in regimi che sarebbe decisamente più appropriato definire liberal-oligarchici."

lacittafutura.it/editoriali/l%…



Etiopia, La Difficile Strada Verso la Pace


I problemi del Paese vanno ben oltre il Tigray Stupri, uccisioni extragiudiziali, carestie provocate dall’uomo, negazione di assistenza e servizi medici ed espulsioni descritte dal…

I problemi del Paese vanno ben oltre il Tigray


Stupri, uccisioni extragiudiziali, carestie provocate dall’uomo, negazione di assistenza e servizi medici ed espulsioni descritte dal Segretario di Stato americano Antony Blinken come “pulizia etnica” sono tra gli orrori della brutale guerra esplosa negli altopiani settentrionali dell’Etiopia nel novembre 2020. Fino a Si stima che 600.000 persone, per lo più di etnia tigrina, siano morte, la maggior parte per fame e malattie. Per quasi due anni, le potenze occidentali e regionali si sono torse le mani, ma hanno fatto ben poco per fermare la violenza o impedire la disintegrazione del secondo stato più popoloso dell’Africa.

Poi, nel novembre 2022, l’Unione africana ha fatto una svolta inaspettata, facilitando un accordo di cessate il fuoco tra il governo etiope e il Fronte di liberazione del popolo del Tigray ribelle. L’accordo e un successivo piano per la sua attuazione sono tutt’altro che perfetti e lasciano irrisolte molte spinose questioni di pace. Ancora più preoccupante, quasi ignorano il più grande potenziale spoiler. L’Eritrea, che ha combattuto a fianco del governo etiope nel Tigray, non è né parte dell’accordo né menzionata per nome nel testo. Sebbene Asmara sia stata allineata con Addis Abeba durante il conflitto, vede il TPLF come una minaccia esistenziale e potrebbe non accontentarsi di un accordo di pace che lasci l’organizzazione intatta e i suoi leader in vita.

Tuttavia, ci sono cose che i partner internazionali dell’Etiopia possono fare per sostenere l’accordo di pace e dargli le migliori possibilità di successo. Possono cercare di creare più slancio possibile per l’accordo, riunendosi per fornire un supporto unificato per la sua attuazione e usando la loro influenza limitata per dissuadere l’Eritrea e altri potenziali spoiler dal prolungare il conflitto. Accelerando gli aiuti umanitari salvavita, spingendo per un meccanismo credibile di monitoraggio e verifica e incoraggiando le parti in guerra a integrare i colloqui sull’attuazione del cessate il fuoco con un processo politico, le potenze straniere possono rafforzare quella che finora è stata una incoraggiante ma fragile offerta etiope per la pace.
Un membro della milizia a Kasagita, Etiopia, febbraio 2022Un membro della milizia a Kasagita, Etiopia, febbraio 2022
Alla fine della giornata, tuttavia, il governo etiope dovrà guadagnarsi il sostegno dei suoi partner internazionali attraverso l’attuazione in buona fede dell’accordo. I parametri di riferimento che la comunità internazionale dovrebbe monitorare includono il ritiro delle truppe eritree dall’Etiopia e delle forze locali Amhara dal Tigray, l’avvio di credibili meccanismi di giustizia transitoria e di responsabilità e l’istituzione di un processo politico che si basi e protegga l’accordo di cessate il fuoco da spoiler e che affronta le tensioni e la violenza in altre parti dell’Etiopia. Solo una volta che i partner internazionali dell’Etiopia saranno convinti che Addis Abeba stia compiendo costanti progressi in queste aree, dovrebbero ripristinare tutta l’assistenza economica e allo sviluppo che avevano sospeso nelle prime fasi della guerra.

CONFLITTI A CASCATA


La guerra nel Tigray ha causato sofferenze inimmaginabili. Tutte le parti sono accusate di aver commesso crimini di guerra contro i civili, con i tigrini che sopportano il peso maggiore della violenza. Durante il conflitto, il governo etiope e le amministrazioni regionali di Afar e Amhara hanno utilizzato una varietà di mezzi per limitare severamente la consegna di cibo, medicine e servizi al Tigray, mettendo essenzialmente i sei milioni di residenti della regione sotto un assedio che sembrava violare un accordo delle Nazioni Unite Divieto del Consiglio di sicurezza di utilizzare il cibo come arma di guerra.

Il governo etiope ha anche alimentato la rabbia popolare contro il TPLF, spesso usando un linguaggio oltraggiosamente disumanizzante nei confronti di tutti i tigrini. (Milioni di etiopi già detestano il TPLF perché ha dominato il governo repressivo del paese dal 1991 fino al 2018, quando il primo ministro Abiy Ahmed è salito al potere). Con Internet e servizi energetici tagliati all’interno del Tigray, i leader del Tigray erano meno in grado di plasmare le narrazioni popolari della guerra, ma la diaspora del Tigray è entrata nel vuoto con il vetriolo incendiario contro Abiy e il suo governo.

