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Francesco Rocchetti, Segretario Generale ISPI e la giornalista Silvia Boccardi parlano con Lucia Goracci, giornalista e inviata della RAI, di come donne iraniane ma anche afghane e ucraine siano le vere eroine di questo 2022.


USA: la ricerca sulla marijuana entra nella storia con la firma ufficiale di Biden


Il presidente Joe Biden è entrato nella storia venerdì, diventando il primo presidente americano a firmare una legge di riforma specifica sulla marijuana. Biden ha apposto la sua firma sulla legge bipartisan Medical Marijuana and Cannabidiol Research Expansion Act, ha annunciato la Casa Bianca. La storica legge, che intende facilitare lo studio della pianta da parte […]

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Israele: il nuovo governo Netanyahu fa drizzare i capelli - Kulturjam

"Il nuovo governo Netanyahu si è presentato con una formazione talmente estremista da suscitare forti perplessità anche tra gli storici alleati d’Israele, come il Partito Repubblicano degli Stati Uniti, oltre a far drizzare i capelli ai suoi oppositori."

kulturjam.it/politica-e-attual…



Stream svelano le bufale del mainstream - L'Indipendente

"«Dopo mesi di indagini, numerosi funzionari affermano in privato che la Russia potrebbe non essere responsabile degli attacchi ai gasdotti Nord Stream». In un lungo articolo, il Washington Post spiega che non ci sono prove che la Russia sia in qualche modo coinvolta nelle esplosioni ai gasdotti Nord Stream 1 e 2.
[...]
Il Washignton Post ora dimostra che la stampa avrebbe dovuto mostrare più cautela nell’accusare Mosca. Anche perché, tra gli indiziati, ci sono anche gli Stati Uniti: Washington non ha mai fatto mistero della sua contrarietà al gasdotto Nord Stream 2 e per diversi anni si è opposta alla realizzazione del progetto, con lo scopo di impedire il vincolo tra Russia ed Europa."

lindipendente.online/2022/12/3…



Le parole che mancano in difesa delle ragazze di Teheran e Kabul


Le stanno spezzando. Una per una, giorno. Una per una, giorno dopo giorno, per mano di carnefici impuniti e con ogni evidenza impunibili, visto che la strage metodica e parallela delle giovani ribelli di Teheran e Kabul va avanti nel silenzio della parte

Le stanno spezzando. Una per una, giorno. Una per una, giorno dopo giorno, per mano di carnefici impuniti e con ogni evidenza impunibili, visto che la strage metodica e parallela delle giovani ribelli di Teheran e Kabul va avanti nel silenzio della parte «buona» del mondo. Per
«ottime» ragioni di geopolitica o di affari, il consesso delle nazioni democratiche si limita a manifestare preoccupazione, disappunto, più qualche ipocrita quanto flebile allarme.

Si fa persino fatica a reggere le sommarie descrizioni di quello che centinaia di ragazze in Iran come in Afghanistan stanno subendo sui loro corpi, la devastazione che le porta a morti atroci, mascherate senza vergogna da incidenti, malori improbabili e improvvisi, con la minaccia ai familiari di sostenere la menzogna, pena la ripetizione del supplizio sulla pelle viva di altre figlie, mogli, madri, nonne, donne. È vero che ci sono anche tanti maschi, puniti con identica crudeltà per aver sostenuto l’accenno di ribellione che le loro amiche, compagne, vicine di casa,
parenti, conoscenti o sconosciute, hanno avuto il coraggio esasperato di tentare. Onore a loro, come a quel professore universitario di Kabul che ha strappato in diretta tv tutti i suoi diplomi perché «se mia sorella non può studiare, io non posso accettare di continuare ad educare». Se gli va bene, verrà «rieducato» come i giocatori della nazionale di calcio iraniana che agli ultimi Mondiali in Qatar si erano rifiutati di cantare l’inno nazionale, restando a bocca chiusa.

Ma per una volta nella Storia la ribalta non è degli uomini. Di fronte all’omicidio brutale di Mahsa Amini, 22 anni, massacrata dalla Polizia Morale perché sorpresa a Teheran con il velo che lasciava intravedere qualche ciocca di capelli (16 settembre 2022); di fronte al divieto per le giovani afghane di frequentare anche l’università (20 dicembre 2022), penultima privazione in ordine di tempo, visto che l’ultima è il divieto alle società di telefonia di vendere carte Sim a persone di sesso femminile; di fronte a queste ulteriori gocce di umiliazione, sono proprio gli esseri umani di sesso femminile ad aver preso la piazza e la scena contro la segregazione a cui sono sottoposte. Vanno a manifestare il loro «ora basta», consapevoli di quello che le attende, lasciando biglietti di probabile congedo («non so se tornerò da voi ma so che non posso non andare»), sfidando a mani nude e capo scoperto milizie con turbanti e bastoni che somigliano ai kapò dei Lager.

Una rivoluzione contro l’apartheid di genere, nelle dittature teocratiche dei talebani e degli ayatollah, a cui manca un Mandela che la rappresenti e che sia in grado di mobilitare un consenso fuori dalle mura di questi Stati prigione. Ma Mandela era un maschio, e questo dato di natura fa già da solo tutta la differenza. Essere donna non è un titolo di demerito in sé ma di fatto coincide, ovunque e variamente, a una condizione a vari gradi svantaggiata. In molte parti del pianeta, e l’elenco dei Paesi coinvolti è sterminato, questo svantaggio diventa sopruso, prevaricazione, privazione dei diritti primari, riduzione in uno stato di subalternità che confina con la schiavitù e spesso schiavitù diventa. Donna è meno, in genere poco, spesso niente, a parte la funzione esclusiva di incubatrice stabilita da leggi biologiche immutabili.

La doppia e inumana repressione scattata quasi in contemporanea in Iran e Afghanistan capita in un contesto paradossale, dove per esempio in Europa sono proprio delle donne a capo delle principali istituzioni: Ursula von der Leyen (Commissione), Roberta Metsola (Parlamento), Christine Lagarde (Banca centrale). A parte Giorgia Meloni, prima presidentessa del governo italiano, che ha appena definito «inaccettabile» la scelta di sangue voluta da Teheran, da nessuna di loro risulta sia ancora venuta una parola forte a conforto delle giovani sorelle che rischiano, e a centinaia perdono, la vita pur di rivendicare il più elementare dei bisogni: smettere di essere trattate da esseri inferiori.

La fine di questi inattesi inverni di lotta e di speranze è prevedibile e fosca. La disparità delle forze in campo, il totale abbandono internazionale che isola le giovani combattenti, abbandono che riguarda anche i loro coetanei che abitano Paesi più civili, la presa d’atto di essere avanguardie senza alcun esercito che si ingrossi alle loro spalle, tutto questo renderà ancora più feroci gli aguzzini e aumenterà nelle eroiche manifestanti quelle paure e quelle angosce che sono l’anticamera della resa. Non a caso, dopo più di 100 giorni di disorientamento, il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha improvvisamente ritrovato la voce: «Non mostreremo misericordia al nemico». E quando arresteranno Khadim al-Sharia, 25 anni, la campionessa di scacchi che è andata in Kazakistan per i campionati del mondo e si è mostrata in pubblico coi capelli sciolti e senza hijab, quando storceranno il suo sorriso in una smorfia, perché questo succederà, allora forse verrà riconvocato un ambasciatore, come ha già fatto il nostro ministro Tajani, per dire che così non si fa.

Il Corriere della Sera

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Tehran convoca l'ambasciatore per proteste formali


La Repubblica Islamica dell'#Iran ha convocato l'#ambasciatore dello stato che occupa la penisola italiana.
A #Tehran, dove governano persone appena un po' più serie di certe madri non sposate che si arrogano il ruolo di paladini della tradizione cattolica, non amano ingerenze negli affari interni.
La Repubblica, nata da una #rivoluzione vera e poco colorata -non da quelle che piacciono alle gazzettiste- per otto anni ha combattuto contro mezzo mondo nella #Guerra Imposta e difende se stessa e le proprie istituzioni come qualsiasi altro stato sovrano.



ISRAELE. Futuro nero: Lgbt+, giudici e diritti nella morsa del Bibi III


Oggi giura il nuovo governo israeliano, il più a destra di sempre. Attivisti in piazza. Associazioni gay in allerta. Nel mirino dei ministri più estremisti ci sono anche i palestinesi. L'articolo ISRAELE. Futuro nero: Lgbt+, giudici e diritti nella morsa

di Michele Giorgio*

Pagine Esteri, 29 dicembre 2022 – Susciterà timori, solleverà interrogativi e animerà dibattiti il programma del governo che il risorto premier Benyamin Netanyahu, sotto processo per corruzione, farà giurare oggi alla Knesset. Il più a destra della storia della storia di Israele. Non perché i suoi ministri più estremisti come Itamar Ben Gvir (Pubblica sicurezza) e Bezalel Smotrich (Finanze), leader dei partiti accusati di razzismo Otzmah Yehudit e Sionismo Religioso, minacciano di attuare politiche più dure e punitive contro i palestinesi sotto occupazione militare da 55 anni. Dei diritti dei palestinesi non importa a nessun governo in giro per il mondo, le eccezioni sono rare. L’intenzione annunciata di dare un nuovo e più forte impulso alla colonizzazione israeliana nei Territori occupati non è poi diversa da quella realizzata dai governi precedenti. E l’esclusività nella biblica Terra di Israele alla piena autodeterminazione riservata solo al popolo ebraico e negata ai palestinesi dal primo ministro Netanyahu, è già affermata nella legge fondamentale, approvata nel 2018 dalla Knesset, che proclama Israele-Stato solo della nazione ebraica e non di tutti i suoi cittadini.

