Dire "liberazione" oggi presuppone capire da chi e da che cosa ci dobbiamo liberare. Dire "fascismo" oggi presuppone riconoscerlo, e non è banale. Ciò che ci tiene legati oggi, che blocca la nostra liberazione, sono le abitudini, le comodità a cui ci hanno colpevolmente abituati. Il fascismo di oggi passa attraverso quelle.
Creare una moda, che diventa un'abitudine collettiva, significa creare un bisogno che non c'era (che non aveva ragione d'essere), rendendolo un aspetto irrinunciabile della vita di tutti. E allora cercare di liberarsene diventa un'impresa.
Ho sentito poco fa in televisione una ragazza ventenne affermare che essere antifascista oggi è una fatica, che comporta molta più vigilanza che in passato perché le nostre libertà, le nostre conquiste sono sempre più minacciate.
Mi è piaciuta, ovviamente, tantissimo. Poi ho pensato che, con ogni probabilità, anche lei stasera aprirà Instagram e scorrerà qualche video, o seguirà i suoi personaggi di riferimento su X.
Quando si inizia un percorso di terapia, il primo scoglio è vedere, riconoscere. Acquisire consapevolezza del problema. Me lo ricordo bene, mi ci sono voluti diversi anni.
Io stasera sento tante persone di buona volontà che dicono cose meravigliose sulla lotta, sul fatto che in tempi come questi bisogna essere pronti a muoversi dal divano, a rinunciare all'inerzia, a mettersi in una posizione scomoda. Verissimo.
Seguite la nostra trasmissione dove parliamo della necessità della lotta e della scomodità! Condividete su Facebook e Instagram! Seguiteci su X! Mandateci messaggi su Whatsapp che li leggiamo in diretta!
Oggi ho letto un commento (stavolta era nel Fediverso) di un utente che aveva provato un'app alternativa alle solite mainstream per fare qualcosa e che lamentava che l'app era scadente e non ancora pronta a un uso quotidiano: a caricarsi ci aveva messo ben 5 secondi!
Eh sì, è proprio una fatica.
#25aprile
Creare una moda, che diventa un'abitudine collettiva, significa creare un bisogno che non c'era (che non aveva ragione d'essere), rendendolo un aspetto irrinunciabile della vita di tutti. E allora cercare di liberarsene diventa un'impresa.
Ho sentito poco fa in televisione una ragazza ventenne affermare che essere antifascista oggi è una fatica, che comporta molta più vigilanza che in passato perché le nostre libertà, le nostre conquiste sono sempre più minacciate.
Mi è piaciuta, ovviamente, tantissimo. Poi ho pensato che, con ogni probabilità, anche lei stasera aprirà Instagram e scorrerà qualche video, o seguirà i suoi personaggi di riferimento su X.
Quando si inizia un percorso di terapia, il primo scoglio è vedere, riconoscere. Acquisire consapevolezza del problema. Me lo ricordo bene, mi ci sono voluti diversi anni.
Io stasera sento tante persone di buona volontà che dicono cose meravigliose sulla lotta, sul fatto che in tempi come questi bisogna essere pronti a muoversi dal divano, a rinunciare all'inerzia, a mettersi in una posizione scomoda. Verissimo.
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Oggi ho letto un commento (stavolta era nel Fediverso) di un utente che aveva provato un'app alternativa alle solite mainstream per fare qualcosa e che lamentava che l'app era scadente e non ancora pronta a un uso quotidiano: a caricarsi ci aveva messo ben 5 secondi!
Eh sì, è proprio una fatica.
#25aprile
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