La cosa più grave per la sicurezza interna dell’Etiopia è che l’attenzione prevalente del governo sulla guerra nel nord lo ha portato a trascurare le crescenti tensioni e la violenza in altre parti del paese, un amalgama inquieto di circa 90 gruppi etnici. Mentre l’impressionante crescita economica prebellica dell’Etiopia è rallentata sotto il peso della guerra e delle interruzioni del COVID-19, i conflitti a fuoco lento nelle regioni di Benishangul-Gumuz, Gambella e Oromia hanno iniziato a ribollire. A giugno, centinaia di civili Amhara che vivevano in Oromia sono stati massacrati in un attacco per il quale funzionari etiopi e combattenti Oromo si incolpano a vicenda.

SANZIONI VS. DRONI


Nonostante le forti dichiarazioni di alcuni paesi all’inizio della guerra, la risposta internazionale è stata poco brillante. Guidati dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, la maggior parte dei donatori occidentali ha sospeso parte dell’assistenza economica e allo sviluppo all’Etiopia nella primavera e nell’estate del 2021. E nel giugno di quell’anno, il G7 ha chiesto un accordo negoziato per porre fine alla guerra e preservare il unità dello stato etiopico. Ma anche prima che l’invasione russa dell’Ucraina iniziasse a dominare l’agenda dei leader in Nord America e in Europa, l’attenzione internazionale sull’Etiopia era insufficiente – e insufficientemente coordinata – per cambiare la traiettoria di base del conflitto.

I vicini e i partner dell’Etiopia si sono consultati frequentemente tra loro, concordando sull’imperativo della stabilità etiope. Ma divergevano sul modo migliore per aiutare. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea speravano che, insieme all’assistenza umanitaria di emergenza, misure punitive come la minaccia di sanzioni e il rifiuto degli aiuti allo sviluppo avrebbero fermato le atrocità e spostato le parti dal campo di battaglia al tavolo dei negoziati. Ma la Cina, la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno raddoppiato il proprio sostegno ad Abiy, fornendo al suo governo supporto militare, inclusi sofisticati droni. Con l’eccezione dell’Eritrea, che è profondamente coinvolta nella guerra, i paesi africani per lo più guardavano e si preoccupavano. I tre membri africani di turno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – apparentemente per volere dell’Etiopia – sono riusciti in gran parte a tenere la guerra nel Tigray fuori dai dibattiti del consiglio, nonostante la minaccia che rappresentava per la pace e la sicurezza internazionali. La stessa Unione Africana, con sede ad Addis Abeba, è rimasta per lo più zitta, presumibilmente per evitare di infastidire il suo ospite.

A quasi dieci mesi dall’inizio del conflitto, l’Unione africana ha finalmente nominato l’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo Alto rappresentante per il Corno d’Africa, creando l’apparenza di solidarietà regionale e internazionale mentre i leader mondiali si affrettavano a impegnarsi a sostenere un processo di pace guidato dall’UA. Ma le divisioni su come coinvolgere le parti (e soprattutto su come trattare con l’Eritrea) sono rimaste, con i partner dell’Etiopia divisi sul fatto che spingere Abiy o assecondarlo sarebbe stato il modo più efficace per risolvere il conflitto.

Alla fine, sono stati gli eventi sul campo a creare un’apertura per i colloqui e un’opportunità per la pace. Entrambe le parti sembravano avere il vantaggio in vari punti, ma all’inizio del 2022 è emersa una difficile situazione di stallo che con la facilitazione americana si è evoluta in una fragile tregua di cinque mesi. Quella tregua è crollata alla fine di agosto, con il governo che ha incolpato il TPLF per aver attaccato le posizioni del governo vicino al confine regionale tra Amhara e Tigray e gli abitanti del Tigray accusando il governo di fare marcia indietro sugli impegni per ripristinare i servizi di base nel Tigray dopo un blackout di 20 mesi. Entro la metà di ottobre 2022, le forze etiopi ed eritree, così come le milizie amhara alleate, avevano invaso le linee difensive del Tigray nella città strategicamente importante di Shire nel Tigray centrale, aprendo la strada a quella che avrebbe potuto essere una marcia della terra bruciata sulle città e sui paesi del Tigray, inclusa la capitale regionale di Mekelle. Abiy avrebbe goduto di un ampio sostegno popolare per una tale campagna. E sebbene fossero a corto di rifornimenti, i combattenti tigrini avrebbero potuto ritirarsi sulle montagne per perseguire un’insurrezione di guerriglia. Invece, entrambe le parti hanno battuto le palpebre, fermando lo spargimento di sangue e accettando l’invito dell’Unione Africana a partecipare ai colloqui di pace a Pretoria, in Sudafrica.

AVVISO SPOILER


Entrando nei colloqui di pace a Pretoria, il governo etiope era in una posizione militare molto più forte rispetto al TPLF. Non a caso, l’accordo che le due parti hanno raggiunto lì il 2 novembre pende a favore di Addis Abeba, prevedendo il ripristino dell’autorità federale etiope nel Tigray e lo scioglimento dell’amministrazione del TPLF. L’accordo presenta difetti, tra cui un calendario iniziale eccessivamente ambizioso per il disarmo del TPLF, processi di monitoraggio e segnalazione inadeguati, mancanza di chiarezza sulla responsabilità e, cosa più grave, silenzio sull’Eritrea, ad eccezione di un vago divieto di “collusione con qualsiasi forza esterna ostile a entrambe le parti”. Indipendentemente da queste imperfezioni, gli etiopi meritano il merito di aver accettato di porre fine allo spargimento di sangue.