Dell’esecutivo messo in piedi da Netanyahu si parlerà tanto anche nelle comunità ebraiche, negli Usa più che in Europa, perché minaccia i diritti della comunità Lgbt+, perché punta a limitare i poteri dei giudici e la libertà di espressione, perché vorrebbe fare della religione sempre di più il fondamento dello Stato. E per tanti altri motivi che alcuni commentatori locali, vicini al centrosinistra, hanno elencato ogni giorno da quando lo scorso primo novembre la destra radicale e religiosa ha vinto le elezioni legislative, a conferma della tendenza all’estremismo che contagia settori sempre più larghi dell’opinione pubblica israeliana.

Uno di questi opinionisti, il noto scrittore David Grossman, ieri sulle pagine del quotidiano Haaretz, facendo riferimento a leggi in fase di elaborazione che ridimensionano la Corte Suprema, legittimano discriminazioni per motivi religiosi e favoriscono la costituzione di «una milizia privata nei Territori (palestinesi occupati)», ha dipinto il governo nascente come una minaccia «per il nostro futuro e per quello dei nostri figli». «Le dimensioni della catastrofe – ha scritto Grossman – vengono ora alla luce. Netanyahu rischia di scoprire che dal punto in cui ci ha portato non c’è una via di ritorno. Il caos che ha creato non potrà essere annullato o ammaestrato». Grossman in sostanza prova a scuotere Netanyahu, gli chiede di fermarsi prima che sia troppo tardi. Lo scrittore invece dovrebbe rendersi conto che Netanyahu non ha concesso così tanto alla destra estrema perché è debole e ricattabile a causa, si dice, dei suoi problemi con la giustizia. Lo ha fatto perché ideologicamente è vicino a quella parte politica. Non a caso ha destinato ben 125 milioni di dollari al partito religioso omofobo Noam che avrà l’incarico di salvaguardare «l’identità ebraica». La nomina a speaker della Knesset di Amir Ohana, un esponente gay del Likud, il partito di Netanyahu, è vista da più parti come una cortina fumogena per le politiche che le forze più conservatrici dell’esecutivo intendono attuare nella società.

Questa mattina gruppi di dimostranti di sinistra dovrebbero raggiungere Gerusalemme con un convoglio di automobili da Tel Aviv e si raccoglieranno di fronte alla Knesset. Si tratta però di piccole formazioni, fra cui Peace Now, Bandiere nere, Israeliani e palestinesi per la pace, associazioni Lgbt. E si è appreso che, dopo i comandi militari, anche cento ex diplomatici israeliani hanno pubblicato una lettera aperta rivolta a Netanyahu in cui esprimono la preoccupazione che la politica preannunciata del suo nuovo governo pregiudicherà i rapporti esteri di Israele. Non certo con il governo di destra di Giorgia Meloni, che all’inizio del 2023 sarà accolta con grandi onori in Israele dal governo di estrema destra di Netanyahu.

Il premier israeliano respinge le critiche, nega che saranno negati diritti e nei giorni scorsi ha accusato di sedizione il primo ministro uscente Yair Lapid. Netanyahu ieri ha fatto sapere che andrà tutto per il meglio, dentro e fuori Israele, grazie ai suoi progetti. Anche se con ogni probabilità ci scapperà un attacco aereo israeliano all’Iran (che lui invoca da anni). Ha annunciato, tra le altre cose, l’estensione degli Accordi di Abramo con i vicini arabi. Non si fida di lui re Abdullah II di Giordania, custode dei luoghi santi islamici e cristiani a Gerusalemme. In un’intervista alla Cnn il sovrano hashemita ha sottolineato che c’è «preoccupazione» per possibili violazioni da parte israeliana dello status quo sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto

ilmanifesto.it/futuro-nero-lgb…

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CULTURA. William Faulkner e i romanzi dello scrittore palestinese Ghassan Kanafani (3a parte)


La volontà di usare l’arte verbale per esprimere un messaggio umanista e di farlo tramite la concentrazione sull’individuo e lo sperimentalismo artistico sono tratti comuni dello scrittore palestinese e il romanziere americano. L'articolo CULTURA. Willia

di Patrizia Zanelli*

Pagine Esteri, 27 dicembre 2022 – Un tratto molto suggestivo di “Umm Saad” è la presenza dell’autore nella storia, in cui è presente anche sua moglie. Kanafani aveva incontrato l’attivista danese Anni Høver a Beirut, nel 1961, e fu amore a prima vista. Dopo due mesi erano già sposati; ebbero Fayiz, nel 1963, e Laila nel 1966. Nell’incipit di “Umm Saad”, l’autore è a casa, dove ci sono appunto anche la moglie e i bambini.

Kanafani voleva che il romanzo fosse realistico, ma allo stesso tempo cercò di nascondere il più possibile la propria presenza nella storia, da cui in effetti è perlopiù assente e nella quale svolge una funzione simile a quella di Shahrazàd, la narratrice dei racconti inclusi in Le mille è una notte. Umm Saad, la donna che lui conosceva gli riferiva fatti veri della sua vita personale; il realismo gli interessava per storicizzare la realtà contemporanea palestinese.

Nel 1954, Kanafani, allora diciottenne e con una formazione francofona alle spalle, si era rotto una gamba e, durante i sei mesi di convalescenza, si mise a leggere opere della letteratura araba classica, perché voleva migliorare le proprie competenze nella lingua in cui stava scrivendo i suoi primi racconti e dipendere meno dalle innovazioni letterarie occidentali, di cui intendeva servirsi. L’influenza di queste letture giovanili dello scrittore non è chiara nei suoi testi, poiché stilisticamente sono improntati al modernismo, nato appunto in America Latina ed Europa.

In “Umm Saad”, l’autore è sempre a casa, dove la protagonista va a trovarlo; ogni volta parlano della guerra appena finita e delle gravi conseguenze di quella seconda sconfitta che sono riassunte in questo breve enunciato: “sfilavano colonne di nuovi esuli”. Oltre trecentomila palestinesi, che abitavano nei territori invasi dall’esercito israeliano nel ’67, furono infatti costretti a fuggire all’estero; quasi la metà di loro erano già profughi sin dal ’48.

Nell’anno in cui pubblicò questo romanzo, cioè il 1969, Kanafani fondò e iniziò a dirigere la rivista politico-culturale al-Hadaf (L’obiettivo), organo ufficiale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, organizzazione marxista-leninista nata all’indomani della Naksa. A quel punto l’autore si mise a scrivere a ritmo frenetico, di giorno scriveva articoli nell’ufficio del settimanale, e di sera a casa opere letterarie.

Durante un’intervista radiofonica rilasciata poco prima di morire – e pubblicata su al-Hadaf nel 1973 -, Kanafani espresse la propria ammirazione per The Sound and the Fury, dichiarando di esserne stato molto influenzato, di avere sfruttato gli espedienti artistici di Faulkner per creare i suoi stessi romanzi, i quali – va precisato – sono tutti brevi. Lo scrittore palestinese cercò man mano nuove modalità per rielaborare, e non replicare, il modello faulkneriano in base alle proprie esigenze espressive legate anche al contesto storico-culturale a cui si riferiva in ogni testo. Dopo averlo rielaborato per scrivere “Uomini sotto il sole” e “Tutto ciò che vi resta” – intenzionalmente un omaggio all’arte di Faulkner -, nella fase post-Naksa lo semplificò in “Ritorno a Haifa” e poi cominciò ad abbinarlo in modo più evidente a elementi del patrimonio letterario arabo, come fece in “Umm Saad”, che forse rappresenta un altro punto di svolta nella produzione narrativa dell’autore.

Questa tendenza postmoderna a unire modernità e tradizione emerge infatti anche negli ultimi due romanzi di Kanafani, entrambi rimasti incompiuti e pubblicati postumi sulla rivista Shu’ūn filastiniyya (Affari palestinesi) nel settembre del 1972. L’influenza della poesia araba preislamica (V-VI secolo d.C.) si coglie, in “L’Innamorato” ; il titolo dell’opera è il soprannome dato dagli abitanti di un villaggio al protagonista, una sorta di bandito leggendario in grado di sfuggire alla legge, presentandosi con un nome falso diverso ogni volta che si nasconde in un posto nuovo; così ‘Abd al-Karìm diventa Qasim e poi Hasanayn. Il racconto è ambientato nelle aree rurali dell’Alta Galilea all’epoca del mandato britannico sulla Palestina. Il capitano Black insegue per tre anni il giovane protagonista, che in passato ha compiuto un crimine misterioso. Lo pseudonimo Qasim, come spiega Hilary Kilpatrick in un articolo pubblicato nel 1976 sul Journal of Arabic Literature, è probabilmente un riferimento al riformatore musulmano siriano ‘Izz al-Din al-Qassām (1882-1935), che, dopo gli studi all’Università al-Azhar del Cairo, divenne un sostenitore delle lotte anticolonialiste in Libia e poi nel Levante. Agli inizi degli anni ’30 viveva in Palestina, dove formò gruppi di partigiani palestinesi e organizzò attacchi contro obiettivi sionisti e britannici. Accusato di complicità nell’omicidio di un poliziotto inglese, fu ucciso durante una caccia all’uomo.

