Ilaria Salis e la lotta per la casa
Dopo la rivoluzione del 25 aprile 1974, il 2 maggio, con questo gesto, José P. Maia (1943-2013) ha dimostrato le potenzialità dell'occupazione collettiva e ha dato voce a una lotta che continua. Tanta gente senza casa, tante case senza gente.
Murale fotografato a Lisbona, agosto 2014.
Ilaria Salis è stata eletta al Parlamento Europeo dopo che il giorno precedente l'apertura dei seggi le gazzette l'hanno ritratta come una occupante abusiva di abitazioni. Uno dei peggiori stigmi che il gazzettaio "occidentalista" riesca a gettare.
Dopo qualche giorno dall'elezione Ilaria Salis ha fatto circolare questo scritto. Come nostro uso lo si riporta perché urta chi merita quantomeno di essere urtato. Dobbiamo anche lodare la concretezza della scrivente e il suo non ricorrere al linguaggio inclusivo.
Sì, lo confesso!
Sono stata una militante del movimento di lotta per la casa che negli anni ha dato battaglia sul tema del diritto all'abitare, a Milano e in tutta Italia.
Se qualcuno pensava di fare chissà quale scoop scavando nel mio passato, è solo perché è sideralmente lontano dalla realtà sociale di tale movimento, che si compone di decine di migliaia di abitanti delle case popolari e attivisti, i quali, per aver affermato il semplice principio di avere un tetto sulla testa, sono incappati in qualche denuncia.
Sarebbe auspicabile che l'informazione, piuttosto che gettare fango sul mio conto, si dedicasse al contesto di grave povertà e precarietà abitativa nel quale si ritrovano ampie fasce di popolazione.
Le pratiche collettive dell'occupazione di case sfitte, il blocco degli sfratti, la resistenza agli sgomberi, gli sportelli di ascolto e la lotta per la sanatoria rappresentano un'alternativa reale e immediata all’isolamento sociale e alla guerra tra poveri, strumentalizzate tanto dalle forze politiche razziste quanto dal racket.
Dare una risposta concreta al bisogno dell'abitare significa non solo trovare qui e ora una soluzione, benché precaria e provvisoria, ad una questione lasciata irrisolta dalla politica istituzionale, ma anche indicare una prospettiva politica di trasformazione delle condizioni materiali di vita nel segno della giustizia sociale.
E' con grande orgoglio, dunque, che rivendico di aver fatto parte di questo movimento e di continuare a sostenerlo!
Voglio anche fare chiarezza sulla mia situazione.
Come è stato ampiamente sbandierato sui media di destra, Aler reclama un credito di 90.000 euro nei miei confronti come "indennità" per la presunta occupazione di una casa in via Giosuè Borsi a Milano, basandosi esclusivamente sul fatto che nel 2008 sono stata trovata al suo interno. Sebbene nei successivi sedici anni (!) non siano mai stati svolti ulteriori controlli per verificare la mia permanenza, né sia mai stato avviato alcun procedimento civile o penale a mio carico rispetto a quella casa, Aler contabilizza tale credito e non si fa scrupolo a renderlo pubblico tramite la stampa il giorno prima delle elezioni.
Un gran numero di individui e famiglie, spesso prive dei mezzi necessari per reagire adeguatamente, sono tormentate da richieste infondate di questo genere. Il totale dei crediti contabilizzati da Aler ammonta infatti ad oltre 176 milioni di euro! La pratica di richiedere esose "indennità di occupazione" agli inquilini, basata su presupposti a dir poco incerti, è una strategia utilizzata sistematicamente per spaventare gli occupanti e tentare di fare cassa.
Mentre molte, troppe persone non vedono garantito il proprio diritto all'abitare e non hanno alternative dignitose se non occupare - in una della città con gli affitti più cari, ricordiamolo sempre -, l'ente che dovrebbe tutelare questo diritto sembra essere più interessato a criminalizzare il movimento di lotta per la casa e gli inquilini piuttosto che a trovare soluzioni concrete.
Nei prossimi giorni condividerò alcuni dati e spunti di riflessione sulla questione abitativa a Milano e in Italia.
Ringrazio Libero & co. per avermi servito questo assist per riportare l'attenzione mediatica su un tema che mi sta molto a cuore, perché così cruciale per le classi popolari e i giovani.
MAI PIÙ GENTE SENZA CASA, MAI PIÙ CASE SENZA GENTE!
Elogio e difesa di Ilaria Salis
Ilaria Salis, scrivono le gazzette a metà 2024, è una maestra lombarda da anni detenuta in Ungheria.
Per aver spaccato la testa a due neonazisti, sembra.
Complimenti ai neonazisti che si fanno ridurre in quelle condizioni da una donna alta e pesante la metà di loro, ma non è questo l'argomento che interessa approfondire.
Per toglierla dai guai una formazione politica ha avuto l'idea di candidarla alle elezioni europee di giugno. La cosa è riuscita altre volte, e a trarne vantaggio sono stati anche individui piuttosto discutibili per contro proprio (*), nonostante le immeritate sventure giudiziarie.
A ventiquattro ore dal voto il gazzettificio "occidentalista" è andato a cercare precedenti del 2008 per descrivere Ilaria Salis come occupante di case popolari, così come nel 2006 era andato a cercare la visura catastale di Francesco Saverio Caruso per farlo figurare come latifondista, e nel 2011 i trascorsi di Giuliano Pisapia per additarlo come ladro di automobili.
Il passare degli anni sembra non avere alcun effetto sulla pratica politica "occidentalista", cui si deve non piccola parte dello sporco anche morale giustamente ascritto agli ambienti del democratismo rappresentativo. Solo che stavolta il colpo non è riuscito e Ilaria Salis è stata eletta.
Venti anni fa il web era ancora retaggio di una minoranza cosapevole. Dieci anni fa era dominio incontrastato del mainstream che lo aveva occupato in blocco, e di "reti sociali" che ripetevano ecoicamente contenuti sifilitici. Adesso esiste forse quel tanto di spirito critico e di anticorpi che consente di rintuzzare le operazioni più sfacciate.
(*) "Messo alle strette dagli inquirenti, si rotola per terra nella cella, schiumando bava e sangue". Questi i toni con cui Enzo Tortora aveva descritto il mostro Pietro Valpreda sul repellente "La Nazione" di Firenze. Enzo Tortora viene immancabilmente ricordato come un perseguitato dalla magistratura; Pietro Valpreda -che in carcere rimase più di tre anni prima di essere assolto con tante scuse- ha riscosso meno elogi.