Le due parti hanno anche adottato misure per affrontare alcune delle carenze dell’accordo. Meno di una settimana dopo la firma dell’accordo di Pretoria, alti comandanti militari etiopi e tigrini si sono incontrati nella capitale keniota di Nairobi per elaborare un piano di attuazione. Riconoscendo i timori del Tigray di essere lasciati indifesi contro le truppe eritree ostili e i membri della milizia Amhara ancora presenti nel Tigray, hanno specificato in una dichiarazione rilasciata il 12 novembre che le forze del Tigray devono disarmarsi nello stesso momento in cui le forze federali straniere e non etiopi si ritirano dal regione. I comandanti militari hanno continuato i loro colloqui a Nairobi alla fine di dicembre, con l’agevolazione dell’UA, del Kenya, degli Stati Uniti e della regione, e ci sono indicazioni che i negoziati stiano andando bene.

Ma il potenziale problema posto dall’Eritrea rimane. Mentre quasi tutti i partner dell’Etiopia hanno elogiato gli accordi di Pretoria e Nairobi, l’Eritrea è rimasta in silenzio. In teoria, il disarmo del TPLF dovrebbe incentivare il presidente eritreo Isais Afwerki a ordinare alle sue truppe di tornare a casa. Ma in pratica, potrebbe non essere sufficiente. Il governo di Afwerki ha combattuto una sanguinosa guerra contro il governo etiope dominato dal TPLF dal 1998 al 2000, apparentemente per una disputa sui confini, ma più fondamentalmente sul fatto che Afwerki o il TPLF, un tempo alleati diventati acerrimi nemici, avrebbero dominato il Corno d’Africa. Afwerki potrebbe temere che anche un TPLF disarmato possa un giorno risorgere e minacciare il suo regime. Per questo motivo, potrebbe voler sconfiggere militarmente l’organizzazione se non sterminarla, non solo assicurare lo scioglimento formale della sua amministrazione Mekelle, come afferma l’accordo di Pretoria.

Abiy ha assicurato a me e ad altri che può gestire gli eritrei, fino ad espellerli militarmente dal Tigray se necessario. Ma la fiducia del primo ministro etiope sembra sganciata dalla realtà. Anche se Afwerki ritirasse le truppe eritree dal Tigray, manterrebbe altri metodi per interferire in Etiopia. Tra i delegati etiopi che Asmara ha coltivato ci sono le milizie Amhara dalla linea dura che condividono l’odio di Afwerki per i Tigray e che potrebbero essere persuase a violare il loro obbligo previsto dalla dichiarazione di Nairobi di ritirarsi dalle parti del Tigray che attualmente rivendicano e controllano.

Afwerki sembra impermeabile alla solita serie di incentivi e disincentivi.


Inoltre, Afwerki mira a fare di più che eliminare semplicemente la minaccia del TPLF all’Eritrea. Basandosi sui tentativi di Afwerki di destabilizzare i suoi vicini, si può concludere che vuole anche impedire il riemergere di un’Etiopia stabile che domina l’ambiente politico e di sicurezza del Corno d’Africa, come ha fatto sotto il primo ministro Meles Zenawi, il pesante leader del TPLF che ha governato dal 1991 fino alla sua morte nel 2012. Interferendo in Gibuti, Etiopia, Somalia e Sudan, Afwerki cerca di diventare l’egemone regionale.

A peggiorare le cose, Afwerki sembra impermeabile alla solita serie di incentivi e disincentivi. Respinge come ostilità occidentale la diffusa condanna del suo regime oppressivo. Le sanzioni imposte dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, inclusa la Red Sea Trading Corporation (RSTC), il principale canale di Afwerki per il riciclaggio di armi e denaro, non hanno avuto alcun impatto percettibile sulla sua ingerenza esterna. Le promesse di maggiori aiuti umanitari e allo sviluppo non lo interessano perché disprezza i suoi stessi cittadini. La costa del Mar Rosso dell’Eritrea e il patrimonio architettonico di Asmara potrebbero essere dei magneti per gli investimenti e il turismo. Ma proprio come il leader nordcoreano Kim Jong Un non è stato tentato dall’offerta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel 2018 di scambiare le ambizioni nucleari con gli hotel, Afwerki non è interessato allo sviluppo del settore privato che potrebbe minacciare la sua presa sul potere. Spogliare l’Eritrea del suo assurdo seggio nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite aumenterebbe la credibilità del consiglio, ma è improbabile che cambi il comportamento di Afwerki.

Ma i vicini dell’Eritrea hanno una certa influenza su Afwerki, anche se spesso affermano il contrario. Gli Emirati Arabi Uniti ospitano la più grande struttura offshore dell’RSTC, su cui Afwerki fa affidamento per le importazioni e le esportazioni, comprese quelle di armi. Semplicemente ponendo domande sulle attività dell’RSTC, gli Emirati Arabi Uniti potrebbero cambiare il calcolo di Afwerki. L’Arabia Saudita, che ha ospitato lo storico accordo di pace tra Eritrea ed Etiopia nel 2018, potrebbe anche collegare il suo sostegno ad Afwerki al suo comportamento nei confronti dell’Etiopia. Negli ultimi anni, Riyadh si è riavvicinata al leader eritreo, in parte per impedirgli di riprendere la sua amicizia di un tempo con l’Iran. Ma fare in modo che uno dei due paesi del Golfo eserciti la sua influenza su Afwerki richiederebbe probabilmente una spinta da parte degli Stati Uniti, e tenere a freno l’Eritrea potrebbe non essere una priorità nella già fitta agenda bilaterale USA-Golfo.