L’attivismo e l’uccisione di al-Qassām furono fattori scatenanti della Grande Rivolta del 1936-1939, analizzata proprio da Kanafani in un saggio del 1972 , in cui sottolinea che, nella Palestina mandataria, la lotta anti-colonialista era assolutamente indispensabile per la società palestinese, nell’ambito della quale, tuttavia, il nazionalismo stesso, guidato da “dirigenti reazionari feudo-clericali locali”, frenò lo sviluppo dei movimenti progressisti, sostenitori delle masse contadine e operaie che erano maggiormente coinvolte nella resistenza armata contro la colonizzazione sionista. Il protagonista del romanzo ama i cavalli, tra cui una puledra, Samra’; perciò viene soprannominato l’Innamorato. La celebrazione delle virtù di queste cavalcature eleganti, veloci e d’importanza vitale durante i viaggi nel deserto è frequente nella poesia preislamica, soprattutto nei poemi dei poeti definiti ṣa‘ālīk, “vagabondi”, espulsi dalle loro tribù di solito per avere commesso un crimine disonorevole. Pagine Esteri

4524978In “L’Innamorato”, il protagonista vive sempre in compagnia di un cavallo, maschio o femmina che sia, l’animale condivide e rappresenta la voglia di libertà del giovane fuggiasco, la sua forza e imponenza fisica, la capacità di resistere, la vera amicizia di cui ha bisogno nella vita solitaria che conduce, essendo braccato o tradito da altri esseri umani. Lui riesce a fare cose prodigiose, come camminare a piedi nudi su un campo coperto dalla cenere di braci ardenti, lasciando a bocca aperta l’anziano Shaykh Salman, un latifondista che poi racconta quel fatto straordinario agli abitanti di al-Ghabasia. E così nasce la leggenda di Qasim, che dovrà fuggire a Tarshiha, dove diventa Hasanayn e sarà assunto come bracciante dal venerando Hagg Abbas, il quale vorrebbe anche fargli sposare Zaynab, che viveva a casa sua sin da quand’era bambina. La ragazza, rimasta orfana del padre, un contadino morto combattendo durante la rivolta, e allontanata dalla madre, una cameriera originaria di Harwan, in Siria, svanita nel nulla dopo essere stata arrestata dai militari inglesi, si innamora a prima vista del giovane protagonista che è attratto da lei. Un altro mistero del passato sembra legare Zaynab a Hasanayn, la cui nascente storia d’amore non è subito incoronata dal matrimonio, come sperava Hagg Abbas, un uomo che sgrana il rosario in continuazione e di fatto vuole semplicemente disfarsi delle proprie responsabilità verso la figlia di genitori di umili condizioni sociali. Soltanto il capitano Black conosce la vera identità del protagonista, catturarlo è l’ossessione della sua vita e in effetti riesce ad arrestarlo per poi rinchiuderlo nella prigione di Acri. E così ‘Abd al-Karìm diventa il Detenuto numero 362.

Ma non è questa la parte conclusiva del racconto che si snoda in “L’Innamorato”, romanzo storico e d’avventura insieme, pieno di colpi di scena e di suspense, costruito magnificamente dall’autore tramite un susseguirsi di analessi. Kanafani ancora una volta racconta la storia del popolo palestinese, affrontando temi di valenza universale, come l’amicizia, l’amore per la natura, per la vita e la libertà, nonché quello sbocciato tra due giovani, vittime del classismo; Zaynab, inoltre, è discriminata anche perché è una donna.

L’ingiustizia che regnava nella Palestina mandataria è denunciata in questo romanzo, in cui la voce del protagonista si alterna man mano a quella di ognuno dei suoi antagonisti, potenti e autoritari, e a quella di un narratore esterno. Tecnicamente, Kanafani rielaborò e semplificò “Tutto ciò che vi resta”, per scrivere “L’Innamorato”; le linee narrative che compongono la trama del racconto frammentato sono infatti più distinguibili in quest’ultimo testo di facile lettura, suggestivo per la poeticità – non lirismo – del linguaggio, per le descrizioni dei paesaggi e per il filo sottile d’ironia da cui è percorsa l’intera narrazione, che si sviluppa quasi come un dialogo tra i monologhi dei personaggi. L’autore scriveva anche opere teatrali forse influenzate dall’assurdismo, ma più probabilmente soltanto espressive del suo stesso senso dell’assurdo. Kanafani non idealizzava il suo popolo; in “L’Innamorato”, infatti, condanna e ridicolizza i latifondisti palestinesi tanto quanto i rappresentanti del mandato britannico. Leggendo questo testo purtroppo rimasto incompiuto, si ha l’impressione che l’autore lo stesse scrivendo per spiegare le cause della Nakba. Il fallimento della Grande Rivolta, guidata da dirigenti palestinesi reazionari e duramente repressa dai militari inglesi e da miliziani sionisti, era infatti stato il preludio della Catastrofe del ’48. Il villaggio di al-Ghabasia, menzionato in “L’Innamorato” – e anche in “Umm Saad” -, è uno dei tanti altri che furono distrutti dopo la fondazione d’Israele. Il protagonista del racconto e il padre di Zaynab, invece, rappresentano chiaramente i numerosi contadini che combatterono nella resistenza palestinese ai tempi del mandato.

L’ultimo romanzo di Kanafani è “Il sordo e il cieco” , che per contenuto e forma è d’una bellezza sorprendente, perché è tragicomico, ma la satira sociale è attenuata dalla poeticità del linguaggio e delle immagini evocate da diversi segmenti testuali. L’autore lo scrisse poco prima di morire dando nuovamente libero sfogo alla propria creatività, abbinando lo sperimentalismo alla trattazione di nuove tematiche, come la religiosità popolare musulmana che ha talune affinità con il cristianesimo. Nell’Islam la parola wālī, “amico di Dio”, è usata per indicare un uomo pio ritenuto in grado di compiere miracoli, quindi è paragonabile a un santo ed è spesso così definito. Il tema principale del romanzo è, però, la solidarietà tra i più sfortunati in una società di per sé messa male. I due protagonisti, Amer, un cieco, e Abu Qays, un sordo, entrambi profughi palestinesi, si incontrano per caso di notte in campagna davanti alla tomba di ‘Abd al-Ati, un santo la cui testa è nascosta tra i rami di un albero. È molto famoso a livello popolare e perfino i giornali parlano dei suoi miracoli. Dopo avere supplicato invano il santo di restituire, rispettivamente la vista all’uno e l’udito all’altro, i due pellegrini ormai sfiduciati si organizzano per sciogliere il mistero che ruota intorno alla figura di ‘Abd al-Ati. Amer sale sull’albero con l’aiuto di Abu Qays che lo regge sulle spalle e gli dice come muoversi. Il cieco sfrutta il tatto infallibile delle proprie dita per scoprire alla fine che la testa del santo in realtà non è altro che un enorme fungo.

Alla delusione si aggiunge la rabbia per essere stati ingannati e la voglia di raccontare la verità per evitare ad altri di subire lo stesso inganno. Ma, quando tornano in città, Amer e Abu Qays, rimangono inascoltati, perché quella credenza è troppo forte, la gente infelice vuole credere nei miracoli. Allora i due protagonisti decidono di distruggere la tomba del santo e il suo albero. Abu Qays va a trovare Amer nella panetteria dove lavora e, parlando con lui, scopre di essere originario dello stesso villaggio, Tirat Haifa, e da lì nasce una grande amicizia. Un giovane garzone sente i loro discorsi, si indigna e li minaccia, dicendo che li avrebbe denunciati alla polizia, se avessero cercato di distruggere la tomba del santo e il suo albero. I due amici, invece, realizzano il loro piano; poi affrontano altri problemi che, però, sembrano destinati a risolversi. È un gran peccato che questo testo sia rimasto incompiuto; è più che altro un romanzo filosofico, i monologhi hanno un sapore antico o atemporale che, accostato alle tecniche moderniste, diventa particolarmente affascinante. La storia è raccontata in prima persona da ognuno dei due protagonisti, le cui voci quindi si alternano; il cieco spiega cosa significhi la cecità, e il sordo la sordità; si compensano l’un l’altro sia nelle azioni sia nelle riflessioni al punto da sembrare una sola persona. È un bellissimo modo per dire che l’unione fa la forza. L’unico toponimo menzionato nel testo è Tirat Haifa, un altro villaggio palestinese distrutto durante la Nakba. Molti degli abitanti si rifugiarono in Giordania, dove quindi potrebbe essere ambientato il racconto.

In “Il cieco e il sordo”, Kanafani denuncia certe credenze, quasi delle superstizioni, considerate come una fonte di guadagno da coloro che sfruttano l’ingenuità e la disperazione di chi soffre per una disabilità o un altro problema incurabile. I pellegrinaggi alle tombe dei santi, che molti infelici credono in grado di fare miracoli, sono infatti perlopiù organizzati a mero scopo di lucro. L’autore vuole distruggere con il raziocinio l’inganno, non la speranza di poter cambiare la situazione; la solidarietà tra il cieco e il sordo, che di per sé è segno d’intelligenza, li rende rivoluzionari. I dialoghi tra i personaggi del racconto sono spesso divertenti, un misto di comicità e saggezza popolare, che attenua la tristezza delle tribolazioni e delusioni vissute dai due protagonisti e dalle loro famiglie, soprattutto le madri, sin da quand’erano bambini per colpa di sfruttatori delle sofferenze altrui. Ancora una volta l’autore descrive la situazione drammatica del suo popolo, e specialmente dei profughi palestinesi, affrontando temi che riguardano qualsiasi società per suggerire la necessità di rispettare la vita, la libertà e la dignità della persona.

La volontà di usare l’arte verbale per esprimere un messaggio umanista e di farlo tramite la concentrazione sull’individuo e lo sperimentalismo artistico sono tratti comuni di Kanafani e Faulkner che, in The Sound and the Fury, denuncia ogni forma di discriminazione, lancia un j’accuse a 360 gradi, accompagnato però da un senso di speranza nella salvezza dell’umanità. È per l’umanismo e l’avanguardismo, per la coerenza di contenuto e forma che questo testo, nato negli anni ’20 nel profondo Sud degli Stati Uniti, ispirò e probabilmente continuerà a ispirare autori di tutto il mondo. Soltanto tra il 1967 e il 1975, romanzi arabi famosi improntati al modello faulkneriano furono pubblicati dagli egiziani Nagib Mahfuz (1911-2006) – futuro vincitore del Nobel per la Letteratura 1988 -, Sulayman Fayyad (1929-2015) e Yahya al-Taher Abdallah (1938-1981); e dal saudita ‘Abd al-Rahman Munif (1933-2004).

Kanafani fu in tal senso l’anticipatore di tutti loro e anche il più avanguardista. Lo scrittore palestinese aveva capacità tecniche straordinarie; si dice sempre che, se non fosse morto ad appena trentasei anni, avrebbe sicuramente creato ancora molte altre opere belle e originali. Sì, perché avrebbe continuato a sperimentare, a cercare di dire una cosa come nessun altro l’avesse mai detta, per sorprendere un pubblico indefinito, descrivendo le sofferenze, le debolezze e gli errori del suo popolo oppresso, ma anche la forza, la speranza, la gioia di vivere da cui era ed è animato. È perciò che Kanafani è tuttora amato da un’infinità di palestinesi e di persone d’ogni parte del mondo. E continua a ispirare. Pagine Esteri

LA PRIMA E LA SECONDA PARTE DELL’ARTICOLO

CULTURA. William Faulkner e i romanzi dello scrittore palestinese Ghassan Kanafani (1a parte)


pagineesteri.it/2022/11/16/pri…

William Faulkner e i romanzi dello scrittore palestinese Ghassan Kanafani (2a parte)


pagineesteri.it/2022/11/23/pri…

*Patrizia Zanelli insegna Lingua e Letteratura Araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È socia dell’EURAMAL (European Association for Modern Arabic Literature). Ha scritto L’arabo colloquiale egiziano (Cafoscarina, 2016); ed è coautrice con Paolo Branca e Barbara De Poli di Il sorriso della mezzaluna: satira, ironia e umorismo nella cultura araba (Carocci, 2011). Ha tradotto diverse opere letterarie, tra cui il romanzo Memorie di una gallina (Istituto per l’Oriente “C.A. Nallino”, 2021) dello scrittore palestinese Isḥāq Mūsà al-Ḥusaynī.

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#uncaffèconluigieinaudi☕ – Il pendolo elettorale oscilla esclusivamente per merito…


Il pendolo elettorale oscilla esclusivamente per merito della gente indipendente la quale regola la sua opinione non sulle parole, ma sui fatti da Riflessioni di un liberale sulla democrazia, 1943-1947, Olschki, Firenze, 2001 L'articolo #uncaffèconluigie
Il pendolo elettorale oscilla esclusivamente per merito della gente indipendente la quale regola la sua opinione non sulle parole, ma sui fatti


da Riflessioni di un liberale sulla democrazia, 1943-1947, Olschki, Firenze, 2001

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fondazioneluigieinaudi.it/unca…



2023: c’è poco da stare allegri!


Come ovvio, sarebbe ed è solo una illusione anche un po’ ingenua, ma sarebbe bello chiudere quest’anno brutto e queste feste tristi (sì, vero, lo ho scritto varie volte) tristi e svogliate, leggendo qua e là qualche considerazione incoraggiante, qualche prospettiva nuova, leggendo di qualche progetto avveniristico nuovo, bello. Cretineria del ponte sullo stretto a […]

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Le Nazioni Unite annunciano uno stop temporaneo di alcune attività umanitarie in Afghanistan dopo la decisione dei Talebani di vietare alle donne di lavorare.


Report Corno d’Africa, Etiopia Tigray – EEPA n. 341- 29 dicembre 2022


Negoziati di pace (per 29 dicembre) I mediatori dell’accordo sulla cessazione delle ostilità (CoH) si sono recati a Mekelle, ha affermato Nuur Mohamud Sheekh, portavoce…

Negoziati di pace (per 29 dicembre)

  • I mediatori dell’accordo sulla cessazione delle ostilità (CoH) si sono recati a Mekelle, ha affermato Nuur Mohamud Sheekh, portavoce dell’Autorità intergovernativa regionale per lo sviluppo (IGAD).
  • I mediatori effettueranno il monitoraggio e la verifica dell’attuazione dell’Accordo CoH come previsto dall’articolo 11 dell’Accordo CoH firmato il 2 novembre.
  • I membri del team includono il dottor Workeh Gebeyehu, segretario esecutivo dell’IGAD e rappresentanti dell’UA.
  • La polizia federale etiope è entrata a Mekelle in applicazione dell’accordo CoH ai sensi dell’articolo 8 (3) che afferma che “L’ENDF, la polizia federale e altri organi di sicurezza federali assumeranno il pieno ed effettivo controllo dello spazio aereo nazionale, della sicurezza aerea e della protezione, e tutte le strutture, le installazioni e le principali infrastrutture federali come aeroporti e autostrade all’interno della regione del Tigray”.
  • Il presidente della regione del Tigray, Debretsion Gebremichael, afferma che la guerra finirà solo quando le truppe eritree e le milizie Amhara avranno lasciato la regione del Tigray.
  • Debretsion ha affermato che il Tigray non era in pace mentre le uccisioni continuavano e metà della regione era occupata da truppe e milizie straniere.
  • Un primo volo commerciale di Ethiopian Airways è atterrato a Mekelle come previsto, il 28 dicembre, a seguito di una visita di successo di una delegazione di alto livello con 50 membri che ha visitato Mekelle il 26 dicembre. È stato il primo aereo dopo che i voli sono stati fermati 19 mesi fa.
  • Il vice primo ministro e ministro degli Esteri etiope Demeke Mekonen ha tenuto un incontro il 28 dicembre con il commissario per gli affari politici dell’UA, l’ambasciatore Bankole Adeoye.
  • Demeke e Bankole hanno discusso dello stato di attuazione dell’accordo di cessazione delle ostilità (CoH), riferisce l’agenzia di stampa etiope.
  • Il commissario Bankole Adiwoye, ha affermato che l’accordo di pace rappresenta un buon esempio per altri paesi membri dell’UA e sarà presentato come un’esperienza al prossimo vertice dell’UA ad Addis Abeba.
  • Durante l’incontro, Demeke Mekonen ha affermato che il miglioramento delle condizioni dovuto all’accordo CoH indica il successo del principio dell’Africa di risolvere i propri problemi.
  • Gli ambasciatori di oltre 32 paesi, tra cui l’ambasciatore britannico, con sede ad Addis Abeba, si sono recati oggi a Mekelle per monitorare i progressi nell’attuazione dell’accordo CoH.
  • Gli ambasciatori erano accompagnati dal ministro della Giustizia Gedion Timotheos dell’Etiopia.
  • Il Consiglio delle organizzazioni della società civile etiope ha rilasciato una dichiarazione in cui elogia i progressi compiuti per porre fine al conflitto nel Tigray, riferisce Ethiopian Herald.
  • Nella dichiarazione, il consiglio ha affermato ””Il consiglio ritiene che la visita a Mekelle da parte di alti funzionari del governo indichi i progressi nell’attuazione dell’accordo di pace e la continuazione dell’iniziativa per porre fine al conflitto armato nella regione”.

Situazione nel Tigray (al 29 dicembre)

  • Una fonte afferma che tra i tecnici etiopi schierati a Mekelle per riparare reti bancarie, sistemi di comunicazione e linee elettriche ci sono tecnici che sono stati addestrati dalla sicurezza e dall’intelligence eritrea.
  • Internet e le linee telefoniche sono in fase di ripristino a Mekelle e sono stati ricevuti messaggi Internet dalle case di Mekelle. Si vedono persone in coda et EthioTelecom per ottenere servizi.
  • È stato riferito che le linee di comunicazione sono fortemente congestionate.
  • L’Autorità etiope per il petrolio e l’energia ha deciso che il carburante potrebbe essere caricato da Gibuti e trasportato direttamente alle società di distribuzione di carburante nel Tigray, afferma l’insider etiope.
  • La signora Bekelech Kuma, direttrice della comunicazione dell’autorità, ha affermato che in seguito alla guerra nel nord dell’Etiopia, il carico di carburante nella regione del Tigray è stato proibito.

Situazione in Eritrea (al 29 dicembre)

  • Il vescovo cattolico p. Fikremariam Hagos Tsalim, capo dell’eparchia cattolica di Segeneyti in Eritrea, e p. Mehereteab Stefanos, sono stati scarcerati ad Asmara, dicono fonti locali.
  • Un video mostra il vescovo Fikremariam e p. Meheretab ringrazia per la liberazione nella chiesa di Kidane Mihret, sede dell’arcivescovo di Asmara/Eritrea.
  • Sono in compagnia di altri due vescovi cattolici in Eritrea e dei capi delle varie congregazioni cattoliche in Eritrea.
  • Le persone in Eritrea continuano a segnalare difficoltà. Ciò include la privazione dei buoni alimentari necessari per ottenere generi alimentari di base come il pane, forniti dai governi locali.
  • Gli eritrei continuano inoltre a riferire di essere chiusi fuori dalle loro case perché i loro figli o mariti non si sono presentati alle loro unità militari.
  • Le famiglie sono chiuse fuori dalle loro case e le case sono chiuse a chiave.

Situazione in Etiopia (al 29 dicembre)

  • Il capo di stato maggiore delle forze di difesa nazionali etiopi (ENDF), feldmaresciallo Berhanu Jula, è in visita a Türkiye e ha incontrato Yaşar Güler, capo di stato maggiore delle forze armate turche.
  • Secondo l’Esercito di liberazione Oromo (OLA), ha condotto un’operazione nel villaggio di Gambel, distretto di Amaya, zona West Shawa. L’operazione è avvenuta il 20 dicembre 2022.
  • Le forze dell’OLA hanno teso un’imboscata alle forze dell’ENDF che sono venute a Gambel per condurre un’operazione di ricerca e uccisione. L’unità è stata completamente distrutta, dice l’OLA.