Tuttavia, la comunità internazionale ha un’altra fonte di influenza. Dopo il riavvicinamento del 2018 tra Eritrea ed Etiopia, per il quale Abiy ha ricevuto il premio Nobel per la pace, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha revocato le sanzioni contro l’Eritrea, rimuovendo un embargo sulle armi, nonché divieti di viaggio e congelamento dei beni nei confronti di alti funzionari eritrei. Per quanto indifferente alle sanzioni bilaterali statunitensi o europee, è improbabile che Afwerki voglia rischiare il ripristino delle sanzioni universali del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che gli richiedono di orchestrare soluzioni più complicate per soddisfare i bisogni fondamentali dell’Eritrea.

FINALMENTE UNITÀ


Data la loro influenza limitata su Afwerki, i paesi e le istituzioni che sono preoccupati per il potenziale dell’Eritrea di rovinare il processo di pace nel Tigray potrebbero prendere in considerazione un approccio incentrato sull’Etiopia: potrebbero aiutare sia il governo etiopico che i tigrini a creare quanto più slancio il più rapidamente possibile per il processo di Pretoria guidato dall’UA, anche attraverso la fornitura accelerata di assistenza umanitaria salvavita e il ripristino dei servizi di base.

Afwerki dovrebbe vedere che la comunità internazionale, così divisa nella sua reazione alla guerra, è unita dietro la decisione degli etiopi di creare le condizioni per una cessazione definitiva delle ostilità. La solidarietà internazionale – tra le fazioni in guerra dell’Etiopia, i paesi dell’Africa e del Golfo, gli stati occidentali e altre parti interessate – potrebbe dissuaderlo dal continuare a immischiarsi in Etiopia, soprattutto perché si fa beffe di un consenso quasi universale a favore del disarmo, smobilitazione e reintegrazione di I combattenti tigrini potrebbero ravvivare la sua reputazione di paria internazionale e persino invitare alla reimposizione delle sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Un modo per promuovere l’unità all’interno del Corno d’Africa sarebbe rafforzare l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD), un raggruppamento regionale di stati dell’Africa orientale che l’Eritrea ha a lungo ignorato o ha cercato di indebolire. Sebbene i poteri dell’IGAD siano limitati, renderlo più capace e rispondente ai bisogni e alle aspirazioni dei cittadini del Corno d’Africa sarebbe un rimprovero alla repressione interna di Afwerki e un passo verso una più profonda cooperazione regionale. Inoltre, risolvere le divergenze tra Etiopia, Egitto e Sudan sulla controversa diga Grand Ethiopian Renaissance dell’Etiopia darebbe ad Afwerki meno divisioni regionali da sfruttare.

Anche con un sostegno internazionale unificato per gli accordi etiopi, sorgeranno inevitabilmente problemi di interpretazione e sequenza. Le scadenze saranno perse. Gli aspiranti spoiler oltre all’Eritrea, compresi gli Amhara della linea dura e persino i militanti di al Shabab, staranno attenti alle aperture. I partner esterni dell’Etiopia possono aiutare a prevenire il crollo del processo di pace mantenendo gli etiopi concentrati sui benefici politici ed economici che verranno con la pace.

C’è ancora il rischio che l’Etiopia possa disintegrarsi.


È probabile che la smobilitazione e il disarmo del TPLF riceveranno ampio controllo e sostegno dagli etiopi al di fuori del Tigray, ma che il processo molto meno popolare di reintegrazione degli ex combattenti sarà trascurato, angosciando i Tigray. Addis Abeba dovrà resistere all’uso dell’accordo di Pretoria come pretesto per imporre un’occupazione militare ostile e la “pace del vincitore” alla martoriata popolazione del Tigray. In definitiva, un processo politico dovrà anche affrontare l’esplosiva questione a somma zero del territorio rivendicato sia da Amhara che da Tigray, a cui si fa riferimento solo in modo ellittico a Pretoria. In queste aree contese, il ritiro dei combattenti amhara ed eritrei e il ritorno dei tigrini espulsi saranno politicamente difficili per Abiy. Eppure, nonostante tali sfide incombenti, i segnali finora sono incoraggianti. Sono iniziati i lavori per ripristinare le utenze nel Tigray, le consegne umanitarie sono aumentate e le due parti hanno mantenuto contatti costruttivi. La cessazione delle ostilità regge.

Secondo i partecipanti ai colloqui di Nairobi, il governo etiope ei negoziatori del TPLF che stanno ora lavorando su termini di riferimento per una squadra di monitoraggio e verifica del cessate il fuoco hanno lasciato la porta aperta alle Nazioni Unite e ad altre competenze. Se è vero, tale ricettività è incoraggiante e insolita per un paese che è orgoglioso di tenere gli stranieri in generale e le Nazioni Unite in particolare a debita distanza. Il team di monitoraggio e verifica avrà solo dieci membri, secondo i termini dell’accordo di Pretoria, il che significa che non sarà in grado di coprire un terreno sufficiente per dare a ciascuna parte totale fiducia nella conformità dell’altra. Ma le competenze delle Nazioni Unite e di altri luoghi possono contribuire a rendere il team il più credibile possibile come meccanismo di costruzione della fiducia.

Sia l’accordo di Pretoria che la dichiarazione di Nairobi tacciono sul ruolo dei partner esterni, anche se il governo etiopico si aspetta una rapida ripresa dell’assistenza allo sviluppo da parte di Stati Uniti, Unione Europea, Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, nonché finanziamento per la ricostruzione. Mentre aumentano l’assistenza umanitaria per gli etiopi colpiti dalla guerra e da una storica siccità, i donatori dovranno bilanciare la necessità di sostenere l’attuazione dell’accordo di pace con la necessità di vincolare alcuni finanziamenti ai progressi su questioni difficili come la responsabilità per l’umanità violazioni dei diritti. La piena ripresa dell’assistenza finanziaria e allo sviluppo dovrebbe essere subordinata alla situazione in Etiopia nel suo insieme, non solo nel Tigray o alle relazioni tra il governo etiope e il TPLF.

C’è ancora il rischio che l’Etiopia possa disintegrarsi.


Man mano che procede l’attuazione degli accordi di Pretoria e Nairobi, i partner dell’Etiopia dovrebbero incoraggiare il governo federale a sviluppare un processo nazionale credibile e inclusivo per risolvere le tensioni che stanno sorgendo in altre parti del paese, inclusa l’Oromia. Questioni politiche di base come come calibrare l’equilibrio di potere tra le autorità federali e regionali – uno dei fattori scatenanti della guerra nel Tigray – devono essere affrontate in modo pacifico e inclusivo da tutti gli etiopi. Più l’Etiopia diventa unificata, meno estranei intriganti saranno in grado di sfruttare le sue divisioni.

Nel corso della sua lunga storia, l’Etiopia ha sopportato numerosi attacchi di orribili violenze etniche che in genere si sono concluse quando una parte ha definitivamente sconfitto l’altra. Nonostante le atrocità degli ultimi due anni, Abiy e i tigrini stanno tentando qualcosa di diverso: un disarmo negoziato, una smobilitazione e una riconciliazione per consolidare il loro dichiarato desiderio di una cessazione permanente delle ostilità. Tuttavia, come dimostra l’escalation della violenza in Oromia, c’è ancora il rischio che l’Etiopia possa disintegrarsi, un risultato che avrebbe conseguenze devastanti per gli etiopi e i loro vicini e colpirebbe paesi di tutto il mondo.

Gli etiopi hanno la responsabilità primaria di attuare l’accordo di cessate il fuoco e stabilire un processo politico in grado di contrastare le forze centrifughe che minacciano di disgregare il paese. Ma i vicini ei partner dell’Etiopia hanno interesse al successo di questi processi e dovranno rimanere più coinvolti di quanto Addis Abeba possa desiderare, specialmente se l’Eritrea interferisse. I leader africani citano spesso il principio delle “soluzioni africane per i problemi africani”, ma la verità è che i problemi africani possono influenzare gli interessi dei paesi oltre il continente. Nel caso dell’Etiopia, forse il messaggio all’Unione africana dovrebbe essere che, mentre le soluzioni dovrebbero essere africane, il loro sostegno non dovrebbe essere esclusivamente tale.


Autore: JEFFREY FELTMAN è Visiting Fellow presso la Brookings Institution e Senior Fellow presso la United Nations Foundation. In precedenza ha servito come inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa.

FONTE: foreignaffairs.com/ethiopia/et…


tommasin.org/blog/2022-12-28/e…



Austerità sociale e ambiguità politica - Contropiano

"Il punto vero è che separare i diritti civili da quelli sociali è stata una trappola nella quale si è fatto cadere il senso comune, lasciando a intendere che certi diritti siano un di più, l’importante è il reddito, per ricevere il quale ogni condizione di lavoro è accettabile, come fosse un dovere categorico."

contropiano.org/news/politica-…



I coloni si appropriano di terreni palestinesi nel nord della Valle del Giordano | Infopal

"Fonti locali hanno riferito che i coloni hanno recintato con filo spinato un terreno palestinese dedicato al pascolo a est dell’area di al-Farisiya come preludio alla sua confisca."

infopal.it/i-coloni-si-appropr…




#uncaffèconluigieinaudi ☕ – Unico limite alle libertà fondamentali


Unico limite alle libertà fondamentali è il pericolo di giovare al nemico, che quelle libertà vuole distruggere da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945 L'articolo #uncaffèconluigieinaudi ☕ – Unico limite alle libertà fondamentali proviene da F
Unico limite alle libertà fondamentali è il pericolo di giovare al nemico, che quelle libertà vuole distruggere

da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945

L'articolo #uncaffèconluigieinaudi ☕ – Unico limite alle libertà fondamentali proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Giorgia Meloni e la laicità (dimenticata) dello Stato


Adesso, si consolida sempre più, addirittura quotidianamente, l’abitudine o forse la propensione al pianto, al piagnucolio, più precisamente. I politicanti piangono. Deve esserci qualche sondaggista che ha spiegato loro che piagnucolare fa incassare consensi. Io non sarei molto d’accordo, ma non sono un politico e nemmeno un politicante, quindi non mi posso pronunciare in merito. […]

L'articolo Giorgia Meloni e la laicità (dimenticata) dello Stato proviene da L'Indro.