Link di approfondimento:


FONTE: martinplaut.com/2022/12/29/eep…


tommasin.org/blog/2022-12-29/r…



Spandere


Servono più soldi. Qualsiasi problema italiano sembra legato all’esiguità dei fondi a disposizione, essendo il medesimo Paese in cui si dubita di riuscire a spendere in tempo la pioggia di quattrini messa a disposizione dall’Unione europea. Ci sono o no,

Servono più soldi. Qualsiasi problema italiano sembra legato all’esiguità dei fondi a disposizione, essendo il medesimo Paese in cui si dubita di riuscire a spendere in tempo la pioggia di quattrini messa a disposizione dall’Unione europea. Ci sono o no, mancano o no, questi soldi? Spesso sono solo delle scuse.

Leggo una dichiarazione del procuratore del tribunale dei minori, in quel di Milano: <<Non servono grandi trasformazioni (…) quello che manca sono risorse e investimenti>>. Al Beccaria di Milano manca un direttore che sia tale da venti anni. Supporre che si risolva con più soldi è non solo irreale, ma pure offensivo.

Giusto ieri abbiamo pubblicato una pagina dedicata alla spesa sanitaria, con dati elaborati dalla Fondazione Hume, scoperta: i tagli alla spesa sanitaria, di cui tantissimi parlano per sentito dire, non ci sono stati; la spesa, in valore assoluto, è sempre cresciuta, con due piccole e limitate flessioni; il rapporto percentuale con il prodotto interno lordo è anch’esso crescente nel tempo, ma in maniera più contenuta e con oscillazioni più considerevoli. Significa che la spesa esistente è sufficiente? Non è detto, perché il tema non è solo quello dell’inflazione (che per molti anni neanche si è vista), ma delle modifiche strutturali alla spesa, delle diverse terapie e medicinali, sicché si richiedere un’analisi molto disaggregata dei bisogni. Ma niente, la voce collettiva dice solo: più soldi. Invocazione che pare trovare conferma nei dati europei, visto che la nostra spesa sanitaria pro capite (€ 2.609) è inferiore alla media Ue (€ 3.159) e nettamente inferiore a quella francese o tedesca (rispettivamente € 3.807 e 4.831). Per stare al pari degli altri si deve spendere di più.

Ma mica detto. In Germania l’assicurazione sanitaria è obbligatoria, il suo prezzo è parametrato al reddito e solo un quarto degli ospedali è pubblico. In Italia l’intera spesa privata per le prestazioni sanitarie neanche è contabilizzata nei dati aggregati (e una parte è pure in nero, da qui l’opportunità che i medici siano tenuti ad accettare pagamenti con il Pos). Se sommassimo le spese non saremmo poi distanti da altri, con il solito paradosso che chi è onesto con il fisco paga pure due volte. La nostra industria farmaceutica ha aumentato, in un anno, del 44.1% le esportazioni (nel manifatturiero cresciute del 20%), che non pare un segnale di penuria.

Reclamare sempre più soldi serve a nascondere le disfunzioni frutto di cattiva gestione, assente organizzazione, mancata valutazione dei risultati, a non fare i conti con la regionalizzazione, le troppe centrali d’acquisto, le convenzioni con i privati fino ad esaurimento dei fondi, a far passare sotto silenzio che il 31 dicembre sarà disattivata l’applicazione “Immuni”, che non ha mai funzionato, l’abbiamo pagata e ora si butta via. Ecco a cosa serve dire sempre che mancano i soldi, a non contare quelli che si buttano.

Come una famiglia che ha una finestra sfondata mentre nevica, sente freddino e propone: aumentiamo la spesa per il riscaldamento. Forse serve pure, ma, per evitare di spendere per spandere il caldo altrove, prima si ripari la finestra, altrimenti di sfondato si ritroveranno anche il bilancio. Cosa che all’Italia è già accaduto, senza che si mostri di avere capito e imparato.

La Ragione

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Easy Quizzz: il test per il patentino A1/A3 per pilotare i droni


Droni e patentino A1/A3: cosa devi sapere Al giorno d’oggi è ormai diventata una vera e propria moda avere un drone da pilotare in aria per fare riprese mozzafiato dall’alto. Effettivamente, se si ha anche solo un minimo di passione per la fotografia e i video, si sarà fatto sentire almeno una volta il desiderio […]

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Cambiamento di paradigma: l’estrema destra israeliana incontra i nazionalisti cristiani


Il governo di coalizione di estrema destra, nazionalista ebreo e ultraconservatore del Primo Ministro Benyamin Netanyahu minaccia di mettere lo Stato ebraico in rotta di collisione con gli ebrei della diaspora e potrebbe indebolire o minare un pilastro della sicurezza nazionale israeliana: il sostegno indiscusso degli Stati Uniti. La crisi incombente con due dei collegi […]

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La Russia sopravviverà fino al 2084? I lettori potrebbero riconoscere la domanda come un’allusione allo storico saggio del 1969 di Andrei Amalrik, “L’Unione Sovietica sopravviverà fino al 1984?”, che a sua volta era un’allusione al famoso romanzo di Orwell. Come per la domanda di Amalrik sul futuro dell’Unione Sovietica, questa domanda si concentra sulle future […]

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Da cosa dipenderà la crescita dell’economia nel 2023


La guerra russo-ucraina rende ancor più complesse le previsioni: occorre costruire le prospettive del 2023 a cominciare dalla pace, anche con l’intervento di garanzia dell’Onu. Ciò favorirà anche una più solida ripresa dello sviluppo in ogni parte del mon

La guerra russo-ucraina rende ancor più complesse le previsioni: occorre costruire le prospettive del 2023 a cominciare dalla pace, anche con l’intervento di garanzia dell’Onu. Ciò favorirà anche una più solida ripresa dello sviluppo in ogni parte del mondo direttamente o indirettamente coinvolta nel conflitto. I costi dell’energia stanno diminuendo prima delle previsioni e potrà ridursi l’inflazione, evitando nuove crescite dei tassi e i rischi di recessione. Il 2022 è stato determinante per superare l’eccessiva dipendenza dell’Europa da un solo fornitore e la troppo lenta spinta per le energie rinnovabili. La crisi energetica è di straordinario stimolo per investimenti per migliori qualità della vita e tutela dell’ambiente.

La guerra in Ucraina e l’emergenza energetica sono veri e forti stress test per l’economia, rallenta noi commerci internazionali e i movimenti delle persone. Il mondo finanziario è fra i più esposti ai rischi e lo confermano gli incerti andamenti dei mercati nel 2022. L’auspicato “scoppio della pace” e la ricostruzione dell’Ucraina porteranno nuove spinte alle attività economiche e fiducia nei mercati, come spesso
avviene nei dopoguerra. Le banche hanno resistito alla pandemia e al primo anno della guerra ucraina e sostenuto l’economia. Se la guerra continuasse, il 2023 sarebbe a rischio di recessione in vari settori. All’Unione Europea servono altri passi in avanti, dopo i rilevanti nella pandemia e i parziali nell’energia.

Servono iniziative per rendere omogenee le legislazioni connesse al mercato unico, oggi frequentemente diverse e che non favoriscono la crescita comune. L’Unione bancaria rappresenta uno dei settori più avanzati dell’Ue: la Vigilanza unica e le norme promosse da Eba e Bce hanno fatto compiere molti passi avanti. Invece il “terzo pilastro”, la garanzia unica europea dei depositi (oggi garantiti dai Fondi interbancari nazionali), non è progredito, impedito da inammissibili condizioni di alcuni Stati a carico dei debiti pubblici di altri Stati. Il vero “terzo pilastro” dell’Unione bancaria, più che mai necessario e possibile, consiste negli indispensabili Testi Unici europei innanzitutto in diritto bancario, finanziario e penale dell’economia, riforme che non costano e che favorirebbero la maggiore integrazione bancaria ed economica e la crescita di banche europee di dimensioni competitive con i giganti americani e asiatici.

Il 2023 porterà a un chiarimento in Italia anche sulle prospettive del tanto discusso Mes, il “fondo salva Stati”. Lontani dalle polemiche politiche, occorre responsabilmente essere consapevoli della necessità di avere conti in ordine, senza eccessi di debito pubblico, per evitare di ricorrere ai vari strumenti eccezionali salva Stati (non c’è solo il MES). Il Parlamento italiano dovrà valutare anche quanto il MES può concorrere a proseguire la costruzione dell’Ue. È in corso una rivoluzione tecnologica, accelerata dalla fase più acuta della pandemia, che ha contribuito a mutare le abitudini: il lavoro in parte a distanza, le riunioni sempre più in videoconferenza, gli acquisti anche on line cambiano
volto anche a città e campagne.

La rivoluzione tecnologica è irreversibile, anche se talune abitudini precedenti potranno sopravvivere o addirittura parzialmente riprendersi. Nella rivoluzione tecnologica, i servizi di pagamento sono fra gli elementi più connettivi, indispensabili a distanza e sempre più utilizzati. Negli Usa l’evoluzione tecnologica nei pagamenti è avanzata prima: americani sono i principali circuiti mondiali di pagamento. Anche in Italia sono stati effettuati ingentissimi investimenti tecnologici, finanziari, bancari, ecc. per sistemi di pagamento sempre più diversi,
innovativi e competitivi. Debbono essere sempre rispettatigli investimenti effettuati e la libertà di scelta di ciascuno per ogni pagamento. Già nel 2012 venne insediato in Italia un Tavolo di confronto fra i protagonisti dei settori economici e le Autorità anche di Vigilanza bancaria e di concorrenza del mercato.