Tigray – Emergency Coordination Center Operational Update – 23 Dic. 2022


Questo che segue sono le slide del PDF scaricabile cliccando il link Regional Emergency Coordination Center 23-12-2022

Questo che segue sono le slide del PDF scaricabile cliccando il link Regional Emergency Coordination Center 23-12-2022
448521744852194485221448522344852254485227448522944852314485233448523544852374485239448524144852434485245448524744852494485251448525344852554485257448525944852614485263448526544852674485269448527144852734485275448527744852794485281448528344852854485287448528944852914485293448529544852974485299448530144853034485305448530744853094485311448531444853174485319448532144853234485325448532744853294485331448533344853354485337448533944853414485343448534544853474485349448535144853534485355448535744853594485361448536344853654485367448536944853714485373448537544853774485379448538144853834485385448538744853894485391448539344853954485397448539944854014485403448540544854074485409448541144854134485415


tommasin.org/blog/2022-12-27/t…



Turchia: obiettivo Asia


L’incontro del vertice del Consiglio dei capi di Stato dell’Organizzazione degli Stati turchi si è tenuto l’11 novembre 2022 a Samarcanda, nel mezzo della lotta in corso tra la Russia e l’Occidente per l’influenza in Asia centrale, assumendo un carattere sempre più non compromettente. Il 29 settembre, cioè poco più di un mese prima, in […]

L'articolo Turchia: obiettivo Asia proviene da L'Indro.



Giappone: la nuova strategia di sicurezza nazionale è un cambio di paradigma?


Con il rilascio della nuova Strategia di Sicurezza Nazionale (NSS) del Giappone, abbiamo visto un coro di commentatori discutere la nuova strategia dal punto di vista dell’allontanamento dalla costituzione pacifista del Giappone. L’ Hindustan Times lo definisce un punto di svolta, mentre il China Daily ha definito la nuova strategia ” sconcertante “. In una dichiarazione sul […]

L'articolo Giappone: la nuova strategia di sicurezza nazionale è un cambio di paradigma? proviene da L'Indro.



Belgrado schiera l’esercito al confine dopo due settimane di blocchi stradali che ha esacerbato la tensione con Pristina. Ma per gli analisti un conflitto aperto è per ora improbabile.


The first Russia-Africa summit, held in 2019, spurred talks of “Russia’s return to Africa” after years of disengagement south of the Sahara.


Ingabbiati


La notizia può essere curiosa, ma freddina. Ai più dirà poco. Ma meno dice loro e più li riguarda, perché dietro una faccenda giudiziaria ce n’è un’altra di enorme portata e valore collettivo. La notizia è che Meta, la società di Zuckerberg che possiede e

La notizia può essere curiosa, ma freddina. Ai più dirà poco. Ma meno dice loro e più li riguarda, perché dietro una faccenda giudiziaria ce n’è un’altra di enorme portata e valore collettivo. La notizia è che Meta, la società di Zuckerberg che possiede e governa i suoi social media, a seguito di una class action è stata costretta a pagare 725 milioni di dollari, per chiudere la faccenda. La contestazione mossa dai coalizzati che hanno fatto causa è quella di avere reso accessibili i loro dati personali a Cambridge Analytica, che li ha utilizzati per favorire Trump e Brexit. Si tratta della più alta cifra mai pagata da un privato, a seguito di un’azione collettiva.

Vabbè, interessante, ma a noi che ce ne importa, posto che tanto Zuckerberg povero non diventa? Ci interessa molto. E non solo per un aspetto tecnico, ovvero che quel genere di cause in Italia non si possono fare, visto che, come al solito, abbiamo chiamato class action quel che manco le somiglia, denominando “cavallo” un cane, senza poi poterlo sellare. Ma questo è il meno. La vera sostanza della notizia consiste nella premessa: i miei dati sono preziosi. Perché?

In fondo i miei dati sono già pubblici e di scarso valore. Magari non conoscete il mio indirizzo di casa (né sapreste cosa farvene), ma più o meno sapete tutto di me e le mie opinioni provo a diffonderle giorno dopo giorno. Perché qualcuno dovrebbe essere interessato a comprarle? Per come funzionano quei canali sociali, non di rado veri strumenti asociali. Nessuno paga per sapere cosa pensa la sora Cesira o il sor Augusto, ma per aggregare atteggiamenti, pregiudizi, prevenzioni e fissazioni di gruppi distinti, in modo da conoscere la chiave con cui far loro pensare quel che si desidera.