La legge di Bilancio per il 2023 ha deliberato la costituzione di un nuovo Tavolo fra i protagonisti dei sistemi di pagamento e degli altri settori
economici, in presenza delle Autorità. Il Tavolo porterà ad un trasparente chiarimento sulle diversità e complessità dei sistemi di pagamento, sulla catena di differenti soggetti che li assicurano: tecnologici, circuiti internazionali e nazionali, emittenti, distributori, consumatori e percettori. La concorrenza e l’innovazione hanno progressivamente ridotto i diversi costi delle transazioni elettroniche, mentre sussistono anche costi per la gestione del contante. Il Tavolo servirà a chiarire equivoci e a rendere ciascuno più consapevole dei problemi altrui e potrà favorire evoluzioni, rispettando i ruoli di ogni impresa e le libere scelte di ciascuno. Ogni modernizzazione nei sistemi di pagamento ha prodotto problemi iniziali, poi superati, come nell’Ottocento, quando alle monete metalliche si affiancarono le banconote.
Nessuno può, infatti, bloccare le innovazioni e l’avvenire.

Il Resto del Carlino

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USA: i travagli dell’economia continuano nel 2023


Nel dicembre 2021, la maggior parte degli americani attendeva con impazienza un 2022 tranquillo e prospero. I casi di COVID-19 erano in calo, il mercato azionario era in rialzo e i posti di lavoro erano abbondanti. Cosa è andato storto? Molte cose hanno fatto. Il trauma geopolitico è venuto prima. Dopo un caotico ritiro militare […]

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Serbia-Kosovo, Aleksandar Vucic: "L'Occidente ci ricatta" - Kulturjam

"Il continente europeo è molto vicino all’apertura di un nuovo fronte bellico al proprio interno, questa volta a causa delle crescenti tensioni tra la Serbia e il governo dell’autoproclamato Kosovo. Come nella crisi ucraina, l’Occidente atlantista a guida statunitense sta giocando un ruolo di primo piano nell’acuire le tensioni tra le parti, dimostrando ancora una volta la propria natura bellicista."

kulturjam.it/politica-e-attual…



La solidarietà NATO secondo la Turchia


Nonostante i diversi punti di vista, la NATO ha dimostrato di essere l’Alleanza più resiliente al mondo durante tutto il suo inizio settant’anni fa. Durante questo periodo, specialmente in periodi di incertezza o quando l’incapacità del sistema internazionale nel suo complesso ha causato l’inerzia nell’affrontare gravi crisi all’interno e intorno all’area euro-atlantica, la rilevanza o […]

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Ucraina: l’Europa potrebbe fare ancora di più per sostenere i rifugiati


Quasi 8 milioni di rifugiati sono fuggiti dall’Ucraina dall’invasione della Russia a febbraio, la più grande ondata di rifugiati in Europa dalla seconda guerra mondiale, con la maggior parte di quelli che ora si trovano nell’Unione Europea. Queste cifre aumenteranno a seconda della durata e della gravità della guerra. Creare condizioni in cui i rifugiati possano tornare […]

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kRIK KRIEK – L’ESILIATO


#fumetto

Magnifica edizione in grande formato della prima graphic novel di grande respiro per il maestro olandese del fumetto Erik Kriek, che si è fatto conoscere dal pubblico italiano per altri due ottimi lavori pubblicati da Eris Edizioni come quest’ultimo, “H.P.Lovecreaft –Da Altrove e altri racconti” del 2014 e “In the pines” del 2016. “L’esiliato” è la storia di un vichingo islandese che torna a casa dopo sette anni di esilio dovuti ad un omicidio, ed è la storia di un ritorno infausto che comincia a muovere molto avvenimenti che porteranno scompiglio in molte vittime.

iyezine.com/erik-kriek-lesilia…

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Quando corteggiare ‘quasi-alleati’ come l’Ucraina diventa un azzardo


In un recente vertice virtuale, i leader della NATO hanno ribadito la loro intenzione di ammettere l’Ucraina nell’alleanza. In tal modo, hanno indicato una strana preferenza per difendere direttamente l’Ucraina a un certo punto, ma non ora mentre è sotto attacco. In quanto potenza dominante nell’alleanza NATO, ciò pone gli Stati Uniti nella posizione familiare, […]

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Spazio: 5 missioni di esplorazione a cui prestare attenzione nel 2023


È stato un anno ricco di eventi per l’esplorazione spaziale, con successi tra cui il completamento della missione Artemis 1 della Nasa (finalmente), l’inaugurazione del James Webb Space Telescope e il completamento della stazione spaziale cinese Tiangong . Il 2023 sarà un altro anno impegnativo. Ecco cinque delle missioni più entusiasmanti a cui prestare attenzione. […]

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US-China competition certainly is among today’s most noteworthy trends in international politics. The relationship between the two countries has yet to level off, as it is subjected to regular political pushes from each side.


Pallone: la meritocrazia finanziaria


Pallone.
Una società di #pallone torinese che opera ai massimi livelli del settore ha approvato il #bilancio chiuso il 30 giugno 2022 con perdite per duecentotrentotto milioni, fatta grazia degli spiccioli.
Questo, solo per l'anno 2021 perché secondo le gazzette in cinque anni questa stessa società avrebbe perso oltre seicento milioni.
Una gestione di rara oculatezza che secondo i dati a disposizione non è, ovviamente, un caso isolato.
Lo stato che occupa la penisola italiana ha un #governo improntato alla #meritocrazia e i suoi esponenti esortano i laureati a non storcere la bocca davanti alla prospettiva di un lavoretto da #camerieri, magari portato avanti per una trentina d'anni in cambio degli spiccioli e possibilmente in silenzio.
In omaggio a questi principi non negoziabili e con lodevole coerenza, esso, concede alle società di pallone cinque anni di tempo per pagare quanto dovuto al #fisco.




ISRAELE. Futuro nero: Lgbt+, giudici e diritti nella morsa del Bibi III


Oggi giura il nuovo governo israeliano, il più a destra di sempre. Attivisti in piazza. Associazioni gay in allerta. Nel mirino dei ministri più estremisti ci sono anche i palestinesi. L'articolo ISRAELE. Futuro nero: Lgbt+, giudici e diritti nella morsa

di Michele Giorgio*

Pagine Esteri, 29 dicembre 2022 – Susciterà timori, solleverà interrogativi e animerà dibattiti il programma del governo che il risorto premier Benyamin Netanyahu, sotto processo per corruzione, farà giurare oggi alla Knesset. Il più a destra della storia della storia di Israele. Non perché i suoi ministri più estremisti come Itamar Ben Gvir (Pubblica sicurezza) e Bezalel Smotrich (Finanze), leader dei partiti accusati di razzismo Otzmah Yehudit e Sionismo Religioso, minacciano di attuare politiche più dure e punitive contro i palestinesi sotto occupazione militare da 55 anni. Dei diritti dei palestinesi non importa a nessun governo in giro per il mondo, le eccezioni sono rare. L’intenzione annunciata di dare un nuovo e più forte impulso alla colonizzazione israeliana nei Territori occupati non è poi diversa da quella realizzata dai governi precedenti. E l’esclusività nella biblica Terra di Israele alla piena autodeterminazione riservata solo al popolo ebraico e negata ai palestinesi dal primo ministro Netanyahu, è già affermata nella legge fondamentale, approvata nel 2018 dalla Knesset, che proclama Israele-Stato solo della nazione ebraica e non di tutti i suoi cittadini.

Dell’esecutivo messo in piedi da Netanyahu si parlerà tanto anche nelle comunità ebraiche, negli Usa più che in Europa, perché minaccia i diritti della comunità Lgbt+, perché punta a limitare i poteri dei giudici e la libertà di espressione, perché vorrebbe fare della religione sempre di più il fondamento dello Stato. E per tanti altri motivi che alcuni commentatori locali, vicini al centrosinistra, hanno elencato ogni giorno da quando lo scorso primo novembre la destra radicale e religiosa ha vinto le elezioni legislative, a conferma della tendenza all’estremismo che contagia settori sempre più larghi dell’opinione pubblica israeliana.

Uno di questi opinionisti, il noto scrittore David Grossman, ieri sulle pagine del quotidiano Haaretz, facendo riferimento a leggi in fase di elaborazione che ridimensionano la Corte Suprema, legittimano discriminazioni per motivi religiosi e favoriscono la costituzione di «una milizia privata nei Territori (palestinesi occupati)», ha dipinto il governo nascente come una minaccia «per il nostro futuro e per quello dei nostri figli». «Le dimensioni della catastrofe – ha scritto Grossman – vengono ora alla luce. Netanyahu rischia di scoprire che dal punto in cui ci ha portato non c’è una via di ritorno. Il caos che ha creato non potrà essere annullato o ammaestrato». Grossman in sostanza prova a scuotere Netanyahu, gli chiede di fermarsi prima che sia troppo tardi. Lo scrittore invece dovrebbe rendersi conto che Netanyahu non ha concesso così tanto alla destra estrema perché è debole e ricattabile a causa, si dice, dei suoi problemi con la giustizia. Lo ha fatto perché ideologicamente è vicino a quella parte politica. Non a caso ha destinato ben 125 milioni di dollari al partito religioso omofobo Noam che avrà l’incarico di salvaguardare «l’identità ebraica». La nomina a speaker della Knesset di Amir Ohana, un esponente gay del Likud, il partito di Netanyahu, è vista da più parti come una cortina fumogena per le politiche che le forze più conservatrici dell’esecutivo intendono attuare nella società.

Questa mattina gruppi di dimostranti di sinistra dovrebbero raggiungere Gerusalemme con un convoglio di automobili da Tel Aviv e si raccoglieranno di fronte alla Knesset. Si tratta però di piccole formazioni, fra cui Peace Now, Bandiere nere, Israeliani e palestinesi per la pace, associazioni Lgbt. E si è appreso che, dopo i comandi militari, anche cento ex diplomatici israeliani hanno pubblicato una lettera aperta rivolta a Netanyahu in cui esprimono la preoccupazione che la politica preannunciata del suo nuovo governo pregiudicherà i rapporti esteri di Israele. Non certo con il governo di destra di Giorgia Meloni, che all’inizio del 2023 sarà accolta con grandi onori in Israele dal governo di estrema destra di Netanyahu.