I dati hanno valore non in quanto consentono di entrare in contatto con Tizio o Caio, ma in quanto consentono di farli entrare in recinti dove trovano i loro simili, per poi condurli come una mandria. Se un certo numero di persone mostra di credere che esistano guardiani dell’universo che governano i nostri destini (e questa è letteratura), allora li spingo in un recito e, al momento giusto, farò loro sapere che il candidato a me sgradito è al servizio del lato oscuro (e questo è cinema). Certo che è roba da cretini, ma quelli già credevano ai guardiani. Se si crea omogeneità contro l’immigrazione posso portarne i succubi dentro un recinto e poi far sapere loro che c’è un disegno del primo millennio e una profezia che li vedrà tutti morti e sostituiti prima della prossima primavera. Certo che è da svalvolati, ma a me serviva per favorire delle donazioni ai guerrieri che si oppongono. E così via. Ovvio che l’umanità non è composta (solo) da cretini, ma succedono due cose:
a. gli aggregati di cretini si moltiplicano;
b. la politica e la società non possono non tenerne conto e, quindi, si mettono a fare i conti con i mandriani di scimuniti, i quali hanno trovato la formula per nobilitarli: in democrazia il mio tonto vale quanto il tuo astuto e se lo neghi sei per la ditttaura.

Questa roba è micidiale, ecco perché quella class action non è una notiziuola secondaria o solo curiosa. Ma c’è ancora un aspetto da esplorare: perché, a parte l’essere cretini, funziona quel frazionare in gruppi manovrabili? Perché ciascuno di noi tende a sentirsi confortato dal fatto che altri la pensino allo stesso modo. Qualche volta si viene presi dal dubbio di avere torto e di star diventando fessi, ma poi si pensa al Tale, stimabile e accreditato, che la pensa come noi e ci si tranquillizza. Ancora una volta, quindi, il digitale non ha creato un mondo, ma ne ha reso più potenti alcuni aspetti.

A chi vende i dati per manomettere le democrazie s’infliggano pene severe, ma l’antidoto migliore è vecchio come il mondo ed è anche bellissimo: ascoltare. Le opinioni più interessanti siano non quelle uguali alla mia, ma quelle diverse. Non (necessariamente) per cambiare idea, ma per mettere alla prova le mie. A salvarci dai mandriani non sarà mai il mettere in ceppi il digitale, ma il liberare La Ragione.

La Ragione

L'articolo Ingabbiati proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Come la battaglia per il Donbass ha plasmato il successo dell’ Ucraina


Mentre la guerra russo-ucraina entra nell’inverno, gli ucraini hanno motivo di essere cautamente ottimisti sull’andamento della guerra. A seguito di un’offensiva strategica alla fine di agosto in più regioni, le forze ucraine hanno riconquistato quasi tutto l’oblast di Kharkiv, parti dell’oblast di Donetsk e la riva destra dell’oblast di Kherson. Diversi fattori hanno consentito le […]

L'articolo Come la battaglia per il Donbass ha plasmato il successo dell’ Ucraina proviene da L'Indro.



Cina, USA e l’ arte della guerra dei chip


I politici statunitensi e cinesi si stanno infliggendo colpi incisivi a vicenda. L’amministrazione Biden è meno roboante nei discorsi rispetto al suo predecessore, pur essendo più rumorosa nelle sue azioni politiche. Tuttavia, le restrizioni che mirano a rallentare l’ascesa della Cina alla frontiera tecnologica dei semiconduttori potrebbero involontariamente aiutarla a organizzare investimenti e strategie commerciali […]

L'articolo Cina, USA e l’ arte della guerra dei chip proviene da L'Indro.



The first Russia-Africa summit, held in 2019, spurred talks of “Russia’s return to Africa” after years of disengagement south of the Sahara.


Difesa europea: gli USA non dicano NO a Macron


La scorsa settimana il Presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato un altro appello per ridurre la dipendenza della sicurezza europea dagli Stati Uniti. Di ritorno da un incontro in Giordania, Macron ha spiegato il suo punto di vista a un gruppo di giornalisti: “Un’alleanza non è qualcosa su cui dovrei fare affidamento. È qualcosa che […]

L'articolo Difesa europea: gli USA non dicano NO a Macron proviene da L'Indro.



Ucraina: Bakhmut, Fortezza della Libertà


In vista delle vacanze di Natale, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha effettuato una visita ufficiale negli Stati Uniti. Mentre si trovava a Washington DC, ha regalato al popolo americano un simbolo che ci sta molto a cuore: una bandiera ucraina firmata dai Guardiani, come chiamiamo i difensori di Bakhmut, una città dell’Ucraina orientale che sta […]

L'articolo Ucraina: Bakhmut, Fortezza della Libertà proviene da L'Indro.



Natale nello spazio


A quanto pare ‘Natale con i tuoi’, l’antico detto recitato ad ogni pie’ sospinto, sembra non avere origini religiose, ma più che altro di patriarcato, che come tante abitudini ha ristretto diversi atteggiamenti di indipendenza a una più rigida regola di conservazione familiare. Ma per Natale è un po’ per tutti la voglia di trascorrere […]

L'articolo Natale nello spazio proviene da L'Indro.



The first Russia-Africa summit, held in 2019, spurred talks of “Russia’s return to Africa” after years of disengagement south of the Sahara.

Gatta Cikova reshared this.



Recensione del Casinò Mystake – Minigiochi Dino e Pollo


Dal suo rilascio nel 2020, il casinò Mystake ha guadagnato un gran numero di utenti fedeli. Se siete alla ricerca di un casinò online facile da usare, MyStake è la scelta migliore. Siete liberi di giocare quando e dove volete. Il sito web può essere utilizzato in nove lingue diverse: Inglese, francese, italiano, spagnolo, russo, […]

L'articolo Recensione del Casinò Mystake – Minigiochi Dino e Pollo proviene da L'Indro.