Il premier israeliano respinge le critiche, nega che saranno negati diritti e nei giorni scorsi ha accusato di sedizione il primo ministro uscente Yair Lapid. Netanyahu ieri ha fatto sapere che andrà tutto per il meglio, dentro e fuori Israele, grazie ai suoi progetti. Anche se con ogni probabilità ci scapperà un attacco aereo israeliano all’Iran (che lui invoca da anni). Ha annunciato, tra le altre cose, l’estensione degli Accordi di Abramo con i vicini arabi. Non si fida di lui re Abdullah II di Giordania, custode dei luoghi santi islamici e cristiani a Gerusalemme. In un’intervista alla Cnn il sovrano hashemita ha sottolineato che c’è «preoccupazione» per possibili violazioni da parte israeliana dello status quo sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto

ilmanifesto.it/futuro-nero-lgb…

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La Francia ritira i soldati dalla Repubblica Centrafricana. Cresce in Africa l’influenza degli Usa


La missione Mislog “non aveva più alcuna giustificazione operativa”, ha spiegato il ministero della difesa francese. Il focus di Parigi ora è in Benin, Ghana e Costa d’Avorio e in Niger, paese centrale per l'uranio che alimenta i suoi reattori atomici L'

della redazione

Pagine Esteri, 19 dicembre 2022 – Con l’intento di spostare gradualmente il suo focus in Benin, Ghana e Costa d’Avorio e, più di ogni altra parte, in Niger, paese centrale per le forniture di uranio che alimentano i suoi reattori atomici, la Francia ha ritirato gli ultimi soldati stanziati in Repubblica Centrafricana dove erano stati inviati, ufficialmente, per combattere i gruppi armati che destabilizzavano il Paese. A giugno si è anche concluso il ridispiegamento volto a dimezzare entro il 2023 da 5mila a circa 2.500 i soldati francesi stanziati in Mali (missioni Barkhane e Takuba). Il 13 dicembre il campo di M’Poko – ospitante le forze francesi – è stato consegnato alle autorità centrafricane in coordinamento con la missione dell’Onu (Minusca) e con quella dell’Unione europea.

La missione Mislognella Repubblica Centrafricana “non aveva più alcuna giustificazione operativa”, ha spiegato il ministero della difesa francese annunciando in rientro in patria di 47 soldati (inizialmente era 130 uomini) rendendo definitiva la separazione fra Parigi e Bangui annunciata lo scorso anno. Una scelta che, dissero gli analisti francesi, era la conseguenza dell’arrivo nel Paese africano del gruppo paramilitare russo Wagner come già avvenuto in precedenza in Mali. “Nel 2021, quando la presenza della compagnia militare privata Wagner era sempre più invadente nel Paese, la Francia ha constatato l’assenza delle condizioni per continuare a lavorare a beneficio delle forze armate centrafricane”, ha dichiarato il generale Francois-Xavier Mabin, comandante della Mislog.
In realtà il ritiro di Parigi, ex potenza coloniale in Africa – accusata di svolgere, seppur con modalità diverse, ancora quel ruolo – da Bangui deve leggersi all’interno del contesto regionale. La Francia, e il presidente Macron ne è ben consapevole, risulta sempre più perdente nella competizione con Russia e Cina che allargano e conquistano terreno, in termini economici e di influenza, nel continente africano ricco di risorse. Un ulteriore segnale del suo declino è stato anche il raffreddamento delle relazioni con il Burkina Faso, frutto di un crescente sentimento antifrancese.

L’invio in Africa di contingenti militari francesi come di altri Paesi occidentali per “combattere il terrorismo” si scontra sempre di più con l’idea che spetti agli Stati africani di decidere e attuare in piena autonomia le strategie più idonee per affrontare le formazioni jihadiste – Isis e al Qaeda – che infoltiscono i loro ranghi e rafforzano le loro posizioni. Diverse organizzazioni regionali negli ultimi mesi hanno programmato l’invio di forze militari in situazioni di crisi. Come nel caso della Comunità dell’Africa orientale (Eac) nella Repubblica democratica del Congo, della Comunità dei Paesi dell’Africa meridionale (Sadc) in Mozambico e della Comunità economica dei Paesi dell’Africa occidentale (Cedeao) che formerà una forza armata regionale incaricata di intervenire in questioni di terrorismo e sicurezza.

Se la Francia, cosciente delle difficoltà cheincontra a svolgere il ruolo che si era assegnata, di fatto, unilateralmente in Africa, ritira parte delle sue forze e le ridispiega in apparenza in forma più contenuta solo in alcune regioni africane, gli Stati Uniti al contrario continuano a penetrare nel continente allo scopo fin troppo evidente di limitare la crescente influenza di Mosca e Pechino, al momento molto marcata nell’Africa orientale. La strategia americana al momento è soprattutto economica ed “umanitaria”. Stati uniti e Unione africana, nei giorni scorsi, al summit dei leader Usa-Africa a Washington, hanno affermato il loro impegno a “rafforzare la sicurezza alimentare” nel continente, avviando una “partnership strategica” volta a guidare e accelerare il più possibile il sostegno ai Paesi africani. La collaborazione, non è certo una sorpresa, punta a rafforzare il settore privato in modo che faccia fronte, al posto dello Stato, alle carenze di cibo. Al vertice di Washington, il presidente Joe Biden ha annunciato che l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) ha approvato un pacchetto di aiuti umanitari da due miliardi di dollari per le popolazioni africane colpite dalla crisi legata alla pandemia, ai conflitti regionali, alla siccità e agli eventi meteorologici estremi. Aiuti che aprono la strada a una presenza statunitense che in futuro potrebbe essere anche militare nell’Africa sub-sahariana. Pagine Esteri

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Russia e Cina si sono coalizzate per contrastare le sanzioni degli Stati Uniti - Controinformazione

"Nel mondo è sorta una resistenza organizzata alle sanzioni economiche degli Stati Uniti e dei suoi alleati. La capacità di Washington di esercitare pressioni economiche è dovuta al primato del dollaro sui mercati mondiali. A questo proposito, altri paesi ricorrono a innovazioni finanziarie volte a ridurre il vantaggio americano. Questo si esprime nel rifiuto del sistema bancario SWIFT e nell’uso della moneta elettronica."

controinformazione.info/russia…




#uncaffèconluigieinaudi☕ – Da millenni la sapienza popolare…


Da millenni la sapienza popolare ha affermato la distinzione tra la democrazia e la demagogia da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945 L'articolo #uncaffèconluigieinaudi☕ – Da millenni la sapienza popolare… proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Da millenni la sapienza popolare ha affermato la distinzione tra la democrazia e la demagogia

da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945

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PD: caro arzigogolo-Cuperlo, ma ‘ndo vai se le idee (di sinistra) non ce le hai?


Come dicevo l’altro giorno, in queste feste natalizie, cupe e largamente tristi, addirittura con minacce di esclusione da San Sanremo per cantanti presunti falsificatori di ‘green pass’, e così via, arriva tra capo e collo, messa sotto l’albero di Natale, la notizia bomba: Cuperlo si candida. Questa sì che è una notizia. E sarebbe pure […]

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Russia e Iran costruiscono una nuova rotta commerciale per aggirare le sanzioni - L'Indipendemte

"Le sanzioni occidentali imposte ai cosiddetti Paesi non allineati alle politiche dell’unipolarismo statunitense, insieme alla recente crisi russo-ucraina, stanno paradossalmente imprimendo un impulso determinante alla formazione di nuovi equilibri internazionali che si riflettono, da un lato, nella tendenza alla dedollarizzazione e, dall’altro, nel modellamento di nuove rotte commerciali."

lindipendente.online/2022/12/2…



Aggravio


Me lo trovate, per favore, un politico che non sia per la diminuzione della pressione fiscale? Già che vi mettete alla ricerca, me ne trovate uno che non sia per l’aumento di questa o quella spesa? Siccome non li troverete, in mezzo alla marea di quelli c

Me lo trovate, per favore, un politico che non sia per la diminuzione della pressione fiscale? Già che vi mettete alla ricerca, me ne trovate uno che non sia per l’aumento di questa o quella spesa? Siccome non li troverete, in mezzo alla marea di quelli che vogliono meno tasse e più spese, vi sarà chiaro in che consiste il problema: hanno smesso di fare politica. E i politici senza politica diventano vagamente inutili, il che spiega il proliferare di quanti ben rispondono a questo non esaltante profilo.

Promettere sgravi programmando aggravi è sport avvincente per gli amanti del raggiro, ma si risolve in un rumoroso nulla. Fra il tortellino e lo zampone sarà approvata la legge di bilancio, nella rituale corsa che si conclude con il rituale traguardo. Tutto secondo tradizione. Stiamo ai fatti: attorno all’equilibrio dei saldi si muove un pulviscolo di abbozzi senza senno.

Forza Italia avrebbe voluto aumentare le pensioni minime a 1.000 euro, il che sarebbe costato 36 miliardi l’anno, che non ci sono. Se anche ci fossero stati sarebbe stato interessante guardare la faccia di quelli che prendono una pensione da 1000 euro con i contributi effettivamente versati, raggiunti da quanti versarono meno o nulla. Non essendoci soldi per finanziare questa genialata, ci si è accontentati di aumentare le minime in ragione dell’età (ma che criterio è?), al prezzo di 859 milioni in due anni. Prego segnare, perché qualcuno deve pagare.