Report Corno d’Africa, EEPA n. 339- 27 dicembre 2022


Negoziati di pace (per 27 dicembre) Il portavoce del Tigray, Getachew Reda, afferma che la delegazione etiope che ha visitato Mekelle il 26 dicembre è…

Negoziati di pace (per 27 dicembre)

  • Il portavoce del Tigray, Getachew Reda, afferma che la delegazione etiope che ha visitato Mekelle il 26 dicembre è stata accolta calorosamente nel Tigray.
  • Questa delegazione, guidata dal presidente del parlamento etiope, Tagesse Chafo, è stata la prima a visitare Mekelle in due anni, dallo scoppio della guerra nel novembre 2020, e ha seguito un secondo round di negoziati tenutosi dai comandanti a Nairobi il 22 dicembre.
  • Redwan Hussein, il capo negoziatore dell’accordo sulla cessazione delle ostilità (CoH), afferma che il primo ministro Ahmed Abiy è stato informato della visita.
  • Dopo il briefing, il primo ministro Abiy ha incaricato i direttori dell’azienda di accelerare la ripresa dei servizi nel Tigray, secondo Redwan Hussein.
  • Il ministro di Stato del ministero dei servizi di comunicazione del governo etiope, Selemawit Kassa, ha definito l’arrivo “un momento storico”, secondo Tigrai TV .
  • Getachew Reda afferma che la visita mostra la maggiore fiducia tra le parti, dimostrata dal fatto che la delegazione di alto livello non ha portato il proprio personale di sicurezza.
  • A seguito della visita, l’amministratore delegato di Ethiopian Airlines, Mesfin, che ha partecipato alla visita della delegazione etiope, afferma che dal 28 dicembre riprenderanno i voli regolari per Mekelle nel Tigray.

Situazione nel Tigray (al 27 dicembre)

  • Adigrat ha subito un terremoto M 5.5 – 64 km ENE di Ādīgrat, Etiopia il 26-12-2022 12:21:07 (UTC) 14.488°N 40.015°E10.0 km di profondità.
  • Ethiopian Electric Utility (EEU) ha annunciato che 80 città sono state ricollegate alla rete elettrica dopo che erano state tagliate a causa dei danni alle infrastrutture elettriche durante la guerra nel Tigray.
  • Un aggiornamento dell’Emergency Coordination Center (ECC) in Tigray del 23 dicembre riporta che il 22 dicembre circa “2853mt in oltre 80 camion” di aiuti umanitari sono stati distribuiti ad Adwa, Axum e Shire. La fornitura include: cibo, carburante e articoli medici.
  • Una seconda fornitura è prevista per il 23 dicembre.
  • Il rapporto aggiorna che, dal 16 novembre, più di 74.100 tonnellate di scorte di cibo e carburante sono state portate attraverso i quattro corridoi umanitari nel Tigray.
  • I quattro corridoi aperti sono il percorso Semera-Mekelle, il percorso Gondat Debark, il percorso Gondar Humera e il percorso Kombolcha-Mekelle.
  • L’ECC è preoccupato per le aree che sono totalmente o parzialmente fuori dalla portata di cibo e altri rifornimenti.
  • Le aree difficili da raggiungere sono: Erob, Ganta Afeshum, Gulo Mekeda e Zala Anbesa città nella zona orientale; Adet, Adwa, Aheferom, Ahsea, Chila, Edaga Arbi, Egela, Emba Sienti, Endafelasi, Enticho town e Rama nella zona centrale; e Asgede e Zana nella zona nord-occidentale)
  • L’ECC riferisce che in 46 woredas (aree) e città è prevista una valutazione di emergenza della sicurezza alimentare, a partire da metà gennaio 2023.
  • Le organizzazioni umanitarie menzionano i seguenti problemi: problemi di liquidità finanziaria, problemi di comunicazione, problemi di accesso, mancanza di petrolio e mancanza di informazioni.

Situazione in Etiopia (al 27 dicembre)

  • Secondo Addis Standard (AS), l’Etiopia Financial Intelligence Services ha sospeso oltre 20 milioni di dollari che secondo lui sarebbero stati accumulati ”illegalmente”
  • AS ha aggiunto che si sospettava che 85 persone fossero coinvolte nel presunto accumulo di 20.226.585 USD.
  • La delegazione che ha visitato Mekelle ieri ha annunciato che i servizi bancari e di telecomunicazione riprenderanno a Mekelle la prossima settimana, afferma Ethiopian Broadcasting Corporation.
  • Abe Sano, presidente della Commercial Bank of Ethiopia, ha affermato che la banca ha dispiegato i suoi 18 esperti a Mekelle per fare i preparativi per avviare i servizi di panificazione, ha aggiunto EBC.

Situazione internazionale (al 27 dicembre)

  • Hirut Zemene, ambasciatore dell’Etiopia presso i paesi del Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) e le istituzioni dell’UE, ha dichiarato che i paesi “si sono impegnati a sostenere pienamente l’attuazione e il proseguimento del partenariato economico” a seguito dell’accordo CoH.

Link di approfondimento:


FONTE: martinplaut.com/2022/12/27/eep…


tommasin.org/blog/2022-12-27/r…