Questo avviene avendo l’Italia una spesa per le pensioni pari al 17.6% del prodotto interno lordo, superati solo dalla Grecia, a dimostrazione non certo dell’equità sociale, ma della dispendiosa e sperequata iniquità. La media dell’Unione europea è al 13.6%. La Germania si ferma al 12.6%. Spendiamo più degli altri europei, ovvero degli altri Paesi ricchi in cui nessuno fa la fame, e la gara politica è a chi riesce a trovare lo scivolo per fare andare prima in pensione e/o aumentare quelle in pagamento. Ergo chi lavora non potrà pagare di meno, altrimenti la baracca delle regalie s’accartoccia. Siccome la scena è piena di politici che promettono più pensioni e meno cuneo fiscale, ne deriva che anziché cercare il retroscena si dovrà stabilire se tenersi l’avanspettacolo.

Nel Paese in cui quasi tutte le famiglie hanno una casa di proprietà e sui conti correnti sono fermi 2mila miliardi di euro, fa impressione che 50 miliardi siano stati ritirati per pagare le bollette. Ci si dovrebbe impressionare anche, però, del fatto che è il medesimo Paese in cui tutti reclamano d’essere aiutati. Che è il medesimo Paese in cui le imprese fanno sapere che il 41% dei lavori che offrono restano senza lavoratori adeguati. Una enormità. Ma mettiamo che stiano mentendo, gli imbroglioni, diciamo che sono il 30%, anzi no: diamo che sono la metà, il 20%, comunque i conti non tornano, perché basta formare le persone, che mica si deve essere tutti ingegneri aerospaziali, e quei lavori trovano il loro lavoratore che guadagna e paga contributi e imposte. Invece abbiamo una disoccupazione altissima. Ma abbiamo anche la più alta evasione europea dell’Iva, il che significa avere la più alta evasione anche fiscale (fatture mai emesse) e contributiva (lavori in nero). Ed ecco che i conti cominciano a tornare: abbiamo una spesa pubblica alta e disfunzionale; un’evasione alta che sottintende lavori e pagamenti in nero; il che spiega i redditi bassi e i consumi non altrettanto; e aiuta a capire le richieste d’aiuto, che servono a mascherare l’insieme. I politici non sono marziani, ma figli di questo mondo, sicché si presentano promettendo i soldi di altri e assicurando che prenderanno meno. Il nero (si sa) sfina, il Pos (s’è capito) sfila.

Il solo modo per tenere assieme questo autentico falso nel racconto collettivo è dire che si è sempre in crisi e alla fame, anche dopo due anni di crescita imponente e diminuzione del peso percentuale del debito pubblico. Il fastidioso aggravio è ammettere che ce la meritiamo, questa roba.

La Ragione

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Corea del Sud: decadimento democratico?


Il governo tedesco ha recentemente arrestato 25 membri di un gruppo cospiratore di destra che complottava per rovesciare il governo. Uno degli arrestati era un membro di una defunta famiglia reale tedesca che il gruppo sperava di insediare come nuovo leader della Germania. Negli Stati Uniti, il Partito Repubblicano ha fatto abbastanza bene nelle elezioni […]

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Il sistema sanitario cinese è piegato dalle nuove infezioni da Coronavirus, ma Pechino decreta comunque l’abolizione delle quarantene per gli arrivi.


Il senso dello Stato per gli italiani


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Nelle ultime settimane ho descritto tendenze aspettative e giudizi espressi dagli italiani nei confronti della vita sociale economica e culturale del paese emerse dai Rapporti Svimez sul Mezzogiorno e Censis sullo stato sociale del Paese. Da cui emerge un quadro di melanconia e […]

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Report Corno d’Africa, Etiopia Tigray – EEPA n. 340- 28 dicembre 2022


Negoziati di pace (per 28 dicembre) L’Unione Africana (UA) invierà una delegazione per verificare e monitorare il processo di attuazione dell’Accordo di Cessazione delle Ostilità…

Negoziati di pace (per 28 dicembre)

  • L’Unione Africana (UA) invierà una delegazione per verificare e monitorare il processo di attuazione dell’Accordo di Cessazione delle Ostilità (CoH).
  • La delegazione dell’UA si recherà nella capitale del Tigray “entro la fine dell’anno” con l’obiettivo di seguire i progressi dell’accordo di pace.
  • La delegazione dell’Unione africana segue una visita di 50 delegati di alto livello il 26 dicembre, compresi i ministri del governo federale dell’Etiopia a Mekelle, che sono stati cordialmente accolti all’aeroporto dai leader della chiesa e da membri del pubblico.
  • Entrambe le visite fanno seguito a un secondo round di negoziati terminato il 22 dicembre a Nairobi, i cui risultati sono stati annunciati dall’ex presidente keniota, che guida gli sforzi del team di mediazione.
  • Dopo il secondo round di negoziati, Kenyatta ha dichiarato che i negoziatori dell’Etiopia e del Tigray avevano concordato di “dare pieno accesso al team di monitoraggio e verifica dell’Unione africana”.
  • Kenyatta ha affermato che la delegazione dell’Unione africana adotterà “un punto di vista completo a 360 gradi per garantire che tutti gli elementi degli accordi vengano effettivamente implementati”.
  • Resta inteso che la visita della squadra di mediazione dell’UA darà loro una piena comprensione della situazione sul campo, per aiutare a informare i passi necessari per far avanzare il processo di pace.
  • Desta preoccupazione la presenza di truppe eritree nel Tigray.
  • I funzionari del Tigray affermano che il governo eritreo sta ancora intervenendo sul terreno nel Tigray e ostacolando il processo di pace.
  • I funzionari del Tigray hanno chiesto che il governo del PM Abiy garantisca il rispetto dei termini dell’accordo di pace in merito al ritiro delle forze straniere e non federali, ancora presenti nel Tigray.

Situazione nel Tigray (al 28 dicembre)

  • Il rapporto del Comitato di coordinamento delle emergenze afferma che la ripresa dei servizi essenziali (compresi servizi bancari, comunicazioni e altri fattori abilitanti) in tutto il Tigray è fondamentale, così come il flusso di beni commerciali per garantire che l’assistenza umanitaria possa essere fornita.
  • L’ECC riferisce che un gran numero di nuovi sfollati interni è arrivato a Shire nei siti BGI, Embadanso, Tsehaye, Midre-Genet, Fre-Seweat, Guna, Atsede e Preparatory IDP dove sono necessari assistenza alimentare immediata e altri servizi.
  • I nuovi sfollati provenienti dal Tigray nordoccidentale: Seyemti, Adiabo, Maekelay Adiabo, Tahtay Adiabo, Sheraro, Tselemti, Zana, Adi’mehmeday, Hitsats, Mai-hanse, Tselemti, Maitsebri e Tahtay Koraro.
  • L’ECC osserva i rapporti secondo cui i siti sono accessibili da gruppi militari. Gli sfollati temono di essere presi dalle forze di sicurezza.
  • Secondo quanto riferito, il sito degli sfollati di Hitsats presenta una situazione umanitaria disastrosa, ma non può ancora essere raggiunto.
  • Il rapporto dell’ECC afferma che i gruppi armati, in particolare le forze eritree, entrano frequentemente nei siti degli sfollati e minacciano gli sfollati di sequestro e detenzione.
  • Un esempio è una madre di 25 anni con il suo bambino che è stata presa dalle forze eritree e nessuno sa dove sia ora (denunciato ad Adua).
  • Il rapporto afferma che tre autobus di sfollati interni sono stati caricati e rapiti da Fano e forze militari, ad Aksum. Secondo quanto riferito, i civili tigrini ad Aksum si sentono intimiditi e minacciati.

Situazione in Etiopia (al 28 dicembre)

  • Una delegazione militare etiope guidata dal capo di stato maggiore, il feldmaresciallo Berhanu Jula, ha effettuato ieri una visita ufficiale in Turchia, afferma FBC citando l’ambasciata etiope nel paese.
  • Il capo di stato maggiore dell’Etiopia ha tenuto un incontro con il suo omologo turco e, secondo quanto riferito, ha discusso della cooperazione militare bilaterale.
  • I vescovi cattolici dell’Etiopia hanno accolto con favore il recente accordo per la “cessazione definitiva delle ostilità” tra il governo etiope e il Tigray People’s Liberation Front (TPLF).
  • In un messaggio diffuso alla chiusura dell’Assemblea ordinaria annuale il 22 dicembre, i Vescovi etiopi hanno esortato tutte le parti interessate a continuare a lavorare “diligentemente” per una pace praticabile e duratura nel Paese.
  • Fana Broadcasting Corporation (FBC) ha riferito che 682 migranti etiopi sono tornati a casa ieri dall’Arabia Saudita.
  • Dal capodanno etiope (11 settembre), un totale di 18.962 etiopi sono stati rimpatriati dall’Arabia Saudita, secondo il ministero etiope delle donne e degli affari sociali, aggiunge FBC.
  • Ieri, l’esplosione di una bomba ha ucciso una persona e ferito tre persone nella città etiope di Adama, in particolare presso l’hotel Gudissa della sottocittà di Bole, secondo l’ufficio di comunicazione della regione di Oromia.
  • Secondo quanto riferito, la polizia sta svolgendo indagini sui sospetti arrestati.

Situazione internazionale (al 28 dicembre)

  • Il Fondo monetario internazionale afferma che l’accordo di pace tra il governo etiope e il TPLF potrebbe migliorare le attività economiche di Gibuti, invertendo il declino dell’attività portuale.
  • L’ex inviato del Corno degli Stati Uniti Jeffrey Feltman scrive che “sulla base della storia del tentativo di Isaias di destabilizzare i suoi vicini, si può concludere che vuole anche impedire il riemergere di un’Etiopia stabile che domina l’ambiente politico e di sicurezza del Corno d’Africa”.
  • Feltman sottolinea che gli Emirati Arabi Uniti ospitano la Red Sea Trading Corporation (RSTC) che è sanzionata da Stati Uniti e UE in quanto canale per attività illegali e criminali e supporto alla guerra. L’RSTC è la più grande struttura offshore su cui Isaias fa affidamento per le importazioni e le esportazioni, comprese le armi.

Link di interesse


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